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domenica 3 settembre 2017

L A C H A T [romanzo di Nanni Omodeo Zorini] VERSIONE DEFINITIVA 22sett2017











Prefazione/incipit (si consiglia chi legge di orientarsi leggendo nell'appendice le ISTRUZIONI PER L'USO, e il quadro sintetico dei PERSONAGGI)  VERSIONE DEFINITIVA. 21 settembre 2017
"E il sor fesbucche col suo uazzappe, sospesi nell'etere solo apparentemente incorporeo, faccioni ghignanti, che borbottano qualcosa…
Lucrezia -«… Ma, voglio dire, mi scusi professore… Non capisco bene cosa succede… Come funziona questa roba qui dei socialnetwork, del Web, del uazappo… Chi è che prende le cose che io scrivo e le fa avere qualcun altro in un altro posto? E siamo sicuri che non ci sia qualche birbacchione che fa partire quello che vuole lui, che stravolge o modificha i messaggi, una specie di prestigiatore voglio dire, un giocoliere… Ma come si chiama? Chi è? Dove si trova? È il Google? Il fesbucche? Il uazappo….
Ma allora ha in mano tutto… Può manipolare come vuole la comunicazione, l'informazione, gli scambi commerciali, le idee, il modo di pensare, e ci fa girare tutti come banderuole… Scusi sa, caro professore, ma mi fa venire in mente qualcosa che avevano scritto un certo signor Jack London, o Giorgio Orwell, o un altro che si chiamava Aldous Huxley…, Senza dimenticare quel bizzarro sognatore allucinato del signor Philip K. Dick… I loro racconti fantasiosi e spaventosi… "Il tallone di ferro", "1984", "Il mondo nuovo"… E il l’atmosfera densa, satura, in perenne penombra, retrofuturista… che ci hanno poi fatto vedere in "Blade runner"…
Ma loro, inventavano, oppure, un po' profetici, sapevano dove saremmo andati a finire…?
guardavano divertiti, tirando le fila delle vicende e delle comunicazioni che ignari gli utenti credevano di fare come loro scelta libera e autonoma…"
La signora Lucrezia, non ebbe risposta. D'altra parte era solo una passante in quel posto, come tanti… E perciò continuò a passare…
Il  professore aveva altro da fare… Mica poteva dare retta a tutti…
Infatti si limitò a pulire la pipa, vuotandone il camino nel portacenere. Poi  la caricò di nuovo. Accese, sfregandolo su un lato marrone della scatoletta, il suo prezioso fiammifero svedese.
Tirò le prime boccate di fumo odoroso e sapido. E depose ancora acceso il legnetto bianco nel piccolo braciere, nel quale si divertiva a consumare dei piccoli falò…
Si schiarì la voce. E invece di rispondere alla passante, la lasciò passare, e si rimise a dettare nel suo microfono che aveva davanti alle labbra, appeso alla cuffia nera sul capo e gli scaldava tanto le orecchie…
E mormorò mentalmente dentro di sé: " Vado avanti con la narrazione lineare. Introduco questo meccanismo. Creo delle frasi che piazzo qua e là tra un capitolo e l'altro… Sarà una specie di ritornello, e la frase diventerà sempre più martellante lunga approfondita… Fino a quando si capirà che stanno giocando a manipolare il Web…"
Mandò un sorriso affettuoso, e compiaciuto, a quei maestri. E al mondo allucinato che avevano descritto con fantasioso realismo...
Sul monitor che aveva davanti … comparivno dei faccioni sospesi nell'etere incorporeo, dei faccioni ghignanti, che borbottavano frasi che un po' alla volta diventano sempre più definite…

INIZIO
Capitolo 1.(LA SCOPERTA)
«Non ce la faccio più ad aspettare… Ancora due giorni… Cazzo… Faremo numeri eccezionali, ti voglio far impazzire di piacere… Tu mi fai sempre diventare matta perché sei magico e straordinario…»
Il cellulare era rimasto acceso. Il PIN e la password non erano attivi.
Un tuffo al cuore. Dovevo immaginarmelo cazzo! Anzi già l'avevo immaginato e previsto, intuito. Spesso sta chattando, dice che sono le amiche del gruppo delle colleghe. E ogni volta che provo ad afferrare il suo telefonino, l'ultima chat è scomparsa. Tranne questa volta, brutta merda, mi fa male al cuore, ma molto meglio così…!
Già. Settimana scorsa aveva detto che sarebbe tornata tardi. Nei messaggi non aveva risposto alla mia richiesta di dove fosse o cosa facesse. L'aveva lasciata cadere. Io ero stato buono e ingenuo. Però il tarlo cominciava ad essere dentro.
È tornata che ero già a dormire. Anzi ero già a letto, perché a dormire non ci riuscivo.
Non stavo ancora già rimuginando sul suo ritardo e sulla mancata spiegazione. Ma avevo uno stato d'animo di disagio profondo. Indefinibile.
Quando è arrivata, è stata in bagno un po' più a lungo del solito. Ho pensato che dovesse struccarsi. Probabilmente si è fatta una doccia. Per lavarsi via il contatto. L'odore.
Le sarà rimasto però il ricordo intenso.
Non ci ho fatto caso subito, ma continuava a rigirarsi nel letto. Non ha preso sonno immediatamente come le capitava sempre.
Per  un inconscio automatico meccanismo di autodifesa, in quel momento, quella sera, e nei giorni successivi ho messo da parte la cosa.
E poi c'erano quelle altre volte, che si sentiva il biribì del messaggio arrivato. Lei non ci faceva caso apparentemente. Se glielo chiedevo diceva che erano le solite colleghe e che l'avrebbe guardato dopo. Poi all'improvviso andare in bagno o in camera.
Ci sto pensando adesso e rendendomene conto. Al momento sorvolavo.
Andava  a depositarsi anche questo episodio con gli altri particolari nel cassetto delle cose accantonate e rimosse.
E, quella volta che era arrivata una chiamata sul numero fisso di casa, e c'era una voce maschile imbarazzata, che aveva inventato un nome improbabile: "casa Carlazzi…? Mi può passare per favore Maria?… Come? Ah, scusi… devo avere sbagliato numero..."
Il nome Carlazzi non compariva nelle pagine bianche nelle pagine gialle e neppure risultava nel 12 54. Preferii pensare che magari avevano fatto male il prefisso della città.
Lo struzzo mise la testa nella sabbia come nel luogo comune a volte si dice.
E anche quegli strani slip minuti e filiformi, che erano cascati fuori dal suo comodino mentre cercavo le pastiglie per il mal di testa…
Al momento era rimasta bloccata, poi si era messa a ridere, dicendomi che voleva farmi una sorpresa. La sorpresa non me l'aveva mai assolutamente più fatta.
Capitolo 1 . parallelo
dal Web
>> ECCO UNA ZOOMATA PANORAMICA SU QUESTI UMANI ABBASTANZA DISUMANI
(GIORGIO) «sì amore mio certo scusami sono in cantiere ti chiamo più tardi sei il mio pensiero più bello. Il tuo Giorgino» 
(PIERO) «confermo caro professore, avrò modo di guardare con calma le cartelle che tu mi segnali, dopodomani farò la notte il mattino dopo ti lascerò degli appunti nel suo studio. Piero»
 (GINEVRA)«va tutto benissimo cara. Sopravvivo in apnea a far la mogliettina del cretinetti. fra un po' tra giochiamo di qui. Poi ti racconto. Tutto bene tu? Fammi sapere quando ti serve raccontare che siamo fuori insieme. Bacio»

«gentilissimi signori condomini. è confermato l'incontro come previsto per la presentazione dell'immobile alla presenza del nostro titolare. Vi aspettiamo numerosi»

(LUISELLA)«ma certo. Alla presentazione dell'immobile con l'impresa, andrò solo io. Ci mancherebbe… Poi ti racconto… Ti penso tanto»

(AMICA DI MARIANGELA) «Ehi,  Mariangela, lo sai che solo tu ti accontenti del tuo maritino? Poi ti racconterò della mia amica, che oltre ad un amante stabile, non riesce a dire di no ad uno che da tempo la usa a suo piacere.
Appena lui si fa vivo lei corre dovunque, giorno, notte… I particolari sono divertenti stai tranquilla. Se la cava bene perché ha un'aria ingenua da santarellina e fa sempre finta di essere stupida così li frega tutti…!»

(MARIANGELA)«Ma dai… Non fare la stronza… Sai che queste cose a me non interessano, al massimo mi incuriosiscono un po'… Poi comunque mi racconti perché mi diverte sapere…»

Capitolo 2. (L'immobiliare presenta l'immobile per gli acquisti degli appartamenti)
«… Come possono perfettamente vedere in questa slide, la fattura e la struttura esterna del fabbricato è molto accattivante ed elegante. È insieme sobria e ricercata. Le linee architettoniche denotano stile, estremo buon gusto, ricercatezza…
… Non è certo come un qualsiasi altro palazzo o condominio… La qualità si nota dai particolari… Osservino in questo punto e anche in quest'altro e in quest'altro ancora l'eleganza di queste strutture di balconi aggettanti… Certo loro non ne avranno mai viste… Una ricercatezza intenzionale, voluta, per contraddistinguere un fabbricato di qualità...»
Il bla bla bla mieloso, mellifluo, che cercava in modo stucchevole di essere accattivante e convincente continuò a lungo.
Il tipo che parlava era molto generoso di sfumature, particolari, ridondante nelle spiegazioni, addirittura in quelle più banali irrilevanti…
Fu poi il tipo che stava al centro del tavolo a prendere la parola.
«… Avranno potuto notare, dalle esaurienti spiegazioni che l'amico e collega architetto ci ha offerto, che la proposta che stiamo facendo è di alto livello. Insomma, diciamocelo chiaro chiaro, papale papale, stiamo proponendo e offrendo una residenza di qualità. Solo chi ha buon gusto, sa apprezzare, agli intenditori…»
Cercava di mostrarsi più asciutto, concreto e sbrigativo dell'architetto logorroico. Ma continuava ad utilizzare criteri classici della "captatio benevolentiae".
Nelle sedie imbottite di finta pelle, gli uditori astanti erano rimasti zitti.
Dopo una pausa, voluta e intenzionale, vennero provocati a chiedere delucidazioni, particolari, informazioni ulteriori e più dettagliate.
Dopo  alcuni momenti in cui nessuno aveva osato rompere il silenzio, fece un cenno garbato col dito un tipo brizzolato, con i baffetti, in prima fila.
«Ma la prego, ci esprima qualsiasi sua richiesta di chiarimento… Dottore…»
Il dottore brizzolato, compiaciuto di essere stato riconosciuto e appellato col proprio titolo accademico che denotava il suo stato sociale, dopo essersi velocemente passato le dita sui baffi, aveva preso la parola…
Domande precise. Talvolta banali. Inutili. Ridondanti. Sostanzialmente stupide.
Dopo i baffi del dottore, intervenne una raffinata signora in seconda fila, profumata, fresca di parrucchiera, con il suo accento leggermente biascicato sulle essere, ripetendo ogni tanto gli stessi termini, quasi a cercare di rincuorarsi.
Chiese chiarimenti, raschiandosi la gola, un tipo alto e massiccio, al quale venne offerto il titolo di ingegnere.
Poi la finta giovane in prima fila a destra, molto truccata e vistosa, travestita da bella donna, chiese se era possibile e previsto uno spazio esterno per i suo cagnolino…
L'aspetto relativo ai box interrati stava molto a cuore in primis all'uomo di mezza età leggermente stempiato, che gesticolava con mani abbastanza tozze… Voleva sapere se per caso dai box passassero le tubature di scarico delle acque grigie e nere.
Gli imbonitori lo rassicurarono, elogiando la sua competenza professionale visto che proprio come loro sapevano lui era titolare di un'impresa idraulica.
La coppia in prima fila, tentennò un pochino prima di concordare a chi toccasse intervenire. Dopo diverse occhiate rapide e consultazioni sottovoce, lui cavaliere le concesse l'onore delegandola.
«No, perché, noi volevamo sapere, se possibile, se le terrazze come loro hanno descritto, soprattutto quelle agli ultimi piani, hanno una buona tenuta all'acqua piovana… Cioè voglio dire… Non è che poi alle stanze sottostanti verranno delle penetrazioni di umidità? Preciso che non è una critica… Ma…» Qui fu supportata dal suo compagno che le stava a fianco e le suggerì borbottando sottovoce qualcosa. «Eh già, proprio questo, in un altro condominio, addirittura di un'altra città, dei nostri amici, avevano avuto quell'inconveniente…»
Con molto sussiego una donna piacente di mezza età, in terza fila, chiede informazioni sulla disponibilità di box doppi. Voce modulata, flessuosa, sguardo intenso di sfuggita sulla platea e rivolto agli imbonitori.
Capitolo 2. Parallelo
dal Web
>>È UN CONTINUO PULLULARE DI MESSAGGI SUBITO CANCELLATI O RIMOSSI

«quando vorrà, prenda pure contatto con noi. Abbiamo già predisposto il contratto per il mutuo acquisto casa. Ricordi di portare il documento d'identità e stato di famiglia»
(GINEVRA)«sì. Come prevedevo è stata una noia terribile. Io e lui naturalmente non ci siamo neanche salutati: non ci conosciamo…! Lo scemo era in prima fila e ha voluto fare il primo della classe lisciandosi i baffetti. Con domande cretine. Ovviamente. Le foto e la descrizione fanno vedere un condominio abbastanza apprezzabile. Poi presto verrai a trovarmi»
(GINEVRA)«cucciolo mio! Non ho potuto neanche salutati… Però sentivo la tua presenza e ti guardavo con la coda dell'occhio. Tu tum tu tum tu tum tu tum. Ti messaggio domattina. cerca di non avere impegni dopocena perché ho voglia di chattare con te… Non resisto più. Per fortuna quello là mi ha confermato che dopodomani farà la notte»
(MARIANGELA alla baby sytter)«non so a che ora io e Fabrizio arriveremo. Cerca di tenere tranquilli ragazzi. Contiamo di arrivare e trovarli già letto»
(MASSIMO)«sarò al suo indirizzo come previsto in primissima mattinata. Meglio se la caldaia l'avrà spenta qualche ora prima. Vedrò cosa posso farci»

