venerdì 15 settembre 2017
mercoledì 13 settembre 2017
LÁ
LÁ...
ci si addormenta talvolta così
entrando e trovandoci in un sogno
davvero fantastico incredibile
da sogno verrebbe quasi da dire
più bello che mai
e nel dormiveglia capita anche .
di continuare ad uscire e
rientrare dalla porta spalancata
di quel film
più dentro sempre
di nuovo
ogni volta più in fondo
a me sta capitando così
no non credo nei sogni no
però me ne nutro
e finisco anche per crederci
lo sai
se son poi sogni
questi
qui
ci si addormenta talvolta così
entrando e trovandoci in un sogno
davvero fantastico incredibile
da sogno verrebbe quasi da dire
più bello che mai
e nel dormiveglia capita anche .
di continuare ad uscire e
rientrare dalla porta spalancata
di quel film
più dentro sempre
di nuovo
ogni volta più in fondo
a me sta capitando così
no non credo nei sogni no
però me ne nutro
e finisco anche per crederci
lo sai
se son poi sogni
questi
qui
13 settembre 2014 alle ore 09:58 ·
I giorni cantano, come fontane allegre, senti?
E si colorano d’attesa e di speranza, mentre ti accompagno,
mano nella mano, sulla strada verde dove incontriamo
sguardi calmi e distesi, albe smisurate e tremolii di stelle.
Il sole bacia caldo le tue gote arrossate,
il mare lontano risciacqua le sue onde,
con promesse mormorate e freschi abbracci.
E tutto rimane sospeso, tremolante, stupito.
I giorni centellinano con gusto i mesi e gli anni,
mentre cammini serena e calma. Gli appuntamenti
del tempo stupiscono augurali; la trepidazione
si fa vermiglia mentre cresce lo splendore del tuo sorriso.
grazie a te per esserci
e al cielo per averti incontrata
giovedì 7 settembre 2017
il capelvenere s'aggrappa
alla ringhiera e alla rete
sporgendosi
e cerca di vedere
cosa racconta la campana grossa
con i suoi tocchi pesanti e massicci
che si danno l'un l'altro la voce
sorride complice l'aspidistra
scampato pericolo vecchio cavallo bizzarro
rovescia di nuovo la clessidra e ricomincia
daccapo ancora inesausta
proprio ora che l'autunno
ha rinunciato
al suo giallo rossiccio
alle brume alla mestizia
succede
che ricominci la vita di nuovo tanto a lungo
e somiglia a quello di ornavasso
il campanone coi suoi richiami dalle guglie vicine
tranquillo ragazzo viaggia c'è tempo
lo sguardo tuo appare stupito
compiaciuto e guarda in su
a cercare conferme di presenza assoluta
eccomi
ancora
di certo
Zorini Qfwfq
sporgendosi
e cerca di vedere
cosa racconta la campana grossa
con i suoi tocchi pesanti e massicci
che si danno l'un l'altro la voce
sorride complice l'aspidistra
scampato pericolo vecchio cavallo bizzarro
rovescia di nuovo la clessidra e ricomincia
daccapo ancora inesausta
proprio ora che l'autunno
ha rinunciato
al suo giallo rossiccio
alle brume alla mestizia
succede
che ricominci la vita di nuovo tanto a lungo
e somiglia a quello di ornavasso
il campanone coi suoi richiami dalle guglie vicine
tranquillo ragazzo viaggia c'è tempo
lo sguardo tuo appare stupito
compiaciuto e guarda in su
a cercare conferme di presenza assoluta
eccomi
ancora
di certo
Zorini Qfwfq
domenica 3 settembre 2017
L A C H A T [romanzo di Nanni Omodeo Zorini] VERSIONE DEFINITIVA 22sett2017
Prefazione/incipit
(si consiglia chi legge di orientarsi leggendo nell'appendice le ISTRUZIONI PER
L'USO, e il quadro sintetico dei PERSONAGGI) VERSIONE DEFINITIVA. 21 settembre 2017
"E il sor fesbucche col suo uazzappe, sospesi
nell'etere solo apparentemente incorporeo, faccioni ghignanti, che borbottano qualcosa…
Lucrezia -«… Ma, voglio dire, mi scusi
professore… Non capisco bene cosa succede… Come funziona questa roba qui dei
socialnetwork, del Web, del uazappo… Chi è che prende le cose che io scrivo e
le fa avere qualcun altro in un altro posto? E siamo sicuri che non ci sia
qualche birbacchione che fa partire quello che vuole lui, che stravolge o
modificha i messaggi, una specie di prestigiatore voglio dire, un giocoliere…
Ma come si chiama? Chi è? Dove si trova? È il Google? Il fesbucche? Il
uazappo….
Ma allora ha in mano tutto… Può manipolare
come vuole la comunicazione, l'informazione, gli scambi commerciali, le idee,
il modo di pensare, e ci fa girare tutti come banderuole… Scusi sa, caro
professore, ma mi fa venire in mente qualcosa che avevano scritto un certo
signor Jack London, o Giorgio Orwell, o un altro che si chiamava Aldous
Huxley…, Senza dimenticare quel bizzarro sognatore allucinato del signor Philip
K. Dick… I loro racconti fantasiosi e spaventosi… "Il tallone di ferro",
"1984", "Il mondo nuovo"… E il l’atmosfera densa, satura,
in perenne penombra, retrofuturista… che ci hanno poi fatto vedere in
"Blade runner"…
Ma loro, inventavano, oppure, un po'
profetici, sapevano dove saremmo andati a finire…?
guardavano divertiti, tirando le fila delle
vicende e delle comunicazioni che ignari gli utenti credevano di fare come loro
scelta libera e autonoma…"
La signora Lucrezia, non ebbe risposta.
D'altra parte era solo una passante in quel posto, come tanti… E perciò
continuò a passare…
Il professore aveva altro da fare… Mica poteva
dare retta a tutti…
Infatti si limitò a pulire la pipa,
vuotandone il camino nel portacenere. Poi
la caricò di nuovo. Accese, sfregandolo su un lato marrone della
scatoletta, il suo prezioso fiammifero svedese.
Tirò le prime boccate di fumo odoroso e
sapido. E depose ancora acceso il legnetto bianco nel piccolo braciere, nel
quale si divertiva a consumare dei piccoli falò…
Si schiarì la voce. E invece di rispondere
alla passante, la lasciò passare, e si rimise a dettare nel suo microfono che
aveva davanti alle labbra, appeso alla cuffia nera sul capo e gli scaldava
tanto le orecchie…
E mormorò mentalmente dentro di sé: " Vado avanti con la narrazione lineare.
Introduco questo meccanismo. Creo delle frasi che piazzo qua e là tra un
capitolo e l'altro… Sarà una specie di ritornello, e la frase diventerà sempre
più martellante lunga approfondita… Fino a quando si capirà che stanno giocando
a manipolare il Web…"
Mandò un sorriso affettuoso, e compiaciuto,
a quei maestri. E al mondo allucinato che avevano descritto con fantasioso
realismo...
Sul monitor che aveva davanti … comparivno dei faccioni sospesi nell'etere
incorporeo, dei faccioni ghignanti, che borbottavano frasi che un po' alla
volta diventano sempre più definite…
INIZIO
Capitolo
1.(LA SCOPERTA)
«Non
ce la faccio più ad aspettare… Ancora due giorni… Cazzo… Faremo numeri
eccezionali, ti voglio far impazzire di piacere… Tu mi fai sempre diventare
matta perché sei magico e straordinario…»
Il
cellulare era rimasto acceso. Il PIN e la password non erano attivi.
Un
tuffo al cuore. Dovevo immaginarmelo cazzo! Anzi già l'avevo immaginato e
previsto, intuito. Spesso sta chattando, dice che sono le amiche del gruppo
delle colleghe. E ogni volta che provo ad afferrare il suo telefonino, l'ultima
chat è scomparsa. Tranne questa volta, brutta merda, mi fa male al cuore, ma
molto meglio così…!
Già.
Settimana scorsa aveva detto che sarebbe tornata tardi. Nei messaggi non aveva
risposto alla mia richiesta di dove fosse o cosa facesse. L'aveva lasciata
cadere. Io ero stato buono e ingenuo. Però il tarlo cominciava ad essere
dentro.
È
tornata che ero già a dormire. Anzi ero già a letto, perché a dormire non ci
riuscivo.
Non
stavo ancora già rimuginando sul suo ritardo e sulla mancata spiegazione. Ma
avevo uno stato d'animo di disagio profondo. Indefinibile.
Quando
è arrivata, è stata in bagno un po' più a lungo del solito. Ho pensato che
dovesse struccarsi. Probabilmente si è fatta una doccia. Per lavarsi via il
contatto. L'odore.
Le
sarà rimasto però il ricordo intenso.
Non
ci ho fatto caso subito, ma continuava a rigirarsi nel letto. Non ha preso
sonno immediatamente come le capitava sempre.
Per un inconscio automatico meccanismo di
autodifesa, in quel momento, quella sera, e nei giorni successivi ho messo da
parte la cosa.
E poi
c'erano quelle altre volte, che si sentiva il biribì del messaggio arrivato.
Lei non ci faceva caso apparentemente. Se glielo chiedevo diceva che erano le
solite colleghe e che l'avrebbe guardato dopo. Poi all'improvviso andare in
bagno o in camera.
Ci
sto pensando adesso e rendendomene conto. Al momento sorvolavo.
Andava a depositarsi anche questo episodio con gli
altri particolari nel cassetto delle cose accantonate e rimosse.
E,
quella volta che era arrivata una chiamata sul numero fisso di casa, e c'era
una voce maschile imbarazzata, che aveva inventato un nome improbabile:
"casa Carlazzi…? Mi può passare per favore Maria?… Come? Ah, scusi… devo avere sbagliato numero..."
Il
nome Carlazzi non compariva nelle pagine bianche nelle pagine gialle e neppure
risultava nel 12 54. Preferii pensare che magari avevano fatto male il prefisso
della città.
Lo
struzzo mise la testa nella sabbia come nel luogo comune a volte si dice.
E
anche quegli strani slip minuti e filiformi, che erano cascati fuori dal suo
comodino mentre cercavo le pastiglie per il mal di testa…
Al
momento era rimasta bloccata, poi si era messa a ridere, dicendomi che voleva
farmi una sorpresa. La sorpresa non me l'aveva mai assolutamente più fatta.
Capitolo 1 . parallelo
dal Web
>>
ECCO UNA ZOOMATA PANORAMICA SU QUESTI UMANI ABBASTANZA DISUMANI
(GIORGIO) «sì amore mio certo scusami sono
in cantiere ti chiamo più tardi sei il mio pensiero più bello. Il tuo
Giorgino»
(PIERO) «confermo caro professore, avrò
modo di guardare con calma le cartelle che tu mi segnali, dopodomani farò la
notte il mattino dopo ti lascerò degli appunti nel suo studio. Piero»
(GINEVRA)«va
tutto benissimo cara. Sopravvivo in apnea a far la mogliettina del cretinetti.
fra un po' tra giochiamo di qui. Poi ti racconto. Tutto bene tu? Fammi sapere
quando ti serve raccontare che siamo fuori insieme. Bacio»
«gentilissimi signori condomini. è
confermato l'incontro come previsto per la presentazione dell'immobile alla
presenza del nostro titolare. Vi aspettiamo numerosi»
(LUISELLA)«ma certo. Alla presentazione
dell'immobile con l'impresa, andrò solo io. Ci mancherebbe… Poi ti racconto… Ti
penso tanto»
(AMICA DI MARIANGELA) «Ehi, Mariangela, lo sai che solo tu ti accontenti
del tuo maritino? Poi ti racconterò della mia amica, che oltre ad un amante
stabile, non riesce a dire di no ad uno che da tempo la usa a suo piacere.
Appena lui si fa vivo lei corre dovunque,
giorno, notte… I particolari sono divertenti stai tranquilla. Se la cava bene
perché ha un'aria ingenua da santarellina e fa sempre finta di essere stupida
così li frega tutti…!»
(MARIANGELA)«Ma dai… Non fare la stronza…
Sai che queste cose a me non interessano, al massimo mi incuriosiscono un po'…
Poi comunque mi racconti perché mi diverte sapere…»
Capitolo
2. (L'immobiliare presenta l'immobile per gli acquisti degli appartamenti)
«…
Come possono perfettamente vedere in questa slide, la fattura e la struttura
esterna del fabbricato è molto accattivante ed elegante. È insieme sobria e
ricercata. Le linee architettoniche denotano stile, estremo buon gusto,
ricercatezza…
… Non
è certo come un qualsiasi altro palazzo o condominio… La qualità si nota dai
particolari… Osservino in questo punto e anche in quest'altro e in quest'altro
ancora l'eleganza di queste strutture di balconi aggettanti… Certo loro non ne
avranno mai viste… Una ricercatezza intenzionale, voluta, per
contraddistinguere un fabbricato di qualità...»
Il
bla bla bla mieloso, mellifluo, che cercava in modo stucchevole di essere
accattivante e convincente continuò a lungo.
Il
tipo che parlava era molto generoso di sfumature, particolari, ridondante nelle
spiegazioni, addirittura in quelle più banali irrilevanti…
Fu
poi il tipo che stava al centro del tavolo a prendere la parola.
«…
Avranno potuto notare, dalle esaurienti spiegazioni che l'amico e collega
architetto ci ha offerto, che la proposta che stiamo facendo è di alto livello.
Insomma, diciamocelo chiaro chiaro, papale papale, stiamo proponendo e offrendo
una residenza di qualità. Solo chi ha buon gusto, sa apprezzare, agli
intenditori…»
Cercava
di mostrarsi più asciutto, concreto e sbrigativo dell'architetto logorroico. Ma
continuava ad utilizzare criteri classici della "captatio
benevolentiae".
Nelle
sedie imbottite di finta pelle, gli uditori astanti erano rimasti zitti.
Dopo
una pausa, voluta e intenzionale, vennero provocati a chiedere delucidazioni,
particolari, informazioni ulteriori e più dettagliate.
Dopo alcuni momenti in cui nessuno aveva osato
rompere il silenzio, fece un cenno garbato col dito un tipo brizzolato, con i
baffetti, in prima fila.
«Ma
la prego, ci esprima qualsiasi sua richiesta di chiarimento… Dottore…»
Il
dottore brizzolato, compiaciuto di essere stato riconosciuto e appellato col
proprio titolo accademico che denotava il suo stato sociale, dopo essersi
velocemente passato le dita sui baffi, aveva preso la parola…
Domande
precise. Talvolta banali. Inutili. Ridondanti. Sostanzialmente stupide.
Dopo
i baffi del dottore, intervenne una raffinata signora in seconda fila,
profumata, fresca di parrucchiera, con il suo accento leggermente biascicato
sulle essere, ripetendo ogni tanto gli stessi termini, quasi a cercare di
rincuorarsi.
Chiese
chiarimenti, raschiandosi la gola, un tipo alto e massiccio, al quale venne
offerto il titolo di ingegnere.
Poi
la finta giovane in prima fila a destra, molto truccata e vistosa, travestita
da bella donna, chiese se era possibile e previsto uno spazio esterno per i suo
cagnolino…
L'aspetto
relativo ai box interrati stava molto a cuore in primis all'uomo di mezza età
leggermente stempiato, che gesticolava con mani abbastanza tozze… Voleva sapere
se per caso dai box passassero le tubature di scarico delle acque grigie e
nere.
Gli
imbonitori lo rassicurarono, elogiando la sua competenza professionale visto
che proprio come loro sapevano lui era titolare di un'impresa idraulica.
La
coppia in prima fila, tentennò un pochino prima di concordare a chi toccasse
intervenire. Dopo diverse occhiate rapide e consultazioni sottovoce, lui
cavaliere le concesse l'onore delegandola.
«No,
perché, noi volevamo sapere, se possibile, se le terrazze come loro hanno
descritto, soprattutto quelle agli ultimi piani, hanno una buona tenuta
all'acqua piovana… Cioè voglio dire… Non è che poi alle stanze sottostanti
verranno delle penetrazioni di umidità? Preciso che non è una critica… Ma…» Qui
fu supportata dal suo compagno che le stava a fianco e le suggerì borbottando
sottovoce qualcosa. «Eh già, proprio questo, in un altro condominio,
addirittura di un'altra città, dei nostri amici, avevano avuto
quell'inconveniente…»
Con
molto sussiego una donna piacente di mezza età, in terza fila, chiede
informazioni sulla disponibilità di box doppi. Voce modulata, flessuosa,
sguardo intenso di sfuggita sulla platea e rivolto agli imbonitori.
Capitolo 2. Parallelo
dal Web
>>È
UN CONTINUO PULLULARE DI MESSAGGI SUBITO CANCELLATI O RIMOSSI
«quando vorrà, prenda pure contatto con noi.
Abbiamo già predisposto il contratto per il mutuo acquisto casa. Ricordi di
portare il documento d'identità e stato di famiglia»
(GINEVRA)«sì. Come prevedevo è stata una
noia terribile. Io e lui naturalmente non ci siamo neanche salutati: non ci
conosciamo…! Lo scemo era in prima fila e ha voluto fare il primo della classe
lisciandosi i baffetti. Con domande cretine. Ovviamente. Le foto e la
descrizione fanno vedere un condominio abbastanza apprezzabile. Poi presto
verrai a trovarmi»
(GINEVRA)«cucciolo mio! Non ho potuto
neanche salutati… Però sentivo la tua presenza e ti guardavo con la coda
dell'occhio. Tu tum tu tum tu tum tu tum. Ti messaggio domattina. cerca di non
avere impegni dopocena perché ho voglia di chattare con te… Non resisto più.
