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domenica 31 dicembre 2017

LE PIETON DE L'AIR N.7 - assistente di volo




LE  PIETON DE L'AIR

N.7 - assistente di volo

L'orologio dell'impresa ticchettava i suoi passi.
Anche quando non si rendeva visibile l'entità femminile era presente. In quel momento aveva assunto l'aspetto di Artemisia.
Teneva i capelli biondo oro raccolti dietro la nuca. Per vezzo e compiacenza era entrata perfettamente nel personaggio. Voce, sguardi, gesti.
Prese a parlare e lui ebbe l'impressione che fosse proprio la sua donna.
«Ricordi la prima volta che sono entrata in casa tua? Siamo rimasti un attimo a guardarci. Poi io mi sono tuffata sulla tua bocca. Eravamo nell'angolo della tua sala, accanto all'étagère a specchi. Tu  mi avvolgevi con le tue braccia. Mi sentivo accolta. Protetta. Voluta. Avevi creato un nido per il mio corpo è per la mia anima.
Bacchette di incenso e di sandali profumati diffondevano fumi che prendevano il naso e la gola. Nella penombra i candelabri facevano danzare le fiammelle.
Quando ne abbiamo ancora parlato tu ricordavi un altro punto della stanza per quel bacio.
Poi, spesso per gioco, lo rifacevamo nei due punti, nel tuo e nel mio… E ancora nel punto a metà strada. Ora puoi dedicarti solo a me. L'esodo va avanti per conto suo. Sono qui in presenza come se fossi proprio io vera. Avevo troppo bisogno e voglia di te»
I loro corpi caldi nudi avevano reciprocamente gustato il contatto.
Dopo essersi riposati in silenzio lei aveva voluto farsi raccontare ancora altro del suo passato.
 Gli chiedeva spiegazione del perché lui sempre non si fosse mai contentato della donna nel momento.
Cosa significasse il suo continuo bisogno di vivere nuove esperienze, anche con quelli che lei definiva tradimenti.
«Accontentarsi. Essere e restare contenti di quello che si ha. Sarebbe un modo. Eppure io appena avevo raggiunto uno status di benessere e di felicità, mi sentivo una molla interiore che mi spingeva ad andare oltre. E mi spostavo continuamente di qua e di là. Ogni volta rubando la marmellata. Questo hanno certo capito le entità superiori regalandomi la compagnia e la presenza dell'angelo nel quale ora tu abiti.
Mediante e attraverso lei posso vivere esperienze multiple con partner che lei ricava dalla mia mente e del mio vissuto. Talvolta mi regala anche presenze nuove prima a me sconosciute.
Ricerca continua. Appagamento momentaneo. E nuova pulsione a ricominciare.
Attendo come te e come tutti la rinascita definitiva. Il nirvana promesso. Il meritato paradiso terrestre. L'eden primigenio, finale e definitivo.»
Lui era rimasto a guardarla stando entrambi coricati. Non c'era nessuna rilevabile differenza. Aveva fatto l'amore proprio con la sua Artemisia. Stessi sguardi. Mugolii di piacere. Risate. Gestualità e comportamento. Eppure sentiva e sapeva che oltre a essere la sua donna amatissima di sempre, era anche quell'altra cosa.
Era un gioco mentale. Un altro essere esistente era stato contemporaneamente anche la sua donna. Aveva usato e provato piacere anche lei che non era lì fisicamente?
È possibile che a volte un luogo, una landa, una terra o un lago, siano contemporaneamente quello che appaiono. E anche qualcos'altro? Lui ad esempio continuava ad essere se stesso, oppure in qualche altro contesto era anche un'altra entità? E se per interposta persona avesse provato emozioni, piacere, godimento, orgasmo, lui qui lo avrebbe sentito? Più tardi si sarebbe collegato con lei per comunicare direttamente e chiederglielo.
E la terra malata, bolsa, boccheggiante, agonizzante che stavano per abbandonare, sarebbe rimasta la stessa una volta avvenuto l'esodo sul nuovo pianeta orbitante altrove?
I boschi dove il vento a volte suona il suo zufolo delicato tra i rami e le foglie, avrebbero saputo di essere anche l'altra entità spaziale, nell'altro posto, con i tramonti plurimi? La stella rossa nana gigante avrebbe scalzato il tramonto del sole vivo in quell'altro sistema? E chi avrebbe suonato lo zufolo nei boschi diversi, estranei, inusitati e nuovi di quella terra per ora sconosciuta? L'acqua sarebbe piovuta alla stessa maniera, con lo stesso rumore, col ticchettio sulle foglie, per quanto di aspetto diverso, oppure avrebbe anche lei pronunciato un linguaggio straniero?
Presentì la nostalgia prossima ventura in quel posto pulito, ma profondamente alieno.
E ora di qui, accanto alle morbide forme bianche simili a quelle della sua donna, ma dentro a un'altra esistenza, provò struggente anche la nostalgia del futuro.
E gli pareva strano tentare la connessione vocale visiva con l'altra parte del pianeta dove Artemisia ora si trovava.
«Sìiii, siii…  amore mio… Proprio ora ti stavo pensando. Ti ho sentito a lungo sai… Come quando stiamo nudi distesi tiepidi e morbidi e ci appisoliamo un pochino col fiato pesante dopo avere goduto tanto l'uno dell'altro…
È stato bellissimo. Intenso. Sembrava quasi vero. Però io ti preferisco per davvero qui. Non mi basta sentirti e pensarti e far l'amore col pensiero…»
Non osò dirglielo. Trovava già di per sé la cosa strana e abbastanza disturbante e sconvolgente.
Magari glielo avrebbe spiegato un'altra volta. Prima del viaggio galattico. Prima che avesse inizio la fine e l'inizio nuovo.
E pensò con una punta di disagio, come avrebbe vissuto lui se lei gli avesse raccontato qualcosa di simile? Di aver fatto l'amore con un suo sosia. Una reincarnazione verosimile ma assolutamente fasulla. Di avergli parlato. Confidato pensieri intimi. Di avere goduto orgasmi prolungati e ripetuti tra le braccia di un altro se stesso…
Il cambiamento. Un altrove. Continuare a restare se stessi diventando insieme altro da sé.
E come sarebbe stato per il pianeta azzurro ricevere e subire la purificazione, rigenerarsi, essere partorito di nuovo, daccapo?
A volte da quando aveva ricevuto l'incarico di essere catalizzatore del progetto assoluto, aveva temuto di non capire quello che stava vivendo.
Gli era parso, in lunghi momenti, di vivere un sogno angosciante, un incubo, una fantasia deviata e malata.
E i ghiacciai che andavano sciogliendosi ai poli della terra si sarebbero accorti di tornare indietro di qualche migliaio di anni? E i vulcani d'Islanda avrebbero sorriso borbottando verso le masse di ghiaccio, perplessi, stupiti e increduli?
Con questi pensieri si imbarcò di nuovo sul veicolo che l'avrebbe portato all'assemblea di tutti i terrestri. Dei loro portavoce. Democraticamente scelti oppure dittatori autoimpostisi.
Nonostante l'ottimismo e la speranza che le entità superiori avevano continuato di infondere, sapeva che la partita era ancora tutta da giocare.
Come arrestare il lancio dei missili di distruzione totale se chi ne aveva accesso non era convinto e collaborativo? E le orde urlanti e becere che avevano distrutto villaggi, popolazioni, templi e tesori archeologici inestimabili, si sarebbero rassegnati a rinunciare agli stupri di massa? Alle decapitazioni? Al seppellimento da vivi dei propri infedeli?
E gli arroganti padroni della terra, avrebbero rinunciato alle deportazioni di massa di tutte le teste pensanti nelle palestre e negli stadi? E la zazzera gialla avrebbe per caso cominciato a concepire pensieri oltre alle sue farneticazioni? E i nostalgici dei nuovi nazismi allevati e nutriti in società che non avevano saputo essere davvero democratiche socialiste, sarebbero rimasti almeno ad ascoltare e a riflettere prima di inneggiare arringando popoli alle proprie sciagure mentali?
Il modulo si stava affacciando sul terrazzo giardino pensile. Carezzò con lo sguardo le ultime amarene mature. O dovrò l'intenso profumo delle aromatiche. Ha perso il cancelletto e si introdusse nell'abitacolo.
Il suo superangelo personale lo aveva già preceduto. E questa volta aveva assunto l'aspetto regale che lui aveva solo di recente intravisto. Ebbe un tuffo al cuore. Avrebbe preferito viaggiare ancora e qui con Artemisia? La donna gli mise una mano sul braccio e sorridendo gli disse: «vieni eccellenza».
Lui prese la mano di lei, la portò alle labbra, e rispose: «eccomi, grazie a te, eccellente eccellenza».
Il trasferimento ebbe inizio e sarebbe durato pochissimo.