Capitolo 3. (Ogni personaggio definisce quello che è successo nella serata con i propri occhi)
(PIERO)A vederlo da fuori, struttura, aspetto, finiture… Ma si, potrebbe non essere male, soprattutto rispetto quello a che avevamo… che avevo prima… Ma non riesco a rendermene conto ancora, potrebbe essere anche un messaggio che si scambiano tre amiche per farti gli scherzi, che qualcun altra mandato qualcun altro… Oppure…
Ma lei sarebbe davvero capace di una cosa del genere? Lei è capace di fare una puttanata così…?
Amore mio amore mio… Sei proprio fantastico… Ti va se in vacanza andiamo ancora in Val d’Ayas? Dai, te ne prego a me piacerebbe tanto… Ma non voglio insistere… So che tu da tempo avevi in mente l'Isola Del Giglio… Perché ci andavi da ragazzo coi tuoi amici vero? C’ avevi fatto anche qualche avventuretta immagino, c'avevi avuto un moroso là? Ma no, mi dirai di no, figurati amore mio, da ragazzo  ero un po' imbranato… Ma stai tranquillo non voglio sapere niente dei tuoi segreti…
E avanti così… Amore qui, amore là.
Quasi quasi l'idea di andare in Val d’Ayas mi incuriosisce, mi intriga. Vuoi vedere che è là che lei si vede con il suo carino?
Ma no, non è possibile, a meno che sia uno del nostro gruppo di amici. Eh già... E se fosse così chi potrebbe essere il fortunato, lo stronzo, il bastardo facciadimerda?
Ma no, sto proprio dando fuori da matto. Gli uomini del gruppo li conosco da sempre, siamo culo e camicia, non mi farebbero mai una stronzata del genere… Ma chi può dirlo?
E se invece di un uomo fosse una donna? Già, non è mica da escludere… Marisa ha un'aria abbastanza ambigua. Stanno sempre a chiacchierare tra loro due sottovoce. O c'è qualcosa tra loro due, oppure Marisa è una sua confidente.
Ma  sì, mi sa che quasi quasi mi faccio convincere ad andare in Val d’Ayas. Poi  studio bene tutti.
Ma aspetta un momento. Nel messaggio diceva "… Sei magico e straordinario…"
È un uomo. Non mi pare il tipo lei per avere una storia con una donna. No. Proprio no.
Magari ne sarei stato un pochino meno geloso.
Sempre ammesso che il messaggio sia vero autentico e davvero mandato da lei a un suo ganzo…
E poi diceva ancora due giorni. In vacanza ci andremo fra un po' di tempo. Devo controllare la data. Mi sembrava recentissimo di quel momento quando l'ho letto. Quindi fra due giorni è dopodomani.
Vediamo un po'. Io forse avrò fatto la notte di guardia medica. Lei non sa esattamente a che ora arrivo. Farò ballare l'occhio. Starò sul chi vive.
Ma mi sa tanto che sto prendendo una cantonata.
Non posso crederci. Non voglio crederci.
Lei in genere all'agenzia ci va per le nove. Potrei arrivare più o meno a quell'ora.
Non farmi vedere. E poi?
Potrebbe benissimo uscire qualsiasi momento che vuole, con la scusa ad andare a fare un contratto, una polizza, ritirare documenti…
Mi sa che sto piombando in una bella merdata…!

( MASSIMO) Le planimetrie che hanno fatto vedere sembra a posto. Ho guardato di sfuggita , ma mi sarei accorto se c'era qualche magagna. Il problema quali scegliere. Troppo grande non mi conviene. Aumenta la cifra. Casini per arredarlo tutto. Però lascio decidere lei come sempre. Al massimo proverò a buttar lì qualche idea per farle modificare la sua scelta. Ma d'altra parte mi va bene che sia lei a ritenere il proprio regno la casa.
Se lo sbolognerà e se lo scucchiaierà lei con la donna delle pulizie.
Io ho già tutti i miei casini di lavoro.
Quel buco del bilancio che devo riuscire a sanare.
Controllare il geometra che secondo me ci fa la cresta.
Devo andare più di frequente in cantiere.
Li secondo me fregano e rubano sull’orario. O magari anche sui materiali. Mica posso valutare a occhio se le quantità ordinate corrispondono a quelle che arrivano.
Lasciamo che scelga lei. La faccio contenta.
E magari chiude un occhio che io non ho tanta voglia di farla divertire in quei momenti… Ma non so.  È che proprio di voglia di suoi confronti non ho più da tempo. Le ho sempre al telefono con i suoi colleghi e colleghe. Ha i collegi docenti. Le cene di fine d'anno di inizio d'anno di Natale e Pasqua e di tutto quello che le gira. Mi lasci pure tranquillo. Perciò scelga lei l'appartamento. Per un appartamento il contante il liquido per l'acquisto ce l'ho ancora nonostante i casini economici della ditta.

(GIORGIO) Non me ne frega assolutamente niente di quale appartamento scegliere. L'essenziale è mollare quell'altro. Lo lascerò a lei. La separazione è già definitivamente  avviata, stiamo ad aspettare il divorzio. Mi va bene anche se è piccolino. Per me solo è sufficiente. Purché abbia un bel salotto e una bella camera da letto molto ampia… Ah ah ah...
Voglio prendermi un guardaroba tutto aspecchi. È un gioco che mi è sempre piaciuto. Guardare il film mentre lo si fa. Magari se trovo degli artigiani affidabili, studio di farsi mettere anche un grosso specchio soffitto. Magari non di vetro cristallo ma di materiale sintetico. Non si sa mai. Così è meno pericoloso nel caso di scossa di terremoto… Ah ah ah…
Il terremoto lo farò io con chi so io…
Senza viaggi, macchine posteggiate in parcheggi anonimi per non essere riconosciuti. Nella stessa casa…!
Dopo quella lagna che sta per finire e che avevo all'inizio creduto una robetta così come tutte le altre …. proprio tre anni fa… ma assolutamente non ci ero neppure preparato… … Mordi e fuggi… Qualche mese e poi: sai, non riesco più, è un problema uscire… Credo che stia controllando… Senti lasciamo perdere…
E invece? Non mi succedeva così da quand'ero ragazzo! Dopo anni non si è nemmeno attenuata la cosa. Anzi… Cazzo! Sempre più intensa grande meravigliosa… Ci credo sempre di più! Ho avuto dei tentennamenti, momenti di incertezza, desiderio di mollare tutto e tornare ai miei giri leggeri e sbrigativi. Ma ogni volta era tutto nuovo daccapo. Scoprivo il lei elementi che me la facevano piacere al massimo livello. E lei mi diceva le stesse cose. Come un ragazzino insomma. Come due ragazzi…! Dentro come mine…
Lei preferisce non mollare tutto con lui. E forse ha proprio ragione. Chissà che magari mettendoci a vivere insieme non diventiamo anche noi una coppia coniugale… La minestra riscaldata… La divisione di ruoli: l'uomo fa questo la donna fa quest'altro… Mi piace il fatto che da sempre abbiamo concordato: lei vuole essere libera e mia schiava d'amore! Fantastico! Mi piace amare una donna che sia libera e che io conquisto giorno per giorno. E lei vuole lo stesso per me.
Certi giorni però mi manca….
Fra un po' vedremo che appartamenti riusciremo a beccare. Potrei cercare di diventare amico di famiglia. Per non dare nell'occhio con i vicini. Me l'ha detto lei. Magari anche raccontare che io… con le donne… lasciargli credere che ho altri gusti e tendenze. E poi…non si sa mai…chi può dirlo…
Già, diventare amici. Stasera parlavano di andare a farci una pizza tutti insieme. Potrebbe essere l'occasione. Magari attacco bottone io con lui e lei faccio finta di non notarla proprio. Come ho fatto oggi. Magari lui crede poi che io sono davvero gay. Così sta tranquillo. Mi sa che ho trovato davvero la mia vera strada…
Boh. Stiamo un po' a vedere.

(LUISELLA) Non mi sono particolarmente simpatici questi qui. Spero che lui non abbia a rompere le scatole. A lui va bene tutto. Continua a chiedermi se lo sposo. Preferisco aspettare di passare l'esame di Stato. E magari di diventare avvocato aggregato allo studio.
Meglio non dare troppa confidenza. Non si sa mai. Per tutti io sono una donna che vive da sola. Magari o un conoscente che potrebbe essere un fratello un cognato… Che mi viene a trovare ogni tanto…

(FABRIZIO) Ci teneva a essere lei a parlare. Stava per dire cazzate ma poi l'ho rimessa a posto. Si sente lei la capofamiglia. Glielo lascio fare. Stasera mi ha promesso che festeggeremo quando avremo messo a letto i bambini. Purché non cambi idea.

(MARIANGELA) Aveva un'aria un po' critica con me. Ma sono riuscita a contrattare il suo consenso. Stasera non avevo troppa voglia di farlo. Ma mi accontenterò di quel poco che lui ci sa fare e mi darà. D'altra parte gli voglio bene. Mi piacciono i bambini che mi ha fatto partorire. Ci starò attenta. La famiglia non può ingrandirsi troppo specialmente adesso. Altrimenti ci tocca comprare un appartamento grandissimo e non ce la facciamo.

(DEBORAH) Meno male che ho già fatto il turno del mattino.
Altrimenti avrei avuto come sempre mal di schiena.
Caviglie e gambe gonfie.
Forse ero troppo truccata.
Ma non volevo fare brutta figura con questi radical chik piccolo borghesi benestanti.
Lui mi ha detto che ci tiene a intestarmelo a me l'appartamento. Meno casini notarili. Meno rischio che lei se ne accorga.
Sembra scema ma è furba.
Mica se lo lascia portar via il suo ometto.

(MASSIMO) Bon, anche questa menata è fatta. Lei mi ha detto che le va bene qualsiasi cosa. Il cortile c'è, se bambini vogliono giocare un po'. Che domani devo farmi 50 km per andare a vedere quei termosifoni che sono saltati. Non potrò dirglielo ma sono proprio lei  coglioni. Ma non potrebbero stare attenti alla pressione della caldaia? Se sale troppo o se si abbassa troppo? Comunque  la caldaia e gliela piazzo io. Gli   carico un sacco di ore di manodopera e di materiali vari, così ingrasso un pochino l'economia della ditta…

(GINEVRA) Mi sembrava abbastanza soddisfatto. L'hanno chiamato dottore e lui ci tiene tanto, povero ometto. Quasi quasi mi fa addirittura un po' pena. È convinto che sta cambiando casa con la sua mogliettina. E non sa che invece è lei che sta mettendo su casa per il suo grosso bestione selvatico. Lui  non mi ha neanche guardato. Bravissimo. Sembra così rozzo ma è un vero raffinato. Ci scommetterei, così per gioco, a puntare sul calcolo della probabilità: se nella riunione mi fossi alzata come una matta, chiedendo indovinate chi è il mio amante tra questi qui, nessuno, ma dico proprio nessuno avrebbe fatto  delle ipotesi  così , o avrebbe scommesso e puntato sul mio grosso ingegnere porco.
Bestione. Porco. Dolcissimo, tenerissimo, fantastico!
Solo io e lui lo sappiamo. Bocca chiusa. Segreto segreto.
Però lo confesso che Piero mi faceva un pochino pena. Ma solo un po'.
È stato un emerito coglione sempre. Non mi ha mai corteggiata né prima né dopo il matrimonio. Si vede che non sono il suo tipo. Oppure ha in mente qualcun'altra… magari potrebbe anche essere che lui è un'altra storia e non me lo fa capire. Anche se è molto improbabile. A lui queste cose credo non interessino.
Lui ha sposato la professione medica! Ah ah ah! Oppure, molto più probabile, che lui abbia sposato se stesso, narcisista. Ci  crede un cazzo e mezzo… E invece è molto meno che mezzo! Ma come sono stronza adesso.
Allora ancora qualche settimana e poi sapremo quale potremo prendere.
Il mio Ciccio sa che gli dirò che appartamento avrò scelto. Ma non sono ancora sicura se sia meglio che siamo sul medesimo piano oppure no.
Potrebbe essere più comodo in un caso.
Ma potrebbe anche dare nell'occhio per i vicini.
Questi pettegoli di merda.
Chi l'avrebbe mai detto che avrei trovato finalmente l'uomo della mia vita?
Quando anni fa, su in Valle, ho lasciato il gruppo e sono andata a fare un giro per conto mio. Lui era sudato come una bestia. Con uno zaino immenso. I calzoni a mezza gamba. Mi ha sorpassato.
Poi ha fatto il verso come di un clacson e con una mano faceva il gesto della freccia.
Mi ha fatto ridere davvero.
Mi piace ridere. Piero non me l'ha mai fatto fare.
Quella risata ha aperto un paradiso e un firmamento intero.
Ci siamo trovati a raccogliere i mirtilli nell'odore di bosco e di muschi.
Poi lui mi ha offerto di raccogliere altro. E io ho capito che il momento era magico.
E gli ho regalato le chiavi della mia vita.
Ho capito che ero perduta…
Mi ha fatto paura, spavento, e mi ha dato una felicità che mi faceva battere il cuore immensamente… Tu Tum tu Tum tu Tum tu Tum… Tachicardia. Extrasistole. Risate sciocche. Orgasmi infiniti miei e suoi.