Per fortuna quello là mi ha confermato che dopodomani farà la notte»
(MARIANGELA alla baby sytter)«non so a che
ora io e Fabrizio arriveremo. Cerca di tenere tranquilli ragazzi. Contiamo di
arrivare e trovarli già letto»
(MASSIMO)«sarò al suo indirizzo come
previsto in primissima mattinata. Meglio se la caldaia l'avrà spenta qualche
ora prima. Vedrò cosa posso farci»
Capitolo
3. (Ogni personaggio definisce quello che è successo nella serata con i propri
occhi)
(PIERO)A
vederlo da fuori, struttura, aspetto, finiture… Ma si, potrebbe non essere
male, soprattutto rispetto quello a che avevamo… che avevo prima… Ma non riesco
a rendermene conto ancora, potrebbe essere anche un messaggio che si scambiano
tre amiche per farti gli scherzi, che qualcun altra mandato qualcun altro…
Oppure…
Ma
lei sarebbe davvero capace di una cosa del genere? Lei è capace di fare una
puttanata così…?
Amore
mio amore mio… Sei proprio fantastico… Ti va se in vacanza andiamo ancora in
Val d’Ayas? Dai, te ne prego a me piacerebbe tanto… Ma non voglio insistere… So
che tu da tempo avevi in mente l'Isola Del Giglio… Perché ci andavi da ragazzo
coi tuoi amici vero? C’ avevi fatto anche qualche avventuretta immagino,
c'avevi avuto un moroso là? Ma no, mi dirai di no, figurati amore mio, da
ragazzo ero un po' imbranato… Ma stai
tranquillo non voglio sapere niente dei tuoi segreti…
E
avanti così… Amore qui, amore là.
Quasi
quasi l'idea di andare in Val d’Ayas mi incuriosisce, mi intriga. Vuoi vedere
che è là che lei si vede con il suo carino?
Ma
no, non è possibile, a meno che sia uno del nostro gruppo di amici. Eh già... E
se fosse così chi potrebbe essere il fortunato, lo stronzo, il bastardo
facciadimerda?
Ma
no, sto proprio dando fuori da matto. Gli uomini del gruppo li conosco da
sempre, siamo culo e camicia, non mi farebbero mai una stronzata del genere… Ma
chi può dirlo?
E se
invece di un uomo fosse una donna? Già, non è mica da escludere… Marisa ha
un'aria abbastanza ambigua. Stanno sempre a chiacchierare tra loro due
sottovoce. O c'è qualcosa tra loro due, oppure Marisa è una sua confidente.
Ma sì, mi sa che quasi quasi mi faccio
convincere ad andare in Val d’Ayas. Poi studio bene tutti.
Ma
aspetta un momento. Nel messaggio diceva "… Sei magico e
straordinario…"
È un
uomo. Non mi pare il tipo lei per avere una storia con una donna. No. Proprio
no.
Magari
ne sarei stato un pochino meno geloso.
Sempre
ammesso che il messaggio sia vero autentico e davvero mandato da lei a un suo
ganzo…
E poi
diceva ancora due giorni. In vacanza ci andremo fra un po' di tempo. Devo
controllare la data. Mi sembrava recentissimo di quel momento quando l'ho
letto. Quindi fra due giorni è dopodomani.
Vediamo
un po'. Io forse avrò fatto la notte di guardia medica. Lei non sa esattamente
a che ora arrivo. Farò ballare l'occhio. Starò sul chi vive.
Ma mi
sa tanto che sto prendendo una cantonata.
Non
posso crederci. Non voglio crederci.
Lei
in genere all'agenzia ci va per le nove. Potrei arrivare più o meno a
quell'ora.
Non
farmi vedere. E poi?
Potrebbe
benissimo uscire qualsiasi momento che vuole, con la scusa ad andare a fare un
contratto, una polizza, ritirare documenti…
Mi sa
che sto piombando in una bella merdata…!
( MASSIMO) Le planimetrie che hanno fatto vedere sembra a posto. Ho guardato di sfuggita , ma
mi sarei accorto se c'era qualche magagna. Il problema quali scegliere. Troppo
grande non mi conviene. Aumenta la cifra. Casini per arredarlo tutto. Però
lascio decidere lei come sempre. Al massimo proverò a buttar lì qualche idea
per farle modificare la sua scelta. Ma d'altra parte mi va bene che sia lei a
ritenere il proprio regno la casa.
Se lo
sbolognerà e se lo scucchiaierà lei con la donna delle pulizie.
Io ho
già tutti i miei casini di lavoro.
Quel
buco del bilancio che devo riuscire a sanare.
Controllare
il geometra che secondo me ci fa la cresta.
Devo
andare più di frequente in cantiere.
Li
secondo me fregano e rubano sull’orario. O magari anche sui materiali. Mica
posso valutare a occhio se le quantità ordinate corrispondono a quelle che
arrivano.
Lasciamo
che scelga lei. La faccio contenta.
E
magari chiude un occhio che io non ho tanta voglia di farla divertire in quei
momenti… Ma non so. È che proprio di
voglia di suoi confronti non ho più da tempo. Le ho sempre al telefono con i
suoi colleghi e colleghe. Ha i collegi docenti. Le cene di fine d'anno di
inizio d'anno di Natale e Pasqua e di tutto quello che le gira. Mi lasci pure
tranquillo. Perciò scelga lei l'appartamento. Per un appartamento il contante
il liquido per l'acquisto ce l'ho ancora nonostante i casini economici della
ditta.
(GIORGIO) Non me ne frega assolutamente niente di quale appartamento scegliere. L'essenziale
è mollare quell'altro. Lo lascerò a lei. La separazione è già definitivamente avviata, stiamo
ad aspettare il divorzio. Mi va bene anche se è piccolino. Per me solo è
sufficiente. Purché abbia un bel salotto e una bella camera da letto molto
ampia… Ah ah ah...
Voglio
prendermi un guardaroba tutto aspecchi. È un gioco che mi è sempre piaciuto.
Guardare il film mentre lo si fa. Magari se trovo degli artigiani affidabili,
studio di farsi mettere anche un grosso specchio soffitto. Magari non di vetro
cristallo ma di materiale sintetico. Non si sa mai. Così è meno pericoloso nel
caso di scossa di terremoto… Ah ah ah…
Il terremoto
lo farò io con chi so io…
Senza
viaggi, macchine posteggiate in parcheggi anonimi per non essere riconosciuti.
Nella stessa casa…!
Dopo
quella lagna che sta per finire e che avevo all'inizio creduto una robetta così
come tutte le altre …. proprio tre anni fa… ma assolutamente non ci ero neppure
preparato… … Mordi e fuggi… Qualche mese e poi: sai, non riesco più, è un
problema uscire… Credo che stia controllando… Senti lasciamo perdere…
E
invece? Non mi succedeva così da quand'ero ragazzo! Dopo anni non si è nemmeno
attenuata la cosa. Anzi… Cazzo! Sempre più intensa grande meravigliosa… Ci
credo sempre di più! Ho avuto dei tentennamenti, momenti di incertezza,
desiderio di mollare tutto e tornare ai miei giri leggeri e sbrigativi. Ma ogni
volta era tutto nuovo daccapo. Scoprivo il lei elementi che me la facevano
piacere al massimo livello. E lei mi diceva le stesse cose. Come un ragazzino
insomma. Come due ragazzi…! Dentro come mine…
Lei
preferisce non mollare tutto con lui. E forse ha proprio ragione. Chissà che
magari mettendoci a vivere insieme non diventiamo anche noi una coppia
coniugale… La minestra riscaldata… La divisione di ruoli: l'uomo fa questo la
donna fa quest'altro… Mi piace il fatto che da sempre abbiamo concordato: lei
vuole essere libera e mia schiava d'amore! Fantastico! Mi piace amare una donna
che sia libera e che io conquisto giorno per giorno. E lei vuole lo stesso per
me.
Certi
giorni però mi manca….
Fra
un po' vedremo che appartamenti riusciremo a beccare. Potrei cercare di
diventare amico di famiglia. Per non dare nell'occhio con i vicini. Me l'ha
detto lei. Magari anche raccontare che io… con le donne… lasciargli credere che
ho altri gusti e tendenze. E poi…non si sa mai…chi può dirlo…
Già,
diventare amici. Stasera parlavano di andare a farci una pizza tutti insieme.
Potrebbe essere l'occasione. Magari attacco bottone io con lui e lei faccio
finta di non notarla proprio. Come ho fatto oggi. Magari lui crede poi che io
sono davvero gay. Così sta tranquillo. Mi sa che ho trovato davvero la mia vera
strada…
Boh.
Stiamo un po' a vedere.
(LUISELLA)
Non mi sono particolarmente simpatici questi qui. Spero che lui non abbia a
rompere le scatole. A lui va bene tutto. Continua a chiedermi se lo sposo.
Preferisco aspettare di passare l'esame di Stato. E magari di diventare
avvocato aggregato allo studio.
Meglio
non dare troppa confidenza. Non si sa mai. Per tutti io sono una donna che vive
da sola. Magari o un conoscente che potrebbe essere un fratello un cognato… Che
mi viene a trovare ogni tanto…
(FABRIZIO) Ci teneva a essere lei a parlare. Stava per dire cazzate ma poi l'ho rimessa a
posto. Si sente lei la capofamiglia. Glielo lascio fare. Stasera mi ha promesso
che festeggeremo quando avremo messo a letto i bambini. Purché non cambi idea.
(MARIANGELA) Aveva un'aria un po' critica con me. Ma sono riuscita a contrattare il suo consenso.
Stasera non avevo troppa voglia di farlo. Ma mi accontenterò di quel poco che
lui ci sa fare e mi darà. D'altra parte gli voglio bene. Mi piacciono i bambini
che mi ha fatto partorire. Ci starò attenta. La famiglia non può ingrandirsi
troppo specialmente adesso. Altrimenti ci tocca comprare un appartamento
grandissimo e non ce la facciamo.
(DEBORAH)
Meno male che ho già fatto il turno del mattino.
Altrimenti
avrei avuto come sempre mal di schiena.
Caviglie
e gambe gonfie.
Forse
ero troppo truccata.
Ma
non volevo fare brutta figura con questi radical chik piccolo borghesi
benestanti.
Lui
mi ha detto che ci tiene a intestarmelo a me l'appartamento. Meno casini
notarili. Meno rischio che lei se ne accorga.
Sembra
scema ma è furba.
Mica
se lo lascia portar via il suo ometto.
(MASSIMO)
Bon, anche questa menata è fatta. Lei mi ha detto che le va bene qualsiasi
cosa. Il cortile c'è, se bambini vogliono giocare un po'. Che domani devo farmi
50 km per andare a vedere quei termosifoni che sono saltati. Non potrò
dirglielo ma sono proprio lei coglioni.
Ma non potrebbero stare attenti alla pressione della caldaia? Se sale troppo o
se si abbassa troppo? Comunque la
caldaia e gliela piazzo io. Gli carico
un sacco di ore di manodopera e di materiali vari, così ingrasso un pochino
l'economia della ditta…
(GINEVRA)
Mi sembrava abbastanza soddisfatto. L'hanno chiamato dottore e lui ci tiene
tanto, povero ometto. Quasi quasi mi fa addirittura un po' pena. È convinto che
sta cambiando casa con la sua mogliettina. E non sa che invece è lei che sta
mettendo su casa per il suo grosso bestione selvatico. Lui non mi ha neanche guardato. Bravissimo. Sembra
così rozzo ma è un vero raffinato. Ci scommetterei, così per gioco, a puntare
sul calcolo della probabilità: se nella riunione mi fossi alzata come una
matta, chiedendo indovinate chi è il mio amante tra questi qui, nessuno, ma
dico proprio nessuno avrebbe fatto delle
ipotesi così , o avrebbe scommesso e
puntato sul mio grosso ingegnere porco.
Bestione.
Porco. Dolcissimo, tenerissimo, fantastico!
Solo
io e lui lo sappiamo. Bocca chiusa. Segreto segreto.
Però
lo confesso che Piero mi faceva un pochino pena. Ma solo un po'.
È
stato un emerito coglione sempre. Non mi ha mai corteggiata né prima né dopo il
matrimonio. Si vede che non sono il suo tipo. Oppure ha in mente qualcun'altra…
magari potrebbe anche essere che lui è un'altra storia e non me lo fa capire.
Anche se è molto improbabile. A lui queste cose credo non interessino.
Lui
ha sposato la professione medica! Ah ah ah! Oppure, molto più probabile, che
lui abbia sposato se stesso, narcisista. Ci crede un cazzo e mezzo… E invece è molto meno
che mezzo! Ma come sono stronza adesso.
Allora
ancora qualche settimana e poi sapremo quale potremo prendere.
Il
mio Ciccio sa che gli dirò che appartamento avrò scelto. Ma non sono ancora
sicura se sia meglio che siamo sul medesimo piano oppure no.
Potrebbe
essere più comodo in un caso.
Ma
potrebbe anche dare nell'occhio per i vicini.
Questi
pettegoli di merda.
Chi
l'avrebbe mai detto che avrei trovato finalmente l'uomo della mia vita?
Quando
anni fa, su in Valle, ho lasciato il gruppo e sono andata a fare un giro per
conto mio. Lui era sudato come una bestia. Con uno zaino immenso. I calzoni a mezza
gamba. Mi ha sorpassato.
Poi
ha fatto il verso come di un clacson e con una mano faceva il gesto della
freccia.
Mi ha
fatto ridere davvero.
Mi
piace ridere. Piero non me l'ha mai fatto fare.
Quella
risata ha aperto un paradiso e un firmamento intero.
Ci
siamo trovati a raccogliere i mirtilli nell'odore di bosco e di muschi.
Poi
lui mi ha offerto di raccogliere altro. E io ho capito che il momento era
magico.
E gli
ho regalato le chiavi della mia vita.
Ho
capito che ero perduta…
Mi ha
fatto paura, spavento, e mi ha dato una felicità che mi faceva battere il cuore
immensamente… Tu Tum tu Tum tu Tum tu Tum… Tachicardia. Extrasistole. Risate
sciocche. Orgasmi infiniti miei e suoi.
Capitolo 3. Parallelo
>>
E DA QUI "SUPER PARTES" È POSSIBILE GUARDARLI E RIDERNE
(GINEVRA)«ma è stanchissimo il mio amore?
Ti immaginavo su e giù dei tuoi ponteggi con quegli imbecilli dei tuoi
geometri. Ho fatto nuovi contratti interessanti poi ti spiego. Hai mangiato
qualcosa? Hai fatto la doccia?»
«Mi stanno facendo un po' incazzare… Per
fortuna che ho te che sei la mia consolazione. L'ometto sarà fuori dai coglioni
tutta la notte come mi hai detto…? Volevo dirti alcune cose in corpore vivo.»
«Devo essere veloce perché continua a
gironzolare con l'aria sospettosa. Ma forse è solo una mia idea. Cosa vuoi che
gliene freghi a lui di me? Ti do un bacio immenso: ho tanta voglia che tu mi
strapazzi in tutti modi… Sei il mio giocoliere, mi fa giocare benissimo, e non
perdi mai l'equilibrio… Mi fai volare tanto. A domani»
(FABRIZIO)«come mai non ti trovo mai in
bidelleria? Sono venuto apposta come l'altra volta ma c'era solo quella tuo
collega grassa
ti volevo dire due cosine
mi sa tanto che ti aveva chiamato in classe
con la scusa dei gessi quello di musica
ma tanto prima o poi riesco a cuccarti»
(COLLEGA DI LUISELLA) "Ma Luisella?
Dove ti sei cacciata? Speravo di vederti ieri all'udienza perché volevo farti
una proposta… E non dirmi che poi ci pensi e vedrai… Non me ne frega niente del
tuo ricccastro… Quando è la casa nuova mi travesto da assicuratore, e ti vengo
a trovare… Puoi immaginare che tipo di assicurazione ti posso fare… Vedilo
pure, fatti comprare la casa, ma tanto lo sai che sei solo mia…»
Capitolo
4.(in pizzeria)
Con
eleganza e savoir-faire, ci aveva pensato il boss dell'impresa costruttrice.
Era anche una pizzeria ma contemporaneamente un ristorantino pregiato,
raffinato e di lusso.
Per
la banalità e la ovvietà non c'è mai limite. Poteva chiamarsi benissimo: il
gourmet, la forchetta d'argento, il paradiso del palato…
Insomma
qualcosa del genere.
Il
boss e l'architetto regalavano sorrisi a chiunque. Con meraviglia curiosità e
stupore dei passanti. Il geometra con sguardi servili, attendeva disposizioni. Ricordava
ai suoi capi i nomi dei convenuti.
Preceduti quando necessario dal titolo accademico e professionale.
I
compratori e candidati condomini, arrivavano abbastanza alla chetichella e alla
spicciolata. In coppia o individualmente.
Più
di una volta il geometra leccoso, aveva commesso gaffes e cappelle, salutando
passanti che per caso indossavano un atteggiamento secondo il cliché che lui si
aspettava.
«
Oh,… Voglia scusarmi l'equivoco… l'avevo scambiata per un'altra persona...»
Ricevendo
di sottecchi uno sguardo di rimprovero dai superiori.
Man
mano che arrivavano i convitati tendevano a fare gruppo tra loro e capannello.
I venditori fecero buon viso comunque.
Ad un
certo punto ritennero opportuno uno sguardo-comando, e il geometra untuosamente
aprì la porta a vetri, invitando ad entrare.
Giorgio
era arrivato molto puntuale, addirittura in anticipo. Con la coda dell'occhio
aveva visto arrivare il dottor Piero con i suoi baffetti.
Con
nonchalance ben mascherata aveva mostrato di riconoscerlo. Porgendogli la mano.
E con una socievolezza in lui in genere abbastanza poco abituale, era sbottato:
(GIORGIO)«Dottore,
mi pare di aver sentito che la chiamavano… presumo sia un commercialista o un
libero professionista… Ah no? Medico, giusto, ci stavo giusto pensando.
Urologo?
Ma che combinazione...
Sì,
le confesso che io ho qualcosa che fare con la sua specializzazione, caro
dottore…!