LE PIETON DE L'AIR N.6 stand-by

LE PIETON DE L'AIR N.6 stand-by



Sospeso a mezz'aria nel vuoto, il terrazzo-giardino pensile si protendeva meravigliato e attonito.
Offrendo al rosso porpora del tramonto le ultime improbabili drupe. Gradevoli e aspre amarene di sangue. Ribes saltellante. Nel suo calvario spinoso l'uva spina dai chicchi zebrati. Ciuffi di rosmarino, coriacee foglie d'alloro, menta, melissa, maggiorana, timo e salvia. Protesi come per un addio.
Nei postriboli dell'economia e della finanza sospese le contrattazioni per eccesso di ribasso.
Singulti nervosi al meretricio economico. Una boccata d'aria contaminata alle economie disastrate del pianeta.
Arrestata l'estrazione di coltan , di rame, di diamanti e del fango nero per i motori di un tempo.
Boccheggianti i ghigni volgari e famelici di Grosz con le loro bocche oscenamente spalancate e voraci.
Nudi e volti deformi fiutavano l'aria di sconcerto.
I land rover regalati dall'Occidente alle bande di pirati barbuti fermi tra le dune del deserto.
Lager del Sahara vomitavano scheletriche larve interrompendo il mercato degli schiavi.
I beccamorti locali ritraevano il braccio teso e i regionalismi "ce l’hoduristi" umanamente blasfemi.
Le processioni, osannanti fantasiose divinità pervasive, bloccavano le proprie litanie macabre.
Lo sguaiato sardonico nuovo profeta del ritorno alle tenebre, arrestava l'ondeggiare della sua fasulla capigliatura gialla.
Le amarene e i frutti di bosco continuarono per un poco a protendersi nel vuoto immenso devastato del pianeta agonizzante.
Orsi polari e cetacei degli oceani rigurgitavano il bolo indigeribile di plastica e di cellophane.
Il particolato tossico misto all'ossido d'azoto e monossido di carbonio scendeva a larghe falde come una nevicata di ceneri vulcaniche.
Anche il tempo e lo spazio terrestre restarono perplessi e assorti in stand-by.
La figura femminile dietro di lui gli aveva posato le mani sulle spalle. Alitava il suo fiato rassicurante protettivo sul suo collo. E insieme a tutto intorno si sentiva e partecipava alla profonda mutazione radicale.

Sospeso in quella visione, si permise il conforto di regalare a se stesso il ricordo di lei. La entità avrebbe potuto meglio immedesimarsi e assumerne l'aspetto.
LA BAMBINA
Minuta e graziosa.
Come il suo sorriso aperto e spalancato , un cielo di primavera…
Poco più che adolescente.
“Dove l'hai nascosto,bambina,
il tuo sguardo al fosforo
che di sorpresa scoprivo,
in piazzetta,certe sere inattese
che mi frustavi di sguardi acerbi ?"
... Avevano continuato a trovarsi .
... Alle sagre di balli popolari e di musiche celtiche. Alle manifestazioni corali a scandire slogan, portare bandiere, striscioni.
Volti ormai sfumati e confusi nella nebbia del ricordo.
Uno in particolare era rimasto vivido nella memoria.
La ragazzina bionda. Minuta e graziosa.
Come il suo sorriso aperto e spalancato , un cielo di primavera…
Molte volte avevano incrociato gli sguardi.
Con turbamento lui. Per quella giovane età e per il fascino pudico e insieme intrigante come un profumo di vento di marzo.
Quando incrociava il gruppo, ascoltava distratto le loro chiacchiere. Un po' estranee per lui, molto più grande di loro.
E ogni volta cercava quel volto, quel sorriso, quell'intenso guardare turchino e luminoso, con intenzione. Fin quando lo vedeva spuntare tra gli altri volti anonimi e privi di significato. Ammiccante. Sornione. Fascinoso. Con il gusto del proibito.
Si erano accostati quasi casualmente l'uno all'altra. Sguardi e parole fusi insieme. Le frasi seguivano un ritmo interiore. Sotterraneo. Mellifluo. Intenso.

-Ti  ricordi  ancora di me?- gli chiedeva ora.
Ma come poteva dire di conoscere davvero quella persona, che si vestiva di sorriso…?

L'immagine molte volte gli era tornata da allora, come un ricordo fuggevole. Come un fotogramma un po' stinto, un po' sfocato .
Anche  se ora era con un certo turbamento che lo incontrava, quel nome, quello sguardo, quegli occhi, quella luce.
È  dunque mai possibile conoscere davvero una persona? Una donna? Avrebbe forse potuto provare a incontrarla di nuovo, scrutarla, studiarla dentro, cercare di vederla almeno.
O era troppo sperarlo?
I messaggi in chat balbettavano dentro. Andavano a tentoni. Incespicavano. Titubanti. Smarriti smarrivano la strada. Il ritmo. Si ritrovavano.

Nel primo incontro l'aveva raggiunta che l’aspettava seduta su una panchina. Aveva appena parcheggiato l'auto lì vicino. Insieme erano andati per una gita all'isola.

Nella basilica erano scesi giù nella penombra della cripta . Il santo steso nella sua teca. La maschera d'argento gli copriva quel che restava del volto.
Quel corpo minuto rinsecchito da secoli e secoli.
Avevano  riso davanti alla cassa di cristallo e lui aveva detto   stupidaggini colossali  facendola ridere. Lei  si premeva la mano sul volto, abbassava gli occhi che ridevano, gli stringeva la mano sul braccio…
Voleva affascinarla. Conquistarla. Rubarle l'anima.
- la vede signor Santo,  questa ragazza qui? l'avevo conosciuta millenni e millenni fa ...ci siamo rivisti adesso …sono stupito, affascinato,  col batticuore,l’ extrasistole... spaventato della sua bellezza... fascino... della sua grazia... della sua voce, con quel tono cadenzato che mi ricorda quella di allora …
Come dice…? Era davvero quella destinata a me…. Da sempre…? La ringrazio, signor santo, e scusi se siamo così indecenti con la nostra allegria, qui, davanti a lei, che dorme disteso… Si sta davvero divertendo? Ma allora ci sta aiutando? Ci da una mano? Grazie grazissime sa, non osavamo sperarci… Ride anche lei, muto sospeso nel tempo infinito… Allora, se permette, ci ringrazi anche il suo capo, il principale, il nazareno…No, non fa nulla se io son agnostico-ateo, sa, si può sempre fare un eccezione… ovvìa… L’avevo già fatto anni fa… quando la mia bimba era malata… Gli avevo detto:” signor dio, si lo so, io non ci credo, ma se ci sei ci credi almeno tu, no? È la cosa più bella che ho avuto nella vita finora, questa bambina piccina piccina, il frutto della terra e del cielo, con i suoi piedini e i calcagnini di maiolica, fai il bravo, se puoi, se senti, se vuoi… Dai ti prego…!"
Signor Santo, la ringrazio, preventivamente, sento la magia che si sta diffondendo… Sento il TU TUM TU TUM TU TUM che mi batte dentro… Grazie per la sua santa magia… Grazie per questo regalo… Buon riposo…"

Pensò che forse conosceva  o aveva conosciuto soltanto lo sguardo qugli occhi  quel sorriso quella voce.

- Ma, se vuoi, io avevo costruito una macchina del tempo fantastica per tornare ai ricordi passati e riviverli... ti regalerò un mio libro che è proprio intitolato così: Wormhole, la galleria del bruco mela... poi te lo spiego...è sulla teoria della dimensione dello spazio-tempo... Ma  è più che altro un'invenzione fantastica...mentale... Possiamo tornarci indietro... se vuoi ci reinventiamo la tua e la mia storia... Ci divertiamo nel descriverla, nell'inventarne i particolari... sognarla...