Capitolo 3. Parallelo
>> E DA QUI "SUPER PARTES" È POSSIBILE GUARDARLI E RIDERNE
(GINEVRA)«ma è stanchissimo il mio amore? Ti immaginavo su e giù dei tuoi ponteggi con quegli imbecilli dei tuoi geometri. Ho fatto nuovi contratti interessanti poi ti spiego. Hai mangiato qualcosa? Hai fatto la doccia?»
«Mi stanno facendo un po' incazzare… Per fortuna che ho te che sei la mia consolazione. L'ometto sarà fuori dai coglioni tutta la notte come mi hai detto…? Volevo dirti alcune cose in corpore vivo.»
«Devo essere veloce perché continua a gironzolare con l'aria sospettosa. Ma forse è solo una mia idea. Cosa vuoi che gliene freghi a lui di me? Ti do un bacio immenso: ho tanta voglia che tu mi strapazzi in tutti modi… Sei il mio giocoliere, mi fa giocare benissimo, e non perdi mai l'equilibrio… Mi fai volare tanto. A domani»
(FABRIZIO)«come mai non ti trovo mai in bidelleria? Sono venuto apposta come l'altra volta ma c'era solo quella tuo collega grassa
ti volevo dire due cosine
mi sa tanto che ti aveva chiamato in classe con la scusa dei gessi quello di musica
ma tanto prima o poi riesco a cuccarti»

(COLLEGA DI LUISELLA) "Ma Luisella? Dove ti sei cacciata? Speravo di vederti ieri all'udienza perché volevo farti una proposta… E non dirmi che poi ci pensi e vedrai… Non me ne frega niente del tuo ricccastro… Quando è la casa nuova mi travesto da assicuratore, e ti vengo a trovare… Puoi immaginare che tipo di assicurazione ti posso fare… Vedilo pure, fatti comprare la casa, ma tanto lo sai che sei solo mia…»
Capitolo 4.(in pizzeria)
Con eleganza e savoir-faire, ci aveva pensato il boss dell'impresa costruttrice. Era anche una pizzeria ma contemporaneamente un ristorantino pregiato, raffinato e di lusso.
Per la banalità e la ovvietà non c'è mai limite. Poteva chiamarsi benissimo: il gourmet, la forchetta d'argento, il paradiso del palato…
Insomma qualcosa del genere.
Il boss e l'architetto regalavano sorrisi a chiunque. Con meraviglia curiosità e stupore dei passanti. Il geometra con sguardi servili, attendeva disposizioni. Ricordava  ai suoi capi i nomi dei convenuti. Preceduti quando necessario dal titolo accademico e professionale.
I compratori e candidati condomini, arrivavano abbastanza alla chetichella e alla spicciolata. In coppia o individualmente.
Più di una volta il geometra leccoso, aveva commesso gaffes e cappelle, salutando passanti che per caso indossavano un atteggiamento secondo il cliché che lui si aspettava.
« Oh,… Voglia scusarmi l'equivoco… l'avevo scambiata per un'altra persona...»
Ricevendo di sottecchi uno sguardo di rimprovero dai superiori.
Man mano che arrivavano i convitati tendevano a fare gruppo tra loro e capannello. I venditori fecero buon viso comunque.
Ad un certo punto ritennero opportuno uno sguardo-comando, e il geometra untuosamente aprì la porta a vetri, invitando ad entrare.
Giorgio era arrivato molto puntuale, addirittura in anticipo. Con la coda dell'occhio aveva visto arrivare il dottor Piero con i suoi baffetti.
Con nonchalance ben mascherata aveva mostrato di riconoscerlo. Porgendogli la mano. E con una socievolezza in lui in genere abbastanza poco abituale, era sbottato:
(GIORGIO)«Dottore, mi pare di aver sentito che la chiamavano… presumo sia un commercialista o un libero professionista… Ah no? Medico, giusto, ci stavo giusto pensando.
Urologo? Ma che combinazione...
Sì, le confesso che io ho qualcosa che fare con la sua specializzazione, caro dottore…!
Beh, anni fa avevo sofferto di leggere coliche renali. Niente di problematico. Disagi e malesseri passeggeri. Mah…
Ha colto nel segno: da un po' di tempo a questa parte sono intervenuti anche degli altri piccolissimi problemi connessi…
Devo bere dosi immense di acque oligominerali… Sì, ha proprio colto nel segno, fiuto professionale immagino… Per il momento si tratta solo di sabbiette… Ma temo di soffrire di calcolosi renale! Eh sì. Proprio…»
Piero, stuzzicato nel suo narcisismo di protagonista, aveva sfoderato i suoi baffi da specialista urologo. E si era messo a tenere banco e a dare lezioni. Parlava ex cattedra. Ogni tanto si passava il pollice o l'indice o tutti e due sul baffetti, quasi ad umettare la parola.
Naturalmente finirono secondo quanto aveva previsto e calcolato Giorgio allo stesso tavolo.
Passarono poi dalla urologia, alle mega-costruzioni, all'impiego del calcestruzzo, ai materiali scadenti messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni, ai ponti che crollano sbriciolandosi, al malgoverno…
Altro tema abbastanza avvincente, mostrò di ritenere Giorgio, era quello del tasso di colesterolo cattivo nel sangue. Ritornò il discorso dell'assunzione di molti liquidi specie di acque oligominerali, della diuresi, della possibile ipertensione arteriosa…
Nessuno dei due aveva dato l'aria di avvedersi che intanto era arrivata Ginevra. E si era sistemata da un'altra parte della tavolata, chiacchierando con sussiego con la giovane procuratrice legale.
Uno dei due, in effetti, se ne era perfettamente accorto.
Ma era molto bravo a tenere la situazione.
Era nei patti. Per quanto non dettagliati al millesimo.
Assolutamente loro non si conoscevano.
Oltre a un repertorio di pizze interminabile, che vedeva le varianti anche con il basilico, il tonno, il salame piccante, le cime di rapa… era possibile provare degli scialatielli allo scoglio… o anche dei cavatielli al radicchio ricotta e senape…
Non ci fece assolutamente caso a quello che ordinò, che ingurgitò, che avanzò nel piatto mostrando inappetenza di maniera.
Aveva in pugno il suo uomo. Il suo ometto pensò fra sé, dalla sua mole immensa.
Lo dominava con lo sguardo, provò ad immaginarselo impacciato imbarazzato a letto con la sua donna, e gli fece più che pena un profondo fastidio.
Come poteva quel piccolo scorfano azzimato insipiente supponente e narcisista avere guardato con i suoi occhi squallidi e grigi il nudo stupendo della donna che lui amava?
Preferì chiudere il capitolo mentale.
Si lasciò domandare se sempre lui era inappetente, per via della sua affezione morbosa…
Alla fine mancava solamente che il dottoruccio  con i suoi baffetti auto-compiaciuti, gli stendesse un referto medico, una ricetta…
Invece, tronfio per il buon risultato che credeva essere da attribuire solo a se stesso, propose al nuovo amico, ignorando che fosse quello che rendeva felice la donna che lui aveva sposato, di darsi cordialmente del tu.
Si era bevuto praticamente da solo una birra grande ad alta gradazione. Gli brillavano gli occhietti. Anche i baffi sembravano brillare unti di cibo.
Entusiasta  per la nuova amicizia, cercò con gli occhi Ginevra in fondo alla tavolata. Cercò di farle un cenno ma lei intenzionalmente non lo degnò, mostrandosi distratta.
Alla fine ci riuscì. E mentre stavano uscendo dopo avere pagato il conto, con sussiego la prese garbatamente per un braccio e le mormorò all'orecchio qualcosa.
Lei fece mostra di apparire infastidita. Poi ebbe la compiacenza di girarsi. Sorrise garbatamente, mentre il cuore le batteva in gola, all'immenso uomo della sua vita che le veniva presentato come amico dal marito.
Giorgio, da gentiluomo e scaltro complice suo, le diede del lei e fece un mezzo gesto di un baciamano a distanza di labbra.
Lei, compiacente, sorrise. Pronunciarono i rispettivi nomi. Dandosi naturalmente del lei.
«Lo sai cosa mi ha detto prima l'architetto? Dice che io e te , e il nostro nuovo amico, avremo l'appartamento sul medesimo piano in fondo allo stesso corridoio…!
Le fortune non arrivano mai da sole…
Vedrai, caro, ci faremo buona compagnia, la mia Ginevra è un'ottima cuoca…»
L'amico ritrovato apprezzò, e dentro di sé scoppiò a ridere silenziosamente, quando sentì dire dai baffi lucidi l'espressione "la mia Ginevra…"…
Nel frattempo era uscito anche Massimo, con l'aspetto apparentemente proletario, e la nuca lucida per gli scarsi capelli; titolare di un'impresa di lavori idraulici , affiancato dalla sua compagna Erica. Convennero che la settimana successiva poteva andar bene per iniziare il trasloco. Avrebbe saltato la programmazione e il collegio docenti. Gli scatoloni erano già pronti e chiusi con il nastro adesivo.
(DEBORAH) , commessa in un iperstor, ostentava un trucco un pochino meno violento e vistoso. Accese subito una sigaretta. Scambiò sorrisi, sguardi e parole di convenevoli.
Camillo, biascicava qualcosa a bassa voce a chi gli stava vicino.
Mariangela, dava gomitate e occhiate severe al suo professore precario, e ripeteva continuamente che dovevano far presto, perché era certa che la ragazza non doveva essere riuscita a mettere a letto i bambini. E voleva pensarci lei.
E dopo quello sapeva che aveva già promesso le sue prestazioni e i suoi favori anche se di malavoglia, al suo striminzito e sparuto compagno.
Luisella aveva perso compagne di conversazione. E cercava già nella borsetta le chiavi dell'auto.
Marisa era uscita prima pagando alla cassa la propria quota. Il mattino dopo aveva un elenco di scale da spazzare.
Gli impresari, dopo la loro inutile comparsa, si erano dileguati.

Capitolo 4° Quarto. Parallelo
dal Web
>> LORO SONO LAGGIÙ PICCOLI PICCOLI INSETTI INSIGNIFICANTI CHE CI MANDANO I MESSAGGI NELL'ETERE CREDENDO CHE NESSUNO LI VEDA
(GIORGIO)«Il tuo dottoretto vuole farmi diventare suo paziente: crede davvero che io soffra di problemi renali! Allora inauguriamo il mio letto la prossima notte quando lui fa il turno? Preparati."

(MASSIMO)«Prima che ci rivediamo stasera, se hai tempo nell'intervallo in sala insegnanti, eccoti il mio parere su ieri sera… Non mi piacciono per niente! Alcuni fanno le coppiette facendo finta di essere come noi… Ma con il mio mestiere…! Girando nelle case le vedove ne sento tantissime, e anche di qualcuno di questi so dei retroscena… In confronto, quello che io avevo fatto anni fa è una roba quasi da santi… A questa sera, e non gridare troppo con i tuoi alunni…)

Capitolo 5. [Piero controlla il telefono di lei: non esiste assolutamente nessuna chat fatta da lei come quella che lui crede di aver visto… Teme, pensa e spera che sia un falso ricordo]
Come  sempre il medico era convinto dell'effetto benefico del bere. In genere non trascendeva mai. Ma era diventato una sua consuetudine con la quale si consolava quando si ritirava per conto suo la sera. Diceva che doveva ritirarsi nello studio, a documentarsi a studiare. Ma senz'altro aveva un bicchiere e una bottiglia che gli facevano compagnia.
Considerava la moglie una sua proprietà, un suo bene, un arredo, un aiuto indispensabile per la sua vita che altrimenti sarebbe stata troppo disordinata e squallida.
Da tempo avevano lasciato da parte e trascurato le consuetudini dei primi tempi. Non dormivano insieme da anni. Perciò avevano rarissime occasioni per avvicinare i propri corpi e provare le emozioni e il desiderio. Che lui soffocava, compensava e anestetizzava con qualche birra o qualche alcolico.
Lei aveva un altissimo senso del dovere. Acquisito nella sua vita prematrimoniale in famiglia. Anche se non avevano assolutamente effusioni affettive amorose, continuavano a conservare il linguaggio abituale, purtroppo molto inflazionato, di moltissime coppie. Spesso capitava che si dicessero vicendevolmente "amore", come appellativo in sostituzione del nome. Parola assolutamente vuota. Non corrispondente per niente al proprio significato vero.
Alcuni mesi prima a lei era capitato di ascoltare un bellissimo intervento su un socialnetwork del dottor Recalcati. Aveva come tema "l'amore è eterno”.
Cominciava cercando di sfatare alcune mistificazioni di tipo consumistico capitalistico intorno all'amore come bene di consumo, da rinnovare continuamente con nuovi prodotti freschi. L'avevano  colpita soprattutto alcuni punti. L'incontro e la casualità. L'incontro è casuale, non può essere pianificato o programmato. La visione del mondo da individuale diventa una visione a due, una condivisione. Il mondo e gli innamorati rinascono e si reinventano daccapo ogni volta. Risorgono! Ironicamente diceva che Camus sosteneva che "il vero amore è eccezionale, due o tre volte in un secolo all'incirca. Per il resto, vanità o noia."
Era certa che la sua vicenda abbastanza modesta con il medico, fosse da ascrivere a quest'ultima categoria, soprattutto perché  connotata da grande noia.
Anzi, non osava neanche criticarla, demolirla. Era addirittura convinta che fosse un cliché abituale. Che la relazione di coppia più o meno matrimoniale dovesse avere queste caratteristiche. Probabilmente ne era convinta anche dall’imprinting che aveva avuto dalla propria coppia genitoriale. Parole dolci, premure, baci e piccole attenzioni. Da ragazzina aveva volte provato a scrutare se nelle loro parole nei loro gesti fosse nascosto qualche fremito intenso amoroso. Era perciò convinta, che fosse naturale, che fosse giusto così.
Ai figli ci avevano rinunciato. Per difficoltà dell'impianto e la fecondazione dell'ovulo. Perché non ritenevano necessario o importante ricorrere a fecondazione artificiale. Ma soprattutto, perché, come tra sua madre e suo padre non c'era un feeling di desiderio di passione di entusiasmo.
Guardando anche le coppie di amici di amici credeva di riconoscere sempre gli stessi connotati, abituali, ricorrenti.
Si era sentita una extraterrestre quando anni prima, in Val d’Ayas, si era staccata dal gruppo di amici decennali con i quali si accompagnava abitualmente nelle escursioni camminate, e aveva iniziato un percorso tutto da sola.
Il marito l'aveva guardata leggermente sorpreso, ma non indispettito. L'aveva forse preso come un atto di desiderio di indipendenza e autonomia che lui riusciva a tollerare e a permettere.
Si era sentita strana mentre si arrampicava con i suoi scarponcini per quel sentiero abbastanza ripido in mezzo agli abeti e i larici. Non le era praticamente mai successo. Neanche da ragazza, con gli amici, nelle gite scolastiche.
Aveva sentito arrancare dietro di lei un passo pesante più del suo, che smuoveva i ciottoli. E lo stantuffare di quel fiato cadenzato e intenso.
Poi la grande massa di uomo l'aveva sorpassata. Lui l'aveva guardato di sfuggita.
E subito dopo con la voce aveva fatto il verso di un clacson.
Come non bastasse, con le dita della mano sinistra simulava il lampeggio di una freccia automobilistica… tic tac tic tac…
Non era abituata a sorprese e neanche era abituata a ridere e all'ironia.
Con lui al massimo erano battute pacate, sornione, ripetitive.
L'aveva guardato divertita. Scoppiando in una sonora risata.
Subito si era sentita suo agio. Come se quell'uomo immenso e altissimo fosse stato un suo vecchio amico d'infanzia. Facesse parte del suo bagaglio di ricordi e di conoscenze.
«Ma non c'è il divieto di sorpasso qui…?»
Lui non aveva ribattuto limitandosi a un sorriso caldo, spalancato, aperto, mentre le tendeva la mano e con voce baritonale pronunciava il proprio nome: piacere Giorgio.
La conversazione era partita subito da sola. Come se non fossero i due protagonisti a condurla, ma vivesse di vita autonoma. Le risate larghe e sonore di lui, si alternavano a quelli di lei, calde, tenere, sensuali ed entusiaste.
Diversi anni prima era stato il movimento delle donne ad affermare: “in un uomo non ci interessa dimensioni, portafoglio, professione, beni o automobile; l'essenziale è che sappia farci ridere!”
Mentre camminava, arrancando per stare al passo del suo nuovo compagno di escursione, col fiato un po' corto, si accorse che non faceva nessuna fatica. Stava volando. Come quando nei sogni abbiamo l'impressione di nuotare nell'aria e di librarci su nel cielo solamente muovendo le braccia e le gambe.
Fu lui a proporle di fermarsi a raccogliere i mirtilli che aveva indicato sotto gli alberi in folti cespugli.
Se ne riempirono le mani che diventarono subito blu e violacee.
Lui se ne cacciava delle grandi manate in bocca. Un mirtillo gli era rimasto schiacciato contro il labbro inferiore. Le venne spontaneo, naturale, senza pudore di allungare una mano per toglierglielo. Lui aveva un sorriso calmo padrone della situazione. La lascio fare. Si guardarono in silenzio con un vago sorriso smorzato. Ebbe lei l'iniziativa di nuovo: infilò tra le proprie labbra il mirtillo recuperato.
Rimasero in sur-place.
Poi senza che nessuno dei due avesse deliberatamente deciso di farlo, si avvicinarono l'uno all'altra. Si sfiorarono le spalle i busti. Lei senza darlo a vedere stava aspettando di aprire le labbra come davanti a una fontana. E lui la fece bere, bevendo a sua volta.
Quel momento magico dell'incontro, casuale, insperato, eccezionale, trasgressivo, rimase per un po' di tempo nel suo immaginario come un miraggio.
Con tutto quello che ne seguì quel giorno.
Dallo zaino di lui saltò fuori un immenso pullover. Sul quale venne stesa la camicia zuppa di sudore. Si sfiorarono le guance, le labbra, i fiati, gli sguardi, mescolarono i sudori.
Lei era totalmente lì presente, sentiva tutto, non esisteva nient'altro, galleggiava sospesa ancora. E rimase a galleggiare sospesa nella piacevolezza e nell'ebbrezza dell'orgasmo che lui le regalò.
Le mani di lui contenevano i suoi piccoli seni. Poi una di esse ampia e possente prese possesso del suo piccolo pube di ragazza.

