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giovedì 29 giugno 2017

COMPAGNI DI STRADA

COMPAGNI DI STRADA
così
si fa per dire

in effetti viaggiavano su percorsi paralleli
che andavano forse nella stessa direzione
dove porta l'anima il pensiero il tremore del cuore
c'eravamo incontrati per interposta persona
conosciuti
come si fa anche solo con occhiate
parlavamo linguaggi affini
fratelli
gli sguardi dicevano molto
sapevamo tutto
e dentro sornione ognuno in cuor suo
era contento
perché il viaggio era comune

di qua parola soltanto ritmo scrittura
cadenze rime assonanze

di là gesto sguardo parola comunanza
intenzionale voluta tacita però recitante

solitario parlare compulsivo da me
parlari all'unisono corale botta risposta di là
e il dialogo a più voci vostro diventava
soliloquio multi vocale colloquio  interiore

ma comunque
compagni  di viaggio lo stesso
e lo sapevamo con i nostri sguardi abbassati
che dentro leggevano tutto

QUARTA PARETE

QUARTA PARETE …
               e piace sai a volte
               soffermarsi sull'orlo della strada
               ad ammirare sorrisi sguardi parole gesti
come quando su velluti di poltrone
vediamo fiorire vite parallele e racconti magici
raccontati con l'anima e con tutto il corpo
da restare esterrefatti e attoniti

a volte sì piace gustare racconti vivi
partecipati da partecipare
da confondersi quasi sulla scena
entrandoci dentro con tutto se stesso
nella comunione autentica noi quarta parete
                e lo so lo sappiamo bene tutti
                che rimangono degli altrovi sconvolti
                che pure ci premono sul cuore
ma pure ci piace magari solo a volte
nettarci l'anima così inebriati
ondate di parole gesti luci emozioni sogni
e noi e loro fusi insieme
e il racconto vivo diventa sempre più vero
come quando nuotiamo nello sguardo amato
azzurro al fosforo di cielo
che diventa esso stesso teatro
per perdercisi insieme nell'assoluto

eh sì piace proprio tanto gustare all'infinito

anche questo come scrivere dunque è un atto d'amore

NOTIFICA PRECEDENZA ASSOLUTA

NOTIFICA PRECEDENZA ASSOLUTA-cod.62 14/17c/trasm.subgalattica  di 4^classe.
Cifrario criptato allo zenzero.B413.
<< Dare conferma immediata ricevimento- inoltra Barumini- destinataria sfera ovoide dorato in migrazione iperspazio.
"Ma sì, certo, ti raggiungo ovunque, ovoide ramato in sfumature ottone, similoro..!
Prosegui pure il tuo volo libero galleggiando nel nero blu infinito.
Motivo l'urgenza: indagine compiuta non individua in te alcun refuso, alcuna virgola, o difetto chessia.
Pregoti pertanto svolgere accurata analisi introspettiva.
Occorre assolutamente sapere se :
Ritrovi o scopri in te alcunché da rimuovere rimproverare correggere
Nell'aspetto fisico
Nel volto nello sguardo
Nel corpo tutto nel sangue
Nelle vene nei nervi nei tremiti
o altresì nell'anima nei pensieri nei sensi
Nei ricordi nelle fantasie nei sogni
Nell'infanzia nella pubertà nell'adolescenza
Nella grande maturità  del sentire
Nel profilo nell'andatura nella parlata
Negli accenti e nei gesti
Insomma è semplice ti pare?
Viene richiesta conferma definitiva e assoluta
Pur non essendoci in partenza dubbio alcuno
Chiedo una autocertificazione alla maniera di atto notorio
Dichiarazione urlata ululata cantata
Modulata in falsetto con le esse strisciate e scivolanti
Detta e pronunciata con lo sguardo azzurro intenso
Tutto qui insomma in buona sostanza.
NOTIFICAMI TUTTO, con atto di notifica formale stesso indirizzo
PRECEDENZA ASSOLUTA-cod.62 14/17c/trasm.subgalattica  di 4^classe.
Cifrario criptato allo zenzero.B413
(È possibile e opportuno aggiungere una spruzzata di profumo di aspidistra... quanto basta naturalmente!) >>
Nanni Omodeo Zorini Qfwfq

venerdì 16 giugno 2017

E CHE DIRE ALLORA?

