IL COLLOQUIO
Si era preparata a puntino. Aveva indossato uno degli abiti migliori, elegante, ma anche abbastanza sobrio e non troppo vistoso.
Non aveva detto niente in casa. Si teneva tutto dentro e ci pensava.
Passando dal centro si fermò, visto che
aveva un buon margine di anticipo, a guardare delle vetrine. Una camicetta come
piaceva a lei. E anche una borsa anzi due…! Ma per il momento finché non aveva
il nuovo lavoro, avrebbe dovuto aspettare.
Arrivo nell’edificio con un discreto
margine.
Il personale che la accolse fu abbastanza
formale, gentile, ma distaccato.
Già guardando le vetrine le era venuto in
mente quello che le avevano raccontato Fabiana e le altre amiche.
In situazioni occasioni simili.
La prima aveva dovuto aspettare circa un’ora.
C’era sempre un andirivieni: gente che entrava e usciva. E aveva visto là in
fondo la porta dove sarebbe dovuta entrare per il colloquio.
Poi.… Miseriaccia…
Un ometto piccolo tarchiato con la faccia
inespressiva che continuava a chiacchierare al telefono e neanche le faceva
segno di sedersi davanti a lui.
Poi… Una serie di predicozzi squallidi. “E
si ricordi questo e quest’altro… Il suo dovere è quello di… E non le venga
neanche per l’anticamera del cervello di…”
Fabiana era tornata a casa con un grande
disagio interiore. Ricordava ancora la mano che l’ometto le aveva dato, e con
la quale aveva tenuto la sua, per qualche minuto, reggendola con tutte e due
guardandola negli occhi con aria poco raccomandabile…
Anita aveva avuto un’esperienza all’inizio
apparentemente migliore.
Il tipo le era subito venuto incontro sulla
porta. Le aveva sfiorato la mano e intanto con l’altra la accompagnava
appoggiandogliela sul braccio. Aveva voluto fare il simpatico con battute di
spirito. Non aveva parlato affatto dell’impegno del lavoro. Ma lei aveva notato
che aveva chiuso a chiave la porta d’ingresso.
Poi la sua mano era scesa dal braccio fino
al polso. Glielo aveva accarezzato.
Lei era molto imbarazzata. Sarebbe stato praticamente
anche per lei il primo impiego, se l’avesse ottenuto. Non si era preparata e
non aveva previsto quel comportamento.
Un po’ a malincuore, ma pensando al
probabile risultato che avrebbe ottenuto, lo lasciò fare.
Le mani dai polsi cominciarono a frugare il
suo petto. Lei continuava a sorridere imbarazzata e bloccata.
Era abbastanza massiccio e con un po’ di
pancia.
Poi, avvenne tutto il resto… Tornando a
casa si sentiva un pochino schifata, ma insieme anche abbastanza compiaciuta.
Il tipo aveva gradito la sua presenza e il suo aspetto. E s’era messo a farle
delle cose che a casa quello là non le proponeva e non le faceva mai.
Arrossì ancora dentro di sé.
E poi a Marina: quel tipo piccoletto,
pelato, con la faccia un po’ da stronzo, che continuava a fare battute tra il
lusco e il brusco. Spesso allusive. Al momento era rimasta in contropiede. Poi
si era divertita.
Naturalmente anche lei a casa non aveva
raccontato niente. E trovava divertente avere quella storia trasgressiva
segreta anche se abbastanza squallida.
Come pure Sandra.
Alle altre era andata con piccole varianti.
Cinzia anziché il predicozzo sugli obblighi
professionali, aveva subìto e ascoltato strani discorsi ambigui e ambivalenti.
Apparentemente parlava del lavoro ma alludeva a qualcos’altro. Circa essere
obbediente e ottemperare a tutto…
Per fortuna che poi aveva trovato lavoro
altrove.
A qualcuna era andato invece pulita e alla
grande. Richiesta di informazioni sulle loro competenze; informazioni sul
mansionario; e anche sulle regole relative agli orari e alle eventuali assenze…
Ci aveva ripensato mentre guardava i negozi
delle borsette. E ci stava ripensando ora. Che cosa le sarebbe capitato?
Ripensò che il giorno dopo aveva
appuntamento dalla parrucchiera. Peccato: avrebbe preferito andare al suo primo
colloquio di lavoro coi capelli molto in ordine. Ma non era stato possibile.
Avevano già un sacco di prenotazioni. E poi la telefonata era arrivata all’ultimo
momento.
Non aveva detto niente: anche perché in
casa spesso si dimenticavano dei suoi impegni. Bastava che lei si occupasse
delle faccende quotidiane. Per il resto era solo una presenza. Ciao, ciao. Ci
vediamo più tardi. Arrivederci…
In effetti, ora, stava sulle spine.