Avevano  consumato uno spuntino in un localino in quelle viuzze del borgo storico, al ritorno dall'isola.
 Sul battello lei si era aggrappata al suo braccio e continuava a guardarlo.
Lei continuava a leggerlo, ascoltarlo, bere le sue parole… Condividendole.
e anche nei momenti che trascorrevano insieme era un continuo navigare avanti e indietro. Indietro in ricordi lontani mescolati in una antologia di aneddoti. Avanti con voli fantasiosi che inventavano un futuro probabile possibile onirico.
Gli incontri avevano poi preso a diventare molto regolari frequenti assidui… All'inizio trascorrevo una settimana o più giorni prima di incontrarsi di nuovo. Poi divennero settimanali e infine 2, 3, 4 volte la settimana.
Le sue visite con dei messaggi nella messaggeria del socialnetwork. Che avevano subito entrambe cominciato a riempire per ore e ore quotidianamente, nella fascia di tempo che precede il sonno. Un sogno preparatorio del sogno.
Appena arrivata lo inondava del suo sorriso e del suo sguardo che finì sempre di più per ammaliarlo. Se lo dicevano anche, che il cuore a entrambe batteva in gola, provocando extrasistole repentine improvvise spasmodiche piacevolissime insieme dolorose come pugnalate di tenerezza.
Avevano sempre avuto l'abitudine che lui preparasse diverse candele accese che creavano un'atmosfera magica. E faceva bruciare degli incensi profumati.
L'intimità era assoluta, totale, di anima con anima, mente con mente, emozione con emozione. Come lui aveva fatto nel primo incontro di raccontare a fiume le vicende più intime del suo recente passato esistenziale professionale relazionale ed emotivo sentimentale, così pure lei, senza pudore o remore si era denudata l'anima il passato la vita l'esistenza. E non era per nulla una metafora. Corpi nudi, anime nude, sguardi nudi, parole in libertà… Gesti in libertà… Amplessi in libertà… Compulsivi assalti amorosi liberi, assoluti, sfrenati, pescando continuamente dall'immaginario mentale erotico.
E come per i gusti, il modo di pensare, la direzione generale del mondo, anche sul terreno amoroso si erano trovati sempre di più complementari, e si ripetevano all'infinito che era proprio così la persona che entrambi stavano cercando.
Con l'andare del tempo, anziché attenuarsi l'affiatamento, la passione, l'euforia, l'entusiasmo andavano continuamente crescendo. Avevano immaginato al più una breve intensa avventura amorosa. Ma l'intimità anziché scemare diventava sempre più profonda. Le conferme di quanto intuito nei primi sguardi nei primi approcci verbali, puntuali arrivavano continuamente. Aspettavano da un momento all'altro che qualche piccolo screzio sorgesse, assegnare la fine di quella meravigliosa stagione. Lo temevano. Ma invece avveniva il contrario. Nei primi anni qualche briciola minuta e inconsistente di accenno di disaccordo, veniva subito cancellata con urla e euforiche di gioia e di piacere reciproco.
La banalità ripetitiva della routine, non accennava mai a comparire. Dopo ogni nuovo incontro ciascuno dei due affermava con gli occhi lucidi di piacere e di felicità che era stato molto meglio delle altre volte, completamente diverso, e che l'uno e l'altro, si ritrovavano completamente diverse e trovavano completamente nuovo diverso rigenerato l'altro.
Nessuno dei due, e soprattutto lui completamente ateo, credeva in una provvidenza sovraumana, e solo a parole dicevano che il destino era stato buono magico munifico generoso.
"unusquisque faber fortunae suae”citava lui spesso da Tertulliano o Quintilano...
Lei definiva lui suo maestro, babbo, guru, sacerdote, divinità, terapeuta… E lui vedeva in lei la vestale, sacerdotessa, alunna, figlia adottiva incestuosa, paziente, maga, fata…
Nelle pause tra gli accesi e appassionati assalti prolungati, lei lo guardava adorante con i suoi occhi luminosi. Pregandolo di parlare, di raccontare, pronta a bersi tutto golosamente. Spesso costretta a invitarlo dolcemente a interrompere il fiume di parole di idee, di versi, citazioni. E riprendevano il linguaggio non verbale. Fino a quando l'orologio digitale proiettato sul soffitto della camera, le ricordava dolorosamente che erano passate infinite ore, e che presto sarebbe dovuta scappare.
Lui citava a memoria i versi di Federico Garcia Lorca, Samuel Beckett, intere sequenze narrative che aveva assaporato gustato le fatte proprie dall'adolescenza. Film. Racconti di viaggi.
Era diventata una antologia eterogenea composita e complessa, nella quale c'era di tutto. Ricordi d'infanzia. Dell'adolescenza. Della maturità recente. Con una punta di curiosità mista a una sfumata gelosia, lei gli aveva chiesto di raccontarle delle sue infinite storie e relazioni amorose. Degli innumerevoli matrimoni falliti, chiusi, delle convivenze interrotte, delle vicende anche occasionali, fino a quelle di un solo incontro finito lì è persosi poi nella nebbia. Con modestia assoluta e senza pudore anche lei aveva raccontato la sua parte, quasi vergognandosi al suo confronto.
Anime e corpi completamente nudi, in perfetta sintonia di comunicazione.

Appena entrati in casa lei toglieva gli stivaletti. Lui sedeva sul divano di pelle rossa. Lei gli si inginocchiava sul kilim davanti a lui, tra le sue gambe, lo carezzava di sguardi intensi profondi. Dopo averla carezzata sulle guance, sui capelli, averla baciata sugli zigomi e sulla fronte, partiva la narrazione. Fino a quando lei lo pregava di interrompere. Per iniziare altri discorsi nel linguaggio non verbale che avevano messo a punto così bene.

Per contrasto. Ora.
Sullo sfondo lo scenario funebre del pianeta agonizzante.
Nel suo viaggio a ritroso con la memoria il cielo infinito, disteso come un mare da sogno, in cui navigare.
L'angelo terreno e umano della sua storia. Col suo sguardo fosforeggiante...
Da imprestare come modello alla sua nuova guida alle sue spalle.
"Mantua me genuit” aveva profferito il poeta latino offrendosi a Dante per il viaggio di redenzione.
Lei, generata dalle entità superiori, immune e scevra dalle immagini tratteggiate col bulino nelle tavole di Gustavo Doré.
Insieme ancora indefinibile. Cangiante ogni istante. Mutevole e insieme stabile.
Entrambi rientrarono dal giardino pensile galleggiante mentre il rosso porpora lasciava il posto a un manto nero blu di velluto infinito costellato di piccoli brillanti.…

giovedì 28 dicembre 2017

LE PIETON DE L'AIR N.5 donne dal passato

LE PIETON DE L'AIR

N.5 donne dal passato




 