E CHE DIRE ALLORA
OGNI VOLTA
CHE SPUNTA DACCAPO
UNA NUOVA ALBA
DI SOLE E AZZURRO?
Nanni Omodeo Zorini Qfwfq

LA ROSA DI NEANDERTHAL

LA ROSA DI NEANDERTHAL

                                                                                                                                                                 e retrodatarlo ancora un poco  dunque allora
dice che forse si potrebbe addirittura così tanto
300.000 anni sono una bella sberla certo
sapiens erectus neanderthal nelle varietà
ma  la prego  se lo sa mi dica quanto
è rimasto della bestia umana di allora
con tutte le mutazioni genetiche del caso
che oggi lo vede pure lei sopravvive ma tanto

sorride imbarazzato sornione l'antropologo
ma correggo paleoantropologo mi scusi
e restiamo entrambi col dubbio di quanta bestia
sopravviva oggi nei geni per fare scempio
così tanto

per me lo so almeno un poco di quello che
dell'animale umano mi rimane dentro come
hom salbadg detto all'ossolana e mi fa
selvaggio bruto rabbioso ma anche
dolce e garbato ad adorare il sorgere del sole
e la donna regina che amo
non so leggere la mappa cromosomica
ma provo almeno a interpretare le mie emozioni

e sorride intanto la fioraia
che mi porge la rosa
con un po' di stagnola
perché le dico che anche oggi
i petali rossi incarnati
non finiranno nella mia insalata frugale
con le cicorie di campo

l'antropologo paleo è ora fuori campo
non è più in voce se non
nei miei padiglioni auricolari
e nei miei residui mnestici anche se continuo
a colloquiare con lui per un poco mentre
ammorbidisco e carezzo lisciandolo
il residuo villoso rimasto perché fra poco
mi tornerà il batticuore che il cielo dei tuoi occhi
sempre mi regala regale baronessina

lascio il perizoma e lo scialle di pelle di capra
l'arco e le frecce e  la lancia dalla punta di selce
la faretra di giunco ammorbidito
sul lettuccio di coperta di orso
dentro al rifugio di fronde e fango secco
indosso il mio migliore sguardo paleolitico
quello che regalo al sole quando sorge sovrano

una rosa nelle mani tra i denti e nel cuore

rosa rossa la prego gambo lungo sì certo
con i nuovi vezzi e abitudini appena inventati
pitecantropo dall'anima dolce ma solo
quel tanto che basta solo perché mi trema il cuore
e mi appresto a farlo tremare pure a te

e con tutte queste migliaia di anni addosso
ora parto
e arrivo
da te
che mi aspetti

Nanni Omodeo Zorini Qfwfq

RISCATTARE RICORDI

RISCATTARE RICORDI
(sdoganare?)
sì lo so lo senti anche tu
questo ronzio del silenzio
tanto assordante che non potresti altrimenti
lo so lo sappiamo
bevi pure a piccoli sorsi
il verde intenso tutto fresco
dalla borraccia di parole e immagini surgelate
nel pensiero e nella memoria
col fluire calmo  pacato disteso
rinfrescati i polsi al lavatoio

e c'è frammenti di lago sfumato
che svapora su su in alto
calderara interiore
la strada ferrata incassata
nel suo piccolo canyon
la chiesa ottagonale barocca
e le case sontuose di qua di là
tutt'intorno e vedi e pensa
tutto questo è stato vissuto vent'anni
e dormiva adagiato scomposto
lenzuola per aria
più vivido che mai ha ora ripreso a pulsare
entrando nei tuoi occhi
lacrime scendono dai miei
ora finalmente  non più spostato
rimosso
infilato distrattamente in un cassetto
il tuo sguardo l’ha rigenerato
dandogli fiato
di nuovo ancora
per sempre
si
Nanni Omodeo Zorini Qfwfq