Dietro la porta là in fondo, da dove usciva
quel profumo intenso di tabacco da pipa, con aroma di incenso, sentiva una voce
forte e vibrante stentorea che parlava con qualcuno oppure stava conversando al
telefono.
Non sapeva se avere paura o essere
confortata da quella voce baritonale che ogni tanto si lasciava andare in
risate col tono di voce più alto.
Infine, una addetta, che era stata
avvertita dal citofono, le si avvicinò, in modo sempre formale, e la accompagnò
alla porta.
Gliela aperse, e le fece segno di entrare…
Era un salone immenso.
In fondo, sulla sinistra un tavolo da
lavoro ingombro di documenti e carte.
A fianco un tavolinetto con un grosso computer
e la sua tastiera.
Da un altro lato un altro tavolo di rappresentanza,
in stile fratino. E sull’altro lato della stanza un salotto con divano e due
poltrone e un piccolo tavolino.
Al tavolo da lavoro, in modo assolutamente
opposto e diversissimo rispetto alle sue amiche, stava seduto un uomo
abbastanza attraente, abbastanza giovane…
Teneva in bocca la pipa che provocava e spandeva
quel profumo gradevole e piacevole.
Indossava una giacca verde di loden a un
solo bottone.
Aveva i capelli molto folti e molto fitti
ricciuti color castano.
Occhi scuri luminosi intensi che la
guardavano in modo aperto e attraente.
Si alzò, le andò incontro, le strinse la
mano con calore…
Poi si spostò dal tavolo da lavoro e la
invitò ad accomodarsi al salotto…
Forse le chiese nome cognome e tante altre
cose rispetto alla sua formazione…
Ripensandoci, a posteriori, non si ricordò
più nessun particolare.
Fu gentilissimo. Garbato. Seducente e seduttivo.
Ma per niente invadente come era avvenuto
per le sue amiche.
Non voleva sembrare indiscreto e l’aveva
chiamata di volta in volta: “gentil signorina… Oppure gentile signora ma non
voglio sapere i fatti suoi…”
Quando uscì dall’immenso salone era ancora
tutta impregnata di quel profumo intenso di fumo di pipa.
E sentiva ancora risuonare nella sua
memoria e nelle sue orecchie: “gentil signorina… O gentile signora …”
E non ricordava assolutamente il contenuto
del colloquio.
Era andato comunque decisamente bene.
Avrebbe dovuto cominciare il giorno tal dei
tali.
Ma lei aveva in mente altro cui pensare…
Certo, ripassando davanti alla vetrina
oltre alla camicetta e alla borsa vide delle scarpe addirittura meravigliose.
E messi da parte il racconto dei ricordi
del colloquio delle sue amiche, nella situazione totalmente nuova e diversa che
era capitata a lei, si inventò mentalmente degli sviluppi di quell’incontro
favoloso…
Forse lui un giorno l’avrebbe chiamata per chiederle
come andava il lavoro. Lei sarebbe stata molto timida e impacciata. Lui l’avrebbe rincuorata con la
sua voce calda.
Poi magari le avrebbe detto che voleva
presentarle alcune situazioni speciali relative ai suoi compiti e mansioni. E
che facesse pure con comodo e gli facesse sapere tramite il telefono del
centralino quando le fosse più opportuno.
Ripensava a quel salottino che il tipo
aveva allestito nel suo salone ufficio.
Lui non aveva affatto chiuso la porta
quando lei era entrata.
Ma magari avrebbe potuto anche farlo. Una prossima
volta. E sorrise tra sé…Oppure il personale di quel posto non osava assolutamente
entrare senza avere prima bussato e averne avuto il consenso. Oppure… Oppure…
Oppure ancora…
La borsetta e le scarpe non le
interessavano più in quel momento.
A casa non avrebbe assolutamente descritto
il suo nuovo capo dirigente.
Anche perché quasi senz’altro quello là non
gliel’avrebbe chiesto.
E mica avrebbe potuto dire che era un uomo
che l’aveva affascinata.
Che aveva circa il doppio dell’età di lei.
E che…
Si tenne dentro di sé le sue fantasie…
Chissà… Magari un giorno…
Intanto segnò sulla sua agenda personale la
data dell’inizio lavoro.
Magari il primo giorno sarebbe venuto personalmente
il gentiluomo con la giacca di loden verde a darle il benvenuto?
Ripensò con fastidio alle esperienze delle
amiche. E anche ad altri approcci che qualche conoscente aveva tentato e
azzardato con lei.
Il dirigente gentiluomo sarebbe stato tutt’un’altra
cosa…
E continuò a pensarci mentre rigovernava la
casa…
Il cuore però le batteva forte…
Il nuovo lavoro…! E quel personaggio fascinoso…!
Ma diamo tempo al tempo…
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