Beh,
anni fa avevo sofferto di leggere coliche renali. Niente di problematico.
Disagi e malesseri passeggeri. Mah…
Ha
colto nel segno: da un po' di tempo a questa parte sono intervenuti anche degli
altri piccolissimi problemi connessi…
Devo
bere dosi immense di acque oligominerali… Sì, ha proprio colto nel segno, fiuto
professionale immagino… Per il momento si tratta solo di sabbiette… Ma temo di
soffrire di calcolosi renale! Eh sì. Proprio…»
Piero,
stuzzicato nel suo narcisismo di protagonista, aveva sfoderato i suoi baffi da
specialista urologo. E si era messo a tenere banco e a dare lezioni. Parlava ex
cattedra. Ogni tanto si passava il pollice o l'indice o tutti e due sul
baffetti, quasi ad umettare la parola.
Naturalmente
finirono secondo quanto aveva previsto e calcolato Giorgio allo stesso tavolo.
Passarono
poi dalla urologia, alle mega-costruzioni, all'impiego del calcestruzzo, ai
materiali scadenti messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni, ai
ponti che crollano sbriciolandosi, al malgoverno…
Altro
tema abbastanza avvincente, mostrò di ritenere Giorgio, era quello del tasso di
colesterolo cattivo nel sangue. Ritornò il discorso dell'assunzione di molti
liquidi specie di acque oligominerali, della diuresi, della possibile
ipertensione arteriosa…
Nessuno
dei due aveva dato l'aria di avvedersi che intanto era arrivata Ginevra. E si
era sistemata da un'altra parte della tavolata, chiacchierando con sussiego con
la giovane procuratrice legale.
Uno
dei due, in effetti, se ne era perfettamente accorto.
Ma
era molto bravo a tenere la situazione.
Era
nei patti. Per quanto non dettagliati al millesimo.
Assolutamente
loro non si conoscevano.
Oltre
a un repertorio di pizze interminabile, che vedeva le varianti anche con il
basilico, il tonno, il salame piccante, le cime di rapa… era possibile provare
degli scialatielli allo scoglio… o anche dei cavatielli al radicchio ricotta e
senape…
Non
ci fece assolutamente caso a quello che ordinò, che ingurgitò, che avanzò nel
piatto mostrando inappetenza di maniera.
Aveva
in pugno il suo uomo. Il suo ometto pensò fra sé, dalla sua mole immensa.
Lo dominava
con lo sguardo, provò ad immaginarselo impacciato imbarazzato a letto con la
sua donna, e gli fece più che pena un profondo fastidio.
Come
poteva quel piccolo scorfano azzimato insipiente supponente e narcisista avere
guardato con i suoi occhi squallidi e grigi il nudo stupendo della donna che
lui amava?
Preferì
chiudere il capitolo mentale.
Si
lasciò domandare se sempre lui era inappetente, per via della sua affezione
morbosa…
Alla
fine mancava solamente che il dottoruccio
con i suoi baffetti auto-compiaciuti, gli stendesse un referto medico,
una ricetta…
Invece,
tronfio per il buon risultato che credeva essere da attribuire solo a se
stesso, propose al nuovo amico, ignorando che fosse quello che rendeva felice
la donna che lui aveva sposato, di darsi cordialmente del tu.
Si
era bevuto praticamente da solo una birra grande ad alta gradazione. Gli
brillavano gli occhietti. Anche i baffi sembravano brillare unti di cibo.
Entusiasta per la nuova amicizia, cercò con gli occhi
Ginevra in fondo alla tavolata. Cercò di farle un cenno ma lei intenzionalmente
non lo degnò, mostrandosi distratta.
Alla
fine ci riuscì. E mentre stavano uscendo dopo avere pagato il conto, con
sussiego la prese garbatamente per un braccio e le mormorò all'orecchio
qualcosa.
Lei
fece mostra di apparire infastidita. Poi ebbe la compiacenza di girarsi.
Sorrise garbatamente, mentre il cuore le batteva in gola, all'immenso uomo
della sua vita che le veniva presentato come amico dal marito.
Giorgio,
da gentiluomo e scaltro complice suo, le diede del lei e fece un mezzo gesto di
un baciamano a distanza di labbra.
Lei,
compiacente, sorrise. Pronunciarono i rispettivi nomi. Dandosi naturalmente del
lei.
«Lo
sai cosa mi ha detto prima l'architetto? Dice che io e te , e il nostro nuovo
amico, avremo l'appartamento sul medesimo piano in fondo allo stesso
corridoio…!
Le
fortune non arrivano mai da sole…
Vedrai,
caro, ci faremo buona compagnia, la mia Ginevra è un'ottima cuoca…»
L'amico
ritrovato apprezzò, e dentro di sé scoppiò a ridere silenziosamente, quando
sentì dire dai baffi lucidi l'espressione "la mia Ginevra…"…
Nel
frattempo era uscito anche Massimo, con l'aspetto apparentemente proletario, e
la nuca lucida per gli scarsi capelli; titolare di un'impresa di lavori
idraulici , affiancato dalla sua compagna Erica. Convennero che la settimana
successiva poteva andar bene per iniziare il trasloco. Avrebbe saltato la
programmazione e il collegio docenti. Gli scatoloni erano già pronti e chiusi
con il nastro adesivo.
(DEBORAH)
, commessa in un iperstor, ostentava un trucco un pochino meno violento e vistoso.
Accese subito una sigaretta. Scambiò sorrisi, sguardi e parole di convenevoli.
Camillo,
biascicava qualcosa a bassa voce a chi gli stava vicino.
Mariangela,
dava gomitate e occhiate severe al suo professore precario, e ripeteva
continuamente che dovevano far presto, perché era certa che la ragazza non
doveva essere riuscita a mettere a letto i bambini. E voleva pensarci lei.
E
dopo quello sapeva che aveva già promesso le sue prestazioni e i suoi favori
anche se di malavoglia, al suo striminzito e sparuto compagno.
Luisella
aveva perso compagne di conversazione. E cercava già nella borsetta le chiavi
dell'auto.
Marisa
era uscita prima pagando alla cassa la propria quota. Il mattino dopo aveva un
elenco di scale da spazzare.
Gli
impresari, dopo la loro inutile comparsa, si erano dileguati.
Capitolo 4° Quarto. Parallelo
dal Web
>>
LORO SONO LAGGIÙ PICCOLI PICCOLI INSETTI INSIGNIFICANTI CHE CI MANDANO I
MESSAGGI NELL'ETERE CREDENDO CHE NESSUNO LI VEDA
(GIORGIO)«Il tuo dottoretto vuole farmi
diventare suo paziente: crede davvero che io soffra di problemi renali! Allora
inauguriamo il mio letto la prossima notte quando lui fa il turno?
Preparati."
(MASSIMO)«Prima che ci rivediamo stasera,
se hai tempo nell'intervallo in sala insegnanti, eccoti il mio parere su ieri
sera… Non mi piacciono per niente! Alcuni fanno le coppiette facendo finta di
essere come noi… Ma con il mio mestiere…! Girando nelle case le vedove ne sento
tantissime, e anche di qualcuno di questi so dei retroscena… In confronto,
quello che io avevo fatto anni fa è una roba quasi da santi… A questa sera, e
non gridare troppo con i tuoi alunni…)
Capitolo
5. [Piero controlla il telefono di lei: non esiste assolutamente nessuna chat
fatta da lei come quella che lui crede di aver visto… Teme, pensa e spera che
sia un falso ricordo]
Come sempre il medico era convinto dell'effetto
benefico del bere. In genere non trascendeva mai. Ma era diventato una sua
consuetudine con la quale si consolava quando si ritirava per conto suo la
sera. Diceva che doveva ritirarsi nello studio, a documentarsi a studiare. Ma
senz'altro aveva un bicchiere e una bottiglia che gli facevano compagnia.
Considerava
la moglie una sua proprietà, un suo bene, un arredo, un aiuto indispensabile
per la sua vita che altrimenti sarebbe stata troppo disordinata e squallida.
Da
tempo avevano lasciato da parte e trascurato le consuetudini dei primi tempi.
Non dormivano insieme da anni. Perciò avevano rarissime occasioni per
avvicinare i propri corpi e provare le emozioni e il desiderio. Che lui
soffocava, compensava e anestetizzava con qualche birra o qualche alcolico.
Lei
aveva un altissimo senso del dovere. Acquisito nella sua vita prematrimoniale
in famiglia. Anche se non avevano assolutamente effusioni affettive amorose,
continuavano a conservare il linguaggio abituale, purtroppo molto inflazionato,
di moltissime coppie. Spesso capitava che si dicessero vicendevolmente
"amore", come appellativo in sostituzione del nome. Parola
assolutamente vuota. Non corrispondente per niente al proprio significato vero.
Alcuni
mesi prima a lei era capitato di ascoltare un bellissimo intervento su un
socialnetwork del dottor Recalcati. Aveva come tema "l'amore è eterno”.
Cominciava
cercando di sfatare alcune mistificazioni di tipo consumistico capitalistico
intorno all'amore come bene di consumo, da rinnovare continuamente con nuovi
prodotti freschi. L'avevano colpita
soprattutto alcuni punti. L'incontro e la casualità. L'incontro è casuale, non
può essere pianificato o programmato. La visione del mondo da individuale
diventa una visione a due, una condivisione. Il mondo e gli innamorati rinascono
e si reinventano daccapo ogni volta. Risorgono! Ironicamente diceva che Camus
sosteneva che "il vero amore è eccezionale, due o tre volte in un secolo
all'incirca. Per il resto, vanità o noia."
Era
certa che la sua vicenda abbastanza modesta con il medico, fosse da ascrivere a
quest'ultima categoria, soprattutto perché
connotata da grande noia.
Anzi,
non osava neanche criticarla, demolirla. Era addirittura convinta che fosse un
cliché abituale. Che la relazione di coppia più o meno matrimoniale dovesse
avere queste caratteristiche. Probabilmente ne era convinta anche dall’imprinting
che aveva avuto dalla propria coppia genitoriale. Parole dolci, premure, baci e
piccole attenzioni. Da ragazzina aveva volte provato a scrutare se nelle loro
parole nei loro gesti fosse nascosto qualche fremito intenso amoroso. Era
perciò convinta, che fosse naturale, che fosse giusto così.
Ai
figli ci avevano rinunciato. Per difficoltà dell'impianto e la fecondazione
dell'ovulo. Perché non ritenevano necessario o importante ricorrere a
fecondazione artificiale. Ma soprattutto, perché, come tra sua madre e suo
padre non c'era un feeling di desiderio di passione di entusiasmo.
Guardando
anche le coppie di amici di amici credeva di riconoscere sempre gli stessi
connotati, abituali, ricorrenti.
Si
era sentita una extraterrestre quando anni prima, in Val d’Ayas, si era
staccata dal gruppo di amici decennali con i quali si accompagnava abitualmente
nelle escursioni camminate, e aveva iniziato un percorso tutto da sola.
Il
marito l'aveva guardata leggermente sorpreso, ma non indispettito. L'aveva
forse preso come un atto di desiderio di indipendenza e autonomia che lui
riusciva a tollerare e a permettere.
Si
era sentita strana mentre si arrampicava con i suoi scarponcini per quel sentiero
abbastanza ripido in mezzo agli abeti e i larici. Non le era praticamente mai
successo. Neanche da ragazza, con gli amici, nelle gite scolastiche.
Aveva
sentito arrancare dietro di lei un passo pesante più del suo, che smuoveva i
ciottoli. E lo stantuffare di quel fiato cadenzato e intenso.
Poi
la grande massa di uomo l'aveva sorpassata. Lui l'aveva guardato di sfuggita.
E
subito dopo con la voce aveva fatto il verso di un clacson.
Come
non bastasse, con le dita della mano sinistra simulava il lampeggio di una
freccia automobilistica… tic tac tic tac…
Non
era abituata a sorprese e neanche era abituata a ridere e all'ironia.
Con
lui al massimo erano battute pacate, sornione, ripetitive.
L'aveva
guardato divertita. Scoppiando in una sonora risata.
Subito
si era sentita suo agio. Come se quell'uomo immenso e altissimo fosse stato un
suo vecchio amico d'infanzia. Facesse parte del suo bagaglio di ricordi e di
conoscenze.
«Ma
non c'è il divieto di sorpasso qui…?»
Lui
non aveva ribattuto limitandosi a un sorriso caldo, spalancato, aperto, mentre
le tendeva la mano e con voce baritonale pronunciava il proprio nome: piacere
Giorgio.
La
conversazione era partita subito da sola. Come se non fossero i due
protagonisti a condurla, ma vivesse di vita autonoma. Le risate larghe e sonore
di lui, si alternavano a quelli di lei, calde, tenere, sensuali ed entusiaste.
Diversi
anni prima era stato il movimento delle donne ad affermare: “in un uomo non ci
interessa dimensioni, portafoglio, professione, beni o automobile; l'essenziale
è che sappia farci ridere!”
Mentre
camminava, arrancando per stare al passo del suo nuovo compagno di escursione,
col fiato un po' corto, si accorse che non faceva nessuna fatica. Stava
volando. Come quando nei sogni abbiamo l'impressione di nuotare nell'aria e di
librarci su nel cielo solamente muovendo le braccia e le gambe.
Fu
lui a proporle di fermarsi a raccogliere i mirtilli che aveva indicato sotto
gli alberi in folti cespugli.
Se ne
riempirono le mani che diventarono subito blu e violacee.
Lui
se ne cacciava delle grandi manate in bocca. Un mirtillo gli era rimasto
schiacciato contro il labbro inferiore. Le venne spontaneo, naturale, senza
pudore di allungare una mano per toglierglielo. Lui aveva un sorriso calmo
padrone della situazione. La lascio fare. Si guardarono in silenzio con un vago
sorriso smorzato. Ebbe lei l'iniziativa di nuovo: infilò tra le proprie labbra
il mirtillo recuperato.
Rimasero
in sur-place.
Poi
senza che nessuno dei due avesse deliberatamente deciso di farlo, si avvicinarono
l'uno all'altra. Si sfiorarono le spalle i busti. Lei senza darlo a vedere
stava aspettando di aprire le labbra come davanti a una fontana. E lui la fece
bere, bevendo a sua volta.
Quel
momento magico dell'incontro, casuale, insperato, eccezionale, trasgressivo,
rimase per un po' di tempo nel suo immaginario come un miraggio.
Con
tutto quello che ne seguì quel giorno.
Dallo
zaino di lui saltò fuori un immenso pullover. Sul quale venne stesa la camicia
zuppa di sudore. Si sfiorarono le guance, le labbra, i fiati, gli sguardi,
mescolarono i sudori.
Lei
era totalmente lì presente, sentiva tutto, non esisteva nient'altro,
galleggiava sospesa ancora. E rimase a galleggiare sospesa nella piacevolezza e
nell'ebbrezza dell'orgasmo che lui le regalò.
Le
mani di lui contenevano i suoi piccoli seni. Poi una di esse ampia e possente
prese possesso del suo piccolo pube di ragazza.
Capitolo 5º. Parallelo
dal Web
>>
QUI INVECE SI VEDE E SI LEGGE TUTTO
(TUTTI)… bla, bla,blaaaaa….
Capitolo.
6. (Un abbaglio? E dentro le altre coppie?)
Il
mattino successivo la pizzata, prima di tornare al reparto, si sentiva
leggermente appannato, ma alcuni pensieri lucidi gli ronzavano.
L'appartamento
era stato un'occasione per uscire un po' da quel suo continuo isolamento che
aveva. Passava il tempo al lavoro. Ne era praticamente innamorato. Come era
innamorato di se stesso. Là aveva davvero un suo ruolo. E lui si compiaceva di
come si vedeva e si percepiva in quel contesto.
Ebbe
molta cura con le sue forbicine a mettere a punto meglio il disegno dei suoi
baffetti. Che non riusciva a vedere e a considerare come ridicoli.
Forse
era davvero l'occasione, quella dell’acquisto del nuovo appartamento, per darsi
una dimensione anche un pochino più sociale.
Finora
le rare occasioni del genere lo avevano visto nel suo ruolo abituale e di
routine con le rare festicciole dei
pensionamenti o di cene tra colleghi.
O
anche quelle ancora più rare cui ci si ritrovava annualmente nel clan
familiare.
In
entrambi i contesti lui aveva il suo ruolo, la sua maschera, il suo canovaccio
e il suo cliché.
Le
battute ricorrenti, praticamente sempre simili, che gli venivano accettate come
buone ogni volta. Con compiacenza che lui non riusciva a distinguere, ritenendo
di essere apprezzato.
E la
dimensione di socievolezza gli veniva favorita dalle libagioni, non eccessive,
ma sempre abbastanza consistenti.
Si
sentiva disinibito, simpatico, si piaceva, e si illudeva di piacere anche agli
altri astanti.
Al
reparto, aveva sempre ritenuto ovvio, di essere al proprio posto. Dopo il
primario, era convinto che tutti vedessero in lui il factotum, il tenente di
vascello, il vice comandante. Addirittura riteneva di essere l'ago della
bilancia del funzionamento.
Le
visite private all'ambulatorio a casa, dove doveva recitare un’ ulteriore
performance che lui riteneva di primissimo piano. Analizzava le documentazioni
che gli portavano. Poi sogguardava i pazienti. Quindi cominciava con delle
piccole domande ricorrenti, sempre uguali, da manuale.
E sua
moglie? Lei c'era e basta. Era addirittura convinto di esserne ancora un po'
innamorato di volerle fondamentalmente bene. Come no!
E
ora? Cos'era quel cataclisma che gli aveva scombussolato il suo status di
marito coi baffi?
Prima
che Ginevra uscisse, e mentre era ancora in bagno a prepararsi e a truccarsi,
ebbe l'occasione che lui ritenne fortunata, di trovare in cucina accanto alla
tazza del tè lo smartphone di lei.
