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sabato 26 maggio 2012

CAMPANE

 Rintoccano arcane con suono metallico
le mie campane, come tinnanti
bronzee melodie, o armonie, non so,
le ore e i quarti e  le mezz'ore
come lontani echeggi dell'infanzia
a San Nicola,
                   in ricordi di altri
scomparsi con le loro emozioni
e tristezze  ed  amori,
                               i  ragazzi
che  vado a  trovare,  ogni  tanto,
al  camposanto di  Cilavegna Lomellina-

E piange muto il  ricordo  diafano
di  quel  passato  ora  mio
intriso  nelle  ceneri bagnate
delle  campane  tinnanti  di  Ornavasso
di  un  allora  che   si  mescola  con
questo  tinnare  di  questa  Cologna qui
che  non  esiste, ma  è qui  che  tinna  le  ore
e le mezz'ore, ma  non  c'entra  e, non  lo  sa,
ma  tinnula   uguale,  estraneo,
violentemente  estraneo  a  tutto
a  tutti noi che   ascoltiamo, estranei
questo tinnare  assorto.
                                 Il  nostro
morto  passato, nei camposanti della  memoria... 

Le  ore  piangono, tristi, alla   fontana  del  ricordo

Di  nuovo, in  qualche  posto
lo  sai, lo  so,  avremo  sempre 
addosso  questo odore  soffuso
di  metallico  suono  di  campane.

Cerco  sempre, ancora...
nel  buio  profondo  di  questa  notte  immensa
colorata  del   diafano tinnulo  di  campane...
MARTA

Miele Alla Rosa, Tenerella Apina,
Mista Alla Rugiada. Ti Avevamo
Molto Attesa. Rannicchiata Ti Addormenti,
Morbida Albicocca Rosa, Tu. Agosto,
Matura Allegria, Ridendo Ti Attende,

Gioco, qui, col tuo sconosciuto nome
sulla collina che nel lago ha il piede
nel pomeriggio del nove di giugno

Le tessere del gioco non so come 
una alla volta trovano la sede adatta; 
tengo le parole in pugno

Ma vibra tutta l'aria del tuo nome
nuovo. Sull' altra riva s'intravede
Alzo e Pella, ma è nascosta Pogno

E monto sull'acrostico di un nome
un castello di carte, ma si vede
che è già meno fragile d'un sogno

*che è già più solido di un sogno
*che si regge più solido d' un sogno
*che sta dritto più solido d' un sogno
Corconio di Orta 9 Giugno 1991 16.45

mi sono regalato..

Mi sono regalato
Una passeggiata di parole
Perché ero ancora, sempre
Lì ad aspettare il tuo ritorno
E volevo sgranchirmi l’anima
E la bocca
E il corpo tutto

La strada camminava piano, con me
E il respiro non era affannoso
I passi non erano più laceri
E stanchi

Vedevo passare  gli attimi
Col  contagocce della medicina d’erbe
E l’aria s’era fatta calma e curiosa

Contavo le ore al campanile d’Ornavasso
E le mezz’ore
E i quarti
Senza fretta
Sonori e dolci
Come un infuso di malva e menta
Come una medicina d’ombra
Come un soffio di vento nuovo

Carezzavo la tua immagine
Che mi riempie l’anima
Il tuo nudo morbido e bagnato
I tuoi sorrisi di cioccolato al latte
Il tuo respiro profumato di rosmarino
Il tuo sguardo proteso e terso
Le tue parole vellutate come albicocche
Le tue cosce lisce come peschenoci

E la strada mi veniva dietro
Complice e sorniona
Semplice come bere il latte
Tiepida come la tua pelle
Remissiva come una capra
Sicura come la speranza
Risoluta come la determinazione

E le parole giocavano a nascondino con le foglie
I sassi luccicavano lisci
I tuoi pensieri colmavano l’aria
E veniva
Pian piano
La sera

“Il re del Portogallo - non sa ballar la samba…”

cantava  nella sua eco vacillante
una balera lontana, mezzo secolo fa,
“… ma noi che siamo in gamba - sorridere ci fa”
soggiungeva sorniona.