Era il suo nido abituale. La sua tana, preferiva ritenerla. Ne conosceva l'odore. Il colore. La luce smorzata che diventava intensa al pensiero.
La sensazione odorosa e tutto insieme fisica aveva ora ha assunto tonalità nuove.
Avvertiva la presenza della entità femminile. Di quell'"altra cosa" come si era definita.
Se lo era aspettato. Ora stava vivendo in questa nuova impressione.
Lei si era adattata al ruolo. Insieme avevano predisposto le vivande preconfezionate.
Di fronte l'uno all'altra avevano preso a consumare il cibo.
Senza bisogno di conversare, comunicavano mentalmente.
La luce azzurra diffusa faceva un piccolo alone sulle due figure dei viventi.
Nell'alzare gli occhi verso di lei incrociò il suo sguardo.
Fermo. Pacato. Intenso. Espressivo. Sensuale.
«Contatti sono già pervenuti dal consesso degli umani. Sanno. Attendono.
Già sono stati avviati i preliminari per rendere attivo il progetto.
La parete visiva degli alloggi umani mostra l'aspetto del nuovo mondo che vi attende. Loro dicono cose. Timore e stupore aleggiano.
Bloccate e rimaste in sur place le azioni sciagurate in atto.
È il momento della riflessione. La voce che commenta le immagini ma saggia e carezza tutte le menti.
Autocoscienza socializzata.
Interdizione assoluta di ogni violenza. Di mente. Di armi. Di azioni.
L'umanità tutta sta iniziando un processo interiore di revisione.
La mente collettiva delle entità superiori plasma e modella il cambiamento.
Prima del trasferimento va maturata a fondo la mutazione radicale.
Tu sei catalizzatore di questo processo.
L'Ulisse che prepara il viaggio verso la nuova Itaca.
Verso la terra del vello d'oro.
L'esodo potrà provocare turbamento.
Il disagio sarà naturale. E sarà anche scoperta, sorpresa, regalo.
Il tempo terrestre si dipana.
Poi comincerà il tempo nuovo.
Tutto andrà reinventato daccapo. Finito il torpore e lo stordimento dell'esodo, gli umani giocheranno l'ultima loro possibilità. La nuova terra è accogliente. La nuova terra è diversa. La nuova terra è simile. Essa è la nuova terra.»
Erano parole pensieri che illuminavano e insieme davano serenità. Visioni. Innescavano speranze. Zoomate in campo lungo a 360°.
Tutto tornava a essere possibile. Il libero arbitrio comprendeva anche nuovi tsunami graduali e intensi, ma solo come possibilità.
Stava cominciando la nuova partita.
Il passato stava per essere surgelato. I ricordi galleggiavano ancora però sospesi nell'aria. A proiettarsi sul velario della nuova realtà.
Ritornò ai suoi pensieri, che aveva appena tralasciato durante il ritorno.
Rivedeva le luci di quegli occhi malati che gli avevano offerto come un dono sacrificale il proprio passato come un paradiso terrestre perduto.
La sofferenza divertita e compiaciuta di quella donna pur bella con tutte le sue allucinazioni e desiderio di espiazione.
Preferì lasciare scivolare via quel ricordo.
C'erano quelle altre donne che avevano a lungo convissuto con lui.
Saggia, attenta, premurosa, ma con le emozioni irrigidite, la prima.
Riusciva a regalarsi nell'atto amoroso ma intanto continuava a percorrere il suo senso del dovere. Durante l'amplesso all'improvviso gli ricordava che il giorno dopo sarebbe dovuto andare a ritirare il piumone in lavanderia. Terminava di consumare l'atto quasi come una masturbazione tra se stesso e l'immagine di lei.
E quell'altra con le nebbie della sua insonnia e angoscia. Amari stati d'animo. Era diventata sempre più isolata in se stessa. Amplessi morigerati e sempre più diradati. Per assurdo, gli aveva raccontato a spiegazione la terapeuta della mente che la conosceva, vedeva in lui una figura protettiva e materna. Ma naturalmente lo disturbava e la ripugnava un atto sessuale con un fantasma di figura materna per di più maschile.
Gli occhi. Spesso erano questi i flash che per primi affioravano dal suo passato.
I nuovi occhi che aveva incontrato, lanciavano dardi elettrici. Gradiva sorbire modiche quantità di bevande alcoliche. Per scatenare le sue pulsioni profonde. Per giocare le proprie perversioni.
Fantasie trasgressive di nuovo come quelle che l'avevano spinta a tradire il precedente compagno. Preferendogli lui. Attratta morbosamente maniacalmente dai camici bianchi degli operatori sanitari. Malattie, malanni, patologie nascevano come funghi.
Lui era riuscito solo qualche volta ad accompagnarla in quelle visite. Restando un poco distante aveva visto medici e infermieri che l'abbracciavano in modo vistosamente lascivo. Lui restava un osservatore sconosciuto. E sentiva le profferte che costoro facevano a quella che stava diventando la sua compagna di giochi amorosi.
-Sì, certo, rimarrà è ricoverata almeno qualche giorno… Io di notte sarò di guardia… Ti verrò a prendere e ti porterò a farmi compagnia…-E chi parlava aveva uno sguardo e un tono osceno. E lei rideva sguaiatamente sottovoce eccitata ed entusiasta.
O il grosso medico massiccio che la cingeva con le braccia alla vita. Immancabilmente tutti rivolgendosi a lei dandole del tu. A lei piaceva tutto questo. Si sentiva un'offerta. Un oggetto da predare. E ne provava immenso piacere.
Nella quotidianità alternava la lascivia che riservava ai sanitari, a una profonda irritabilità isterica. Con lui.
Era un continuo passare da un paradiso di lussuria promessa e regalata, a un conflitto sordo cocciuto amaro.
C'era poi stata anche la ragazza che gli regalava la sua nudità impudica, e di notte restava attaccato al telefono con lui per ore… Col suo accento francese. Dopo qualche bicchiere di aspro e saporoso vino brut e qualche fiutata di polvere bianca nel naso.
O l'accento latino che gli preannunciava dopo un percorso che chiedeva,di seduzione graduale, il dono del proprio fiore virginale. L'aveva poi ringraziato. Compiaciute soddisfatta. E lui aveva addirittura finito per dimenticarla. Trovandosi altre compagne di viaggio amoroso.
Si era posizionato in stand-by per un po' di tempo. Inseguiva l'impegno associativo e la militanza. Distratto continuamente però dagli sguardi, dalle voci, dai tratti femminili che incontrava.
Aveva creato intorno a sé un piccolo atelier di poesia. Ma anche lì aveva subito e vissuto degli imprevisti.              Costei amava molto i versi e la poesia. Chiedeva a lui aiuto, illuminazione e insegnamento. Poi aveva cominciato a offrire le sue composizioni poetiche. Il soggetto, i termini, le immagini erano quelle che aveva letto e ammirato nei versi di lui. Aveva creduto di potersi sbizzarrire in licenze poetiche. Stravolgendo termini in modo improprio e inadeguato. Mortificata di essere corretta. Insieme lo aveva aiutato a realizzare un grande evento di celebrazione della poesia. Ma all'ultimo momento aveva voluto distruggere tutto. Prendendosi la briga di interferire nell'organizzazione mandando a monte gli inviti a personaggi illustri che lui aveva ottenuto.
In una corrispondenza elettronica lui aveva proposto e avviato uno scambio epistolare immaginario tra due personaggi della mitologia letteraria. Lui era un principe; lei una ninfa. Ingenuamente lei si rivolgeva a lui/principe con parole d'amore intenso, lasciandosi sfuggire il vezzo di descrivere proprio lui come età, aspetto fisico… Lui si era tenuto sulle sue. Di colpo, all'improvviso, lei l'aveva apostrofato dicendogli che assolutamente non aveva alcuna intenzione di andare a letto con lui. Che era e voleva restare fedele al suo compagno. Era riuscito essere calmo nel ribattere che proprio per questo la stimava e che non aveva assolutamente immaginato possibile nulla di simile… Lasciandola forse un po' delusa.
Ma poi c'era tra tutte quelle infinite figure femminili, sguardi, voci, sensualità, quell'altra che veniva dal suo passato.
Come già aveva fatto altre volte di recente nel viaggio a ritroso sui suoi amori, aveva preferito raccogliere nella mano quel ricordo gradito dolcissimo. Ancora palpitante della giovinezza femminile sfolgorante. Rivissuto di recente con una intensa, appassionata, travolgente, inebriante, celestiale esperienza amorosa…
Ma sì, si era detto allora, se devo coccolarmi i miei ricordi questo che è così bello, privilegiato, e unico, me lo tengo per ultimo… Me lo carezzo e me lo ripercorro magari prima di addormentarmi la sera.
Il percorso mentale sulle figure femminili faceva parte dell'impegno che aveva assunto con la entità superiore femminile. Ella aveva per il momento assunto un aspetto che è la sintesi, per quanto possibile, di tutte le sue donne.
Ma gli aveva anche lasciato la prospettiva, accattivante per lui di assumere di volta in volta un aspetto diverso. È in ciò, ella aveva visto giusto nei suoi connotati mentali.
Non  si era mai voluto infatti legare in modo stabile e duraturo a nessuna. E di volta in volta attribuiva tale sua tendenza a motivi diversi. Tra tutti primeggiava la convinzione che proprio la mutevolezza e la diversità sono bellezza. E forse in fondo ci stava anche un elemento di immaturità per il rapporto unico esclusivo. Forse per la mancanza di una fissazione adeguata all'archetipo femminile materno. Oppure anche, in altri momenti, sia lui che altre persone lo avevano attribuito a pura e semplice devianza.
Nei vari rapporti, specialmente quelli più importanti, per un discreto periodo dopo la fase iniziale dell'innamoramento, aveva avuto intenzione e anche impressione insieme che quello sarebbe stato l'unico. L'unico. Quello definitivo come rapporto.
Ma poi erano intercorsi imprevisti. All'interno della coppia con la partner. Oppure anche dentro di lui. Una pulsione incessante riprendere il viaggio. Ricominciare tutto da capo. E daccapo. E daccapo, daccapo …
La speranza rimaneva pur sempre che quella lei privilegiata, cui aveva deciso di dedicare i pensieri migliori prima di addormentarsi anche quella sera, potesse costituire davvero la sua ultima meta. La sua Itaca in cui riposare sensi affetto mente pensieri…
Ci stava giusto pensando in quel momento.
E gli parve, anzi ne ebbe quasi la certezza, che proprio in quell'istante la entità femminile, giocosamente, stesse incarnando proprio il profilo di quella donna cui andava il suo pensiero più gradito…