Di
nuovo si accorse che aveva lo schermo acceso e quindi era attivo. Non
necessitava di digitare il pin per lo sblocco. Che peraltro non conosceva
neppure.
Cercando
di tendere l'orecchio per sentire i movimenti di lei, lo prese in mano
guardingo.
Aperse
Whatsapp. Fece scorrere i messaggi degli ultimi giorni.
Quello
che l'aveva allarmato e spaventato non c'era proprio.
Ne
trovò invece degli altri, di cui numeri di telefono anonimi o nomi che aveva
già sentito nominare, facevano battute, mandavano immagini già preconfezionate.
In
uno di essi trovò qualcosa di analogo a quello che l'aveva disturbato.
Parole
più o meno simili. Ma, in fondo, c'era l'aggiunta di commento.
«Te
la senti di fare impazzire tuo marito? Sei pronta? E allora proponigli giochi
erotici sconvolgenti a cui non è più abituato… Poi raccontami le reazioni… Io
l'ho fatto, e finalmente l'ho ritrovato come 10 anni fa… Bacio bacio. Milena».
Ma
dove era finito quel messaggio che l’aveva preoccupato? Eppure li aveva fatti
scorrere tutti… E neanche tra quelli archiviati c’era più…
Depose frettolosamente il telefonino. Tornò a
impugnare le forbici nel proprio bagno personale. Diede delle sforbiciate
all'aria nel caso lei curiosasse cosa faceva. Zac zac.
Ebbe due o tre fasi successive di mutamento di
stato d'animo.
Un
leggero panico iniziale, che vinse spudoratamente e in modo che lui ritenne
coraggioso. Impugnare e leggere lo schermo.
Tentennamento,
dubbio, incertezza… Un castello per quanto modesto di carte crollava giù.
Mentre
sforbiciava ora davanti allo specchio si sorrise. Complice. Sapeva di essere
stato coraggioso impudente ma l'aveva fatto a fin di bene. Ora si compiaceva.
In
silenzio dentro, si stava rincuorando: "ok! Complimenti! Missione
compiuta. Scampato pericolo…"
Che
poi, a ben vedere, a ben considerare a mente fredda la cosa gli era del tutto
indifferente. Al massimo era il problema di come lo avrebbero guardati gli
altri.
Lei
come, lui da molto tempo ormai non la cercava più. Si limitavano a fare cose
insieme. I pasti. Qualche volta le spese, le commissioni, che però restavano
compito suo di lei in quanto donna. Era
nei patti. " Il mutuo te lo carichi tu che hai uno stipendio molto
più consistente. Ti occupi delle assicurazioni. Tagliandi auto. Il mutuo finché
che l'avremo. Le piccole grane di tipo amministrativo le curo, io che sono già
allenata con il mio lavoro.
Sei
un po' imbranato con i lavori domestici, e a cucinare nella cava da sola…
Quando avremo i bambini…"
Quelli
non erano arrivati, ma era un'altra storia…
Gli
restava ancora dentro un leggero senso di disagio. Per il dubbio che l'aveva
pervaso.
Niente
di importante.
Lei
stessa non lo cercava più e quindi probabilmente neppure ci pensava alle altre
cose.
Uscì
dal proprio bagno personale, accanto alla sua camera-studio, e la vide mentre
prendeva la borsetta, tornava in cucina ad afferrare il telefonino, e faceva
con le dita sulle labbra il gesto di un saluto affettuoso, mormorando: "…
Bacio bacio amore… A questa sera."
Fece
subito mente locale al calendario che lo aspettava su al reparto urologico.
Alle 11 aveva in programma una litotrizzia; ma solo alle 12 sarebbe dovuto
entrare in sala operatoria, con la mascherina verde, per un delicato intervento
di ricostruzione per una malformazione all'uretra.
E
prima, tutto bello con i suoi baffi lucidi e spuntati a puntino, indossando il
camice bello bianco e stirato, il giro in corsia… Gli piaceva la sua routine.
Lo tranquillizzava. Gli dava una pace interiore.
Capitolo cinque. Parallelo
dal Web
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MA ALLORA SONO PROPRIO TUTTI UGUALI.SENZA ECCEZIONE ALCUNA. ALCUNI MESSAGGI
RIMANGONO ALTRI VOLANO VIA. MA QUI DA NOI ARRIVA TUTTO
(MESSAGGIO DI AMICA DI GINEVRA)«Te la senti
di fare impazzire tuo marito? Sei pronta? E allora proponigli giochi erotici
sconvolgenti a cui non è più abituato… Poi raccontami le reazioni… Io l'ho
fatto, e finalmente l'ho ritrovato come 10 anni fa… Bacio bacio. Milena».
(GINEVRA- POI ROMOSSO )«Non ce la faccio
più ad aspettare… Ancora due giorni… Cazzo… Faremo numeri eccezionali, ti
voglio far impazzire di piacere… Tu mi fai sempre diventare matta perché sei
magico e straordinario…»
«Stai tranquillo, scrivi quello che vuoi…
Io tanto cancello tutto… Anche il tuo numero… Tanto lo so a memoria…!»
«Ma stai tranquillo, vah…! Lui crede a
tutto… Riesco a cambiare i programmi con lui, e se le beve tutte… Quando veniva
da te l'altro giorno ho fatto credere che ero con mia sorella in un negozio… E
lui ci è cascato… Tu piuttosto, stai attento che di te non mi fido troppo. Ti
gira ancora intorno quella là…?»
Capitolo
6. (il traslocoo- le altre coppie)
Accanto
al palazzo, nel cortile condominiale era già presente un elevatore a scale che
trasportava mobili imballati con vecchie coperte militari.
Sulla
strada, libera da auto parcheggiate, due grossi furgoni di una ditta
concorrente stavano scaricando.
Con
la sua aria inconfondibile da insegnante di scuola media, la moglie
dell'idraulico dava disposizioni agli operai. Intervennero insieme una
ragazzetta di circa 10 anni con il fratellino più piccolo. A modo loro
riuscirono a collaborare.
La
madre assumeva un tono calmo e regolativo, e i due ragazzini sembravano
divertirsi a quel gioco. Nel tardo pomeriggio arrivò anche il loro padre.
Con
una mano sui capelli fece capire a entrambi che era molto soddisfatto del loro
lavoro. Ascoltò le loro richieste, e con calma e dolcezza suggerì come
muoversi.
La
famiglia appariva molto ben coordinata ed affiatata.
Molto
meno dispersiva delle maestranze presenti.
Era
sopraggiunta anche Luisella. Portava dei jeans e una camicia fuori dai
pantaloni. Teneva i capelli raccolti sul capo. E nelle mani aveva dei guanti da
lavoro.
Quando
cominciava quasi a far buio, fu raggiunta da un uomo tarchiato, massiccio, con
gli occhiali. Confabularono tra loro. Lei ripeteva di si, e lui sembrava
soddisfatto. Poi lei lo accompagnò a
vedere l'appartamento e scomparvero.
Si
fecero vedere anche i due giovani genitori, che dovevano avere sistemato in
qualche modo i figli.
Quando
gli operai fermarono la scala e il montacarichi, avviandosi per andarsene,
quasi contemporaneamente parcheggiarono il medico e la sua bella moglie. Che si
sorrisero salutandosi con termini affettuosi.
Il
viavai e il trambusto si erano affievoliti e spenti, quando arrivò a parcheggiare
l'ingegnere.
Giunto
al suo ampio pianerottolo, la luce dovette essere riavviata perché il timer
aveva terminato da qualche minuto.
La
figura alta e un po' dinoccolata di Giorgio percorse a lunghi passi il
corridoio. E si imbattè nella porta aperta dalla quale stava uscendo Ginevra. Che
stava dicendo le ultime parole al marito. Lui ebbe un colpo piacevole dal diaframma
verso la gola. Che naturalmente riuscì a nascondere.
Lei
gli regalò un mezzo sorriso formale di cortesia, con gli occhi che lampeggiavano,
non visti, da dentro l'ingresso.
«Oh…
Ecco anche lei dunque…» E gli diede frettolosamente la mano.
Baffi
azzimati, si affacciò cordiale a salutare il nuovo amico.
«Comodo
eh,
arrivare adesso… Noi siamo già qui da un bel po', vero amore…?» Lei si
limitò ad un sorriso smorzato che nascondeva il fastidio.
Nei
giorni e nelle settimane successive i mezzi e le scale autoportanti avevano
finito per scomparire.
L'andirivieni
si smorzò e si attenuò notevolmente.
Comparivano
solo ogni tanto persone cariche di
grosse borse e grosse valigie. Dandosi sulla voce con i familiari e le altre
persone che stavano aiutando.
Fu
visto e riconosciuto come tale l'amministratore designato dall'impresa. Un
ometto abbastanza giovane, dal volto poco espressivo e poco intelligente. Ma
estremamente loquace. Cercava di essere professionalmente accattivante per
sedurre conquistare le simpatie dei condomini che avrebbero dovuto confermare o
meno il suo incarico.
Si
faceva vedere abbastanza di frequente e dava disposizioni alle donne e gli
uomini mandati dall'impresa per fare a ondate successive le pulizie di scale,
corridoi e ingressi.
Capitolo 6º. Parallelo
dal Web
>>
E NEPPURE QUI SI PUÒ ESPRIMERE O PROVARE EMOZIONI DISGUSTO STUPORE MA SOLO
GUARDARE
(GINEVRA). «Tu tum tu tum tu tum tu tum… A
momenti ti saltavo addosso… È incredibile fantastico spaventoso e bellissimo… Pensa
quante volte d'ora in avanti ci incontreremo per caso nel corridoio sulle
scale… Ogni volta col batticuore e facendo finta di essere assolutamente
indifferente… Dici che il cretinetti se n'è accorto? Ma va là quello è scemo…
Lui si masturba mentalmente con i suoi baffetti e con suo camice bianco…
Leccando e strisciando come un verme davanti al suo primario… A dopo amore
mio…»
(GIORGIO) «ma va là… Stai tranquilla…
Sembrava quasi che io ti stessi antipatico… Hai fatto bene ad avere un marito,
si fa per dire, come quello… Non si accorgerà mai di niente… Stasera chattiamo
insieme… Ci sei stasera? AMORE MIO BELLO!»
Capitolo
7º. (Flash e zoomate negli interni degli appartamenti)
(famiglia
Massimo/Enrica) «Mamma, scusa, tu l'avevi detto che capitava così… però… Non mi
ricordo più in quale scatolone ho messo il libro di algebra… Sì, vabbè, fa
niente, lo cerco poi con calma… Che casino! Me lo immaginavo un po' così ma è addirittura
peggio!»
Lei
stava girando il forchettone in una pentola sul fornello e continuava a parlare
a bassa voce nel telefonino che teneva tra l’orecchia e la spalla.
interrompendosi ogni tanto per lasciar parlare l'interlocutore.
«No,
guarda… pensavo addirittura peggio… i ragazzi sono fenomenali… lavorano come
matti e addirittura si divertono sembra… anche tua figlia era così vero…»
La
bambina seguita dal fratello andò nell'ingresso dove si era aperta la porta, ed
entrambi strinsero le gambe al padre in un abbraccio. Lui prese la piccola e la
strinse al collo guadagnandosi un bacio umido sulla guancia. Aveva l'aria molto
stanca. Ma sembrava molto soddisfatto. Senz'altro per aver finito la giornata
pesante di lavoro. E di essere tornato nel nuovo nido che insieme alla sua
compagna sposa stava mettendo a posto per bene.
«Enri,
ho pensato di fare una cosa buona portando su un cestello di acqua minerale… Il
vino l'avevo già portato ieri…»
La
graziosa avvocata, aveva infilato le pantofole, lasciando in un angolo le
scarpe col tacco alto. Si sfilò i calzoni che appoggiò su una sedia con cura
per non fargli perdere la piega. Poi si precipitò nella doccia e ne uscì poco
dopo fumante di vapore nel suo accappatoio verde.
Estrasse
dalla borsetta il cellulare. Compose il numero, scrivendo:
«…
Ciao amore, sono giusto entrata in casa in questo momento, puoi parlare? Ti chiamo?”
Poi
dal viva voce entrò nell'alloggio il sonoro del suo compagno tarchiato.
“Sì, d'accordo, chiamami pure Andrea, c’è li
vicino a te la Befana? Mi manchi tanto… Appena qui è un pochino a posto te lo
dico e vieni che festeggiamo. Certo eh… Se ce la fai vedi di portarlo già
fresco di frigo… Sai che il brut mi piace il gelato… No? Vuol dire che lo
terremo un momento nel freezer… Che bello, porti anche i fiori? Eh già, questa
è la nostra casina… D'accordo, tu finché vorrai e dovrai resterai con quella
lì… Però ci vieni ogni tanto… È casa tua più che mia… Ho appena fatto la
doccia… Se vuoi slaccio l'accappatoio e mi vedi tutta… Ok d'accordo, la tua Andrea
ti dà un bacio grosso grosso… A più tardi. Magari ci messaggiamo un po' mentre
quella si riguarda i suoi film in tv…»
(FABRIZIO)
«No, senti, questa proprio non la digerisco e non la mando giù! Mentre tu
prepari da mangiare i ragazzi stanno in salotto con i loro giochi. Ma ti rendi
conto che è pericoloso se si avvicinano a te, ai fornelli, ai cibi caldissimi…?
Non so quante volte te lo devo ripetere. No, non è che voglio fare il
dittatore… ma insomma …Renditi conto per favore…»
Lei
borbottava qualcosa. Indispettita. Rimuginando che gliel'avrebbe fatta pagare.
Chi si credeva di essere quello li? E senza farsi sentire, dentro di sé
borbottò: cazzo cazzo cazzo…!
Deborah
seduta, sul divano, guardava un serial. Sbocconcellava un panino. Mandava giù
golate di coca. E tra una cosa e l'altra si rifaceva le unghie. Non si era
ancora struccata e aveva la faccia molto stanca.
Senza
preoccuparsi dei suoi problemi renali, peraltro fantastici e inesistenti,
seduto su un angolo di sedia ingombro di strofinacci, Giorgio stava mangiando e
prelevando direttamente pezzi di pane, di salumi, di formaggi da cartocci che
aveva lasciato in disordine sul tavolo.
Raitre
radio forniva indicazioni sul traffico stradale, precisando che erano state segnalate
criticità tra Ronco Billaccio e Barberino del Mugello…
Due
incidenti si erano verificati nel tratto Napoli Salerno, e si stavano
accumulando code chilometriche…
La
temperatura prevista era in diminuzione, ma soprattutto sul Nord Europa. Venti forti da nord-ovest… Mari calmi sul versante
orientale…
Poi
arrivò il giornale radio. Asciutto. Stringato. Come sempre nuovi respingimenti
di barconi. Proteste delle ONG.
Il
sindaco fascista di un piccolo Comune della bergamasca aveva emesso
un'ordinanza sulla falsariga del suo vicino della Lega, per vietare
assolutamente ospitalità ai migranti.
Il
presidente americano, in un suo nuovo show si era rimangiato le dichiarazioni
del giorno prima, minacciando l'uso di armi nucleari contro il dittatore
coreano.
Il
ciuffo giallo probabilmente gli stava ballonzolando sul capo, come la parrucca
di mastro Geppetto, impropriamente chiamato Polendina, dal suo Pinocchio.
Ai
due estremi del tavolo della cucina, Piero e Ginevra consumavano due differenti
pasti.
Lui
stava ripulendo del contorno di pelle e cartilagine una costata. Ogni tanto gli scappava l'impulso di afferrare il
coltello tagliente come un bisturi.
Dall'altro
lato, su un piattino da frutta le due metà di un kiwi, venivano scavate col
cucchiaino. In una ciotola i resti di un'insalata di farro, sedano e carote
grattugiate. Condite con succo di limone.
(PIERO)
«Non so se te l'ho già chiesto, amore,
ma tu hai degli impegni questo fine settimana?
Sai,
mi era venuto in mente che potremmo essere un pochino gentile e ospitali col
nostro nuovo amico e vicino di casa…
Spero
non ti dispiaccia…
Anche
se ho notato che mi pare che a te non sia abbastanza sipatico. L'avevo
immaginato. Non è il suo tipo di amicizia vero. Infatti non assomiglia per
niente a tutti i nostri amici.
E
forse un pochino più primitivo, anche se spontaneo nel contempo.
Nature.
Se si
facesse crescere un po' la barba, mi ricorderebbe un pochino il famoso hom
salbadg della Val d'Ossola. Forse non te ne ho mai parlato. Ma un collega
all'università si divertiva a raccontare le leggende e le tradizioni di quella sua
valle. Qualche volta te ne voglio rendere partecipe se non ti annoio.
Questo
comunque di cui sto parlando veniva descritto come una specie di residuo di
Neanderthal. Che usciva dai boschi e ne combinava di cotte e di crude. Poi ti
posso raccontare altre cose…
Dici
che si offende se gli racconto che lui …insomma…che il suo aspetto mi ha fatto
venire in mente quel personaggio bizzarro?
Sì,
dai, mi sembra che abbia il senso dello humour e lo farò divertire un sacco…»
«Boh,
come preferisci, vedi tu… Mi stavi proponendo, anche se non hai finito, di invitarlo magari una sera a cena?»
Mentre
diceva queste parole e mentre ci pensava, il cuore le stava battendo a
precipizio: tu Tum tu Tum tu tum.
Rimase
calma compassata.
«Tu
che sei suo amico vedi un po' di capire che gusti ha… Altrimenti dovrà
accontentarsi…»
E
intanto percorreva mentalmente le ricette che aveva appena scaricato sul suo
telefonino dalla rete. E stava mettendo a fuoco quali potessero essere le
preferenze del suo hom salbadg… Piero era così scemo, insulso, piatto,
monotono, conformista, eppure ogni tanto nella vita gli capitava di azzeccarne
qualcuna.
Quel
termine andava a pennello.
Giorgio
era innamorato e appassionato della Val d'Ossola.
Sapeva
di essere una specie di reincarnazione dell'hom salbadg.