Jazz

bi- bidibidibidibi.dì.   bum-buuuuu
che focalizza la voce
con suono di basso pizzicato ritmato
con do-don sonorissimi delle dita su piano-
- forte e ci possiamo far stare anche
parole a cadenza con significati
come queste qui che giocano a saltacavallina
gelo lancinante pervaso e volti gelati
sbuffano da  froge fumi di vapore
e subito si ghiaccia con rabeschi congelati
di risa immobili vergate di silenzio
e bi-bi-bibibi-bì muti perdono sonorità
divenuti pesanti come alabastro e
lettere di cristallo opaco e smorto
rimangono a vacillare sospese un instante
per poi sbriciolarsi come polvere di vetro
dolorosa ahi dolorosa si dolorosa proprio
Bi biri biri biri biri biri biri BI
Ma senza più allegria di sorta perché muta
Ormai la sabbia vetrosa dei risi
E  sordo ogni ascolto scomparso
Finché il piano decide di nuovo di dare colore
Saltapicchio arcobaleno divertito ci prova
con do-don plim-plì pliiiiiiiiiii
E riprende la corsa bizzarra compiaciuta
Fino allo scroscio finale dei battimani tonanti
Nanni OMODEO ZORINI Qfwfq

mercoledì 7 giugno 2017

RASSEGNAZIONE/RASSEGNARSI

RASSEGNAZIONE/RASSEGNARSI
per apprestarsi con lunghe scale di legno
a smantellare luminarie e festoni
ormai desueti da riporre a riposo
nelle scatole di cartone con l'ovatta
l'opaco colore della sera metteva le calze di lana
andava smorzandosi il traffico sulla carrareccia
voli neri di rondini squittenti scarabocchiavano l'azzurro
di ghirigori indistinti a protestare nervosi
dietro il camposanto le stoppie di raccolti mietuti
le ultime rane si lasciavano inghiottire
anche dai corvi gracchianti ora che
il grigio argentato degli aironi si era assopito
nelle custodie nere consunte vennero riposti
i corni inglesi e i violini di legno vibrante
nella tasca le radiche fiammate riposavano inutili
pipe spente ricordi sfumati di fumate vaporose
campane distratte
tardavano
dai loro campanili
smilzi
ad annunciare
mestamente
compieta
Nanni OMODEO ZORINI Qfwfq

CHICCHI DI SANGUE

quei piccoli fantasmi minuscoli
evanescenti insistenti rannicchiati
chicchi purpurei di melograno
dentro la scorza dura e legnosa
vibranti corde di violino
pulsano e si addormentano qua e là
con le loro fiammelle intense
murmuri sequenze di afasia
a volte anche i pensieri
sono impronunciabili come silenzi
e solo le parole fluiscono
mute intangibili esterrefatte
di se stesse nel loro suono sordo
gocce di sangue raggrumato e rappreso
grumi sordi che navigano verso l'estinzione
finché non sorge ancora l'azzurro del cielo
per farci galleggiare nuovi soli
soli
nuovi


ma soli

NUARA, NUARA,...

"Novara, Novara, la bela sitá
Si mangia se beve e allegri se stà. ...
(" Costantino Nigra " Canti popolari del Piemonte)
Una vecchia canzone di repertorio, che parla di questa cittadina grigia nebbiosa e piena di zanzare. Dice che ci si sta allegri perché si mangia e si beve, e che le donne hanno tanta ambizione specie se portano abiti che i dragoni hanno comprato loro. Ovviamente queste donne non sono novaresi tipiche neanche di 150 anni fa. Però alla fine i polli sono ben cotti e capponi arrostiti, perciò invita le belle novaresi a essere felici se vogliono guarire…
Sembra quasi suggerire che dal grigiore di qualche secolo fa fosse necessario guarire bevendo e mangiando… Magra consolazione!
Un'onda di malinconia per questa cartolina molto datata.
Non amo particolarmente questa città anche se ci sono nato e vissuto intensamente e molto a lungo.
La cupola antonelliana ricorda molto un bottiglione o una margherita di barbera. Ed è una variante della mole antonelliana. Nella piazza delle erbe non c'è più il mercato e non è più coperta di teloni per ospitarcelo. Rimane sempre la "colonna che suda" che è tradizione che segnali le mutazioni del tempo.
Tutto segue i tempi: mega negozi di occhiali, biancheria intima, scarpe… I portici ospitano dilaganti bar con i loro tavolini riforniti di aperitivi dai colori improbabili e da piatti di patatine e spicchi di pizza. Quella che il neologismo molto brutto definisce “apericena”. Di nuovo si mangia e si beve, si cerca l'allegria, con chiacchiere insipide e formali. Mancano forse solo i dragoni.
Il castello visconteo, già rovinato dalle trasformazioni dei secoli, ha una torretta orribile di mattoni rossi … Voluta da una amministrazione comunale insipiente.
Qualche residuo di palazzo primo novecento e di art decò e liberty…
L'immensa fatiscente protagonista di "cuore di pietra", Casa Bossi, anch'essa opera dell'Antonelli, attende inutilmente di essere ripristinata… Ma dal suo aspetto si può capire che non ci spera più tanto.
Sì, lo confesso, io vivo in questa città. L'ho girata e rigirata con auto e moto di varie epoche e fogge, in bicicletta e a piedi. Seguendo ogni volta l'andazzo delle nuove direzioni dei sensi unici.
Ci sono forse posti più belli, città più affascinanti.
Ma a me è capitata questa.
Mi ci sono abituato.
Me la tengo così com’è.
Però non riesco ad amarla.
C'ho amato moltissime donne. Le ho incontrate conosciute perdute dimenticate.
Anche se forse ho dei dubbi di averle davvero conosciute. Forse le ho sfiorate. Avvicinate. Ma tutto scorre come un fiume.
“Panta rei, os potamos.”
Le immagini sono sempre ogni volta diverse nelle fotografie rispetto alla realtà. E soprattutto rispetto al ricordo che ne abbiamo. Nei nostri microchip cerebrali e neuronali, ci sono forse degli originali ormai sbiaditi color seppia.