mercoledì 27 dicembre 2017

LE PIETON DE L'AIR - una donna proprio N. 4

LE PIETON DE L'AIR - una donna proprio
N. 4
Interruppe  la carrellata dei suoi ricordi delle donne più significative che aveva avuto.
Anche se continuamente gli tornava in mente la sua prediletta dei tempi più recenti.
Ma preferì riprendere e gustare quel pensiero con calma più avanti.
La presenza femminile sentì subito che lui si era distaccato mentalmente dal collegamento.
Preferì  lanciargli un ultimo input. « Ti raggiungerò dove so che è la tua abitazione terrestre. Non avrò problemi ad introdurmi. Se tu mi aspetterai soprattutto»
Lui sentiva e capiva che al momento sarebbe stato meglio che lei non gli fosse troppo vicina o troppo addosso. Voleva sentirsi libero nei movimenti.
L'avrebbe volentieri rivista e glielo fece sapere.
La piattaforma accolse il modulo.
Una nuova hostess gli andò incontro con un sorriso radioso.
Gli offerse un rinfresco e un bagno di vapore ristoratore dopo il lungo trasferimento nel viaggio.
Stava ancora rivangando tra le immagini femminili che aveva nella mente.
Si liberò degli abiti.
Si avvicinò alla cabina del vapore pressurizzato e dell'ozono.
La hostess bionica gli dedicava uno sguardo intenso che era anche invito a introdursi nel vano che lei teneva spalancato. Indossava ora una tuta leggera di velo opaco e bianco come la nebbia vaporosa dell'interno.
Lui lasciò cadere il perizoma di spugna e si introdusse dentro quel bianco tiepido.
Anche la tuta di lei era rimasta a giacere accanto alla spugna.
Si era seduto sulla panchetta a listelli di legno dolce. Lei aveva preso posto alle sue spalle e con mani morbide e sapienti aveva cominciato a massaggiargli il collo, il trapezio e il deltoide. Erano carezze lievi che scivolavano favorite dall'umido delle mani.
Scendevano per i dorsali arrestandosi prima dei glutei.
Talvolta sotto le braccia gli arrivavano sul petto. E piano giù allo stomaco e al ventre.
Nel ritorno partivano di nuovo dal petto, al collo, sotto la gola con una leggera pressione appena sotto i lobi delle orecchie.
Piacevolmente la lasciò fare.
Se l'era poi trovata davanti. Ritto in piedi. Le mani che volavano come farfalle in primavera.
Per un po' lui tenne gli occhi chiusi. Quando il contatto delle mani femminili scomparve per un istante, aprì le palpebre.
Lei stava in ginocchio tra le gambe di lui. E lo guardava sempre con sguardo intenso.
Delicato come il fumo bianco anche il silenzio tra loro.
Gli occhi di lei gli stavano parlando. Seguiti presto anche dalla voce modulata e molto gradevole.
«Sì, sento che lo pensi. Non sono umana. Non come te almeno. Non come le donne che hai conosciuto e che conosci.»
I loro sguardi rimasero sospesi. Loquaci ed espressivi.
«Sono stata programmata per il tuo conforto. È nella mia natura. Spontaneo. Piacevole. Semplice.
Il tuo corpo e il tuo sguardo mi rispondono che mi trovi adeguata e piacevole.
Mi allieta raggiungere lo scopo.
Il tablet che usi per comunicare e scrivere i tuoi pensieri, è pure efficiente ma non lo sa.
Non ne è contento.
Il mio piacere e la mia soddisfazione somigliano molto alle vostre emozioni umane.
Quando hanno replicato quelle come me, hanno inserito anche emozioni più forti.
Non sorride solo il mio volto. I miei occhi. La mia voce. Dentro sorrido tutta.
Se il tuo silenzio dovesse significare che sei insoddisfatto, dispiaciuto, scontento, proverei anche dispiacere. Perfino dolore.
Ora, come sentì e intuisci, sono tesa nell'ascolto, sospesa ad attendere la tua risposta.»
Gli aveva ora appoggiato le mani sulle cosce sopra i ginocchi. Lo sguardo non era fisso. Immobile. Passava dallo sguardo di lui, alle sue membra, ai suoi lineamenti.
«Sì, certo, potresti anche ferirmi. Darmi dolore. Sofferenza. Mostrarmi disprezzo, noia o indifferenza.
Mi domando a volte in che cosa davvero differisco dalle donne umane.
Se non l'origine, non da ovulo fecondato da seme maschile, Ma   da embrione seriale replicato e specializzatosi.
Mi piace e insieme mi addolora la mia perfezione. Sono diversa da qualsiasi altra della mia specie. Ciascuno di noi è originale. Io sono unica. Simile ma esclusiva. Ripetuta finora ma d'ora in avanti irripetibile.
Il tuo sguardo è calmo e assorto. Percepisco onde mentali gentili. Ma rimango sospesa.
Ho bisogno di una tua risposta. Un cenno. Un movimento delle pupille o delle ciglia.
Tu umano eccezionale, prescelto per la grande missione, tu solo puoi darmi la conferma.
Devo sapere. Perdona.
Devo sapere se davvero esisto. Se sono viva. O che sono soltanto una macchina oggetto, un computer robotico, un elettrodomestico che parla. Ma anche che pensa.»
Lui pose le proprie mani su quelle di lei. Poi percorse l'avambraccio e  il braccio. Si soffermò lentamente sulle spalle e sulle scapole. Le cinse il collo. Le dita si infilarono sotto i lobi delle sue orecchie. Andarono a cercare l'attaccatura dei capelli in fondo alla nuca.
Poi le cercarono le guance. Con i pollici le sfiorò le labbra. Che umide si aprirono dolcemente. Finché lui infilò le dita nella sua bocca. Esplorando il tepore umido che incontravano.
Ridiscesero  sulle spalle. Cercarono l'incavo delle ascelle. Poi delicatamente la indussero ad alzarsi.
Il corpo di lui, umano, fin troppo umano con i segni del passare del tempo e con i primi limiti dell'età, volle accostarsi al suo. I propri pettorali gustarono il contatto del suo seno.
I ciuffi scuri di pelo residuati del neandertal che era stato, vennero a contatto col velluto di pesca del suo corpo di femmina.
Lo sguardo di lei era ora umano come e forse di più di qualsiasi sguardo di femmina umana che lui avesse mai conosciuto.
Lo guardava intensamente dal basso verso l'alto. Implorando. Aspettando. Pregustando una risposta.
Lui abbassò il capo, Reclinandolo leggermente dilato. Sfiorò  con le labbra la guancia. E andò a cercare la sua bocca.
Non restava nell'aria nessuna domanda. Nessuna risposta possibile. Replicata, bionica, costruita in laboratorio o no, quella che aveva davanti, tra le braccia, che gli offriva la bocca da baciare ed a frugare con la lingua, era una donna stupenda.
Più tardi, lui si era messo ritto a sedere su un lettuccio ovattato dove aveva giaciuto amorosamente con lei.
Seguito dal suo sguardo. Dai suoi gesti.
«Tu sei più viva che mai. Più vera che mai. Più donna che mai. Unica. Irripetibile. Originale. Esisti.
Riponi, ti prego, i dubbi che pure capisco. Non tu devi invidiare la mia umanità. Io ammiro stupito e invidio la tua perfezione sublime. Non sei assolutamente per nulla un oggetto vivente. Un robot. Sei quello che le antiche leggende mistiche delle religioni definivano un angelo. Un essere simile agli umani ma assolutamente migliore, perfetto, superlativo.
Le entità superiori mi hanno affidato un compito eccezionale. Da quando mi hanno scelto sto imparando cosa significhi l'eccellenza. E tu ora mi hai insegnato molto.
Godo, gusto, apprezzo le tue emozioni, i tuoi pensieri, la tua esistenza tutta. Il tuo corpo. I circuiti bionici cerebrali. Ho imparato a conoscerti. E tu ora conosci me.
Mentre tornavo dalla missione una entità superiore stava accingendosi a essere un altro mio angelo. E raccoglieva dalla mia mente e dai miei ricordi le sembianze femminili umane che nel mio percorso di vita ho incontrato e amato.
Ora, oltre a quelle ragazze e donne umane, posso collocare anche te. Ti ringrazio di avere arricchito la mia mente, la mia anima, la mia vita.
Solo una volta ho detto a una donna umana che l'avevo amata in modo eccezionale più di qualsiasi altra. Che con lei avevo fatto l'amore in un modo straordinario sublime e assoluto. Che avevo goduto di lei facendola godere. Se sei replicante, hai ripetuto e replicato un'emozione straordinaria.»
In  breve poi raggiunse la propria abitazione.

martedì 26 dicembre 2017

LE PIETON DE L'AIR N°3. Altra cosa.