Una nicchia del tempo si era spalancata
per accogliere questa storia;  una macchia
di luce convessa raccontava questo film
provvisorio, ricordi? La guardo ora,
con nostalgia infinita, l’immagine sfumata
nel ricordo, gli occhi velati di malinconia,
la tua mano trema nella mia e non so dir altro,
sai?
        Il tepore languido del ricordo si mescola
all’afa di fine agosto, mentre volo sulla moto
a cercare nuovi aliti di vento.
                                       Ho acceso un altro cero
alle spoglie orfane di vita, carezzando le loro immagini
diafane e sbiadite.
                                       E non sappiamo più nulla
di quella canzone remota, che un bambino ascoltava
la sera dalle camerate della colonia di Igea Marina
e che per caso, ora, ci è capitato di visitare.
Le signorine li lasciavano soli, all’imbrunire estivo,
per qualche incontro fugace da vivere col cuore in gola.

Quelle emozioni si sono cristallizzate, ormai, e
non  riusciamo più a svegliarle, solo decifrarle, sai?

Perché il buco del tempo va lentamente richiudendosi

su se stesso, mentre attendo .....

venerdì 25 maggio 2012

Donne talmente belle

Donne talmente belle, da starci quasi male
brulicano sotto le volte illuminate
dell’ipermercato. Tempio dei ritrovi,
delle occasioni sperate.
Carrelli  ricolmi, brusio
di voci acquistanti, di movimenti indaffarati.
Silenzio nell’anima tra scaffali ridondanti
e festa del consumo. Trasuda.
Volti decisi e note appuntate
sguardi attenti si rincorrono,
d’intesa. Profili slanciati, protèsi
fiondano l’aria satura, ti sfiorano,
sorpassano; di donne, talmente belle
da starci quasi male. E fuggono, rapide
in altre corsie preferenziali. Rimane
soltanto l’alone di bellezze fuggevoli,
inafferrabili, estreme, preziose,
come promesse mancate di sogni
Come vacillanti effluvi
di raggi di sole, come orgasmi
immeritati, come aspettative
deluse. Come questo vivere,così.
Aspettando ogni volta l’estate          


20 settembre 2009

La notte aspettava in sur-place

che fosse matura l’ora,
                                   che l’alba, covata in silenzio,
promettesse il frutto incantato.

            E l’uovo, spaventato d’aprirsi,
indugiava ancora, sulle scorze di limone
            sparse all’ombra della luna.
                       
            Avevano già procrastinato l’alba,
per non turbare il risveglio
            dal sogno lubrico che covava, nascosto,
nelle pieghe d’ombra.

            Avevano promesso canti
di rugiada  incantata, per quel
risveglio  stupito.

                        Che facciamo, dissero,
rinviamo il mattino?
            La luna, sorniona,
                                                Col
suo sorriso incinto di luce riflessa,
            prometteva speranze azzurre
per l’aria gelata che
                        tremava
                                   pallida
                                               e incerta.

CANZONE

CANZONE

 …danzando ciechi e allibiti,  ahi,ahi,ahi,
con ritmi di paure cadenzate e secoli di gloria spenta…

balbettando lo spavento e la gioia di sorrisi imprevisti,
ma già scritti su lavagne d’ardesia con gessi  definitivi
che la pendola non sa procrastinare, den,den, den,

spaventata nostalgia del futuro, mentre
zufola piano la speranza di petali di rosa
il suo languido  clarino, ahi,ahi,ahi…
…  il vento sorride e carezza l'aria attonita,
con i suoi capelli di fili d'acciaio argentato,      
e la sera sorniona scandisce litanie 
e mesti, ahi,ahi,ahi,
lenti miserere d'allegria euforica,
aspettando l'autunno dei singhiozzi di violino,
ahi,ahi,ahi,con un pianto sereno e languido,
travestito d’allegria, fiu, fiu, fiu,  
cantilena vestito di onde…

…ahi,ahi,ahi, sussurrano mani troppo lontane,
ahi,ahi,ahi,nella festa vacillante dei passi sincopati…