Avrebbe
forse fatto fatica a sentire il racconto noioso di suo marito mostrando
sorpresa, simulandola, stando al gioco…
Capitolo
8. (Flusso di coscienza e dialoghi interiori)
[Mariangela]
Mi domando perché me lo sono sposato
questa faccia di merda di professore precario, supponente che si crede chissà
che cosa. Lui ha letto tutto sui libri! Ma lo so benissimo anch'io dei bambini
non devono stare vicino ai fornelli. Ma facesse qualcosa anche lui lo stronzo!
Lui invece se ne sta di là sul tavolino in camera a correggere i compiti.
Comodo.
Si
sente così superiore , lui!
E io
a casa a scrivere la tesi, a fare i lavori domestici come una serva, a dare
lezione a quei tre deficienti la scuola vanno male! A pensare da sola ai
bambini…
Ieri
sera ho rispettato i patti. Lui che ci teneva così tanto, o così sembrava, è
stato in grado solo di fare una sveltina! A letto proprio non ci sa fare. Però
quando vuole mi dà sicurezza e protezione. Certe volte mi vengono delle
fantasie…
Mi ha
raccontato al telefono una mia collega di corso, che lei ne ha due
contemporaneamente!
Uno è
ragazzo ufficiale, che ha presentato in casa… E col quale convive come fosse un
marito .
Carino
carino. Genitori ricconzoli. Bella casa
su due piani con giardino. E poi…
Poi c'è
quell'altro smandrappato, che suona la chitarra, al terzo fuori corso, ma molto
seduttivo. Soprattutto quando si fa le canne ed è un po' bevuto.
Con il
ragazzo ufficiale carino vanno al cinema, in pizzeria, e magari lo fanno sì e
no una volta al mese. Come una coppia sposata.
Quando
è carico di birra e di canne, il frichettone fuori tempo ci dà dentro per ore!
E lei
comunque non sa dire di no quando torna a farsi vivo, appena gli salta in mente,
quell'altro là… E addirittura, ma questo è addirittura da matti, anticipa il
rientro dalle vacanze, e si avventura nel cuore della notte nel boschetto lì
vicino… Dove di giorno a volte va a fare le camminate, che fanno tanto bene…
Con il rischio di farsi cuccare…!
E si
fa voltare e rivoltar in macchina…
Mi
verrebbe davvero la voglia di farmene un altro e un altro ancora…
Ma
no, dai, non fare la scema… Queste cose si sa come cominciano e non come
finiscono. In fin dei conti io a Fabrizio gli voglio bene. Anche se è molto imbranato a letto. Anche se fa il
professorino con me e mi dà gli ordini. E poi è il padre dei miei bambini.
Ecco cosa mi scrive nei suoi whatsapp! Mah! Non so
se io ci riuscirei!
[Luisella]
È
vecchiotto, ma mi rassicura. Allo
studio mi fanno fare di tutto. E
io a trottare in giro a portare il caffè tutti. Luisella cara di qua.
Luisella cara di là. Loro sono sempre telefono o parlare con i clienti. Qualche
volta sono così gentili buoni che mi portano con loro alle udienze! Bontà loro!
Gli servo, ai computer, per tirar fuori i faldoni delle pratiche che non
trovano, per buttar giù le bozze delle citazioni, che poi dicono che non vanno
bene e si permettono di fare l'aria scocciata.
A me
va bene anche così.
quando
quello si decide a mollare la sua befana, anche se non riesco a metter su uno
studio in proprio,…
Due
volte oggi il boss mi ha chiamato nel suo studio e mi ha fatto chiudere la
porta.
Stava
seduto al suo tavolo e voleva che leggessi sopra la sua spalla l'ordinanza di
comparizione. Secondo me quello ci prova ancora. È una scusa per stare vicino e
cercare di sfregarsi contro con la spalla.
Come
aveva fatto i primi tempi che era arrivata ingenuo è fresca fresca lo studio. E
io c'ero cascata come una scema …
Ma
per me non esiste. Questo qui per me è il luogo di lavoro.
Lui
invece è la mia casa, i miei affetti, presto la mia famiglia… (?!)
[Deborah]
stendere il bucato non l'ho fatto perché non mi piace. Mi diverte abbastanza
stirare. Le camicette e i pantaloni. È tutta la settimana che lui non si fa
vivo. A dir la verità me l'aveva detto che doveva andar via per lavoro. Ma un
messaggio cosa gli costa?
Certe
volte mi sembra addirittura innamoratissimo di me. Poi scompare così per un po'.
E chi s'è visto s'è visto.
Si. È
innamoratissimo quando viene e siamo a letto fino a tardi a fare i matti. L'ultima
volta aveva bevuto un po'. Poi alle due ha detto che doveva andare e da allora…
Starò
a vedere
[Camillo]
mio pulcino, mio orsacchiotto mio ragazzo selvaggio!...
Il
messaggio che gli ho mandato questa sera cominciava proprio così. Devo
cominciare a mettere le mani avanti con i nuovi vicini di condominio. Dirò che
aspetto che venga ogni tanto trovare mio nipote è rimasto orfano di entrambi i
genitori. Almeno nei primi tempi.
Poi…
Chi lo sa…! Non ho mai avuto il coraggio di denunciarmi così in pubblico
davanti a tutti. Il mio orgoglio gay ce l'ho solamente dentro. E ce l'ho con il mio ragazzo.
In
cantiere mi faccio sempre i fatti miei.
Preferisco che mi vedano e mi giudichino musone scontroso. Non riesco a
dare confidenza. Sto sul mio.
Capitolò 8. Parallelo
dal Web
>>È
UN CONTINUO PULLULARE DI MESSAGGI SUBITO CANCELLATI O RIMOSSI
>>
ECCO UNA ZOOMATA PANORAMICA SU QUESTI UMANI ABBASTANZA DISUMANI
>>
E DA QUI "SUPER PARTES" È POSSIBILE GUARDARLI RIDERNE
(CAMILLO) «mio pulcino, mio orsacchiotto mio ragazzo
selvaggio! Oggi mi batteva il cuore. Come quando avevo raccontato a questa
gente qui che mi piace vivere da solo ma che fra un po' verrà a trovarmi e
magari sarà un po' con me il mio unico nipote che adoro. Sei tu, mio bel
maschietto, il mio nipotino al quale faccio anche da mamma da papà… Fatti vivo…
Sei stato impegnato? Ti ha cercato ancora quello là? Dimmi di no, ti prego
amore mio… Ti voglio tutto per me…»
(AMICA DI MARIANGELA) «Svegliati Mariangela!
Ieri era dentro come una mina. Si era fatto delle canne e mi ha fatto sballare un
po' anche me. Poi… Però… Ma non mi basta
mai …E le scappatelle che riesco a concedermi nel buio della notte … Il mio coglione non si accorge di
niente. E come ti ho già raccontato vado
a trovarlo in quel boschetto dove vado a fare le camminate di giorno … Ma le
camminate di notte fanno ancora meglio … Te lo racconto in facoltà appena ti
trovo! Tu fai la donnina sposata. E cerca di finire gli esami e questa cazza di
tesi… Spero di non esserci rimasta… Sono in ritardo con le mie cose»
(DEBORAH) «Lo sai che ti sto sempre
aspettando, mio bel porco. Mio bel padrone. Mentre sei in giro per lavoro,
però, almeno un messaggino veloce me lo potresti mandare, no? Lo sai che ho
tanta voglia e bisogno di te… Ti sto aspettando sempre, almeno una parola !»
(AMICA DI MARIANGELA) «Non sgridarmi…ma ho raccontato le nostre gite
notturne a una mia cara mica per farla svegliare un po'… Non sa neanche chi sei
e dove abiti … Crede solo che tu sia un amico di famiglia …
E stufa del marito… Ma non si decide… Tu
però non aspettare ancora qualche mese a spaccarmi e devastarmi tutta fuori e
dentro… Mio feroce aguzzino…»
Capitolo
9. [L'INVITO A CENA]
Lei
ci aveva pensato su un bel po'. Ora aveva preparato un menù coi fiocchi. Degno
del suo grande amore.
Aspettava
soltanto che fosse il cretinetti a ricordare la cosa.
E
lui, scemo com'era, era arrivato al momento giusto!
(PIERO)
«Amore, perché non facciamo quella cosa
che ti avevo proposto? Cioè di invitare il nostro simpatico vicino a cena.
Pensi di farcela per domani sera? La sera dopo il meglio di no perché io farò la
notte… Mi raccomando, fammi fare bella figura! Voglio che mi invidi la mia
bellissima mogliettina…!»
Coglione
emerito.
Il
menù l'aveva già definito in mente; risolvendo il dubbio su alcune varianti.
E la
sera dopo, sentirono suonare il campanello.
Lasciò
che andasse lui ad aprire.
«Eccoti,
carissimo…
Ti
stavamo giusto aspettando. Ora vedrai che cenetta deliziosa ci ha preparato la
mia mogliettina.
Ma
entra, dai…
Guardati
pure in giro. Come lo trovi? Molte cose sono ancora per aria lo so. Sono ancora
ad attaccare i quadri alcuni lampadari e qualche pensile in cucina e in bagno.»
Ginevra
sembrava noncurante. E mostrava di non aver sentito il campanello.
Con i
suoi baffi canterini, lo sciocco faceva l'anfitrione e il cicerone
nell'appartamento…
«Vedi
il salotto l'abbiamo sistemato così… È praticamente una componente dell'immenso
salone. Lì di fianco come vedi la tavola è già pronta, e quella zona funge da
sala da pranzo.
Ma
certo. Ha voluto insistere lei per mettere candelabri.
Non
so… Con tutta questa luce… Però io l’ac contento sempre in tutto.
Lo
senti? Ha voluto accendere una di quelle bacchette di sandalo e di incenso.
Le
piacciono molto queste cose.
E
dimmi, tu come sei sistemato di là?»
Giorgio
si guardava intorno, con aria benevola e compiaciuta.
Immaginava
la mente, l'occhio, il buon gusto della sua donna in quella sistemazione.
Sia
il salotto che la sala da pranzo avevano degli immensi kilim. I colori
variavano dalle tonalità verde, bordeaux, e non mancavano sprazzi di blu
intenso e anche di rosa.
Era
turbato, compiaciuto, riusciva perfettamente dissimulare il suo stato d'animo
che comunque era diverso da qualsiasi altro avesse provato mai.
L'odore
intenso delle bacchettine di sandalo di incenso, si propagava nell'aria. Senza
però riuscire a soffocare a nascondere quello d'ore che riconosceva di lei, del
suo corpo, di come lei era profumata e odorosa di se stessa… Era forse solo
un'impressione, ma aumentava quello stato d'animo. Si sentiva in sur-place. Era
in sur-place. Era entrato nella casa e nell'appartamento dove lei viveva. Dove
lei si sedeva sulla poltrona e sul divano. dove leggiucchia la qualcosa. Dove
sentiva il biribì dei messaggi che lui le mandava. Dove digitava, con cauto
ritardo, le proprie risposte…
Dovette
frenare il più possibile le emozioni quando il suo anfitrione, querulo,
stupidamente loquace, l'aveva condotto nel bagno/doccia con idromassaggio che
vedeva il nudo di lei, che la carezzava… Di scorcio con la coda dell'occhio
cercò nella grande specchiera il volto di lei, e gli parve di vederlo,
immaginandoselo.
Dovette
sorbirsi anche il bagno di lui. Con la mensola davanti allo specchio rotondo
dove c'erano le forbicine e il rasoio ancora attaccato.
Ma
l'emozione maggiore fu quando l'altro, troppo scemo per avere il buon senso,
riservatezza e pudore, volle mostrarsi la camera nuziale dove non sapeva che
dormiva solo lei.
Drappeggi
garbati lucenti scendevano dalla riloga, formando garbati delicati drappeggi
lui volle immaginare un abbigliamento sontuoso regale da baronessa che
avvolgesse lei.
Il
letto era sobrio e semplice. Dietro la testata una struttura in legno biondo
che conteneva probabilmente la cassettiere dei cuscini. Dopo i comodini
incastonati in quella, il disegno continuava molto più basso dei materassi
facendo una lunga e grande U.
Qual
era il suo lato? Quando lei veniva da lui in genere stava sul lato destro.
Forse anche qui provò ad indovinare.
Nell'ampio
spazio della camera un intero angolo era chiuso da una struttura in legno con
specchi. Certamente una cabina armadio.
Pensò,
al confronto, quanto il proprio arredamento attuale fosse rustico, fin troppo
semplice, al confronto.
Provò
dolcemente invidia del gusto di lei nell'arredare. Come nel parlare.
Nell'atteggiarsi. Nel vestirsi. Nello spogliarsi. Nell'aprirsi completamente a
lui.
Seppure
in un'altra abitazione, questi riti doveva o poteva averli gustati il cretino.
Che
certo non li aveva apprezzati trovandoli e ritenendoli un atto dovuto assodato.
Fino
a trascurarli del tutto.
Intanto
la voce querula, e insieme buffa e ridicola, non la smetteva con il suo bla bla
bla che lui neppure ascoltava.
Accetto
di scucchiaiarsi quella che il medico non solo definiva "il suo
studio".
Più
piccola della camera appena vista.
Un
letto a una piazza mezza d'angolo. Contro la parete.
Una
scrivania ingombra di CD e DVD. Da una mensola piedestallo a muro sporgeva un
televisore immenso a cristalli.
Fili
e connessioni lo collegavano a un computer e poi da tavolo.
Quasi
accostato alla parete libera una struttura complessa e massiccia per fare camminate
e corse senza uscire. Un altro attrezzo
per spalle e gambe riempiva dell'altro spazio. Il restante vedeva a terra una
struttura da vogatore.
Tutte
le apparecchiature sportive ginniche erano dotate di manometri, orologi, timer.
Le dotazioni presenti tutte quante certo
costituivano la grande passione del tapino.
che
non si rendeva conto di quale alternativa favolosa e celestiale si perdesse
così.
Si
rincuorò e ritenne che la visione di questa specie di palestra camera fosse una
conferma di quanto lei gli aveva assicurato.
«Con
lui? Ma fossi matta! Sono anni ormai. Molti anni. Da quando fallì
quell'esperienza che mi impedì di diventare madre. Gli dissi che la cosa mi
disturbava, ricordandomi l'esperienza fallita.
In
parte era vero. Ma fondamentalmente mi resi conto che non avrei più avuto il
fastidio e a volte addirittura lo schifo di subire o di ricevere le sue avances
da mezzo uomo.
Se
proprio lo vuoi sapere, solo una volta o due ha provato delle specie di avances
con me, chiedendomi un rapporto orale… L'ho guardato con sufficienza mista a
disprezzo. Ridendogli in faccia come se avesse fatto una battuta di spirito.
Perché in effetti era proprio così.»
Lì
dentro quella modesta squallida cameretta, attrezzata da palestra, gli
tornarono in mente le parole di lei.
E
intanto il piccolo cretino lo faceva girare di qua e di là, gli aveva fatto
ammirare il terrazzo pensile, i vasi di gerani di ortensie. Vantandosi
compiaciuto come un ragazzino che quella era la sua passione quando non era con
i suoi pazienti naturalmente.
A
tavola l'atmosfera era irreale.
L'appartamento
era nuovo anche per lei, ma l'arredo della cucina non era molto diverso, come
quello della sala da pranzo dove ora stavano seduti comodi.
Ma
c'era questo esteso e dilatato senso di nuovo: questa presenza che le stava
riempiendo il cuore l'anima il corpo la carne da anni.
Cercò
di atteggiarsi simulare una maggiore disponibilità nei confronti di lui.
Era
molto difficile. Come stare in equilibrio.
Gli
sarebbe saltata al collo baciandolo e andando cavalcioni sulle gambe di lui.
Aveva
cominciato invece a recitare il ruolo di indifferenza per non destare sospetti
nella testa limitata dai baffi lucidi.
Ora
viaggiava così in equilibrio.
Essendo
lui l'ospite lo serviva per primo. Con garbo, gentilezza, frenando gli sguardi
intensi che reprimeva dentro di sé ma che gli regalava nel pensiero e
nell'anima.
L'avrebbe
servito per primo lo stesso anche se fossero stati nudi nella casa di lui.
Ascoltarono
una interessante, dettagliata, asfissiante lezione di anatomia comparata, sulle
capsule di Bauman, e sulla resezione e asportazione di cisti malevole e adenomi
nei calici renali.
Lei
faceva finta di non ascoltare. E non recitava affatto: non ascoltava
assolutamente se non l'atmosfera è quella presenza nuova adorata intensa che
era apparsa per la prima volta li.
Fu
lui che dovette apparire interessato, essendosi ormai sbilanciato come
fantomatico possibile probabile paziente urologico.
Mentre
stava portando alla bocca alcuni manicaretti deliziosi che sapevano delle mani
di lei, provò turbamento con lo sguardo nel sentire descrivere al dettaglio le
ghiandole surrenali.
Quando
stava accostando alle labbra il flut di Muller Turgau brut, ebbe una visione
oscena immaginando ampolle di urina da analizzare nel laboratorio del piccolo
stronzo scemo noioso.
Ma
mentre la conversazione viaggiava su questo binario formale sgradevole
fastidioso e assurdo, un'altra conversazione non verbale, molto più intensa
correva una via parallela.
Molto
spesso le mani di lei, mentre versava dal piatto di portata cibi e di intingoli
nel suo piatto, con aria di noncuranza e di distrazione sfioravano
intenzionalmente quelle di lui e il suo braccio.
Oppure,
in un raro momento in cui il piccolo cretino con gli occhi aggrappati
rispondeva al proprio cellulare per una chiamata professionale, gli pose una
mano sulla spalla, e gli sfiorò il collo…
Brividi
intensi. Bilaterali.
Come
quando lei sentì il suo piede toccato da un corpo estraneo dall'altro lato del
tavolo. Restituì consensualmente la pressione a quel piede maschio.