LE PIETON DE L'AIR
N°3. Altra cosa.
Ma ci sarebbero state ancora le parole? E i gesti… E gli oggetti… E la visione… E gli esseri viventi… E le piante… E le persone… E le donne… E i sogni…?
Con un profondo turbamento e disagio, cercava di inseguire questa confusa ridda di pensieri. Non riusciva a visualizzare mentalmente il che cosa sarebbe stato dopo.
Un nuovo e diverso pianeta da abitare? Una nuova luce? Un diverso tempo alternatoin scanzioni di giorni stagioni mesi e anni? Altri soli e altre lune?
Nuova libertà d'azione assoluta compresa quella di ripetere la sequenza distruttiva verso se stessa dell'umanità?
Mentre queste riflessioni lo occupavano, il suo capo era appoggiato su qualcosa di simile a un cuscino morbido e tiepido.
Vivo quasi sembrava.
O forse lo era davvero.
Con dolcezza inusitata lentamente e morbidamente sentì carezzare il proprio capo e i capelli. Non osò guardare per non turbare il proprio piacere stupito. Le carezze, o comunque gli sfioramenti che lui riceveva, scesero alle guance.
E parevano proprio come prodotte da mani. E neppure parevano mani artificiali. Per quanto la differenza fosse quasi assolutamente impercettibile. L'aveva pur provato il contatto con un corpo femminile artificiale.
«Sento i tuoi pensieri. Sento il tuo turbamento. Sento la tua domanda.
Non sono un simulacro femminile di donna umana.
Ma neppure sono una donna terrestre.
Sono altra cosa.
Sono e basta.
I limiti spaziotemporali, la forma, l'aspetto, la consistenza, sono ormai diventati qui per tutti noi irrilevanti.
Rispondi pure alle tue domande, sono un essere vivente. Assumo la forma dell'aspetto umano di donna perché so che ti è molto caro e gradito. Se vuoi, ti aiuterò a rivedere e rivivere momenti presenze persone femminili gradevoli e piacevoli che hanno colorato la tua vita.
Considerami donna. Ne ho assunto l'aspetto. L'anima. La mente. La sensibilità. La voce. L'odore.
Regalami, te ne prego, la fisionomia che ti è più gradita ripercorrendo l'album delle fotografie femminili amorose della tua storia esistenziale.
Ti accompagnerò nel ritorno. Ti sarò vicina. Fisicamente e nella tua mente. Non sarò un oggetto artificiale più o meno gradevole. Io sono viva. Esisto per davvero. Interagirò con te. Comunicherò. Ci sarà un continuo feedback avanti indietro tra me e te. Fai conto che io sia la tua amica migliore. La tua donna. La tua compagna. La tua assistente. La tua amante. La tua mamma, sorella, segretaria personale… Quello che vuoi. E altrettanto considererò te. Nulla è prestabilito. Il nostro tempo e le nostre azioni, congiunte disgiunte lo inventeremo noi.
Devi solo dirmi se mi dai il tuo consenso.
Le entità che operano il salvamento e la purificazione, mi hanno scelto. Come hanno pure scelto te perché venissi nella nostra realtà. Sei stato chiamato "eccellenza" non per tuoi meriti speciali, ma perché tu dovrai eccellere, superare i limiti, vincere la sfida.»
Ore le mani, perché erano proprio mani, morbide, delicate, tenere, tiepide e femminili, dopo avergli sfiorato dolcemente la fronte le palpebre e gli zigomi, stavano morbidamente e piacevolmente carezzandogli il collo.
Non sapeva se essere spaventato. Incredulo. Pentito. Compiaciuto.
Nello stato d'animo in cui si trovava, si limitò a pensare di essere e basta.
Il tempo con estrema cautela si svolgeva pacato. Senza fretta. Senza lentezza eccessiva. Ed era insieme sospeso e trattenuto. Eppure andava svolgendosi e dipanandosi.
Alzò le braccia e le mani. Le pose sulle mani femminili che lo stavano carezzando. Ebbe un'immagine divertita che gli fece pensare a un angelo femminile. E senza profferire parola, mentalmente le disse: "Ti accetto. Ti ricevo. Ti accolgo".
Rivide la bambina bionda che pregava sull'altro lato, a fianco alla statua buffa e azzurra d'una Madonna di gesso. In quei mesi di degenza in isolamento all'ospedale. Rivide i suoi occhi intensi. Che pregavano con amore guardando lui ragazzetto più grande. Riascoltò la lettera che aveva lasciato il giorno delle dimissioni all'infermiera burbera. Che gliel'aveva letta dicendogli che avrebbe dovuto tenere per sempre il segreto.
Poi incontrò la bambina con la gonnellina più corta, quando giocavano insieme a dama e cavalieri nella colonia in montagna. E lui spesso riusciva a sposarla, lui come cavaliere e lei come damigella del gioco. E nelle camerate la pensava col batticuore la notte.
Le mani carezzevoli, intanto, sembravano favorirlo e aiutarlo in questa esplorazione a ritroso in apnea nel passato.
La ragazza bionda col caschetto di capelli. La frangetta dritta dritta. Lo guardava a lungo quando stavano in fila prima di essere accompagnati in classe dei bidelli alla scuola media. Lui si riteneva brutto nella divisa da orfanello. E non sapeva riconoscere in quello sguardo intenso e fisso, le sfumature di tenerezza di pietà o magari anche come lui fantasticava, d'amore romantico sognante…
Ah, già, quand'era ancora piccino, con i folti capelli biondo scuro pettinati a banana sul capo, alla cascina dei parenti dopo il lutto in famiglia. E la ragazzetta con l'occhio vispo e lo sguardo intrigante, che lo accompagnava nelle forre, alzava la gonnella, mostrando il suo paradiso segreto da esplorare. Il primo viaggio di avvicinamento verso la realtà femminile autentica. L'aveva sfiorata con la mente con gli occhi e con le mani; l'aveva sognata. Quei sogni terribili, bellissimi, ma estremamente sofferti: appena vedeva la gonnellina alzarsi gli si chiudevano gli occhi nel sonno e nel sogno e faticava mostruosamente per riuscire a riaprirli ancora e guardare guardare con desiderio goloso, cupidigia, tenerezza estrema…
L'iniziazione. Avevano poi giocato a fare la pipì prima l'uno poi l'altro in una grossa scatola di pelati vuota mescolandola col cemento. Girandola col bastoncino. Un piacevole profondo e delizioso gusto del peccato e della trasgressione.
E poi i primi balli da adolescente maldestro nelle sagre e nei festival di paese. Cercando di far sentire alla dama del momento la propria incerta, titubante, furibonda mascolinità di contatto sotto i vestiti.
I baci, mescolando e le lingue le salive.
Spostò le proprie mani da quelle di lei cercando di sfiorarle le braccia. Sentiva sotto i suoi polpastrelli quell'impercettibile peluria bionda invisibile ad occhio se non sotto i raggi del sole. Braccia nude più umane di quelle delle donne umane che aveva toccato e carezzato col batticuore.
«Spero non ti dispiaccia, mio eccellente eccellenza, se guardo insieme te i tuoi ricordi. Ma non c'è fretta. Hai appena iniziato il viaggio. Per ora, se lo vuoi anche tu, non assumerò nessun aspetto definitivo. Stabile. Ma sarò di volta in volta l'ultima immagine che hai esplorato. Sarò i tuoi ricordi. Solo dopo, se anche tu lo vorrai, diventerò più definita. Ma anche, come forse ti piace, sarò di volta in volta una donna diversa, nuova, e insieme antica. È un gioco che facciamo. Tu sei importante. Sei stato scelto. Rivivrai la dolcezza, il desiderio, la nostalgia, l'amore, ma anche sfiorerai i dispiaceri, le delusioni, i rimpianti, il dolore… E non sentirti solo. Godrò e soffrirò insieme a te.»
Dopo un lungo carosello di momenti, sguardi, amplessi, abbandoni, stava per avvicinarsi all'incontro doloroso e piacevole insieme, con la donna che gli aveva regalato la propria intensa sofferenza che amava, per offrirglisi spontaneamente come vittima schiava d'amore. Raccontandogli sempre di quando bambina era stata abusata con sguardi lascivi che l'avrebbero per sempre segnata.
Sdegno misto a desiderio a quel ricordo.
Preferì procedere oltre.
Intanto nello spazio tempo infinito del foglio di gomma il viaggio di ritorno continuava.
Nanni Omodeo Zorini Qfwfq
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Chiosa alla poesia " Il giorno di natale 2017..."

Chiosa alla poesia " Il giorno di natale 2017..."
(In risposta a un gradito commento dell'amica Federica Bertelegni)
Anche, Federica cara... L'atto di pepreparazione della ragazza all'incontro con il suo Woland, per donarglisi e iniziare il volo, per ripercorrere il viaggio del Maestro e Margherita, fuori e lontano ormai dalla bolgia stalinista, nel percorso infinito del sogno col maligno... Un gioco di fantasia per provare a reificare di nuovo l'atmosfera di mikhail bulgakov, ahimè purtroppo senza misticismi di alcun di alcun segno, né positivi né negativi, ma ostentando intenzionalmente una volontà dissacrataoria... E proprio nel giorno in cui ritualmente si mangia il panettone, si accendono le luci sugli alberelli, simulando presepi irreali... Sotto l'occhio del Grande Fratello che regala musichette propiziatorie invitandoci al consumo e agli acquisti...
Un tentativo di sfottò galattico cosmico...
E tutto questo per mano di un modesto Don Chisciotte della parola, che vorrebbe con i suoi sogni dissacranti emulare maestri della scrittura ben più degni di lui...
E nel giorno che celebra con un leggero scarto di tempo il solstizio d'inverno... Definendolo con l'appellativo  pretenzioso di Natale...
È insieme un peana dissacrante, volutamente blasfemo, trasgressivo, in ischerno dei miliardi di devoti di qualsiasi confessione che con rituali diversi mostrano di celebrare un'allegria improbabile, festosa, e insieme amara... Ti ringrazio molto Federica di avermi letto, cara vicina di parete, e di ascoltarmi  ...!