Capitolo 5º. Parallelo
dal Web
>> QUI INVECE SI VEDE E SI LEGGE TUTTO
(TUTTI)… bla, bla,blaaaaa….

Capitolo. 6. (Un abbaglio? E dentro le altre coppie?)
Il mattino successivo la pizzata, prima di tornare al reparto, si sentiva leggermente appannato, ma alcuni pensieri lucidi gli ronzavano.
L'appartamento era stato un'occasione per uscire un po' da quel suo continuo isolamento che aveva. Passava il tempo al lavoro. Ne era praticamente innamorato. Come era innamorato di se stesso. Là aveva davvero un suo ruolo. E lui si compiaceva di come si vedeva e si percepiva in quel contesto.
Ebbe molta cura con le sue forbicine a mettere a punto meglio il disegno dei suoi baffetti. Che non riusciva a vedere e a considerare come ridicoli.
Forse era davvero l'occasione, quella dell’acquisto del nuovo appartamento, per darsi una dimensione anche un pochino più sociale.
Finora le rare occasioni del genere lo avevano visto nel suo ruolo abituale e di routine con le rare festicciole  dei pensionamenti o di cene tra colleghi.
O anche quelle ancora più rare cui ci si ritrovava annualmente nel clan familiare.
In entrambi i contesti lui aveva il suo ruolo, la sua maschera, il suo canovaccio e il suo cliché.
Le battute ricorrenti, praticamente sempre simili, che gli venivano accettate come buone ogni volta. Con compiacenza che lui non riusciva a distinguere, ritenendo di essere apprezzato.
E la dimensione di socievolezza gli veniva favorita dalle libagioni, non eccessive, ma sempre abbastanza consistenti.
Si sentiva disinibito, simpatico, si piaceva, e si illudeva di piacere anche agli altri astanti.
Al reparto, aveva sempre ritenuto ovvio, di essere al proprio posto. Dopo il primario, era convinto che tutti vedessero in lui il factotum, il tenente di vascello, il vice comandante. Addirittura riteneva di essere l'ago della bilancia del funzionamento.
Le visite private all'ambulatorio a casa, dove doveva recitare un’ ulteriore performance che lui riteneva di primissimo piano. Analizzava le documentazioni che gli portavano. Poi sogguardava i pazienti. Quindi cominciava con delle piccole domande ricorrenti, sempre uguali, da manuale.
E sua moglie? Lei c'era e basta. Era addirittura convinto di esserne ancora un po' innamorato di volerle fondamentalmente bene. Come no!
E ora? Cos'era quel cataclisma che gli aveva scombussolato il suo status di marito coi baffi?
Prima che Ginevra uscisse, e mentre era ancora in bagno a prepararsi e a truccarsi, ebbe l'occasione che lui ritenne fortunata, di trovare in cucina accanto alla tazza del tè lo smartphone di lei.
Di nuovo si accorse che aveva lo schermo acceso e quindi era attivo. Non necessitava di digitare il pin per lo sblocco. Che peraltro non conosceva neppure.
Cercando di tendere l'orecchio per sentire i movimenti di lei, lo prese in mano guardingo.
Aperse Whatsapp. Fece scorrere i messaggi degli ultimi giorni.
Quello che l'aveva allarmato e spaventato non c'era proprio.
Ne trovò invece degli altri, di cui numeri di telefono anonimi o nomi che aveva già sentito nominare, facevano battute, mandavano immagini già preconfezionate.
In uno di essi trovò qualcosa di analogo a quello che l'aveva disturbato.
Parole più o meno simili. Ma, in fondo, c'era l'aggiunta di commento.
«Te la senti di fare impazzire tuo marito? Sei pronta? E allora proponigli giochi erotici sconvolgenti a cui non è più abituato… Poi raccontami le reazioni… Io l'ho fatto, e finalmente l'ho ritrovato come 10 anni fa… Bacio bacio. Milena».
Ma dove era finito quel messaggio che l’aveva preoccupato? Eppure li aveva fatti scorrere tutti… E neanche tra quelli archiviati c’era più…
Depose  frettolosamente il telefonino. Tornò a impugnare le forbici nel proprio bagno personale. Diede delle sforbiciate all'aria nel caso lei curiosasse cosa faceva. Zac zac.
Ebbe  due o tre fasi successive di mutamento di stato d'animo.
Un leggero panico iniziale, che vinse spudoratamente e in modo che lui ritenne coraggioso. Impugnare e leggere lo schermo.
Tentennamento, dubbio, incertezza… Un castello per quanto modesto di carte crollava giù.
Mentre sforbiciava ora davanti allo specchio si sorrise. Complice. Sapeva di essere stato coraggioso impudente ma l'aveva fatto a fin di bene. Ora si compiaceva.
In silenzio dentro, si stava rincuorando: "ok! Complimenti! Missione compiuta. Scampato pericolo…"
Che poi, a ben vedere, a ben considerare a mente fredda la cosa gli era del tutto indifferente. Al massimo era il problema di come lo avrebbero guardati gli altri.
Lei come, lui da molto tempo ormai non la cercava più. Si limitavano a fare cose insieme. I pasti. Qualche volta le spese, le commissioni, che però restavano compito suo di lei in quanto donna. Era  nei patti. " Il mutuo te lo carichi tu che hai uno stipendio molto più consistente. Ti occupi delle assicurazioni. Tagliandi auto. Il mutuo finché che l'avremo. Le piccole grane di tipo amministrativo le curo, io che sono già allenata con il mio lavoro.
Sei un po' imbranato con i lavori domestici, e a cucinare nella cava da sola… Quando avremo i bambini…"
Quelli non erano arrivati, ma era un'altra storia…
Gli restava ancora dentro un leggero senso di disagio. Per il dubbio che l'aveva pervaso.
Niente di importante.
Lei stessa non lo cercava più e quindi probabilmente neppure ci pensava alle altre cose.
Uscì dal proprio bagno personale, accanto alla sua camera-studio, e la vide mentre prendeva la borsetta, tornava in cucina ad afferrare il telefonino, e faceva con le dita sulle labbra il gesto di un saluto affettuoso, mormorando: "… Bacio bacio amore… A questa sera."
Fece subito mente locale al calendario che lo aspettava su al reparto urologico. Alle 11 aveva in programma una litotrizzia; ma solo alle 12 sarebbe dovuto entrare in sala operatoria, con la mascherina verde, per un delicato intervento di ricostruzione per una malformazione all'uretra.
E prima, tutto bello con i suoi baffi lucidi e spuntati a puntino, indossando il camice bello bianco e stirato, il giro in corsia… Gli piaceva la sua routine. Lo tranquillizzava. Gli dava una pace interiore.

Capitolo cinque. Parallelo
dal Web
>> MA ALLORA SONO PROPRIO TUTTI UGUALI.SENZA ECCEZIONE ALCUNA. ALCUNI MESSAGGI RIMANGONO ALTRI VOLANO VIA. MA QUI DA NOI ARRIVA TUTTO
(MESSAGGIO DI AMICA DI GINEVRA)«Te la senti di fare impazzire tuo marito? Sei pronta? E allora proponigli giochi erotici sconvolgenti a cui non è più abituato… Poi raccontami le reazioni… Io l'ho fatto, e finalmente l'ho ritrovato come 10 anni fa… Bacio bacio. Milena».
(GINEVRA- POI ROMOSSO )«Non ce la faccio più ad aspettare… Ancora due giorni… Cazzo… Faremo numeri eccezionali, ti voglio far impazzire di piacere… Tu mi fai sempre diventare matta perché sei magico e straordinario…»
«Stai tranquillo, scrivi quello che vuoi… Io tanto cancello tutto… Anche il tuo numero… Tanto lo so a memoria…!»
«Ma stai tranquillo, vah…! Lui crede a tutto… Riesco a cambiare i programmi con lui, e se le beve tutte… Quando veniva da te l'altro giorno ho fatto credere che ero con mia sorella in un negozio… E lui ci è cascato… Tu piuttosto, stai attento che di te non mi fido troppo. Ti gira ancora intorno quella là…?»

Capitolo 6. (il traslocoo- le altre coppie)
Accanto al palazzo, nel cortile condominiale era già presente un elevatore a scale che trasportava mobili imballati con vecchie coperte militari.
Sulla strada, libera da auto parcheggiate, due grossi furgoni di una ditta concorrente stavano scaricando.
Con la sua aria inconfondibile da insegnante di scuola media, la moglie dell'idraulico dava disposizioni agli operai. Intervennero insieme una ragazzetta di circa 10 anni con il fratellino più piccolo. A modo loro riuscirono a collaborare.
La madre assumeva un tono calmo e regolativo, e i due ragazzini sembravano divertirsi a quel gioco. Nel tardo pomeriggio arrivò anche il loro padre.
Con una mano sui capelli fece capire a entrambi che era molto soddisfatto del loro lavoro. Ascoltò le loro richieste, e con calma e dolcezza suggerì come muoversi.
La famiglia appariva molto ben coordinata ed affiatata.
Molto meno dispersiva delle maestranze presenti.
Era sopraggiunta anche Luisella. Portava dei jeans e una camicia fuori dai pantaloni. Teneva i capelli raccolti sul capo. E nelle mani aveva dei guanti da lavoro.
Quando cominciava quasi a far buio, fu raggiunta da un uomo tarchiato, massiccio, con gli occhiali. Confabularono tra loro. Lei ripeteva di si, e lui sembrava soddisfatto. Poi  lei lo accompagnò a vedere l'appartamento e scomparvero.
Si fecero vedere anche i due giovani genitori, che dovevano avere sistemato in qualche modo i figli.
Quando gli operai fermarono la scala e il montacarichi, avviandosi per andarsene, quasi contemporaneamente parcheggiarono il medico e la sua bella moglie. Che si sorrisero salutandosi con termini affettuosi.
Il viavai e il trambusto si erano affievoliti e spenti, quando arrivò a parcheggiare l'ingegnere.
Giunto al suo ampio pianerottolo, la luce dovette essere riavviata perché il timer aveva terminato da qualche minuto.
La figura alta e un po' dinoccolata di Giorgio percorse a lunghi passi il corridoio. E si imbattè nella porta aperta dalla quale stava uscendo Ginevra. Che stava dicendo le ultime parole al marito.  Lui ebbe un colpo piacevole dal diaframma verso la gola. Che naturalmente riuscì a nascondere.
Lei gli regalò un mezzo sorriso formale di cortesia, con gli occhi che lampeggiavano, non visti, da dentro l'ingresso.
«Oh… Ecco anche lei dunque…» E gli diede frettolosamente la mano.
Baffi azzimati, si affacciò cordiale a salutare il nuovo amico.
«Comodo  eh,  arrivare adesso… Noi siamo già qui da un bel po', vero amore…?» Lei si limitò ad un sorriso smorzato che nascondeva il fastidio.
Nei giorni e nelle settimane successive i mezzi e le scale autoportanti avevano finito per scomparire.
L'andirivieni si smorzò e si attenuò notevolmente.
Comparivano  solo ogni tanto persone cariche di grosse borse e grosse valigie. Dandosi sulla voce con i familiari e le altre persone che stavano aiutando.
Fu visto e riconosciuto come tale l'amministratore designato dall'impresa. Un ometto abbastanza giovane, dal volto poco espressivo e poco intelligente. Ma estremamente loquace. Cercava di essere professionalmente accattivante per sedurre conquistare le simpatie dei condomini che avrebbero dovuto confermare o meno il suo incarico.
Si faceva vedere abbastanza di frequente e dava disposizioni alle donne e gli uomini mandati dall'impresa per fare a ondate successive le pulizie di scale, corridoi e ingressi.