E
continuavano effluvi inespressi taci ti sornioni magici allucinati nelle due
direzioni.
Mentre
la conversazione veniva gestita seguendo compiacente l'andazzo che Piero
credeva di imporgli.
D'un
tratto una mano corse alla tasca a cercare la pipa. Ma si frenò subito.
Fu
lei a intuire il gesto a mezz'aria, e gli venne in soccorso, chiedendo con
savoir-faire da padrona di casa e gentildonna:
« Perché non provi ad offrire al tuo caro amico da
gustare qualcuno dei tuoi sigari cubani… Magari lui fuma…"
«Giustappunto
ci stavo pensando, mi hai proprio rubato il pensiero amore mio… spostiamoci di
là nel salotto. »
Lui sprofondò intontito appannato ubriaco di
quell'euforia sfrenata, nella poltrona immensa di pelle bianca.
Rinunciò
al proprio tabacco è la propria vita mostrando interesse che non aveva mai
avuto per i sigari, e in quel caso per quelli cubani.
Quando
lei stava nuda con lui nudo nel letto, gradiva prendergli il polso che reggeva
la pipa e accostare il cannello la propria bocca tirando boccate.
In
quei casi soleva dirgli che amava molto ricevere in bocca le cose che erano
sue…
C'era
un odore intenso di fumo cubano. Di caffè. E dalla cucina uscivano ancora
effluvi saporosi che ricordavano la cena.
Il
profumo più pregnante nell'aria che sovrastava gli altri era quella della magia
di quell'occasione insperata, in attesa, a sorpresa, fortuita e insieme
definitiva e assoluta: ed era quello delle loro due presenze. Per nulla
disturbate da quella figura insulsa, di contorno, fastidiosa, ma comunque ben
tollerata, sopportata…
Che
addirittura invece faceva da contrasto mettendo in rilievo ancora di più il
loro silenzioso e muto rapporto d'amore inespresso ma profondo, radicato,
intenso…
Lei
volle accompagnare il marito, o il sedicente tale, fino alla porta per dare la
buona notte a Giorgio. Che se ne andò, non proprio ancora a malincuore, ma come
se fosse rimasto sospeso in quell'atmosfera che perdurò nel resto della serata
a casa sua, nella notte, e in gran parte del giorno successivo.
Capitolo 9. Parallelo
dal Web
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COSA SONO MAI QUESTI SUONI DI CLAVICEMBALO BEN TEMPERATO… COSA SUCCEDE A QUESTA
COPPIA DI UMANI SUPERLATIVI?
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ORDINE DI SERVIZIO: LIMITARE LA CIRCOLAZIONE PUBBLICA DI ALTRI MESSAGGI
IMPROPRI. DARE IL MASSIMO RILIEVO A QUESTI
(GINEVRA) «magico. Fantastico. Ti sei accorto certo
anche tu che senza quasi parlarci o guardarci ma solo sfiorandoci e sentendo le
reciproche presenze, abbiamo fatto l'amore quasi più intensamente delle altre
volte…? Entro nei tuoi sogni, entro nel tuo letto, nuda con te nudo…»
(GIORGIO) «La tua presenza incantevole mi aleggia ancora
costantemente intorno… Sei radicata nella mia carne… Nella mia mente… Quasi
quasi non sembra vero… Eppure prestissimo passeremo una notte d'amore e tu
inaugurerai la mia casa… Oggi ho partecipato alla tua inaugurazione… Sei stata
fantastica… Una vera regina… Ginevra… Il tuo Lancillotto ti aspetta… Questa
notte simulerà di dormire con te… Perché la prossima notte ne io ne te, lo
sappiamo, riusciremo a dormire…»
Capitolo
9. [Le notti di guardia da una parte e la notte d'amore dall'altra]
Aveva
la solita faccia insipiente. Lei stava
apparentemente rassettando in cucina.
Seguiva
con la coda dell'occhio i suoi movimenti, aspettando che da un momento
all'altro le annunciasse che andava fuori dalle scatole…
(PIERO)
«Allora io vado, amore mio… Sai dove
raggiungermi se avessi bisogno ma credo che non ti sarà assolutamente
necessario. Domattina probabilmente tu
sarai già uscita per andare a lavorare quando io tornerò. Se sarà il caso mi
riposerò un po'. Però è molto probabile che non ci siano emergenze per cui
riuscirò a dormire qualche oretta.
Vorrà
dire che farò un pochino di palestra che mi fa bene…
Ah,
come sempre, se ti verrà voglia di usarla fai pure… Ma tanto so che a te non è
simpatica la mia palestrina e i miei stupendi attrezzi… Come preferisci…»
Fece
un gesto come per mandarle un bacio, formale, come tutti i suoi gesti parole
pensieri atteggiamenti e comportamenti.
Aspettò
qualche secondo. Poi qualche minuto. E solo allora, quando fu certa e sicura
che si fosse tolto di mezzo, si concesse il permesso di gonfiare i polmoni e
tirare un lento tranquillo pacato liberatorio respiro di sollievo.
Teneva
sempre sotto controllo lo smartphone.
Arrivò
qualche messaggio del gruppo delle colleghe dei colleghi.
Lo
guardò appena.
Decise
di trasformare fisicamente il proprio aspetto mutando abbigliamento.
Infilò
dei calzoni leggerissimi molto aderenti di seta.
E
sopra una camicetta abbastanza attillata, con le maniche ampie, che terminavano
con svolazzi all'altezza dei polsi e delle mani.
Entrambi
i capi avevano un colore ciclamino tenue.
Si
ammirò nell'ampia specchiera della camera.
Sorrise
alla sua immagine che le rispose con un sorriso. Compiaciuto. Soddisfatto.
Non
osò spingersi oltre, limitandosi a sfiorare quello che si prefigurava fra
pochissimo. Poi preferì chiudere la mente.
Avvio
un lettore DVD, che subito si mise a regalarle una musica lenta, pacata,
carezzevole, e insieme sensuale, che seppure casta sembrava anticipare e
promettere un prosieguo.
(GIORGIO)
Aveva parcheggiato nel box la sua ampia
e bizzarra auto decapottabile. Non usava quasi mai aprirla. L'aveva comprata
così, in un raptus di anni prima… D'estate era impossibile viaggiare con l'auto
totalmente scoperta per il caldo eccessivo.
Come
pure d'altronde in inverno sarebbe stato un suicidio.
Solo
nei primi tempi si era azzardato a farlo nelle mezze stagioni di primavera e
autunno.
Quasi
sempre aveva poi sofferto per qualche giorno di dolori cervicali o reumatici
alle spalle.
Al
massimo, qualche volta, al mare o al lago, si era divertito a viaggiare
usandola come una spider. Ma così, solo per narcisismo, per il gusto di farlo e
basta. E certamente andando a bassa velocità.
Tolse
le chiavi. Bloccò l'auto col telecomando. Tutte le luci lampeggiarono secondo
poi l'auto si addormentò.
Osservò
tra lo stupito, l'ammirato, il sornione, la propria immagine riflessa
nell'immenso specchio dell'ascensore.
Anche
l'immagine lo guardò sorniona.
Forse
stava pensando e suggerendo: "sì, puoi andar abbastanza bene, vai
tranquillo… La faccia è quella che hai… Anche il resto… Lei dice che ti vuole
così…"
Fece
cambiare l'aria all'appartamento, nel quale stagnava ancora un pochino l'odore
del tabacco freddo e spento.
Con
un pensiero delicato e garbato, estrasse dal cassetto dell'ingresso alcune
bustine di bacchette da bruciare. Odorose. Scelse il cinnamomo.
Per
la camera, invece, optò per il profumo di muschio bianco.
Sapeva
benissimo che erano tutti odori e profumi artificiali. Ma quello che contava
era il piacere che le avrebbe fatto entrare in quell'atmosfera.
Si
accostò ai numerosi candelabri. Anche quelli erano graditi a lei.
Su
quello a più braccia di spose alternate candele bianche e nere.
Poi
piazzò alcuni piccoli lumini dentro gli sportelli di ferro battuto delle
lanterne appese con catenelle in camera, nel soggiorno a mezz'altezza.
Si
occupò di abbassare le tapparelle, azionando il telecomando.
Lei
apprezzava molto la penombra rischiarata solo dalle fiammelle tremolanti e dal
piccolo minuscolo mozzicone profumato…
La
sauna era pronto da un po', e alcuni spifferi di vapore uscivano dalla porta
scorrevole curva.
Si
fece abbracciare e carezzare tutto da quel vapore.
Rimase
qualche minuto seduto, respirando a pieni polmoni.
Quindi
si alzò, afferrò il braccio doccia, regolò la temperatura, e cominciò
conosciamo doccia a regalarsi le carezze purificatrici dopo la giornata. Voleva
togliere via la quotidianità. Eliminarla. Prepararsi per l'evento. Per la
liturgia…
Con
attenzione e premura lei accostò la porta senza chiuderla a chiave. Attivò il
sensore di sensibilità collegato al suo cellulare. Lasciò intenzionalmente una
luce accesa nell'atrio salone.
Poi
con grande cautela e circospezione e con passo felpato percorse i pochi metri
del corridoio che la separavano dAl suo destino per quella notte.
Non
fu necessario suonare. La porta era stata lasciata intenzionalmente socchiusa e
si vedeva filtrare la luce.
Piano
piano la spinse e sottovoce sussurro: ps ps...
Lui
si trovava già vicinissimo all'ingresso le andò incontro. La avvolse con le sue
immense braccia.
Avvicinò
il corpo delicato di lei al proprio. Cingendola sicuro, padrone, garbato,
delicato...
"Ho
attivato il sensore. Se si apre la porta mi arriva un segnale sul telefonino.
Ho lasciato la luce di ingresso accesa. Alla mal parata dirò che sono andata
giù a prendere questa acqua minerale in cantina..."
"
Bravissima dolcezza mia , mia saggezza , mia prudentissima donna... Non sarà
necessario... ma per scaramanzia ..."
Accostò
la propria porta, senza chiuderla a chiave, nel caso malaugurato della
necessità di una fuga improvvisa.
Lei
adorava i profumi che lui aveva acceso. Gli odori si mescolarono nelle narici
di entrambi. Le papille e i recettori olfattivi, ne gioirono insieme . E e da
quel momento tutti i neuroni e le sinapsi presero a viaggiare all'unisono,
coordinandosi in emotività sensualità...
Non
furono necessarie più parole.
La
comunicazione era già completa, profonda, esaustiva.
Diede
solo un'occhiata di sfuggita a quell'ambiente che aveva intravisto dalla porta
spalancata. E lo seguì, sospinta con garbo dalla sua mano all'altezza dei
lombi.
Pur
nel nuovo ambiente la disposizione ricordava quella che già lei conosceva. Uno
specchio ampio a giusta inclinazione dietro la spalliera aperta di bronzo
lavorato.
Ad
angolo dal guardaroba le pareti vetrate a specchi.
Altri
ne erano collocati sotto la finestra accostati ai termosifoni.
Le
scappò un'occhiata in alto…
Le
rispose lo sguardo dolcemente mortificato di lui…
Quello
al soffitto non era ancora riuscito a trovarlo e a farlo sistemare…
La penombra
era rischiarata dalle fiammelle.
Il
materasso ricoperto da un lenzuolo nero appariva come un morbido tavolo da
biliardo.
Lei
aveva fatto scivolare giù la morbida seta ciclamino.
E si
era predisposta seduta sul bordo con le ginocchia divaricate.
Lui
pure non indossava più nulla e in piedi le si accostò.
Le
fece gustare la propria carne. Che lei trovò saporosa e gustosa.
Poi
si distese aperta e spalancata, e lui iniziò il viaggio di navigazione per
perdersi perdendo anche lei. Nell'ansimare dei fiati. E dei termini a mezza
bocca ricorrenti.
Una
routine sempre nuova imparata a memoria.
Giacquero
vicini. Corpi. Carne. Sangue. Nervi. Emozioni. Sensazioni. Fantasie.
Fin
quando la puledra inarcò di nuovo il suo corpo stupendo. E lui afferrandola per
i fianchi, la portò al trotto, al galoppo sempre più sfrenato…
Le
valli del tempo videro quella cavalcata. Ne fremettero. La ammirarono infinita inesausta. Pronta a
ripartire. Continuamente. Con piccole soste ansimanti.
L'ululato
del lupo, fece vibrare l'aria.
Poi
fu lei a mugolare quando le labbra maschie vennero a bere alla sua fontana
umida di muschi e di licheni.
La
notte aveva deciso di essere infinita e assoluta.
Solo
i numeri digitali rossi sul soffitto ne scandivano con rammarico il
trascorrere.
-La
notte non vuole venire perché tu non venga ed io non possa andare… Ma tu
verrai, nelle cupe cloaca dell'oscurità, ma io verrò, benché un sole di
scorpioni mi mangi la testa. Né il giorno nella notte vogliono venire, perché
io muoia per te e tu per me- pronunciava nella mente Federico Garcia,
accompagnandosi al pizzico della chitarra…
Bevvero a lungo, versi mormorati. A mezza bocca. Sfumati e sensuali.
Bevvero
e vicendevolmente dissetarono l'arsura della propria reciproca sete.
La
notte pulsava. Sincronizzata a tratti con i loro fiati. Con le loro vibrazioni.
Talvolta
era lui a dare il ritmo. Talaltra lei.
La
notte gustava. E delicatamente come un fiume dilatato lasciava scorrere la
propria acqua scura.
Capitolo 9-parallelo
dal Web
>>
INFORMAZIONE DI SERVIZIO-viene sospesa temporaneamente la messa in onda dei
messaggi reperiti in rete… La situazione è molto particolare, delicata, ed è
assolutamente ritenuto inopportuno pubblicizzare le ciacole messaggistiche… Qui in questa dimensione siamo entità
virtuali, anonime, impersonali… Ma un minimo di decenza di pudore ce lo si può e ce lo si deve permettere…!
Capitolo
10. [Dopo la notte di guardia da una parte e la notte d'amore dall'altra]
(l'agente
generale delle assicurazioni a GINEVRA) "Buon giorno, Ginevra! Oggi la vedo in
forma particolarmente smagliante. Non mi
dirà che è per via del grosso colpo che è riuscita a piazzare stamattina…
D'altronde lei è sempre brillante… Ma, mi permetto di dirglielo, senza
piaggeria, e con la stima che le ho sempre dimostrato: la vedevo in perfetto
equilibrio, padrona della situazione, estremamente convincente senza la
tendenza seduttiva che noi abbiamo nel nostro lavoro verso i nostri clienti.
Era talmente sicura di sé, che i manager che avevamo davanti sembravano venuti
apposta per compiacere lei è la nostra compagnia…"
Lei,
garbatamente, strinse leggermente le labbra in un mezzo vago sorriso. La
soddisfazione professionale non la sfiorava quasi. Talmente era ancora piena
delle emozioni che aveva vissuto e continuava a vivere dentro. Mentre si
congedava dal suo capo galattico, e usciva dal suo studio camminando sui
tappeti con passo felpato silenzioso, sfiorò la pelle bruna delle poltrone del
salotto. Viaggiava in tandem. Con la parte cosciente e razionale seguiva la
traccia degli impegni di quel giorno. Mentre tutto resto della sua anima del
suo corpo dei suoi sensi continuava a galleggiare e a volare fusa insieme a
quell'uomo.
Ma
dove l'aveva mai trovato? Dove era stato tutta la vita prima di quegli anni
fantastici? E lei dove era vissuta fino ad allora? Aveva viaggiato in apnea.
Accanto a quell'uomo insulso, banale e piatto penoso e noioso.
Aveva
addirittura creduto di essere felice così. Le routine. Le vacanze. Quei magri
approcci scialbi e sciapi. Facevano parte del suo costume di donna sposata. Si
era sempre contentata. Ma poi…
Aveva
incontrato il suo ursus speleus… Che l'aveva sorpassata nella pineta facendo il
verso del tic tac della freccia… Che l'aveva stregata con le sue maniere
autentiche, spontanee, vere… l’hom salbadg…
Poteva
considerarsi allora assolutamente vergine da quel punto di vista. Aveva vissuto
anni a fianco ad un individuo che impropriamente quasi tutti consideravano un
uomo. E che invece era una controfigura. Un simbionte. Un replicante. Un simulacro omologato, seriale,
fotocopia di un cliché standard di uomo medio. Che neppure si rendeva conto della propria
precaria condizione e situazione esistenziale. Che credeva addirittura di
essere a posto così. Solo perché " normale". Corrispondente cioè alla
norma, alla consuetudine, allo standard, simile perfettamente agli altri. Senza
assolutamente alcuna originalità.
Intercambiabile con qualsiasi altro
essere umano.
E
solo di sfuggita ebbe un senso di leggera e vaga malinconia nel considerare
quell'ometto un essere umano.
Sentiva
ancora nei propri respiri l'odore indefinito ma sapido e intenso dell'
"uomo"… Il suo uomo. Quello che prima non sapeva neppure potesse
esistere. E che da tre anni considerava in assoluto l'uomo della sua vita.
Si accorse, con un certo compiacimento, che
questi pensieri paralleli interiori continuavano a fluire senza che lei
smettesse un istante le sue attività abituali. Percepiva però negli sguardi di
chi la avvicinava, nei toni di voce negli atteggiamenti, che non era identica a
quella degli altri giorni. Sapeva che era diversa.
C'aveva
già riflettuto altre volte. Stava vivendo una fase mistica di radicale
trasformazione. Molto profonda e solo interiore. Una rinascita. Una
resurrezione.
Ripensò
in un rapido flash al gusto provato da bambina nella Pasqua di resurrezione ad
aprire le immense uova di cioccolato. Per cercarvi la sorpresa. Nei piccoli
oggettini insulsi che la mandavano in estasi.
Si
accorse che si sentiva di più completamente donna. E che tornava fuori, a
galla, alla ribalta la sua anima bambina e ragazza.