… la notte intanto, sotto gli architravi smisurati
 dà le dimissioni, per l’aurora rosata  che incombe,
con passi vellutati di raso, centellinando risa
trattenute, sospese a mezz’aria…

sabato 19 maggio 2012

Anime nude
                   nella nebbia
si rincorrono
                                      sfuggendosi
                                               col batticuore
lacerate
         ogni volta      
                   e più vive
                             che mai

Ti regalo
un accordo    
                                      dissonante

                  
Nella sabbia
rintraccio bemolle smarriti,
piccoli
         smeraldi
                   di tuoi sorrisi

Con assolo
         lancinanti
vibra lo stradivari antico
                            del mio cuore

                            Urlo la gioia 
                            nella sera di novembre
e bacio
il muschio prezioso
 del tuo ventre
                       
 Una sirena accorata
lancia
estremi richiami
prima di affogare
                                      nell’ombra
gialla
                   della nebbia
notturna

Prima che il giorno sia acceso



martedì 15 maggio 2012

ESSENZE

ESSENZE

Socchiudo gli occhi e vedo

Finestre spalancate su altre visioni
guardate altrove in un altro tempo

di un'altra dimensione
mesta e accorata, per il racconto
scarnificato e pastoso

sussurrato sottovoce
di muri e macchie di verde
semplificati e smunti
velati di lontananza, diafani, tremanti

imparo a guardare con i tuoi occhi nuovi
trema  il respiro e scorgo
quei tratti sfocati di luce
di un sole remoto
tenue e sovrano

un cielo di lapislazzulo
prezioso s'incastona
sull' immobilità assoluta
che vacilla congelata

perché socchiudo gli occhi
e vedo, finalmente
con tenerezza assorta

la voce che reinventa il reale
per leggerlo con il tuo sguardo

trattenendo il fiato, turbato


Alba, 5 dicembre 2010- L'essenza del paesaggio- Giorgio Morandi

LAMENTO

Albe allucinate mordevano la carne
malata di morte
nel gelo del volo
dove la speranza
dimentica le pantofole
sul mezzanino della paura

Vasto si dilata immenso
il vuoto disperato
verso sperdute soglie
senza ritorno

I led verdi paralizzano
le cifre definitive
sull'orologio dell'angoscia
dove le ore congelate
sospendono definitivamente
ogni gesto

L'oceano di grigio informe
del cielo di Milano
copre col suo sudario
inutili percorsi senza meta

La tua immensa
bellezza malata
annega
con rabbia determinata

Il morbo incurabile
dilaga con devastazioni assolute
contaminando
ogni speranza

Lo spavento
invade spazi siderali
mentre il silenzio accecante
prende risoluto il sopravvento

La speranza alzava le braccia
verso la penombra
mentre tracce di incendi spenti
riempivano vuoti provvisori

" Torna indietro"
disperate sussurravano
urla ancestrali
sommerse nell'ovatta

Ti hanno regalato
una culla d'acciaio
e un sorriso beffardo
di impagabile desolazione

E sei bellissimo anche così
ora che ti sei vestito di lutto
per sposare la morte
l'innamorata assoluta
che ti ha ammaliato l'anima
fino a spezzarti un respiro

Gocce di freddo
hanno cristallizzato
corolle di asfodeli
e il liquido azoto
dilaga
col suo tsunami irreversibile

La valle del tempo
si riempie di carcasse
inutili
e di gusci di lumache vuoti

Cavalca i verdi pascoli del vuoto
mentre urla di silenzio
devastano albe definitive

Si incrinano canzoni accorate
e dalle parole
cadono sul selciato
gli accenti tonici
di cristallo

miseramente

spezzandosi

Milano, 22 maggio 2010 (©)Nanni Omodeo Zorini

lunedì 14 maggio 2012

E
anche
la speranza
sarà l’ultima a morire.
Abbiamo pure
avuto
certezze di carta bagnata
e malinconie
di cenere

Ma
Anche
La speranza
Sarà l’ultima a morire
Ogni abbandono
È una sciabolata
Nelle carni
Un pianto di bambino
Disperato
Nella notte
Un cielo grigio d’improvviso

Ma
Anche
La speranza
Sarà ultima a morire
Le voci
Tremolanti
Come candele d’inverno
Gridano
Angosce
Di ritorni impossibili