Capitolo 6º. Parallelo
dal Web
>> E NEPPURE QUI SI PUÒ ESPRIMERE O PROVARE EMOZIONI DISGUSTO STUPORE MA SOLO GUARDARE
(GINEVRA). «Tu tum tu tum tu tum tu tum… A momenti ti saltavo addosso… È incredibile fantastico spaventoso e bellissimo… Pensa quante volte d'ora in avanti ci incontreremo per caso nel corridoio sulle scale… Ogni volta col batticuore e facendo finta di essere assolutamente indifferente… Dici che il cretinetti se n'è accorto? Ma va là quello è scemo… Lui si masturba mentalmente con i suoi baffetti e con suo camice bianco… Leccando e strisciando come un verme davanti al suo primario… A dopo amore mio…»
(GIORGIO) «ma va là… Stai tranquilla… Sembrava quasi che io ti stessi antipatico… Hai fatto bene ad avere un marito, si fa per dire, come quello… Non si accorgerà mai di niente… Stasera chattiamo insieme… Ci sei stasera? AMORE MIO BELLO!»


Capitolo 7º. (Flash e zoomate negli interni degli appartamenti)
(famiglia Massimo/Enrica) «Mamma, scusa, tu l'avevi detto che capitava così… però… Non mi ricordo più in quale scatolone ho messo il libro di algebra… Sì, vabbè, fa niente, lo cerco poi con calma… Che casino! Me lo immaginavo un po' così ma è addirittura peggio!»
Lei stava girando il forchettone in una pentola sul fornello e continuava a parlare a bassa voce nel telefonino che teneva tra l’orecchia e la spalla. interrompendosi ogni tanto per lasciar parlare l'interlocutore.
«No, guarda… pensavo addirittura peggio… i ragazzi sono fenomenali… lavorano come matti e addirittura si divertono sembra… anche tua figlia era così vero…»
La bambina seguita dal fratello andò nell'ingresso dove si era aperta la porta, ed entrambi strinsero le gambe al padre in un abbraccio. Lui prese la piccola e la strinse al collo guadagnandosi un bacio umido sulla guancia. Aveva l'aria molto stanca. Ma sembrava molto soddisfatto. Senz'altro per aver finito la giornata pesante di lavoro. E di essere tornato nel nuovo nido che insieme alla sua compagna sposa stava mettendo a posto per bene.
«Enri, ho pensato di fare una cosa buona portando su un cestello di acqua minerale… Il vino l'avevo già portato ieri…»

La graziosa avvocata, aveva infilato le pantofole, lasciando in un angolo le scarpe col tacco alto. Si sfilò i calzoni che appoggiò su una sedia con cura per non fargli perdere la piega. Poi si precipitò nella doccia e ne uscì poco dopo fumante di vapore nel suo accappatoio verde.
Estrasse dalla borsetta il cellulare. Compose il numero, scrivendo:
«… Ciao amore, sono giusto entrata in casa in questo momento, puoi parlare?  Ti chiamo?”
Poi dal viva voce entrò nell'alloggio il sonoro del suo compagno tarchiato.
 “Sì, d'accordo, chiamami pure Andrea, c’è li vicino a te la Befana? Mi manchi tanto… Appena qui è un pochino a posto te lo dico e vieni che festeggiamo. Certo eh… Se ce la fai vedi di portarlo già fresco di frigo… Sai che il brut mi piace il gelato… No? Vuol dire che lo terremo un momento nel freezer… Che bello, porti anche i fiori? Eh già, questa è la nostra casina… D'accordo, tu finché vorrai e dovrai resterai con quella lì… Però ci vieni ogni tanto… È casa tua più che mia… Ho appena fatto la doccia… Se vuoi slaccio l'accappatoio e mi vedi tutta… Ok d'accordo, la tua Andrea ti dà un bacio grosso grosso… A più tardi. Magari ci messaggiamo un po' mentre quella si riguarda i suoi film in tv…»

(FABRIZIO) «No, senti, questa proprio non la digerisco e non la mando giù! Mentre tu prepari da mangiare i ragazzi stanno in salotto con i loro giochi. Ma ti rendi conto che è pericoloso se si avvicinano a te, ai fornelli, ai cibi caldissimi…? Non so quante volte te lo devo ripetere. No, non è che voglio fare il dittatore… ma insomma …Renditi conto per favore…»
Lei borbottava qualcosa. Indispettita. Rimuginando che gliel'avrebbe fatta pagare. Chi si credeva di essere quello li? E senza farsi sentire, dentro di sé borbottò: cazzo cazzo cazzo…!

Deborah seduta, sul divano, guardava un serial. Sbocconcellava un panino. Mandava giù golate di coca. E tra una cosa e l'altra si rifaceva le unghie. Non si era ancora struccata e aveva la faccia molto stanca.

Senza preoccuparsi dei suoi problemi renali, peraltro fantastici e inesistenti, seduto su un angolo di sedia ingombro di strofinacci, Giorgio stava mangiando e prelevando direttamente pezzi di pane, di salumi, di formaggi da cartocci che aveva lasciato in disordine sul tavolo.
Raitre radio forniva indicazioni sul traffico stradale, precisando che erano state segnalate criticità tra Ronco Billaccio e Barberino del Mugello…
Due incidenti si erano verificati nel tratto Napoli Salerno, e si stavano accumulando code chilometriche…
La temperatura prevista era in diminuzione, ma soprattutto sul Nord Europa. Venti  forti da nord-ovest… Mari calmi sul versante orientale…
Poi arrivò il giornale radio. Asciutto. Stringato. Come sempre nuovi respingimenti di barconi. Proteste delle ONG.
Il sindaco fascista di un piccolo Comune della bergamasca aveva emesso un'ordinanza sulla falsariga del suo vicino della Lega, per vietare assolutamente ospitalità ai migranti.
Il presidente americano, in un suo nuovo show si era rimangiato le dichiarazioni del giorno prima, minacciando l'uso di armi nucleari contro il dittatore coreano.
Il ciuffo giallo probabilmente gli stava ballonzolando sul capo, come la parrucca di mastro Geppetto, impropriamente chiamato Polendina, dal suo Pinocchio.

Ai due estremi del tavolo della cucina, Piero e Ginevra consumavano due differenti pasti.
Lui stava ripulendo del contorno di pelle e cartilagine una costata. Ogni  tanto gli scappava l'impulso di afferrare il coltello tagliente come un bisturi.
Dall'altro lato, su un piattino da frutta le due metà di un kiwi, venivano scavate col cucchiaino. In una ciotola i resti di un'insalata di farro, sedano e carote grattugiate. Condite con succo di limone.
(PIERO)  «Non so se te l'ho già chiesto, amore, ma tu hai degli impegni questo fine settimana?
Sai, mi era venuto in mente che potremmo essere un pochino gentile e ospitali col nostro nuovo amico e vicino di casa…
Spero non ti dispiaccia…
Anche se ho notato che mi pare che a te non sia abbastanza sipatico. L'avevo immaginato. Non è il suo tipo di amicizia vero. Infatti non assomiglia per niente a tutti i nostri amici.
E forse un pochino più primitivo, anche se spontaneo nel contempo.
Nature.
Se si facesse crescere un po' la barba, mi ricorderebbe un pochino il famoso hom salbadg della Val d'Ossola. Forse non te ne ho mai parlato. Ma un collega all'università si divertiva a raccontare le leggende e le tradizioni di quella sua valle. Qualche volta te ne voglio rendere partecipe se non ti annoio.
Questo comunque di cui sto parlando veniva descritto come una specie di residuo di Neanderthal. Che usciva dai boschi e ne combinava di cotte e di crude. Poi ti posso raccontare altre cose…
Dici che si offende se gli racconto che lui …insomma…che il suo aspetto mi ha fatto venire in mente quel personaggio bizzarro?
Sì, dai, mi sembra che abbia il senso dello humour e lo farò divertire un sacco…»
«Boh, come preferisci, vedi tu… Mi stavi proponendo, anche se non hai finito,  di invitarlo magari una sera a cena?»
Mentre diceva queste parole e mentre ci pensava, il cuore le stava battendo a precipizio: tu Tum tu Tum tu tum.
Rimase calma compassata.
«Tu che sei suo amico vedi un po' di capire che gusti ha… Altrimenti dovrà accontentarsi…»
E intanto percorreva mentalmente le ricette che aveva appena scaricato sul suo telefonino dalla rete. E stava mettendo a fuoco quali potessero essere le preferenze del suo hom salbadg… Piero era così scemo, insulso, piatto, monotono, conformista, eppure ogni tanto nella vita gli capitava di azzeccarne qualcuna.
Quel termine andava a pennello.
Giorgio era innamorato e appassionato della Val d'Ossola.
Sapeva di essere una specie di reincarnazione dell'hom salbadg.
Avrebbe forse fatto fatica a sentire il racconto noioso di suo marito mostrando sorpresa, simulandola, stando al gioco…

Capitolo 8. (Flusso di coscienza e dialoghi interiori)
[Mariangela] Mi  domando perché me lo sono sposato questa faccia di merda di professore precario, supponente che si crede chissà che cosa. Lui ha letto tutto sui libri! Ma lo so benissimo anch'io dei bambini non devono stare vicino ai fornelli. Ma facesse qualcosa anche lui lo stronzo! Lui invece se ne sta di là sul tavolino in camera a correggere i compiti. Comodo.
Si sente così superiore ,  lui!
E io a casa a scrivere la tesi, a fare i lavori domestici come una serva, a dare lezione a quei tre deficienti la scuola vanno male! A pensare da sola ai bambini…
Ieri sera ho rispettato i patti. Lui che ci teneva così tanto, o così sembrava, è stato in grado solo di fare una sveltina! A letto proprio non ci sa fare. Però quando vuole mi dà sicurezza e protezione. Certe volte mi vengono delle fantasie…
Mi ha raccontato al telefono una mia collega di corso, che lei ne ha due contemporaneamente!
Uno è ragazzo ufficiale, che ha presentato in casa… E col quale convive come fosse un marito .
Carino carino. Genitori ricconzoli. Bella  casa su due piani con giardino. E poi…
Poi c'è quell'altro smandrappato, che suona la chitarra, al terzo fuori corso, ma molto seduttivo. Soprattutto quando si fa le canne ed è un po' bevuto.
Con il ragazzo ufficiale carino vanno al cinema, in pizzeria, e magari lo fanno sì e no una volta al mese. Come una coppia sposata.
Quando è carico di birra e di canne, il frichettone fuori tempo ci dà dentro per ore!
E lei comunque non sa dire di no quando torna a farsi vivo, appena gli salta in mente, quell'altro là… E addirittura, ma questo è addirittura da matti, anticipa il rientro dalle vacanze, e si avventura nel cuore della notte nel boschetto lì vicino… Dove di giorno a volte va a fare le camminate, che fanno tanto bene… Con il rischio di farsi cuccare…!
E si fa voltare e rivoltar in macchina…
Mi verrebbe davvero la voglia di farmene un altro e un altro ancora…
Ma no, dai, non fare la scema… Queste cose si sa come cominciano e non come finiscono. In fin dei conti io a Fabrizio gli voglio bene. Anche se è  molto imbranato a letto. Anche se fa il professorino con me e mi dà gli ordini. E poi è il padre dei miei bambini.
Ecco  cosa mi scrive nei suoi whatsapp! Mah! Non so se io ci riuscirei!

[Luisella]  È  vecchiotto, ma mi rassicura. Allo  studio mi fanno fare di tutto. E   io a trottare in giro a portare il caffè tutti. Luisella cara di qua. Luisella cara di là. Loro sono sempre telefono o parlare con i clienti. Qualche volta sono così gentili buoni che mi portano con loro alle udienze! Bontà loro! Gli servo, ai computer, per tirar fuori i faldoni delle pratiche che non trovano, per buttar giù le bozze delle citazioni, che poi dicono che non vanno bene e si permettono di fare l'aria scocciata.
A me va bene anche così.
quando quello si decide a mollare la sua befana, anche se non riesco a metter su uno studio in proprio,…
Due volte oggi il boss mi ha chiamato nel suo studio e mi ha fatto chiudere la porta.
Stava seduto al suo tavolo e voleva che leggessi sopra la sua spalla l'ordinanza di comparizione. Secondo me quello ci prova ancora. È una scusa per stare vicino e cercare di sfregarsi contro con la spalla.
Come aveva fatto i primi tempi che era arrivata ingenuo è fresca fresca lo studio. E io c'ero cascata come una scema …
Ma per me non esiste. Questo qui per me è il luogo di lavoro.
Lui invece è la mia casa, i miei affetti, presto la mia famiglia… (?!)

[Deborah] stendere il bucato non l'ho fatto perché non mi piace. Mi diverte abbastanza stirare. Le camicette e i pantaloni. È tutta la settimana che lui non si fa vivo. A dir la verità me l'aveva detto che doveva andar via per lavoro. Ma un messaggio cosa gli costa?
Certe volte mi sembra addirittura innamoratissimo di me. Poi scompare così per un po'. E chi s'è visto s'è visto.
Si. È innamoratissimo quando viene e siamo a letto fino a tardi a fare i matti. L'ultima volta aveva bevuto un po'. Poi alle due ha detto che doveva andare e da allora…
Starò a vedere

[Camillo] mio pulcino, mio orsacchiotto mio ragazzo selvaggio!...
Il messaggio che gli ho mandato questa sera cominciava proprio così. Devo cominciare a mettere le mani avanti con i nuovi vicini di condominio. Dirò che aspetto che venga ogni tanto trovare mio nipote è rimasto orfano di entrambi i genitori. Almeno nei primi tempi.
Poi… Chi lo sa…! Non ho mai avuto il coraggio di denunciarmi così in pubblico davanti a tutti. Il mio orgoglio gay ce l'ho solamente dentro. E  ce l'ho con il mio ragazzo.
In cantiere mi faccio sempre i fatti miei.  Preferisco che mi vedano e mi giudichino musone scontroso. Non riesco a dare confidenza. Sto sul mio.

Capitolò 8. Parallelo
dal Web
>>È UN CONTINUO PULLULARE DI MESSAGGI SUBITO CANCELLATI O RIMOSSI
>> ECCO UNA ZOOMATA PANORAMICA SU QUESTI UMANI ABBASTANZA DISUMANI
>> E DA QUI "SUPER PARTES" È POSSIBILE GUARDARLI RIDERNE

(CAMILLO)  «mio pulcino, mio orsacchiotto mio ragazzo selvaggio! Oggi mi batteva il cuore. Come quando avevo raccontato a questa gente qui che mi piace vivere da solo ma che fra un po' verrà a trovarmi e magari sarà un po' con me il mio unico nipote che adoro. Sei tu, mio bel maschietto, il mio nipotino al quale faccio anche da mamma da papà… Fatti vivo… Sei stato impegnato? Ti ha cercato ancora quello là? Dimmi di no, ti prego amore mio… Ti voglio tutto per me…»

(AMICA DI MARIANGELA) «Svegliati Mariangela! Ieri era dentro come una mina. Si era fatto delle canne e mi ha fatto sballare un po' anche me. Poi… Però…  Ma non mi basta mai …E le scappatelle che riesco a concedermi nel buio della notte …  Il mio coglione non si accorge di niente.  E come ti ho già raccontato vado a trovarlo in quel boschetto dove vado a fare le camminate di giorno … Ma le camminate di notte fanno ancora meglio … Te lo racconto in facoltà appena ti trovo! Tu fai la donnina sposata. E cerca di finire gli esami e questa cazza di tesi… Spero di non esserci rimasta… Sono in ritardo con le mie cose»

(DEBORAH) «Lo sai che ti sto sempre aspettando, mio bel porco. Mio bel padrone. Mentre sei in giro per lavoro, però, almeno un messaggino veloce me lo potresti mandare, no? Lo sai che ho tanta voglia e bisogno di te… Ti sto aspettando sempre, almeno una parola   !»