LE PIETON DE L'AIR N°2- l'incontro e il contatto

LE PIETON DE L'AIR
N°2




  L'incontro e il contatto.
Avrebbe potuto aspettarsi un ampio spazio. E tutti i presenti concreti e in persona. Da vedersi.
Una nuova hostess bionica l'aveva accompagnato in una sorta di cubicolo. Trasparente e ovattato.
Di nuovo una poltrona autoregolantesi.
Quasi un lettino da ambulatorio o uno scranno dal dentista. Molto più morbido. Comodo. Accogliente. Ma insieme spersonalizzante.
La fanciulla hostess aveva un aspetto ancora più probabile. Pareva realmente un essere umano. Ma con qualità straordinarie ed eccezionali. Muoveva i passi con eleganza spigliata, flessuosa, sicura di sé. E insieme invitante.
I tratti somatici ricordavano quelli della precedente che l'aveva introdotto alla navicella. Ma la varietà dei particolari, creava l'illusione di trovarsi di fronte ogni volta a esseri reali, autentici, praticamente umani. Nessun elemento denotava la serialità con  cui erano stati progettati e realizzati. Provò attrazione. E insieme disorientamento. Come quando c'aveva fatto l'amore con qualcuna.
Nel cubicolo iniziarono a diffondersi effetti sonori molto simili a intelligenti passaggi di musica elettronica. Tipo quella che un tempo accompagnava le sedute di yoga e di meditazione.
Non era stato necessario, qui, indossare la cuffia neuronale. Gli impulsi arrivavano direttamente. Con voce suadente e insieme troppo calma, pacata, controllata, che denotava la provenienza non umana, iniziò il colloquio.
«È molto noto e chiaro lo stato delle cose.
I viventi ospiti sul pianeta che chiamano terra, hanno quasi concluso del tutto la devastazione. L'atmosfera, i liquidi, il suolo, i viventi non umani, sono stati deteriorati e inquinati al limite del possibile.
Si sono inventati la proprietà privata. Di territorio. Di esseri viventi. E di popoli interi su altri popoli. Del  genere maschile su quello femminile. Del "pater" primigenio su tutti i discendenti. Patriarca violento. Brutale.
Residui immensi di origine artificiale e plastica sono isole galleggianti sulle acque di cobalto. Strangolando viventi residuali di specie.
Si  sono inventati dio.
Scambiano tra loro i beni con uno strumento che chiamano moneta. Nuovo immenso dio, mogol e valore supremo. Con esso comprano cosa e esseri viventi.
Inventano e perfezionano sempre più strumenti letali. Nel gioco al massacro che chiamano guerra.
Occorre un'opera di purificazione. Di ripristino. Per quanto sarà dato possibile operare.
Negli spazi siderali abbiamo ormai mappato le piaghe di devastazione.
Eccellente umano, le qui presenti essenze vitali, offrono una nuova plaga. Suggerendola come terra promessa.
I soli e le lune che la governano, simili e insieme diverse, ricordano quelle del vostro girotondo eliocentrico.
Il dono è pronto. Il trasferimento è predisposto. L'esodo purificatore è pianificato.
Stiamo all'unisono leggendo le tue connessioni cerebrali. Provvisorio Messia. La  tua visione ci illumina.
Gea come da voi la chiamavate verrà radicalmente ripristinata. Ricomincerà il tempo.
Questo, le entità cosmiche pensano e dicono.
Questo è quanto.»
Ad occhi chiusi aveva ascoltato il messaggio. Cieco provvisoriamente come tutta l'umanità, aveva però potuto vedere il consesso infinito.
Aveva ascoltato.
Sui mari e sugli oceani galleggiavano da tempo immense valanghe di residui mai più degradabili.
Cetacei e orsi polari spiaggiavano agonizzanti col ventre ingozzato di plastica.
Le fantastiche e innumerevoli specie, magico prodotto dell'evoluzione della vita, stavano riducendosi sempre di più a masse da macello. Allevamenti di proteine vive da divorare.
Lividi e insieme ridenti i dominatori feroci e biechi, costruttori di macchine di morte.
Il sorriso e l'amore ridotti a vezzo proibito di cui vergognarsi.
Il quadro era desolante. Le carcasse di corpi scarnificati nei lager e nei Gulag. Le imbarcazioni stracolme che scaricavano nei mari negli oceani viventi disperati. Il sublime atto della congiunzione carnale amorosa, venduto al miglior offerente. Commercio e compravendita di emozioni, di sorrisi, di allegria.
Baratto postribolare di sensi, di comunicazioni, di speranze.
Rimase assorto.
E rivide di dentro leggendoli con cura i suoi ricordi.
Un'infanzia lontana a giocare sui ballatoi della vecchia casa nell’automobilina di compensato rosso.
Il sorriso luminoso della nonna che andava appannandosi per la cataratta.
LE I sogni morbosi e sensuali del bambino che era stato.
Le fragole e i lamponi maturi. I cestini di amarene succose.
Le albe e i mattini. I tramonti lancinanti, disperati, mesti con la loro promessa di nuove resurrezioni dopo il buio della notte.
Gli amplessi amorosi. Ragazze e donne amate. Sguardi in campo lungo di quelle perdute.
I treni lenti per raggiungere le valli dove andare a giocare a fare il professore di qualcosa. Con il loro odore di fuliggine, di fumo, e di nafta mal combusta.
Le marce, fianco a fianco, per un mondo migliore. Per la pace. Per l'amore. Per l'allegria.
Le serate davanti al camino bruciando il tabacco per respirarne il fumo.
Le vallate e gli alpeggi in cui fuggire a sognare la bellezza.
Le mani che tengono le mani.
I corpi che si avvinghiano ai corpi per provare piacere e urlarlo. E darne.
Il Retzina amaro e aromatico nelle isole greche.
L'azzurro intenso dei mari e dei cieli.
La tristezza mesta alle esequie.
Le abbuffate colossali ai pranzi di nozze e di compleanno.
La speranza inesausta. Sempre. Tanto. Il bisogno d'amore infinito. Il gusto amaro della delusione talvolta.
I voli onirici con fiabe improbabili e dolcissime.
Le parole vergate sulla carta. Registrate su supporti magnetici. Regalate a pioggia, gratis.
Le biblioteche del ricordo. Le nostalgie infinite. Il passato e il futuro fusi insieme nell'attimo presente. Ogni volta differito più in là. A scivolare verso l'epilogo definitivo. Verso nuovi miserere.
Le parole mai pronunciate che aveva appena ascoltato, rimanevano a galleggiare sospesa nell'aria.
Il tempo era finito.
Il tempo nuovo stava per ricominciare.
Il tempo.
Il tempo e lo spazio, un unico foglio di gomma. Un'unica dimensione variamente articolata.
Distese allora la sua anima a galleggiare in quel foglio di gomma.
Assorto.
Stupito.
Perplesso.
Pronto e insieme titubante.
Ed era proprio così.

lunedì 25 dicembre 2017

Il giorno di natale 2017

il giorno di natale 2017
nella terra di nessuno dello spazio-tempo
nell'etere incorporeo eccelso e sovrano
la fanciulla cominciò ad agghindarsi
per la cerimonia a cui si sapeva
da sempre destinata

maestro woland l'aspettava

fragole luminose
sanguinanti amarene accese
polvere di lava incandescente
lapilli brucianti di ghiaccio
là in fondo dietro alle alture
il vulcano brontolava borborigmi
schiarendosi la voce
volo planato e polvere di stelle
mai spente e sopite
coriandoli di melagrana sapiente

e vieni dunque maestro disse

mentre il nudo si rifletteva nello specchio
blasfemi sogni volavano
schernendo le ciaramelle sonanti
le renne trascinavano slitte claudicanti
babbi natale bevevano sciroppo per la tosse
il firmamento comincio ad incrinarsi
sotto gli abeti luminosi e decorati
brandelli di carta straccia eccitata
i cronometri si misero in stand-by
le clessidre ribevvero la sabbia già versata
un singulto fece tremare la saliva in gola
una stella cometa di stagnola
pendeva ancora dal velluto nero blu

e andiamo a cominciare

si spalancò un silenzio assordante
sette  miliardi di sguardi
stizzati si girarono  dall'altra parte
piano la miccia cominciò ad ardere sorniona
tre volte si abbassarono le luci
il gong immenso diede il segnale
e la festa si avviò ad  iniziare

Woland=Воландt


sabato 23 dicembre 2017

PRIMAVERA AUTUNNALE

e se io ti dicessi per caso
come forse sto anche facendo ora
che la stagione prima non c'era mai stata
sì quella lì la primavera
era sempre con i piedi fradici
zuppi di pioggia
nelle scarpe inadatte
e tante altre cose che ti sto raccontando
come la prenderesti dolcezza mia
lo so che ti si stringe il cuore
lo so che hai apprensione per quel mio passato
ma ti racconto anche che è arrivata ora
una stagione nuova dai colori intensi
gialli e rossi e le foglie cadono
e ti tengo la mano sul collo
e intanto parlo e parlo e parlo
e tu mi ascolti con gli occhi lucidi
 e guardi il pastore che si arrotola
le sue sigarette con l'occhio
alle greggi gravide
e il suo cane drizza le orecchie
 anche ora vengono gli acquazzoni
e novembre si veste da agosto
con tuoni e fulmini
mentre ritorno sempre
a cercare il tuo sguardo
che rimane lì sospeso e mi aspetta
tu sei di tutte le stagioni la più intensa
 la più tremante
e con il tuo presente nel mio
sei il ricordo più bello che sto inventando
 per i domani accanto al fuoco
la poesia masturba le sue parole
 i nostri fiati si mescolano
e l'auto va tranquilla
e ti perdo solo per qualche istante
certo di e ritrovarti poi primavera autunnale
come i cachi
e le uve clinton e americane
e ronzano gli pneumatici da neve
e il motore mormora piano
e io ti vedo vicina
di lontano.