Rinascere,
risorgere voleva dire quindi ritrovare
tutta se stessa, senza perdere neanche una briciola. Neanche una sfumatura.
Rivivendo e rivitalizzando il tutto. In un presente dilatato che comprendeva
ogni remoto istante vissuto.
E
mentre dava un'occhiata ai nuovi prontuari che riportavano i parametri dei vari
rami assicurativi, si regalò contenta un sorriso interiore.
(GIORGIO)
Si era concesso qualche boccata sapida e
intensa del fumo della sua pipa. Per farlo si era levato i guanti dopo essersi
arrampicato a raggiungere i suoi uomini sulle impalcature.
Non
capiva se era una propria impressione personale, ma "i ragazzi", come
li chiamava lui, erano particolarmente simpatici gentili e sorridenti. Si
divertiva ad ascoltare la cantilena modulata del linguaggio che usciva da quei
volti decisamente neri. Gli facevano venire in mente certe cantilene o canti
tribali che aveva sentito in altre occasioni.
Fu
preso da un impulso adolescenziale, di stare al gioco, di imitare anche lui
quella cantilena. Impulso che frenò in tempo. Senza però riuscire a nascondere
la simpatia e la condivisione per quelle persone.
Era
un misto di linguaggio non verbale che sempre di più si accorgeva di utilizzare
con i suoi collaboratori. C'erano le parole per dare informazioni, riceverne, suggerire,
fornire istruzioni… E poi c'era quell'altro dialogo silenzioso. Fatto di
sguardi, di atteggiamenti, di emozioni indistinte, solidali, partecipate.
Mentre
scambiava con tono gentile pacato le informazioni necessarie, rivedeva le
storie che alcuni di quei ragazzi li avevano raccontato. La vendita di terreni
boschi e animali per poter affrontare il viaggio. Tutto il clan familiare aveva
investito le proprie risorse.
Poi
il viaggio da incubo. Nelle camionette per giorni, settimane, mesi a traversare
i deserti. Le infinite notti passate
all'addiaccio. La sete come lava
infuocata. La fame disperata. Le botte e le percosse che non erano state loro
risparmiate. I lividi che si stagliavano pure sulle loro pelli brune.
Il
suo interlocutore, ad un certo punto si era tolto il casco di sicurezza, aveva
estratto dalla tasca dei pantaloni una fotografia. Gli occhi neri e luminosi di
un bambino e di una bambina sorridevano dalla lontana Africa. Dietro di loro,
le mani poggiate sulle loro spalle, lo sguardo dilatato in un sorriso disteso,
la madre dei suoi figli. Le treccine le ornavano il capo. Le labbra dischiuse
regalavano un barlume bianco dei denti. Come il bianco degli occhi spalancati
nei quali galleggiava la pupilla.
"Volevo
proprio fartele vedere, signor ingegnere, questi sono i miei bambini. E questa
è la mia sposa. Tutto quello che risparmio del salario che tu mi dai, è per
loro. Sono la mia vita signor ingegnere. Volevo fartele vedere. Quando lascio il cantiere, tu non vuoi che lo dica,
ma faccio ancora degli altri lavoretti… E appena posso mando gli euro alla mia
famiglia. Abbiamo ancora tanti debiti con gli zii e gli altri parenti.
Tu
dici che forse domani o un giorno potrò tornare da loro? O farli venire qui nel
vostro freddo a vivere con me?
Tu lo
sai signor ingegnere, io non porto via il lavoro a nessuno. Chi vuoi che venga
ad arrampicarsi qui in cima al posto mio?…"
Giorgio,
aveva il cuore gonfio. Mise una mano sulla spalla sudata di quell'uomo. Senza
parlare gli disse tante cose. Che quello senz'altro capì e comprese.
Poi il casco tornò a coprire la lanugine nera e
fitta dei suoi capelli. E con un sorriso largo, che mostrava tutti i denti,
rinfoderato il portafoglio e le foto del suo cuore, tornò con passo lento a
camminare sulle travi e a riprendere il suo lavoro.
Non
era la prima volta che gli capitava una comunicazione così autentica profonda
con altri esseri umani. Ma Giorgio sapeva, sentiva, percepiva che quel giorno
lui era diventato ancora un po' più diverso da prima. Gli galleggiava dentro una
umanità profonda.
Sfiorava
ogni tanto il profilo del nudo morbido di lei. Ne respirava gli sguardi e
l'odore intenso di donna. Come a volte capita sulla prora di una nave di
sentire intenso l'odore di salsedine. O arrancando nelle pinete di respirare a
pieni polmoni il profumo di mugo…
E
neppure gli veniva da domandarsi quando l'avrebbe di nuovo tenuta tutta con sé.
Tenera e nuda. Ma anche perfettamente agghindata. Con la sua eleganza e i suoi
abiti neri. Oppure anche, come in quel giorno magico, nei suoi calzoncini al
ginocchio. I calzettoni arrotolati sopra gli scarponi…
Continuò
a tenersela dentro di sé negli istanti, nelle ore di quel giorno di lavoro. E
non si sentiva assolutamente solo.
Capitolo 10-parallelo [Dopo la notte di
guardia da una parte e la notte d'amore dall'altra]
dal Web
«Comincio a credere in Dio , anzi correggo comincio a credere sempre di più
nella mia dea tenera deliziosa morbida si chiama Ginevra forse la conosci»
«Penso proprio che anch'io non ho mai avuto una situazione emotiva amorosa
di innamoramento come questa e poi anche se non è la stessa cosa oggi ho goduto
in un modo BESTIALE DIABOLICO FANTASTICO!»
«Se vedo il signor dio se c'è se mi ascolta se conta qualcosa o sei
l'ultimo pistola non ha importanza gli dirò che quello che gli avevo chiesto me
l'ha esaudito in.... DAI TI PREGO FAI CHE SIA VERO
Le preghiere aiutano ciao gioia ti prego di amarmi e prego pensando a te tu
sei la mia preghiera più bella!
Sei la lode alla vita all'amore e al firmamento!!!»
«Quando sono vicino a te vorrei continuamente stringerti abbracciarti
Sono felice»
«Se per caso vedi la mia Ginevra faglielo sapere che ormai la vita esiste
ed è assolutamente irrevocabile come l'amore che ho per lei!
Ti conosco sempre di più ti amo sempre di più ti desidero sempre di più è
sempre di più mi trema il cuore per te»
«Dopo tre anni aumenta aumenta aumenta
Sai ci ricordiamo quel film con Benigni e Troisi PROVARE PROVARE
PROVARE PROVARE»
«Noi abbiamo provato tante volte è ormai abbiamo superato ogni prova»
«Ora la mia camera ha un colore nuovo
Quello DELL AMORE!!!!!»
«Non domandarti se sei bella brutta
magra e grassa intelligente o no non domandarti niente sappi che io sono il tuo
specchio e immagine che tu vedi nello specchio è quella della donna dei suoi
sogni della sua vita della sua realtà»
« nei rituali liturgici spesso
compare il termine: "Signore non sono degno…", Ora lo dico a te mia
signora signora del mio cuore della mia anima nei miei sensi della mia
vita e te lo dico mentre la voce mi si incrina nel pianto di tenerezza e di
dolcezza, oso dire a me stesso e a domandarmi: "SIGNORA IO FORSE NON SONO
DEGNO, MIA REGINA MIO ANGELO MIO TESORO MIA FEMMINA MIA SCHIAVA MIA AMANTE, MA
TU DI UNA SOLA PAROLA E L'ANIMA MIA SARÀ SALVA»
« Ho bisogno di.uno specchio nel quale riconoscermi
«Sono
comunque ancora molto emozionato: mi hai regalato una cosa stupenda, vederti
nel tuo contesto abituale quotidiano…E ti confermo quello che ti ho scritto
oggi mentre mi tremava la voce
Capitolo
11. [Sullo sfondo, tutti gli altri…]
(PIERO)
Oggi, intendo stanotte, al reparto è andata davvero liscia come
l'olio. In effetti ho lasciato tutto il carico al mio specializzando. Sembrava
entusiasta di lasciarmi tranquillo. Mi sono addormentato diverse volte sdraiato
su quel lettino. Mi ero slacciato la cintura e avevo tolto le scarpe. Avevo dei
sogni strani. Mi ero perso da qualche parte. Provava telefonare ma non sapevo
più come fare a comporre numeri. Il monitor dello smartphone era diventato una
piccola televisione che faceva delle musichette sceme. Spero di non essermi
messo russare come al solito. Che figura avrei fatto con quel ragazzo. Ora vado
a casa. Lei sarà già andato in ufficio. Mi faccio un caffè. E guardo i
notiziari tv.
È
bello tornare a casa e trovarla tutta in ordine. Viva. Ho fatto davvero bene a
sposarmi.
(CAMILLO)
Quel ragazzo mi fa perdere la testa. E
dalla settimana scorsa che non si fa vivo. Se ne approfitta perché sa che io
sono innamorato di lui e non penso ad altro. E proprio un bel ragazzo. Quando
lo prendo e lo posseggo mi sembra quasi di poterlo dominare entrandogli dentro.
Lui
mi fa tante moine. Mi dice che sono il suo grande porcone. Poi, senza motivo
particolare, scompare e non lo vedo più per un sacco di tempo. Ne un messaggio né una chiamata… Niente.
Secondo me ha qualcun altro. Può anche darsi che sia stufo del suo vecchio
perverso.
E quand'era venuto da me la prima volta…
Gentile, ossequioso, mi guardava coi suoi occhietti intensi. Forse l'ho proprio
scoperto così il mio gusto. Pensavo che soltanto avevo poco interesse per le
donne, anzi nessuno. È stato lì che mi ha sgorgato fuori come una rivelazione…!
Sono stato cauto. Diplomatico. Garbato. Glii davo tutte le indicazioni le
bibliografie. Gli ho anche passato dei miei volumi. C'eravamo scambiati i
numeri di cellulare. E quella volta che aveva preso 30 e lode…! Ho voluto
abbracciarlo e baciarlo sulle guance. Lui mi lasciava fare contento guardandomi
con i suoi occhioni. È stato allora che l'ho baciato sulla bocca. Prima
soltanto sulle labbra come fanno i bambini.… E poi…
Si
era fermato diverse volte a dormire da me. Ero in paradiso. Avevo anche bevuto
qualcosa. E anche lui. E mi sono lasciato scappare il mio segreto… Gli ho
chiesto se voleva vivere con me. È cominciato il declino. Prima diceva che gli
andava bene l'appuntamento che c'eravamo dati. Mi ero preparato tutto. Una
cenetta deliziosa. Ma da lui nessun segno. Erano già passate le otto da un po'.
Ho pensato fosse in ritardo…
Sono
andato a dormire a digiuno lasciando i miei manicaretti a impuzzolentire la
cucina e la casa… E da allora che è cominciato il disastro. Un bidone dopo
l'altro. Solo quando aveva bisogno di qualcosa per l'università e per gli esami
veniva, tutto dolce carino… Poi spariva di nuovo…
(AMANTE
DI CAMILLO) Il grasso maiale mi sta
sempre di più sui coglioni! All'inizio l'avevo trovata abbastanza piacevole. Mi
sarebbe andato bene anche continuare la storia per un po'… Ma poi…
Da
quando sono andato in discoteca, ho trovato lui. Con quei suoi occhi da
diavolo. Ballavamo insieme. Poi al suo tavolo a bere birra corretta wisky. Poi
lui tirava fuori dal suo taschino del gilè la sua scatolina. Faceva una
striscia bianca sul vetro del tavolino. Prima faceva tirare a me con la sua
cannuccia da € 100 arrotolate.
Tirava
su col naso. Strabuzzava gli occhi. E poi…
Aveva il corpo pieno di tatuaggi. Mi prendeva molto meglio del vecchio porco. Anche ora. Spesso però non lo trovo. E allora torno all'ovile, meglio sarebbe dire allo stabbio del vecchio maiale grasso… Che a volte si mette anche piangere per intenerirmi e farmi pena, ma mi fa solo schifo…
Aveva il corpo pieno di tatuaggi. Mi prendeva molto meglio del vecchio porco. Anche ora. Spesso però non lo trovo. E allora torno all'ovile, meglio sarebbe dire allo stabbio del vecchio maiale grasso… Che a volte si mette anche piangere per intenerirmi e farmi pena, ma mi fa solo schifo…
(MASSIMO)
Si è fatta trovare in calzoncini corti
e con una canottierina leggera che le faceva vedere le tettine e i capezzoli
rigidi. Era in casa da sola. Lo scarico nel lavello si era ingorgato. Ci avrei
anche provato. Ma poi ho preferito restare sulle mie. Non ero poi mica sicuro
che davvero ci sarebbe stata e il fallimento e il fiasco mi avrebbero fatto
sentire davvero di merda. E poi avevo
sempre in mente di quella volta che Enrica mi aveva cuccato. No. Stai tranquillo Massimo. Fai il buon padre di
famiglia…
(ENRICA)
Adesso mi pare che sia più tranquillo.
Tanto sa che se ne combina qualcuna io glielo leggo negli occhi nel tono di
voce nell'odore che ha addosso e poi lo sistemo… Non so cosa gli gira ogni
tanto che gli viene quel raptus. Non è certo un Adone. Eppure quando ho visto
le donne con le quali aveva avuto a che fare ci sono rimasta lì a bocca aperta…
E mi dice sempre che pensa solo a me che sono il suo grande amore e come lo fa
con me non c'è paragone…
(FABRIZIO)
Non dico che sia bella. Questo no.
Eppure ha quel qualcosa... Che mi fa montare la voglia in testa. Continua a
dirmi di raggiungerla in bidelleria che ci andrà da sola. E quando arrivo
immancabilmente ci trovo sempre il suo collega con i baffi o quell'altra
grassona che mi guarda con l'occhietto malizioso. E dice che l'hanno appena
chiamata dev'essere in classe da quel professore là…
Mi
devo accontentare della mia racchietta. Che comunque non c'ha mai voglia.
Giovedì ci riprovo.
(MARISA)
Ieri mattina il capo mi ha detto che
doveva parlarmi. Ho capito subito come sarebbe andata a finire. Ha cominciato a
dire delle cavolate su come andava fatto il lavoro. Che lui aveva completa
fiducia in me. E che stava proprio pensando di passarmi di grado.
Mi ha
fatto andare vicino a lui al suo tavolo. Mi ha fatto vedere l'organigramma di
noi lavoranti. Sul mio nome aveva fatto un grosso cerchio rosso. Con una
freccia. Poi ha cominciato a mettermi la mano intorno alla vita. Me l'ha
infilata nei jeans. È andato giù da dietro toccarmi. Infilandomi le dita dietro
e davanti.
Come
sempre io non ho osato dire niente e soprattutto non ho osato dire di no. Mi
sembrava quasi un privilegio. Che non mi considerasse una merda come tutti gli
altri.
E
poi, sempre io con quella fantasia che magari davvero gli piacevo… E chissà
mai…
Aveva
chiuso la porta a chiave. Ha tolto tutte le carte dal tavolo. Mi ha sfilato i
calzoni, e mi ha presa così come una bestia.
Quando
mi ha salutato, mi ha detto di pensarci su bene, che lui aveva dei grossi
progetti su di me… Ho pensato che il suo progetto era di sbattermi lì come una
cagna sul tavolo.
E
comunque mi piace essere presa così mentre mi dice troia cagna. E mi dà delle
sberle sulle cosce. Cosa ci posso fare….? Si vede che io sono proprio fatta
così.
(LUISELLA)
Il mio sultano ogni tanto mi manda i
suoi ordini. Farmi trovare da sola a casa già pronta che lui non ha troppo
tempo. Vuole dare un'occhiata all'appartamentino che mi ha messo su. E che gli
è costato una barca di soldi. E’ di poche parole. Mira ai fatti. Per il momento
mi va bene stare al gioco. Vedremo poi al rogito se davvero lo in testa a me…
Non si sa mai…
(DEBORAH)
A lui ho già detto che avevo dovuto
sostituire una collega che era malata. Volevo andare dalla parrucchiera ma lui
mi avrebbe detto che sono una cretina. Che penso solo a queste cazzate. Da un
sacco di giorni senza farsi vivo. Ma quando gli scappa la frenesia devo essere
sempre pronta ai suoi ordini. Fa tutto quel che gli pare. Mi dice anche le
parole dolci. Mi fa dei discorsi magnifici. Mi dice che dopodomani ci troviamo.
Poi scompare. Ma scompare per davvero…! Non risponde ai messaggi whatsapp. Alle
chiamate. Poi compare all'improvviso quando è sicuro di trovarmi. Secondo me mi
pedina anche. Arriva. Si mette a criticare. Si permette anche di fare il
geloso. Fa la voce grossa. E se qualche volta oso rispondergli arrivano sberle.
Gli viene uno sguardo strano quando picchia. Si
capisce che gli piace tanto. Gli occhi diventano allucinati. Dice parole che
non capisco. E certe volte come se invece di far l'amore mi stesse violentando.
Poi
scompare. E io rimango come una povera scema a desiderarlo. A dirmi che in fin
dei conti mi vuole bene. Che anche lui forse me ne vuole ma non è capace di
dimostrarmelo… Quando c'è mi sento al sicuro. Anche se poi mena. Mi sento
dominata e anche protetta.
E
pensare che avevo lasciato quel povero allocco che voleva addirittura sposarmi.
Far la famiglia. I figli. Forse lui si che davvero mi amava. Ma più o meno
diceva e più mi veniva nausea di lui. Non aveva le palle. Era buono, troppo
buono, coglione…
(AMICA
DI MARIANGELA) Quando racconto alla
sposina Mariangela le mie avventure, mi diverto un casino.
La maggior parte sono vere. Ma ci invento anche
di mio. Le ho raccontato di quando
mentre il ganzo dormiva, ero andata all'appuntamento. Erano le due di notte
circa. Lui mi aspettava in strada. Mi ha portato in un boschetto appena fuori.
