TENTATIVO DI RACCONTO
TENTATIVO DI RACCONTO
Molto tempo fa, ma certo anche ora e senza
dubbio anche domani, era successa questa cosa qui, nella piatta pianura
novarese…
Un nobile decaduto, senza blasone scettro o
corona, ma sempre molto nobile e aristocratico, si faceva chiamare dalla sua
fidanzata: "BARONE DI BARUMINI". Come barone era un vero baro:
infatti amava barare e sparare palle…
Sua madre, la soprano lirica Borghi Rachele,
comunemente detta è chiamata Lina, vantava antenati nobili addirittura
discendenti dal trono di Spagna…
Una garbata mitomania che i figli
sorridendo mostravano di accettare. Lei addirittura era arrivata al punto di
raccontare al suo secondogenito, da tutti chiamato Nanni, che secondo la legge salica
che secondo lei era in vigore tra i monarchi spagnoli, il titolo di re e perciò
l'eredità alla corona spettava al secondogenito, proprio lui… Lui stava al
gioco.
Dai sei ai diciott'anni era stato in un
istituto orribile, un orfanotrofio… Dove rapavano i capelli a zero per una vecchia consuetudine finalizzata a evitare
la pediculosi. Doveva indossare una orribile divisa nera lugubre sopra la quale
d'inverno si copriva con una mantella simile a quella di Nosferatu… Sui capelli
corti corti portava un berretto con la visiera rigida come nelle divise della
prima guerra mondiale…
Non aveva certo un grande aspetto regale…!
Una volta, questo Nanni sedicente barone, da
studente del magistrale stava tornando dalla palestra con un compagno e amico.
Sull'altro lato della strada passò una donnotta, buffa, e pseudo amica della
soprano madre. Anche a lei era stato raccontato che lui era il principe
ereditario al trono di Spagna…!
Il nostro, nonostante la sua statura
immensa da spilungone, cercò di farsi piccolo piccolo, di scomparire nella mantella nera. Ma non ci
fu verso! La donnotta, che mescolava alla sua parlata del sud alcune
espressioni imparaticcia che secondo lei erano in dialetto novarese, si
autodefiniva " piccinin ma furb…"
Si riteneva perciò una persona piena di
senno e molto furba.
Appena fiondò gli occhi sui due studentelli
che tornavano con i sacchetti delle scarpe da ginnastica, con un tono di voce è
esagerato, esclamò: "BUONGIORNO, PRINCIPE!"
Lui non seppe come giustificare all'amico
l'espressione fuori di testa. Cercò poi di medicarla raccontandogli che la
madre gli aveva voluto far credere al suo alto e nobile lignaggio nobiliare…
L'amico rise… Lui un po' meno… E si vergognò mostruosamente!
Or dunque, nella piatta pianura novarese,
dove nessuno ricordava più l'episodio dell'attribuzione del termine di
principe, si aggirava talvolta ancora a cavallo di uno scooter rombante, il
molto decaduto barone di Barumini… Aveva fatto un patto con il diavolo o con
gli dei degli inferi e dell'Olimpo di campare almeno fino a novant'anni. Non
per altro, ma soprattutto e prevalentemente perché da diversi anni aveva
incontrato uno sguardo color cielo di cui si era perdutamente innamorato.
La sua amata fidanzata da un tempo
indefinito e indefinibile era segregata alle pendici che portano al Mottarone.
Per intenderci nella zona del Vergante.
Lui continuava a rassicurarla in tutti i
modi …
«… Ma vedrai Ciccio… Lo so che tu stai
male… E che vivi un'esperienza terribile… Ma io penso che al massimo in qualche
mese, o fra qualche anno, uno o due al massimo, la tua sofferenza e il tuo
stato finiranno per attenuarsi o per scomparire del tutto… Io lo penso… Lo
voglio… Lo desidero… Non credo in entità superiori o divine a cui chiedere
miracoli… Ma credo nei rimedi naturali alternativi a quelli della medicina
ufficiale… Te l'ho detto che una persona cara che ho conosciuto per caso
pratica il reiki… Non è un vero sistema curativo o di guarigione. Però dovrebbe
servire ad aprire dentro le persone una porta per far entrare l'energia vitale…
Ed è questa che alla fin fine aiuterà il tuo corpo a star meglio e alla fine a
guarire definitivamente…»
Quando le diceva queste cose, si vergognava
addirittura di essere stato per finta barone di Barumini… Di averle detto che magari
lui avrebbe potuto anche avere poteri taumaturgici da guru. Si vergognava per i
propri malanni abbastanza modesti al confronto dei suoi…
Unica vera cura che riusciva a praticarle
era quella dell'amore infinito. Della fiducia della speranza. E infatti lei
provava un certo modesto giovamento dall'amore di lui… Anche perché nella vita
era stata guardata purtroppo con noncuranza. Nessuno aveva visto in lei o aveva
voluto vedere in lei la persona straordinaria ed eccezionale che invece sapeva riconoscere
con l'occhio amoroso il barone ex orfanello…
A volte aveva notato dei leggeri
miglioramenti.
Aveva voluto anche lui sperare nei nuovi
farmaci… Nelle cure omeopatiche e alternative… E ora stava a guardare di
sottecchi se il reiki faceva il suo dovere oppure no…
Ma comunque continuava come faceva da anni
a prodigarle le sue cure amorose. E pensava dentro di sé che l'amore alla fin
fine l'avrebbe salvata…
Le scriveva di continuo poesie. Racconti e
favole. E tutte le sere le mandava un messaggio vocale con voce vibrante…
Accompagnandolo con un breve video sonoro… L'unico difetto di quest'ultimo era
la sua faccia: aveva gli occhi gonfi come un dinosauro in pensione; cercava di
nascondere i propri acciacchi. Non osava raccontarli perché al confronto lui ne
sarebbe uscito in perfetta salute… E lei…
Lei aveva ripreso le sue sedute
fisioterapiche in piscina. In passato le erano state di giovamento. Aveva
dovuto interromperle solo a causa del maledetto virus con la corona… Ma ora
aveva ripreso…
Perciò, barone o non barone, erede al trono
di Spagna oppure a quello del Lussemburgo, poeta smandrappato e innamorato
appassionato, se non era un guru, poteva chiaramente definirsi un curatore
appassionato con amore e d'amore…
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