IL COMMIATO

IL COMMIATO 
La moto ondeggiava dolcemente piegandosi per assecondare le curve. Un sole giallo di itterizia indugiava ancora prima di fare il passo definitivo. Il fresco dell'aria era scarsissimo. "Ci vuol altro" si disse.
E intanto ruminava dentro quella specie di racconto.
«Per primo era il corvo che aveva parlato.
-Perché vedi, la decisione anche sarebbe bell'e presa. Così. Di testa. Di becco. Ma dopo? E il dopo quello che ti sconcerta.
Con calma serafica e massiccia, dopo essersi portato alla bocca con la proboscide un ciuffo d'erba e di foglie raccattate lì intorno, il pachiderma alla fine parlò:
-Voi corvi, senza offesa, sia ben chiaro, siete a mio parere animali un po' tristi. A cominciare da quel colore di catrame e di fuligine che avete. Raccogliete tutte le schifezze per nutrirvene. Non potreste mangiare anche voi foglie ed erba? 
Sì, anche la vostra è una consuetudine e costumanza ecologica e ambientalista. Raccattate le carcasse e fate pulizia.
Non certo come gli umani…!
Però, lasciami dire, quando diventate stanchi, come tu mi dici che sei ora, non avete un posto vostro dove andare per addormentarvi nel silenzio.
Io trovo più funzionale il nostro sistema. Noi si va, piano piano, senza fretta, e quando si arriva si aspetta che venga il momento…
-Lasciami gracchiare la mia invidia da questo punto di vista. 
Ma come fare? Mica posso io vecchio corvaccio spelacchiato decidere di provare a riunire l'assemblea generale dei miei consimili. 
Fare la proposta. 
Metterla ai voti. 
Maggioranze, minoranze, astenuti…
Non la finiremmo più.
Il nero pennuto aveva fatto una piccola divagazione raccogliendo qualcosa tra le foglie sparse per terra. E inghiottendola.
L'elefante ruminava lentamente con i suoi molari immensi come paracarri.
Era chiaro che la pensavano allo stesso modo. Ma non c'era una soluzione comune.
Da tempo entrambi meditavano ed elaboravano il commiato finale.
Le albe e le aurore avevano cominciato ad ingrigirsi.
I sorrisi a diventare sempre più rarefatti.
I sogni si erano trasformati, un po’ alla volta, in incubi.
Il tramonto, lento, implacabile, ma risoluto stava intanto risolvendosi come sua abitudine.
La notte, fresca, piena di silenzio e di vuoto, solcata da rumori indistinti, si era già messa le pantofole e muoveva i primi passi. Aveva indossato la sua vestaglia di seta scura.»
Mesto? Rassegnato? Boh, si disse tra sé, abbordando l'ultima curva prima di lasciare lo svincolo della tangenziale. Un racconto è sempre un racconto. Se vuole dire qualcosa, se ci riesce, bontà sua.
Nelle orecchie lento e accorato gli risuonava il miserere di Allegri.