LE PIETON DE L'AIR.. N°1-

LE PIETON DE L’AIR   ( à peu près…)
«E naturalmente, eccellenza, appena sarà salito sul modulo, si abbasseranno automaticamente i portelloni… Basterà indossare la cuffia di collegamento neuronale, e la sua unità di trasferimento la porterà dovunque… Ma credo certo lei lo sappia già benissimo…»
La voce sensuale femminile gli aveva detto queste cose mentre due occhi luminosi fantastici lo guardavano seducenti.
Quasi più belle delle donne vere! Cloni,  donne bioniche… Imitazioni più belle dell'originale…
E gli veniva in mente di quando nel passato i pittori copisti di opere d'arte e di capolavori famosi, cercavano e spesso riuscivano a fare delle copie così autentiche da far concorrenza al loro modello.
L'incarnato non sembrava per nulla a un prodotto artificiale. Una pelle vellutata di pesca, degno di un’adolescente.  La voce poi…!
E ricordava anche l'esperienza incredibile e insieme piacevole di avere giaciuto amorosamente con qualche donna bionica.
L'ambivalente  contrasto del lasciarsi andare, come faceva sempre con le terrestri affascinanti che aveva conosciuto; e insieme, quello strano senso di sconforto, di estraneità, d'artificio, nel praticare i giochi d'amore con quell'essere che sembrava umano, vivo, ma che era una creatura artificiale di laboratorio.
Ma erano poi davvero diverse dalle donne umane le donne bioniche?
Il modulo era accogliente. Luci attenuate. Morbido tepore diffuso. Minuscolo  ma molto funzionale, la poltrona da sola si mise in posizione semi orizzontale. E sentì , o meglio percepì soltanto, in mancanza assoluta di vibrazioni, che l'uovo con dentro lui si stava spostando.
Gli  impulsi neuronali in andata e ritorno viaggiavano senza l'uso di parole di frasi di concetti. Stava pensando che forse era così che veniva l'attività cerebrale negli animali più intelligenti. Nei cani ed esempio. Niente parole inutili. Toni di voce. Tratti sopra segmentali.
Pensieri/concetti/idee intense, immediate, con velocissimi e immediati feedback di ritorno.
Aveva fatto ragionamenti del genere con quella giovane neuro scienziata di sua figlia. Che amava profondamente il proprio cane. Col quale comunicava con immediatezza. Sempre in sintonia.
"Eccellenza", l'aveva apostrofato la bellissima clone sensuale. Termini di convenienza, di ruolo, di scopo. In quel momento lui era eccellente per la missione che stava per compiere.
E poi era un umano. Ci intuiva anche una leggera sfumatura di invidia, malcelata dalla sudditanza. La sua anima di maschio ne era insieme ringalluzzita, ma anche disturbata.
Le  hostess sintetiche, per quanto bellissime, non avevano nulla da invidiare ai modelli in uso per compagnia e per piacere.
Sorrise  tra sé.
E gli venne di colpo in mente, l'aspetto che l'aveva colpito la sera prima nella stupenda affascinante ambasciatrice dell'Antartide.
Era stata una serata vivace. Una gara a testi poetici contro altri testi poetici. Si era abbastanza divertito a recitare le proprie composizioni. Giocandoci sulle espressioni vocali, gestuali, sui toni di voce…
Non gli interessava il risultato. Era ancora abbastanza disturbato però dall'idea di potere metter su una competizione basata sulle poesie. Aveva una radicata idea che le emozioni, la poesia, i rapporti amorosi, gli innamoramenti, l'amicizia, ma si, anche l'orgasmo amoroso, non possono essere misurati. Confrontati. Ciascuno è stupendo se lo è per conto suo.
Però era stato al gioco.
Tutti  i presenti avevano sorbito il gelatinoso intruglio verdeazzurro. Che provocava eccitazione, allegria, benessere… Un tempo si sarebbe usata della birra o delle bevande alcoliche. Ma sembrava che la nuova ambrosia sintetica non avesse nessuna controindicazione per il benessere fisico o psichico. Per cui erano stati accantonati il luppolo,  il malto ,le uve, e tutti i distillati alcolici.
Ed era nata la nuova industria del nuovo nettre degli umani.
Anche i cloni ne assumevano. Ed   erano regolati e programmati perché anche su di loro avessero effetti analoghi.
L'ambasciatrice aveva ascoltato estasiata le poesie che lui aveva letto. Votando sempre a suo favore. Regalandogli sorrisi garbati. Eleganti. Da vera signora.
Prima di accomiatarsi, lui le aveva voluto donare il proprio bag delle coordinate di contatto. Ma prima, quando lei gli aveva porto la mano, invece di stringerla l'aveva portata le labbra. Dicendole che un tempo i veri gentiluomini facevano così.
Facendole il baciamano le disse che se Groënland fosse stata una monarchia onoraria lui avrebbe votato e proposto che lei ne  fosse la regina.
Il sorriso compiaciuto di lei lo aveva gratificato immensamente.
Avrebbe atteso senza fretta un collegamento.
Ma c'era ancora tempo.
Si erano poi tutti complimentati con lui. Molte poetesse lo avevano ringraziato di quanto lui aveva elargito e regalato loro.
Ad  alcune aveva voluto fare omaggio dei microchip contenenti testi che aveva con sé.
Salvo poi, ma troppo tardi, pentirsene.
Quando aveva lasciato il locale, accompagnato da un sorriso intenso dalla affascinante clone hostess, avrebbe voluto aver ancora tra le mani i suoi microchip. Invece si trovava soltanto a disporre di quelli dei propri contatti.
Non  aveva ora il senso del tempo trascorso sinora nella navicella. Pensava a tutto lei.
Provò  un senso piacevole di sopore. Di stordimento. Ed ebbe visioni vellutate e gradevoli simili ai sogni dei tempi passati.
Percorse  velocemente episodi, scene, momenti, rivide volti sguardi, amplessi…
Un volto in particolare e uno sguardo dominavano su tutti.
E  ne provò un profondo senso di nostalgia. Ma senza dolore. Morbido. Vellutato. Quasi gradevole. L'avrebbe meglio definito saudade. Ricordo  piacevole con desiderio. Solo con una leggera sfumatura di mestizia e di rimpianto. Come  di qualcosa che è solamente un pochino più lontano. Ma che è lì lì per tornare.
Desiderò  intensamente una visione immediata di dove si trovava nello spazio. Aperse gli occhi. Lo schermo glielo stava mostrando.
Lontana, avvolta di batuffoli di nebbia, contaminata, malata, esausta, la sua terra gli provocò un senso analogo di saudade e di nostalgia.
Chiuse gli occhi. E anche lo schermo. E anche il pensiero.
La nuova piattaforma accolse il modulo. Che ci si depose tranquillo.
Il portellone si aperse.
La stazione orbitante gli offriva le fisionomie inusitate dei suoi interlocutori.
Sapeva cos'era venuto a fare.
Gli era venuto in mente l'aspetto che aveva un tempo l'aeroporto di Madrid in Spagna.
O anche il museo d'arte moderna del Bouburg a Parigi.
«Ben vista, ben accolta, ben arrivata, eccellenza…»
Eccellenza. Sapeva di dover eccellere. Era pronto. Avanti.
Lui aveva chiamato eccellenza l'ambasciatrice di groeënland. Regina onoraria e democratica.
Ogni volta lo stupiva quell'insieme di cupole trasparenti che non riflettevano la luce. Quelle  strutture tubolari luminose brulicanti di piccole figure in movimento.
E mentre si avviava, ebbe solo un leggero sfumato rimpianto, per tutto quello che era rimasto le sue spalle. E pose piedi, corpo, mani, neuroni, anima e pensieri nella nuova realtà in cui si trovava.
Presto sarebbero iniziate le discussioni, le trattative. L'esodo. L'esilio volontario. Il  tempo nuovo.
[Il titolo del racconto l'ho preso in prestito da Eugène Ionesco, mi piaceva l'idea di un pedone che cammina nello spazio...!]