(AMICA DI MARIANGELA)  «Non sgridarmi…ma ho raccontato le nostre gite notturne a una mia cara mica per farla svegliare un po'… Non sa neanche chi sei e dove abiti … Crede solo che tu sia un amico di famiglia …
E stufa del marito… Ma non si decide… Tu però non aspettare ancora qualche mese a spaccarmi e devastarmi tutta fuori e dentro… Mio feroce aguzzino…»

Capitolo 9. [L'INVITO A CENA]
Lei ci aveva pensato su un bel po'. Ora aveva preparato un menù coi fiocchi. Degno del suo grande amore.
Aspettava soltanto che fosse il cretinetti a ricordare la cosa.
E lui, scemo com'era, era arrivato al momento giusto!
(PIERO)  «Amore, perché non facciamo quella cosa che ti avevo proposto? Cioè di invitare il nostro simpatico vicino a cena. Pensi di farcela per domani sera? La sera dopo il meglio di no perché io farò la notte… Mi raccomando, fammi fare bella figura! Voglio che mi invidi la mia bellissima mogliettina…!»
Coglione emerito.
Il menù l'aveva già definito in mente; risolvendo il dubbio su alcune varianti.
E la sera dopo, sentirono suonare il campanello.
Lasciò che andasse lui ad aprire.
«Eccoti, carissimo…
Ti stavamo giusto aspettando. Ora vedrai che cenetta deliziosa ci ha preparato la mia mogliettina.
Ma entra, dai…
Guardati pure in giro. Come lo trovi? Molte cose sono ancora per aria lo so. Sono ancora ad attaccare i quadri alcuni lampadari e qualche pensile in cucina e in bagno.»
Ginevra sembrava noncurante. E mostrava di non aver sentito il campanello.
Con i suoi baffi canterini, lo sciocco faceva l'anfitrione e il cicerone nell'appartamento…
«Vedi il salotto l'abbiamo sistemato così… È praticamente una componente dell'immenso salone. Lì di fianco come vedi la tavola è già pronta, e quella zona funge da sala da pranzo.
Ma certo. Ha voluto insistere lei per mettere candelabri.
Non so… Con tutta questa luce… Però io l’ac contento sempre in tutto.
Lo senti? Ha voluto accendere una di quelle bacchette di sandalo e di incenso.
Le piacciono molto queste cose.
E dimmi, tu come sei sistemato di là?»
Giorgio si guardava intorno, con aria benevola e compiaciuta.
Immaginava la mente, l'occhio, il buon gusto della sua donna in quella sistemazione.
Sia il salotto che la sala da pranzo avevano degli immensi kilim. I colori variavano dalle tonalità verde, bordeaux, e non mancavano sprazzi di blu intenso e anche di rosa.
Era turbato, compiaciuto, riusciva perfettamente dissimulare il suo stato d'animo che comunque era diverso da qualsiasi altro avesse provato mai.
L'odore intenso delle bacchettine di sandalo di incenso, si propagava nell'aria. Senza però riuscire a soffocare a nascondere quello d'ore che riconosceva di lei, del suo corpo, di come lei era profumata e odorosa di se stessa… Era forse solo un'impressione, ma aumentava quello stato d'animo. Si sentiva in sur-place. Era in sur-place. Era entrato nella casa e nell'appartamento dove lei viveva. Dove lei si sedeva sulla poltrona e sul divano. dove leggiucchia la qualcosa. Dove sentiva il biribì dei messaggi che lui le mandava. Dove digitava, con cauto ritardo, le proprie risposte…
Dovette frenare il più possibile le emozioni quando il suo anfitrione, querulo, stupidamente loquace, l'aveva condotto nel bagno/doccia con idromassaggio che vedeva il nudo di lei, che la carezzava… Di scorcio con la coda dell'occhio cercò nella grande specchiera il volto di lei, e gli parve di vederlo, immaginandoselo.
Dovette sorbirsi anche il bagno di lui. Con la mensola davanti allo specchio rotondo dove c'erano le forbicine e il rasoio ancora attaccato.
Ma l'emozione maggiore fu quando l'altro, troppo scemo per avere il buon senso, riservatezza e pudore, volle mostrarsi la camera nuziale dove non sapeva che dormiva solo lei.
Drappeggi garbati lucenti scendevano dalla riloga, formando garbati delicati drappeggi lui volle immaginare un abbigliamento sontuoso regale da baronessa che avvolgesse lei.
Il letto era sobrio e semplice. Dietro la testata una struttura in legno biondo che conteneva probabilmente la cassettiere dei cuscini. Dopo i comodini incastonati in quella, il disegno continuava molto più basso dei materassi facendo una lunga e grande U.
Qual era il suo lato? Quando lei veniva da lui in genere stava sul lato destro. Forse anche qui provò ad indovinare.
Nell'ampio spazio della camera un intero angolo era chiuso da una struttura in legno con specchi. Certamente una cabina armadio.
Pensò, al confronto, quanto il proprio arredamento attuale fosse rustico, fin troppo semplice, al confronto.
Provò dolcemente invidia del gusto di lei nell'arredare. Come nel parlare. Nell'atteggiarsi. Nel vestirsi. Nello spogliarsi. Nell'aprirsi completamente a lui.
Seppure in un'altra abitazione, questi riti doveva o poteva averli gustati il cretino.
Che certo non li aveva apprezzati trovandoli e ritenendoli un atto dovuto assodato.
Fino a trascurarli del tutto.
Intanto la voce querula, e insieme buffa e ridicola, non la smetteva con il suo bla bla bla che lui neppure ascoltava.
Accetto di scucchiaiarsi quella che il medico non solo definiva "il suo studio".
Più piccola della camera appena vista.
Un letto a una piazza mezza d'angolo. Contro la parete.
Una scrivania ingombra di CD e DVD. Da una mensola piedestallo a muro sporgeva un televisore immenso a cristalli.
Fili e connessioni lo collegavano a un computer e poi da tavolo.
Quasi accostato alla parete libera una struttura complessa e massiccia per fare camminate e corse senza uscire. Un  altro attrezzo per spalle e gambe riempiva dell'altro spazio. Il restante vedeva a terra una struttura da vogatore.
Tutte le apparecchiature sportive ginniche erano dotate di manometri, orologi, timer.
Le  dotazioni presenti tutte quante certo costituivano la grande passione del tapino.
che non si rendeva conto di quale alternativa favolosa e celestiale si perdesse così.
Si rincuorò e ritenne che la visione di questa specie di palestra camera fosse una conferma di quanto lei gli aveva assicurato.
«Con lui? Ma fossi matta! Sono anni ormai. Molti anni. Da quando fallì quell'esperienza che mi impedì di diventare madre. Gli dissi che la cosa mi disturbava, ricordandomi l'esperienza fallita.
In parte era vero. Ma fondamentalmente mi resi conto che non avrei più avuto il fastidio e a volte addirittura lo schifo di subire o di ricevere le sue avances da mezzo uomo.
Se proprio lo vuoi sapere, solo una volta o due ha provato delle specie di avances con me, chiedendomi un rapporto orale… L'ho guardato con sufficienza mista a disprezzo. Ridendogli in faccia come se avesse fatto una battuta di spirito. Perché in effetti era proprio così.»
Lì dentro quella modesta squallida cameretta, attrezzata da palestra, gli tornarono in mente le parole di lei.
E intanto il piccolo cretino lo faceva girare di qua e di là, gli aveva fatto ammirare il terrazzo pensile, i vasi di gerani di ortensie. Vantandosi compiaciuto come un ragazzino che quella era la sua passione quando non era con i suoi pazienti naturalmente.

A tavola l'atmosfera era irreale.
L'appartamento era nuovo anche per lei, ma l'arredo della cucina non era molto diverso, come quello della sala da pranzo dove ora stavano seduti comodi.
Ma c'era questo esteso e dilatato senso di nuovo: questa presenza che le stava riempiendo il cuore l'anima il corpo la carne da anni.
Cercò di atteggiarsi simulare una maggiore disponibilità nei confronti di lui.
Era molto difficile. Come stare in equilibrio.
Gli sarebbe saltata al collo baciandolo e andando cavalcioni sulle gambe di lui.
Aveva cominciato invece a recitare il ruolo di indifferenza per non destare sospetti nella testa limitata dai baffi lucidi.
Ora viaggiava così in equilibrio.
Essendo lui l'ospite lo serviva per primo. Con garbo, gentilezza, frenando gli sguardi intensi che reprimeva dentro di sé ma che gli regalava nel pensiero e nell'anima.
L'avrebbe servito per primo lo stesso anche se fossero stati nudi nella casa di lui.
Ascoltarono una interessante, dettagliata, asfissiante lezione di anatomia comparata, sulle capsule di Bauman, e sulla resezione e asportazione di cisti malevole e adenomi nei calici renali.
Lei faceva finta di non ascoltare. E non recitava affatto: non ascoltava assolutamente se non l'atmosfera è quella presenza nuova adorata intensa che era apparsa per la prima volta li.
Fu lui che dovette apparire interessato, essendosi ormai sbilanciato come fantomatico possibile probabile paziente urologico.
Mentre stava portando alla bocca alcuni manicaretti deliziosi che sapevano delle mani di lei, provò turbamento con lo sguardo nel sentire descrivere al dettaglio le ghiandole surrenali.
Quando stava accostando alle labbra il flut di Muller Turgau brut, ebbe una visione oscena immaginando ampolle di urina da analizzare nel laboratorio del piccolo stronzo scemo noioso.
Ma mentre la conversazione viaggiava su questo binario formale sgradevole fastidioso e assurdo, un'altra conversazione non verbale, molto più intensa correva una via parallela.
Molto spesso le mani di lei, mentre versava dal piatto di portata cibi e di intingoli nel suo piatto, con aria di noncuranza e di distrazione sfioravano intenzionalmente quelle di lui e il suo braccio.
Oppure, in un raro momento in cui il piccolo cretino con gli occhi aggrappati rispondeva al proprio cellulare per una chiamata professionale, gli pose una mano sulla spalla, e gli sfiorò il collo…
Brividi intensi. Bilaterali.
Come quando lei sentì il suo piede toccato da un corpo estraneo dall'altro lato del tavolo. Restituì consensualmente la pressione a quel piede maschio.
E continuavano effluvi inespressi taci ti sornioni magici allucinati nelle due direzioni.
Mentre la conversazione veniva gestita seguendo compiacente l'andazzo che Piero credeva di imporgli.
D'un tratto una mano corse alla tasca a cercare la pipa. Ma si frenò subito.
Fu lei a intuire il gesto a mezz'aria, e gli venne in soccorso, chiedendo con savoir-faire da padrona di casa e gentildonna:
« Perché   non provi ad offrire al tuo caro amico da gustare qualcuno dei tuoi sigari cubani… Magari lui fuma…"
«Giustappunto ci stavo pensando, mi hai proprio rubato il pensiero amore mio… spostiamoci di là nel salotto. »
Lui   sprofondò intontito appannato ubriaco di quell'euforia sfrenata, nella poltrona immensa di pelle bianca.
Rinunciò al proprio tabacco è la propria vita mostrando interesse che non aveva mai avuto per i sigari, e in quel caso per quelli cubani.
Quando lei stava nuda con lui nudo nel letto, gradiva prendergli il polso che reggeva la pipa e accostare il cannello la propria bocca tirando boccate.
In quei casi soleva dirgli che amava molto ricevere in bocca le cose che erano sue…
C'era un odore intenso di fumo cubano. Di caffè. E dalla cucina uscivano ancora effluvi saporosi che ricordavano la cena.
Il profumo più pregnante nell'aria che sovrastava gli altri era quella della magia di quell'occasione insperata, in attesa, a sorpresa, fortuita e insieme definitiva e assoluta: ed era quello delle loro due presenze. Per nulla disturbate da quella figura insulsa, di contorno, fastidiosa, ma comunque ben tollerata, sopportata…
Che addirittura invece faceva da contrasto mettendo in rilievo ancora di più il loro silenzioso e muto rapporto d'amore inespresso ma profondo, radicato, intenso…
Lei volle accompagnare il marito, o il sedicente tale, fino alla porta per dare la buona notte a Giorgio. Che se ne andò, non proprio ancora a malincuore, ma come se fosse rimasto sospeso in quell'atmosfera che perdurò nel resto della serata a casa sua, nella notte, e in gran parte del giorno successivo.