Ma
Anche
La speranza
Sarà ultima a morire
Gialli
Come arance acerbe
I nostri volti
Che sfidavano il gelo
Impassibili
Subiscono
Questa nuova
Ferita

Ma
Anche
La speranza
Sarà ultima a morire
Abbiamo sfoderato
Sorrisi più composti
Per guardare
In avanti

Ma
Sempre
La speranza
Sarà ultima a morire
(1979)

Il cielo respira

Il cielo respira, roco; tossiscono raucedini malate
Le strade avare della città. Consumata la speranza
Le nostre convulse attese,  erano ormai andate
Perdendosi fatue. Solo, l’attesa in lontananza
Miagola ora mogia e dimessa. O era la stessa
Che nutrivamo un tempo, cercando
Di scorgere volti vivi confusi nella ressa,
Andirivieni  di passi che ancora stanno andando

Un tempo che alita bisbigli nel cielo
Concavo sopra, torcendosi convesso.
Stiamo vedendo stendersi nel velo
Il dipanarsi inutile d’un sogno. In esso
Appare il film; proietta sopra il telo
quello che credi sia accaduto adesso
o in altre vite, già vissute e andate.
Tutto sta chiuso compresso in questa stanza.

sabato 12 maggio 2012

La notte aspettava

La notte aspettava in sur-place

che fosse matura l’ora,
                        che l’alba, covata in silenzio,
promettesse il frutto incantato.

        E l’uovo, spaventato d’aprirsi,
indugiava ancora, sulle scorze di limone
        sparse  all’ombra  della  luna.
               
        Avevano già procrastinato l’alba,
per non turbare il risveglio
        dal sogno lubrico che covava, nascosto,
nelle pieghe d’ombra.

        Avevano promesso canti
di rugiada  incantata.

                Che facciamo, dissero,
rinviamo il mattino?
        La luna, sorniona,
                               Col
suo sorriso incinto di luce riflessa,
        prometteva speranze azzurre
per l’aria gelata che
                tremava
                        pallida
                               e incerta.

mercoledì 9 maggio 2012

PRELUDIO

PRELUDIO

Su un angolo del portico
coccolava il proprio sguardo

Gazebi candidi sciorinavano
porchette e canederli
mazzi purpurei di capsicum
forme di cacio stagionate nel fieno
e mandorle caramellate

Aveva estratto da una sacca nera
un clarino lungo e lucido che carezzava
sfiorandolo con le lunghe dita

Pullulavano sguardi golosi
e sonori parlari davanti ai banchi
degli imbonitori garruli e loquaci
prodighi nell'offrire un tanto al pezzo
mescolando odori al brusio

Con labbra umide aveva assaggiato
il bocchino flessuoso cercando
ogni volta l'ancia con la lingua
per svegliarla dal suo torpore

Salami al tartufo e al barolo
tomini di capra al ginepro
barbera vivace e bonarda
birra cotta e cruda
prosciutto affettato a mano

Tornava a baciare il lungo
serpente lucido di ebano
digitando morbida le chiavi
perlustrando con lo sguardo
il sottobosco del portico

Il sordo brulichio degli acquisti
mescolato agli effluvi del cibo
stava scivolando all'indietro
scomparendo nel contorno indistinto
sempre più fuori fuoco

L'aveva posato ritto sulla campana
accanto alla sacca nera
che aspettava l'abbrivio
carezzandosi le mani
regalò uno sguardo complice
come d'intesa travestito da sorriso sornione

Gli ippocastani avari  di spogliarsi delle foglie
regalavano capsule nere di castagne matte
buone da tenere in tasca per fortuna
e per tagliarci timbri col temperino
per bambini di un tempo

Dalle mura che tenevano chiusi
giardini  segreti e preziosi
occhieggiavano curiosi
ciuffi di buganvillee spruzzate di rosso
da boccette d’inchiostro antico

Lo sguardo travestito da sorriso
aveva cominciato a dilagare
preludio di accordi progettati
anticipo di note e melodie
regalo intenzionale ed esclusivo

L'aria spazzata e ripulita
stava lì protesa per accogliere
melodie vibranti di sguardi
prorompenti dalla calda galleria di ebano
pregne di fiati umidi e saliva profumata