Mi ha spogliata nuda in macchina. Continuava a bere e me ne ha fatte di tutti i
colori davanti e dietro. Ha fatto bere anche a me. E poi nuda e sbronza mi ha
fatto uscire dall'auto e si è messo a ballare e a cantare come uno scemo. Avevo
una grande paura. Ma mi era piaciuto tantissimo. Perché era il massimo del
proibito.
Quando
sono tornata a casa non mi sono neanche lavata mi sono infilata sotto le
coperte. Il mio povero pollastro si è girato sull'altro lato e ha continuato a
ronfare…
Capitolo 11. Parallelo [Sullo sfondo, tutti
gli altri…]
Dal Web
(AMICA DI MARIANGELA) « …sposina
Mariangela … Settimana scorsa quando mentre il mio ganzo dormiva, ero andata
all'appuntamento. Il mio stronzo bastardo mi aveva precettata. E io gli obbedisco sempre. Appena
me lo propone di dico che è matto … Ma poi …Alle due di notte circa. Come
altre volte ero uscita in punta di piedi . Lui mi aspettava in strada con la
sua auto. Mi ha portato in un boschetto appena fuori. Mi ha spogliata nuda in
macchina. Me ne ha fatte di tutti i
colori davanti e dietro. Avevo una gran paura ma era bellissimo. Da nuda mi ha
fatto uscire dall'auto e si è messo a ballare e a cantare come uno scemo. Avevo
una grande paura. Ma mi era piaciuto tantissimo. Perché era il massimo del
proibito.
Come tutte le altre volte al mattino presto
o nel cuore della notte uscire con il batticuore. Ed era ancora più bello…
Appena sono ritornata a casa non mi sono
neanche lavata, in via di filato sotto le coperte. Il mio povero pollastro si è
girato sull'altro lato e ha continuato a ronfare…
Qualche volta soltanto mi ha chiesto se per
caso non ero riuscita a dormire al mattino presto o di notte. E se per caso ero
andata a camminare come faccio spesso il giorno. Gli ho risposto che mica sono
matta: di notte al mattino presto sono troppo pigra e mi piace tanto dormire…
Lui allora cambia discorso e sembra quasi che ci creda…
Ma quand'è che comincerà e anche tu a fare
queste follie? Sei l'unica persona a cui l'ho confidato.
Provaci. E poi voglio sentire le tue
impressioni...»
(MARIANGELA) «Tu sei folle! Deve essere stato bellissimo.
Io me l'immagino. Quando penso a queste
storie che ti succedono mi eccito tantissimo e poi mi masturbo da sola… Ma se
per caso una volta che dovete scoprire mentre esci o entri cosa li dici? Ah
già… facile… immagino che gli diresti che proprio quella volta li non riuscendo
a dormire hai voluto andare a camminare… Io credo che non ce la farò mai… A
presto mia pazza amica… Continua a raccontarmi queste cose che mi piacciono un
casino!»
(DEBORAH) «Perché anche questa volta non sei venuto? Ti
aspettavo tanto e avevo una voglia folle di te, delle tue botte e delle tue
perversioni… Lo sai che mi piace essere la tua schiava e il tuo giocattolo… Mi
fai soffrire ma mi fai soffrire molto bene… Non stare ancora un'altra settimana
senza farti vivo… Non fidarti troppo del fatto che sono fedele a te… Mio
padrone porco… Oppure mi stai castigando per qualcosa?
Ma no, dai, fai conto che ho scherzato… Non
fare come tutte le volte che mi cerchi di fare andare in paradiso e poi mi fai
morire a once scomparendo… Oppure tornando solo per essere bastardo
maltrattarmi e picchiarmi brutalmente…»
(FABRIZIO) «Senti, perché invece che trovarci in
bidelleria, non ti va che ti vengo ad aspettare quando smetti il tuo turno… Ti
porto fare dei bei giretti… Andiamo sul fiume, facciamo il bagno e prendiamo il
sole… Guarda che la tua collega grassona secondo me ha mangiato la foglia… E
non andar più anche se ti chiama da quello stronzo del mio collega…»
(MARISA) «Ma davvero lei vuol darmi un aumento di
stipendio e farmi passare di grado? Guardi che io ci tengo tanto a fare
funzionare bene la ditta… Mi faccio il culo tutti i giorni, e mi piace anche
quando me lo sta facendo lei… Lo sa davvero fare molto bene... Capo…»
(LUISELLA) «L'appartamento che mi hai regalato è
favoloso. È il nostro nido d'amore. Dopo che sei venuto ad inaugurarlo con me,
mi piace ancora di più. Oggi finirò tardi allo studio, perché abbiamo un
processo molto impegnativo. E poi l'anno prossimo farò l'esame di Stato… Mi
piacerebbe tanto prima o poi aprire uno studio tutto mio con il mio nome…
Oppure resterà solamente un mio sogno e una mia fantasia? Se non ti rispondo
subito e perché sono in mezzo agli altri avvocati o addirittura perché sto
parlando con il mio capo… Buona giornata mio sultano…»
(SULTANO-AMANTE DI LUISELLA) «Sì, va bene. Adesso non ho tempo ci sentiamo
più tardi»
(ENRICA)
«Massimo, per favore, ricordati
di passare a ritirare le borse della spesa che ho già ordinato… Per premio, lo
sai cosa ti prometto per questa sera quando avremo messo a letto i ragazzi…»
(PIERO al suo primario) «D'accordo professore, verrò sicuramente nel
suo studio domani mattina e faremo il punto sui casi che stiamo seguendo… No,
durante la notte nessun imprevisto… Tutto regolare… Conti pure sempre su di
me…»
(CAMILLO) «Mio bel pulcino … Mio bel ragazzino… Sei
andato ancora in discoteca? Ti sei fatto ancora con quello là…? Lo sai che io
sto morendo di dolore? Anche se tu non mi stai prendendo cinghiate sulla
schiena… Ho voglia di entrarti dentro fino in fondo… Ti aspetto tanto…»
(AMANTE DI CAMILLO) «Macché discoteca. Stai tranquillo mio vecchio maiale. E’ che sto
studiando sodo. Mica come te che te ne stai sempre in casa quando torni dal
lavoro a farti le seghe… Se non vengo avrò bene io dei miei motivi no? Cerca di
non stare troppo addosso…»
(GIORGIO)
E allora te lo ripeto di nuovo. Si ho avuto moltissime storie con donne.
Tu mi chiedi se le ho amate come te. Provo a spiegarti. Vedi, può darsi che con
diverse o con molte di loro io abbia avuto almeno nella fase iniziale
l'illusione che fosse una cosa straordinaria. Era un bisogno che avevo io. Ci
investivo tantissimo. Per loro era una cosa molto più quotidiana e normale.
Anche quando sono iniziate convivenze più o meno matrimoniali. La visione del
mondo e dell'amore loro non coincideva e non collimava assolutamente con la
mia.
Diciamo allora che ho avuto delle
relazioni. Che c'ho investito moltissimo. Ma che poi sono rimasto profondamente
deluso. Io ci giocavo tutto. Mente corpo anima… E mi ritrovavo quasi sempre con
un pugno di mosche. Interesse pratico, ammirazione, piacere fisico, progetto di
metterci le mani addosso non solo in senso fisico ma in generale.
Speravo, desideravo, sognavo che quello che
avevo in mente fosse possibile… Poi avevo cominciato a rassegnarmi... Fino a
quando… Tre anni fa… Camminando immerso nell'odore di muschio e di larici, mi è
capitato di sorpassare una bella donna. A fiuto, ho capito, intuito subito che
stava succedendo un cataclisma. Piacevole. Insperato. Gratuito. Fortuito.
Ho nutrito ancora per un po' la mia
abituale diffidenza derivata dall'esperienza.
Ma ogni volta… mi trovavo di fronte te… e
capivo che stava cominciando una nuova epoca una nuova era che stavo risorgendo
resuscitando nascendo… Tu sei la mia Pasqua di resurrezione, Ginevra amore mio…
(GINEVRA)
Sei immenso... Certo fisicamente…
Ma soprattutto umanamente, spiritualmente, mentalmente…
E pensare che prima, mi ero addirittura
convinta, di condurre una vita bella, addirittura volte stupenda, o comunque
tollerabile… Mi ero adattata alle routine. Mi accontentavo di quei contatti
fisici sbrigativi, sommari, insipidi… Credevo di avere accanto a me "un
uomo". Addirittura credevo di volergli bene, e persino, con una parola
eccessiva: "di esserne innamorata…"
Mi basavo per confronto con quello che
avevo imparato, saputo, ascoltato, visto delle persone intorno a me… Non ultimo
l'esempio che avevo del rapporto di coppia dei miei genitori. Rari screzi. Mai
parole grosse. Un tran tran tranquillo… Credevo che fosse "normale" anche per me navigare in
un mare del genere… Scarse o addirittura nulle emozioni. Mi sentivo abbastanza
simile alle coppie degli amici e conoscenti. E addirittura in certi momenti di
ottimismo e di entusiasmo, essendo né io la protagonista, riuscivo addirittura
a volermi illudere che fossimo migliori delle altre coppie…
Mai, a quel che mi è dato ricordare, autentiche
e vere e intense emozioni… Un quieto e tranquillo vivere… Un viaggiare in folle…
Un navigare nella bonaccia… Galleggiare e sopravvivere… Andare avanti in apnea…
Poi, all'improvviso, sulla via tra i
larici, ho incontrato qualcosa di molto simile a quello che avevo cullato nei
miei sogni proibiti. E non saprei definirlo…
Completa sintonia. Mi sta a
complementarità. Mi trovavo all'unisono con una persona per davvero, senza
essere simbioticamente attaccata a lui, e sentendomi da lui completata.
Le rare eccezionali occasioni in cui non
avevamo completa sintonia: partiva subito il confronto, sereno, calmo, onesto,
trasparente…
Solo per qualche istante sembrava vacillare
la certezza… E poi… Era ancora tutto più bello, più fantastico, più
sfolgorante…
Non so se questo che si può definire amore.
Forse è proprio così. E in questa relazione umana, che dava colore e
vivacizzava il tutto, il piacere straordinario, fantastico, inaspettato degli
orgasmi che mi facevi e mi fai continuamente avere e che io regalavo a te…
(GIORGIO)
Parole fantastiche amore! C'è
stato quell'incontro! E da allora nulla è potuto più essere come prima. Mi ero
abituato da sempre consumisticamente a cercare qualcosa di nuovo sempre. In
modo compulsivo. Raggiunto un obiettivo, cercarne subito uno nuovo. Lasciando che
il precedente diventasse stantio e desueto. Credevo che in ciò consistesse la
mia libertà. Conquista, nuova meta, e poi nuova meta di nuovo… all'infinito.
E mi torna in mente quell'immagine della
colonna dei ciechi di Bruegel. Stavo come tutti e come tanti andando da cieco
verso il baratro. Alla ricerca di un finto nuovo. L'evento magico che ci è
capitato in quella pineta, non è sostituibile; ma è inesauribile e si rinnova
continuamente. Per sempre. Io amo accetto desidero bacio e lecco tutto di te.
Compresi quelli che tu ritieni difetti.
E mi butto continuamente nella piscina. E
ogni volta vengo fuori e tu mi vedi rinnovato. E io lo stesso con te. Ti
confesso che non lo credevo. Ora ho ritrovato questa fede. Laica. Terrena…
(GINEVRA)
Mi sorprendo ad ascoltare e a
dire con te tutto questo. Come mi sorprendo a guardare il mondo non più
soltanto con i miei occhi, ma con i miei e i tuoi insieme. E ogni volta mi pare
ancora più bello. Ti ringrazio per avermi detto che hai lasciato
definitivamente la colonna dei ciechi che vanno verso il baratro. Che accetti,
che vuoi, che aneli al continuo rinnovamento e alla continua ressurezione che
ci regaliamoli in eterno.
È, e può essere inesauribile. Io metto ora
l'olio nella tua lanterna tu nella mia.
Certo, mio dolce amore, reinventiamo il mondo
insieme.
A P
P E N
D I C E
ISTRUZIONI
PER L'USO
Nel raccomandare un uso moderato del seguente
testo, si forniscono le seguenti istruzioni.
1. non si tratta di un
testo filosofico, sociologico né di un trattato di psicologia
2.
parte
dall'assunto da prendersi con beneficio di inventario tratto da Camus « il vero
amore è eccezionale, due o tre volte in un secolo all'incirca. Per il resto,
vanità o noia.»
3.
è
un'opera intenzionalmente faziosa: vuole dimostrare l'estrema difficoltà e
rarità di un rapporto d'amore autentico, assoluto, non contaminato
4.
assume
il ritmo di una narrazione a singhiozzo: alterna
a. capitoli, scritti a
caratteri normali, formati da spezzoni e flash di flusso vitale e di pensieri
interiori;
b.
e capitoli in
corsivo costituiti da frammenti di comunicazione in chat, provenienti dal Web,
nel quale navigano qua e là voci irreali, virtuali, anonime, impersonali,
attribuite al grande fratello della comunicazione
5.
assume,
arbitrariamente, come campione un microcosmo di persone nell'acquisto e nella
costituzione di una realtà condominiale. Tra esse una sola coppia in piena
trasgressione rispetto alle regole consolidate per convenzione, vuole
rappresentare l'eccezione sostenuta da Camus che in ogni secolo esistano almeno
uno o due coppie autentiche…
6.
Per
comodità di lettura ogni singolo pensiero o un messaggio in chat, è preceduto
dal nome del protagonista
7.
in
anteprima, la panoramica dei personaggi protagonisti.
8.
Come
nel vivere quotidiano e autentico non esiste una trama preconfigurata. Sarà
ogni lettore, se vorrà, a ricostruirla a posteriori. Dando carattere lineare a tutto il materiale
narrativo. Un po' come avviene nel sogno. Mentre lo viviamo il prima e il dopo,
il qui e l’altrove, si fondono si mescolano in un fluttuare continuo. La
narrazione del sogno avviene solo a posteriori, come tentativo di dare ordine e
senso, al fluire vitale.
Personaggi:
Piero. Scialbo e modesto individuo con i
baffetti che crede di essere un medico. Crede anche di essere felicemente
sposato con Ginevra. Fin quando curiosando sul cellulare di lei legge un testo
che interpreta come messaggio a lei rivolto, si ingelosisce, diventa
sospettoso. Fin quando il messaggio non lo ritrova più.
Ginevra. Fino a qualche anno prima credeva
di essere sposata davvero con Piero. Ma è successo qualcosa di magico di
straordinario di eccezionale. È funzionaria in una compagnia di assicurazioni.
Massimo. Idraulico con una piccola impresa. Sostanzialmente
preferisce la moglie Enrica alle scappatelle che a volte gli capitano. Ama i
propri figli e ha un bellissimo rapporto con loro.
Erica. Professoressa di lingue alle
superiori. Saggia. Equilibrata. Tollerante. Chiude un occhio per le scappatelle
che fa il marito. Ma lo tiene d'occhio.
Marisa. Lavorante in una compagnia di
pulizie. Crede che le attenzioni erotiche del suo capo possano diventare un
sogno di famiglia. Si sente in colpa e non ha troppa stima di sé.
Deborah. Commessa di supermercato. È
vittima delle continue speranze d'amore che le vengono da un uomo che la usa e
la maltratta. Le piace essere maltrattata soprattutto eroticamente.
Luisella. Procuratore legale. Sta facendo
pratica in uno studio in attesa dell'esame di Stato. Ha una relazione con un
uomo potente ma freddo e abbastanza disumano. Che le ha appena comprato un
appartamento. Lei sognerebbe di farsi sposare da lui.
Fabrizio. Professore precario alle
superiori. Sposato. Con figli. Insoddisfatto di se stesso e della propria
moglie. Fa continui tentativi con una bidella compiacente che però continua a
sfuggirgli.
Mariangela. Moglie di Fabrizio. Non si ama
troppo. Donna di casa a tempo perso cerca di completare gli studi a laurearsi.
Tiene buono il marito concedendoglisi senza partecipare. Ha un'amica erotomane
che le racconta in chat le proprie esperienze trasgressive. Lei che fa su dei
castelli in aria.
Camillo. Architetto. Buono ingenuo
vittimista. Ha scoperto di essere gay innamorandosi di uno studente per il
quale si è fatto in quattro. Ma che lo trascura e lo tradisce molto volentieri
e lo disprezza.
Giorgio. Ingegnere. Aspetta il divorzio. Da
quando ha incontrato fortuitamente Ginevra, ha capito cosa significhi davvero
l'amore. Ne è affascinato, spaventato, inebriato.
… … Beh, cara lettrice e caro lettore che
hai avuto la compiacenza di leggermi, adesso tocca a te… Ti ho fornito le
coordinate.
Un flash rapido sugli attori della vicenda. I materiali mentali dei loro vissuti interiori. I loro "flussi di coscienza"(=stream of consciousness).
Un flash rapido sugli attori della vicenda. I materiali mentali dei loro vissuti interiori. I loro "flussi di coscienza"(=stream of consciousness).
I messaggi che si sono scambiati.
Tocca a te. La visione d'insieme sarà opera
solo tua. Solo tu potrai rivivere la vicenda. Darle vita con la tua fantasia.
Ti ho messo a disposizione i materiali
d'uso. Gli strumenti. Le bussole.
Sei tu e solo tu ora il vero protagonista :
solo tu puoi riuscire a trasformare queste pagine, queste righe e queste parole
in una realtà narrativa. Che cerca di simulare la vita.
Ti auguro buon lavoro.
Spero di essere riuscito a predisporre l'occorrente per la tua opera di creazione.
La realtà e la vita forse non si possono raccontare.
Spero di essere riuscito a predisporre l'occorrente per la tua opera di creazione.
La realtà e la vita forse non si possono raccontare.
Proietta tu il film.
Prova tu a sognare la realtà.
Prova tu a sognare la realtà.
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