Capitolo 9. Parallelo
dal Web
>> COSA SONO MAI QUESTI SUONI DI CLAVICEMBALO BEN TEMPERATO… COSA SUCCEDE A QUESTA COPPIA DI UMANI SUPERLATIVI?
>> ORDINE DI SERVIZIO: LIMITARE LA CIRCOLAZIONE PUBBLICA DI ALTRI MESSAGGI IMPROPRI. DARE IL MASSIMO RILIEVO A QUESTI

(GINEVRA)  «magico. Fantastico. Ti sei accorto certo anche tu che senza quasi parlarci o guardarci ma solo sfiorandoci e sentendo le reciproche presenze, abbiamo fatto l'amore quasi più intensamente delle altre volte…? Entro nei tuoi sogni, entro nel tuo letto, nuda con te nudo…»

(GIORGIO)  «La tua presenza incantevole mi aleggia ancora costantemente intorno… Sei radicata nella mia carne… Nella mia mente… Quasi quasi non sembra vero… Eppure prestissimo passeremo una notte d'amore e tu inaugurerai la mia casa… Oggi ho partecipato alla tua inaugurazione… Sei stata fantastica… Una vera regina… Ginevra… Il tuo Lancillotto ti aspetta… Questa notte simulerà di dormire con te… Perché la prossima notte ne io ne te, lo sappiamo, riusciremo a dormire…»

Capitolo 9. [Le notti di guardia da una parte e la notte d'amore dall'altra]
Aveva  la solita faccia insipiente. Lei stava apparentemente rassettando in cucina.
Seguiva con la coda dell'occhio i suoi movimenti, aspettando che da un momento all'altro le annunciasse che andava fuori dalle scatole…
(PIERO)  «Allora io vado, amore mio… Sai dove raggiungermi se avessi bisogno ma credo che non ti sarà assolutamente necessario. Domattina  probabilmente tu sarai già uscita per andare a lavorare quando io tornerò. Se sarà il caso mi riposerò un po'. Però è molto probabile che non ci siano emergenze per cui riuscirò a dormire qualche oretta.
Vorrà dire che farò un pochino di palestra che mi fa bene…
Ah, come sempre, se ti verrà voglia di usarla fai pure… Ma tanto so che a te non è simpatica la mia palestrina e i miei stupendi attrezzi… Come preferisci…»
Fece un gesto come per mandarle un bacio, formale, come tutti i suoi gesti parole pensieri atteggiamenti e comportamenti.
Aspettò qualche secondo. Poi qualche minuto. E solo allora, quando fu certa e sicura che si fosse tolto di mezzo, si concesse il permesso di gonfiare i polmoni e tirare un lento tranquillo pacato liberatorio respiro di sollievo.
Teneva sempre sotto controllo lo smartphone.
Arrivò qualche messaggio del gruppo delle colleghe dei colleghi.
Lo guardò appena.
Decise di trasformare fisicamente il proprio aspetto mutando abbigliamento.
Infilò dei calzoni leggerissimi molto aderenti di seta.
E sopra una camicetta abbastanza attillata, con le maniche ampie, che terminavano con svolazzi all'altezza dei polsi e delle mani.
Entrambi i capi avevano un colore ciclamino tenue.
Si ammirò nell'ampia specchiera della camera.
Sorrise alla sua immagine che le rispose con un sorriso. Compiaciuto. Soddisfatto.
Non osò spingersi oltre, limitandosi a sfiorare quello che si prefigurava fra pochissimo. Poi preferì chiudere la mente.
Avvio un lettore DVD, che subito si mise a regalarle una musica lenta, pacata, carezzevole, e insieme sensuale, che seppure casta sembrava anticipare e promettere un prosieguo.

(GIORGIO)  Aveva parcheggiato nel box la sua ampia e bizzarra auto decapottabile. Non usava quasi mai aprirla. L'aveva comprata così, in un raptus di anni prima… D'estate era impossibile viaggiare con l'auto totalmente scoperta per il caldo eccessivo.
Come pure d'altronde in inverno sarebbe stato un suicidio.
Solo nei primi tempi si era azzardato a farlo nelle mezze stagioni di primavera e autunno.
Quasi sempre aveva poi sofferto per qualche giorno di dolori cervicali o reumatici alle spalle.
Al massimo, qualche volta, al mare o al lago, si era divertito a viaggiare usandola come una spider. Ma così, solo per narcisismo, per il gusto di farlo e basta. E certamente andando a bassa velocità.
Tolse le chiavi. Bloccò l'auto col telecomando. Tutte le luci lampeggiarono secondo poi l'auto si addormentò.
Osservò tra lo stupito, l'ammirato, il sornione, la propria immagine riflessa nell'immenso specchio dell'ascensore.
Anche l'immagine lo guardò sorniona.
Forse stava pensando e suggerendo: "sì, puoi andar abbastanza bene, vai tranquillo… La faccia è quella che hai… Anche il resto… Lei dice che ti vuole così…"
Fece cambiare l'aria all'appartamento, nel quale stagnava ancora un pochino l'odore del tabacco freddo e spento.
Con un pensiero delicato e garbato, estrasse dal cassetto dell'ingresso alcune bustine di bacchette da bruciare. Odorose. Scelse il cinnamomo.
Per la camera, invece, optò per il profumo di muschio bianco.
Sapeva benissimo che erano tutti odori e profumi artificiali. Ma quello che contava era il piacere che le avrebbe fatto entrare in quell'atmosfera.
Si accostò ai numerosi candelabri. Anche quelli erano graditi a lei.
Su quello a più braccia di spose alternate candele bianche e nere.
Poi piazzò alcuni piccoli lumini dentro gli sportelli di ferro battuto delle lanterne appese con catenelle in camera, nel soggiorno a mezz'altezza.
Si occupò di abbassare le tapparelle, azionando il telecomando.
Lei apprezzava molto la penombra rischiarata solo dalle fiammelle tremolanti e dal piccolo minuscolo mozzicone profumato…
La sauna era pronto da un po', e alcuni spifferi di vapore uscivano dalla porta scorrevole curva.
Si fece abbracciare e carezzare tutto da quel vapore.
Rimase qualche minuto seduto, respirando a pieni polmoni.
Quindi si alzò, afferrò il braccio doccia, regolò la temperatura, e cominciò conosciamo doccia a regalarsi le carezze purificatrici dopo la giornata. Voleva togliere via la quotidianità. Eliminarla. Prepararsi per l'evento. Per la liturgia…
Con attenzione e premura lei accostò la porta senza chiuderla a chiave. Attivò il sensore di sensibilità collegato al suo cellulare. Lasciò intenzionalmente una luce accesa nell'atrio salone.
Poi con grande cautela e circospezione e con passo felpato percorse i pochi metri del corridoio che la separavano dAl suo destino per quella notte.
Non fu necessario suonare. La porta era stata lasciata intenzionalmente socchiusa e si vedeva filtrare la luce.
Piano piano la spinse e sottovoce sussurro: ps ps...
Lui si trovava già vicinissimo all'ingresso le andò incontro. La avvolse con le sue immense braccia.
Avvicinò il corpo delicato di lei al proprio. Cingendola sicuro, padrone, garbato, delicato...
"Ho attivato il sensore. Se si apre la porta mi arriva un segnale sul telefonino. Ho lasciato la luce di ingresso accesa. Alla mal parata dirò che sono andata giù a prendere questa acqua minerale in cantina..."
" Bravissima dolcezza mia , mia saggezza , mia prudentissima donna... Non sarà necessario... ma per scaramanzia ..."
Accostò la propria porta, senza chiuderla a chiave, nel caso malaugurato della necessità di una fuga improvvisa.
Lei adorava i profumi che lui aveva acceso. Gli odori si mescolarono nelle narici di entrambi. Le papille e i recettori olfattivi, ne gioirono insieme . E e da quel momento tutti i neuroni e le sinapsi presero a viaggiare all'unisono, coordinandosi in emotività sensualità...
Non furono necessarie più parole.
La comunicazione era già completa, profonda, esaustiva.
Diede solo un'occhiata di sfuggita a quell'ambiente che aveva intravisto dalla porta spalancata. E lo seguì, sospinta con garbo dalla sua mano all'altezza dei lombi.
Pur nel nuovo ambiente la disposizione ricordava quella che già lei conosceva. Uno specchio ampio a giusta inclinazione dietro la spalliera aperta di bronzo lavorato.
Ad angolo dal guardaroba le pareti vetrate a specchi.
Altri ne erano collocati sotto la finestra accostati ai termosifoni.
Le scappò un'occhiata in alto…
Le rispose lo sguardo dolcemente mortificato di lui…
Quello al soffitto non era ancora riuscito a trovarlo e a farlo sistemare…
La penombra era rischiarata dalle fiammelle.
Il materasso ricoperto da un lenzuolo nero appariva come un morbido tavolo da biliardo.
Lei aveva fatto scivolare giù la morbida seta ciclamino.
E si era predisposta seduta sul bordo con le ginocchia divaricate.
Lui pure non indossava più nulla e in piedi le si accostò.
Le fece gustare la propria carne. Che lei trovò saporosa e gustosa.
Poi si distese aperta e spalancata, e lui iniziò il viaggio di navigazione per perdersi perdendo anche lei. Nell'ansimare dei fiati. E dei termini a mezza bocca ricorrenti.
Una routine sempre nuova imparata a memoria.
Giacquero vicini. Corpi. Carne. Sangue. Nervi. Emozioni. Sensazioni. Fantasie.
Fin quando la puledra inarcò di nuovo il suo corpo stupendo. E lui afferrandola per i fianchi, la portò al trotto, al galoppo sempre più sfrenato…
Le valli del tempo videro quella cavalcata. Ne fremettero. La  ammirarono infinita inesausta. Pronta a ripartire. Continuamente. Con piccole soste ansimanti.
L'ululato del lupo, fece vibrare l'aria.
Poi fu lei a mugolare quando le labbra maschie vennero a bere alla sua fontana umida di muschi e di licheni.

La notte aveva deciso di essere infinita e assoluta.
Solo i numeri digitali rossi sul soffitto ne scandivano con rammarico il trascorrere.

-La notte non vuole venire perché tu non venga ed io non possa andare… Ma tu verrai, nelle cupe cloaca dell'oscurità, ma io verrò, benché un sole di scorpioni mi mangi la testa. Né il giorno nella notte vogliono venire, perché io muoia per te e tu per me- pronunciava nella mente Federico Garcia, accompagnandosi al pizzico della chitarra…

Bevvero  a lungo, versi mormorati. A  mezza bocca. Sfumati e sensuali.
Bevvero e vicendevolmente dissetarono l'arsura della propria reciproca sete.

La notte pulsava. Sincronizzata a tratti con i loro fiati. Con le loro vibrazioni.
Talvolta era lui a dare il ritmo. Talaltra lei.
La notte gustava. E delicatamente come un fiume dilatato lasciava scorrere la propria acqua scura.

Capitolo 9-parallelo
dal Web
>> INFORMAZIONE DI SERVIZIO-viene sospesa temporaneamente la messa in onda dei messaggi reperiti in rete… La situazione è molto particolare, delicata, ed è assolutamente ritenuto inopportuno pubblicizzare le ciacole messaggistiche…  Qui in questa dimensione siamo entità virtuali, anonime, impersonali… Ma un minimo di decenza di pudore ce lo si può e ce lo si deve permettere…!

Capitolo 10. [Dopo la notte di guardia da una parte e la notte d'amore dall'altra]
(l'agente generale delle assicurazioni  a GINEVRA)  "Buon giorno, Ginevra! Oggi la vedo in forma particolarmente smagliante. Non  mi dirà che è per via del grosso colpo che è riuscita a piazzare stamattina… D'altronde lei è sempre brillante… Ma, mi permetto di dirglielo, senza piaggeria, e con la stima che le ho sempre dimostrato: la vedevo in perfetto equilibrio, padrona della situazione, estremamente convincente senza la tendenza seduttiva che noi abbiamo nel nostro lavoro verso i nostri clienti. Era talmente sicura di sé, che i manager che avevamo davanti sembravano venuti apposta per compiacere lei è la nostra compagnia…"
Lei, garbatamente, strinse leggermente le labbra in un mezzo vago sorriso. La soddisfazione professionale non la sfiorava quasi. Talmente era ancora piena delle emozioni che aveva vissuto e continuava a vivere dentro. Mentre si congedava dal suo capo galattico, e usciva dal suo studio camminando sui tappeti con passo felpato silenzioso, sfiorò la pelle bruna delle poltrone del salotto. Viaggiava in tandem. Con la parte cosciente e razionale seguiva la traccia degli impegni di quel giorno. Mentre tutto resto della sua anima del suo corpo dei suoi sensi continuava a galleggiare e a volare fusa insieme a quell'uomo.
Ma dove l'aveva mai trovato? Dove era stato tutta la vita prima di quegli anni fantastici? E lei dove era vissuta fino ad allora? Aveva viaggiato in apnea. Accanto a quell'uomo insulso, banale e piatto penoso e noioso.
Aveva addirittura creduto di essere felice così. Le routine. Le vacanze. Quei magri approcci scialbi e sciapi. Facevano parte del suo costume di donna sposata. Si era sempre contentata. Ma poi…
Aveva incontrato il suo ursus speleus… Che l'aveva sorpassata nella pineta facendo il verso del tic tac della freccia… Che l'aveva stregata con le sue maniere autentiche, spontanee, vere… l’hom salbadg…
Poteva considerarsi allora assolutamente vergine da quel punto di vista. Aveva vissuto anni a fianco ad un individuo che impropriamente quasi tutti consideravano un uomo. E che invece era una controfigura. Un simbionte. Un  replicante. Un simulacro omologato, seriale, fotocopia di un cliché standard di uomo medio. Che  neppure si rendeva conto della propria precaria condizione e situazione esistenziale. Che credeva addirittura di essere a posto così. Solo perché " normale". Corrispondente cioè alla norma, alla consuetudine, allo standard, simile perfettamente agli altri. Senza assolutamente  alcuna originalità. Intercambiabile  con qualsiasi altro essere umano.
E solo di sfuggita ebbe un senso di leggera e vaga malinconia nel considerare quell'ometto un essere umano.
Sentiva ancora nei propri respiri l'odore indefinito ma sapido e intenso dell' "uomo"… Il suo uomo. Quello che prima non sapeva neppure potesse esistere. E che da tre anni considerava in assoluto l'uomo della sua vita.
Si  accorse, con un certo compiacimento, che questi pensieri paralleli interiori continuavano a fluire senza che lei smettesse un istante le sue attività abituali. Percepiva però negli sguardi di chi la avvicinava, nei toni di voce negli atteggiamenti, che non era identica a quella degli altri giorni. Sapeva che era diversa.
C'aveva già riflettuto altre volte. Stava vivendo una fase mistica di radicale trasformazione. Molto profonda e solo interiore. Una rinascita. Una resurrezione.
Ripensò in un rapido flash al gusto provato da bambina nella Pasqua di resurrezione ad aprire le immense uova di cioccolato. Per cercarvi la sorpresa. Nei piccoli oggettini insulsi che la mandavano in estasi.
Si accorse che si sentiva di più completamente donna. E che tornava fuori, a galla, alla ribalta la sua anima bambina e ragazza.
Rinascere,  risorgere voleva dire quindi ritrovare tutta se stessa, senza perdere neanche una briciola. Neanche una sfumatura. Rivivendo e rivitalizzando il tutto. In un presente dilatato che comprendeva ogni remoto istante vissuto.
E mentre dava un'occhiata ai nuovi prontuari che riportavano i parametri dei vari rami assicurativi, si regalò contenta un sorriso interiore.

(GIORGIO)  Si era concesso qualche boccata sapida e intensa del fumo della sua pipa. Per farlo si era levato i guanti dopo essersi arrampicato a raggiungere i suoi uomini sulle impalcature.
Non capiva se era una propria impressione personale, ma "i ragazzi", come li chiamava lui, erano particolarmente simpatici gentili e sorridenti. Si divertiva ad ascoltare la cantilena modulata del linguaggio che usciva da quei volti decisamente neri. Gli facevano venire in mente certe cantilene o canti tribali che aveva sentito in altre occasioni.
Fu preso da un impulso adolescenziale, di stare al gioco, di imitare anche lui quella cantilena. Impulso che frenò in tempo. Senza però riuscire a nascondere la simpatia e la condivisione per quelle persone.
Era un misto di linguaggio non verbale che sempre di più si accorgeva di utilizzare con i suoi collaboratori. C'erano le parole per dare informazioni, riceverne, suggerire, fornire istruzioni… E poi c'era quell'altro dialogo silenzioso. Fatto di sguardi, di atteggiamenti, di emozioni indistinte, solidali, partecipate.
Mentre scambiava con tono gentile pacato le informazioni necessarie, rivedeva le storie che alcuni di quei ragazzi li avevano raccontato. La vendita di terreni boschi e animali per poter affrontare il viaggio. Tutto il clan familiare aveva investito le proprie risorse.
Poi il viaggio da incubo. Nelle camionette per giorni, settimane, mesi a traversare i deserti. Le  infinite notti passate all'addiaccio. La  sete come lava infuocata. La fame disperata. Le botte e le percosse che non erano state loro risparmiate. I lividi che si stagliavano pure sulle loro pelli brune.
Il suo interlocutore, ad un certo punto si era tolto il casco di sicurezza, aveva estratto dalla tasca dei pantaloni una fotografia. Gli occhi neri e luminosi di un bambino e di una bambina sorridevano dalla lontana Africa. Dietro di loro, le mani poggiate sulle loro spalle, lo sguardo dilatato in un sorriso disteso, la madre dei suoi figli. Le treccine le ornavano il capo. Le labbra dischiuse regalavano un barlume bianco dei denti. Come il bianco degli occhi spalancati nei quali galleggiava la pupilla.
"Volevo proprio fartele vedere, signor ingegnere, questi sono i miei bambini. E questa è la mia sposa. Tutto quello che risparmio del salario che tu mi dai, è per loro. Sono la mia vita signor ingegnere. Volevo fartele vedere. Quando  lascio il cantiere, tu non vuoi che lo dica, ma faccio ancora degli altri lavoretti… E appena posso mando gli euro alla mia famiglia. Abbiamo ancora tanti debiti con gli zii e gli altri parenti.
Tu dici che forse domani o un giorno potrò tornare da loro? O farli venire qui nel vostro freddo a vivere con me?
Tu lo sai signor ingegnere, io non porto via il lavoro a nessuno. Chi vuoi che venga ad arrampicarsi qui in cima al posto mio?…"
Giorgio, aveva il cuore gonfio. Mise una mano sulla spalla sudata di quell'uomo. Senza parlare gli disse tante cose. Che quello senz'altro capì e comprese.
Poi  il casco tornò a coprire la lanugine nera e fitta dei suoi capelli. E con un sorriso largo, che mostrava tutti i denti, rinfoderato il portafoglio e le foto del suo cuore, tornò con passo lento a camminare sulle travi e a riprendere il suo lavoro.
Non era la prima volta che gli capitava una comunicazione così autentica profonda con altri esseri umani. Ma Giorgio sapeva, sentiva, percepiva che quel giorno lui era diventato ancora un po' più diverso da prima. Gli galleggiava dentro una umanità profonda.
Sfiorava ogni tanto il profilo del nudo morbido di lei. Ne respirava gli sguardi e l'odore intenso di donna. Come a volte capita sulla prora di una nave di sentire intenso l'odore di salsedine. O arrancando nelle pinete di respirare a pieni polmoni il profumo di mugo…
E neppure gli veniva da domandarsi quando l'avrebbe di nuovo tenuta tutta con sé. Tenera e nuda. Ma anche perfettamente agghindata. Con la sua eleganza e i suoi abiti neri. Oppure anche, come in quel giorno magico, nei suoi calzoncini al ginocchio. I calzettoni arrotolati sopra gli scarponi…
Continuò a tenersela dentro di sé negli istanti, nelle ore di quel giorno di lavoro. E non si sentiva assolutamente solo.

Capitolo 10-parallelo [Dopo la notte di guardia da una parte e la notte d'amore dall'altra]
dal Web
«Comincio a credere in Dio , anzi correggo comincio a credere sempre di più nella mia dea tenera deliziosa morbida si chiama Ginevra forse la conosci»

«Penso proprio che anch'io non ho mai avuto una situazione emotiva amorosa di innamoramento come questa e poi anche se non è la stessa cosa oggi ho goduto in un modo BESTIALE DIABOLICO FANTASTICO!»

«Se vedo il signor dio se c'è se mi ascolta se conta qualcosa o sei l'ultimo pistola non ha importanza gli dirò che quello che gli avevo chiesto me l'ha esaudito in.... DAI TI PREGO FAI CHE SIA VERO
Le preghiere aiutano ciao gioia ti prego di amarmi e prego pensando a te tu sei la mia preghiera più bella!
Sei la lode alla vita all'amore e al firmamento!!!»

«Quando sono vicino a te vorrei continuamente stringerti abbracciarti
Sono felice»

«Se per caso vedi la mia Ginevra faglielo sapere che ormai la vita esiste ed è assolutamente irrevocabile come l'amore che ho per lei!
Ti conosco sempre di più ti amo sempre di più ti desidero sempre di più è sempre di più mi trema il cuore per te»

«Dopo tre anni aumenta aumenta aumenta
Sai ci ricordiamo quel film con Benigni e Troisi  PROVARE PROVARE PROVARE PROVARE»
«Noi abbiamo provato tante volte è ormai abbiamo superato ogni prova»

«Ora la mia camera ha un colore nuovo
Quello DELL AMORE!!!!!»
 «Non domandarti se sei bella brutta magra e grassa intelligente o no non domandarti niente sappi che io sono il tuo specchio e immagine che tu vedi nello specchio è quella della donna dei suoi sogni della sua vita della sua realtà»

« nei rituali liturgici spesso compare il termine: "Signore non sono degno…", Ora lo dico a te mia signora  signora del mio cuore della mia anima nei miei sensi della mia vita e te lo dico mentre la voce mi si incrina nel pianto di tenerezza e di dolcezza, oso dire a me stesso e a domandarmi: "SIGNORA IO FORSE NON SONO DEGNO, MIA REGINA MIO ANGELO MIO TESORO MIA FEMMINA MIA SCHIAVA MIA AMANTE, MA TU DI UNA SOLA PAROLA E L'ANIMA MIA SARÀ SALVA»

« Ho bisogno di.uno specchio nel quale riconoscermi
«Sono comunque ancora molto emozionato: mi hai regalato una cosa stupenda, vederti nel tuo contesto abituale quotidiano…E ti confermo quello che ti ho scritto oggi mentre mi tremava la voce



Capitolo 11. [Sullo sfondo, tutti gli altri…]
(PIERO)   Oggi, intendo stanotte,  al reparto è andata davvero liscia come l'olio. In effetti ho lasciato tutto il carico al mio specializzando. Sembrava entusiasta di lasciarmi tranquillo. Mi sono addormentato diverse volte sdraiato su quel lettino. Mi ero slacciato la cintura e avevo tolto le scarpe. Avevo dei sogni strani. Mi ero perso da qualche parte. Provava telefonare ma non sapevo più come fare a comporre numeri. Il monitor dello smartphone era diventato una piccola televisione che faceva delle musichette sceme. Spero di non essermi messo russare come al solito. Che figura avrei fatto con quel ragazzo. Ora vado a casa. Lei sarà già andato in ufficio. Mi faccio un caffè. E guardo i notiziari tv.
È bello tornare a casa e trovarla tutta in ordine. Viva. Ho fatto davvero bene a sposarmi.

(CAMILLO)   Quel ragazzo mi fa perdere la testa. E dalla settimana scorsa che non si fa vivo. Se ne approfitta perché sa che io sono innamorato di lui e non penso ad altro. E proprio un bel ragazzo. Quando lo prendo e lo posseggo mi sembra quasi di poterlo dominare entrandogli dentro.
Lui mi fa tante moine. Mi dice che sono il suo grande porcone. Poi, senza motivo particolare, scompare e non lo vedo più per un sacco di tempo. Ne  un messaggio né una chiamata… Niente.
Secondo  me ha qualcun altro. Può  anche darsi che sia stufo del suo vecchio perverso.
E  quand'era venuto da me la prima volta… Gentile, ossequioso, mi guardava coi suoi occhietti intensi. Forse l'ho proprio scoperto così il mio gusto. Pensavo che soltanto avevo poco interesse per le donne, anzi nessuno. È stato lì che mi ha sgorgato fuori come una rivelazione…! Sono stato cauto. Diplomatico. Garbato. Glii davo tutte le indicazioni le bibliografie. Gli ho anche passato dei miei volumi. C'eravamo scambiati i numeri di cellulare. E quella volta che aveva preso 30 e lode…! Ho voluto abbracciarlo e baciarlo sulle guance. Lui mi lasciava fare contento guardandomi con i suoi occhioni. È stato allora che l'ho baciato sulla bocca. Prima soltanto sulle labbra come fanno i bambini.… E poi…
Si era fermato diverse volte a dormire da me. Ero in paradiso. Avevo anche bevuto qualcosa. E anche lui. E mi sono lasciato scappare il mio segreto… Gli ho chiesto se voleva vivere con me. È cominciato il declino. Prima diceva che gli andava bene l'appuntamento che c'eravamo dati. Mi ero preparato tutto. Una cenetta deliziosa. Ma da lui nessun segno. Erano già passate le otto da un po'. Ho pensato fosse in ritardo…
Sono andato a dormire a digiuno lasciando i miei manicaretti a impuzzolentire la cucina e la casa… E da allora che è cominciato il disastro. Un bidone dopo l'altro. Solo quando aveva bisogno di qualcosa per l'università e per gli esami veniva, tutto dolce carino… Poi spariva di nuovo…

(AMANTE DI CAMILLO)   Il grasso maiale mi sta sempre di più sui coglioni! All'inizio l'avevo trovata abbastanza piacevole. Mi sarebbe andato bene anche continuare la storia per un po'… Ma poi…
Da quando sono andato in discoteca, ho trovato lui. Con quei suoi occhi da diavolo. Ballavamo insieme. Poi al suo tavolo a bere birra corretta wisky. Poi lui tirava fuori dal suo taschino del gilè la sua scatolina. Faceva una striscia bianca sul vetro del tavolino. Prima faceva tirare a me con la sua cannuccia da € 100 arrotolate.
Tirava su col naso. Strabuzzava gli occhi. E poi… 
Aveva il corpo pieno di tatuaggi. Mi prendeva molto meglio del vecchio porco. Anche ora. Spesso però non lo trovo. E allora torno all'ovile, meglio sarebbe dire allo stabbio del vecchio maiale grasso… Che a volte si mette anche piangere per intenerirmi e farmi pena, ma mi fa solo schifo…

(MASSIMO)    Si è fatta trovare in calzoncini corti e con una canottierina leggera che le faceva vedere le tettine e i capezzoli rigidi. Era in casa da sola.  Lo  scarico nel lavello si era ingorgato. Ci avrei anche provato. Ma poi ho preferito restare sulle mie. Non ero poi mica sicuro che davvero ci sarebbe stata e il fallimento e il fiasco mi avrebbero fatto sentire davvero di merda. E  poi avevo sempre in mente di quella volta che Enrica mi aveva cuccato. No. Stai  tranquillo Massimo. Fai il buon padre di famiglia…

(ENRICA)    Adesso mi pare che sia più tranquillo. Tanto sa che se ne combina qualcuna io glielo leggo negli occhi nel tono di voce nell'odore che ha addosso e poi lo sistemo… Non so cosa gli gira ogni tanto che gli viene quel raptus. Non è certo un Adone. Eppure quando ho visto le donne con le quali aveva avuto a che fare ci sono rimasta lì a bocca aperta… E mi dice sempre che pensa solo a me che sono il suo grande amore e come lo fa con me non c'è paragone…

(FABRIZIO)   Non dico che sia bella. Questo no. Eppure ha quel qualcosa... Che mi fa montare la voglia in testa. Continua a dirmi di raggiungerla in bidelleria che ci andrà da sola. E quando arrivo immancabilmente ci trovo sempre il suo collega con i baffi o quell'altra grassona che mi guarda con l'occhietto malizioso. E dice che l'hanno appena chiamata dev'essere in classe da quel professore là…
Mi devo accontentare della mia racchietta. Che  comunque non c'ha mai voglia.
Giovedì  ci riprovo.

(MARISA)   Ieri mattina il capo mi ha detto che doveva parlarmi. Ho capito subito come sarebbe andata a finire. Ha cominciato a dire delle cavolate su come andava fatto il lavoro. Che lui aveva completa fiducia in me. E che stava proprio pensando di passarmi di grado.
Mi ha fatto andare vicino a lui al suo tavolo. Mi ha fatto vedere l'organigramma di noi lavoranti. Sul mio nome aveva fatto un grosso cerchio rosso. Con una freccia. Poi ha cominciato a mettermi la mano intorno alla vita. Me l'ha infilata nei jeans. È andato giù da dietro toccarmi. Infilandomi le dita dietro e davanti.
Come sempre io non ho osato dire niente e soprattutto non ho osato dire di no. Mi sembrava quasi un privilegio. Che non mi considerasse una merda come tutti gli altri.
E poi, sempre io con quella fantasia che magari davvero gli piacevo… E chissà mai…
Aveva chiuso la porta a chiave. Ha tolto tutte le carte dal tavolo. Mi ha sfilato i calzoni, e mi ha presa così come una bestia.
Quando mi ha salutato, mi ha detto di pensarci su bene, che lui aveva dei grossi progetti su di me… Ho pensato che il suo progetto era di sbattermi lì come una cagna sul tavolo.
E comunque mi piace essere presa così mentre mi dice troia cagna. E mi dà delle sberle sulle cosce. Cosa ci posso fare….? Si vede che io sono proprio fatta così.

(LUISELLA)    Il mio sultano ogni tanto mi manda i suoi ordini. Farmi trovare da sola a casa già pronta che lui non ha troppo tempo. Vuole dare un'occhiata all'appartamentino che mi ha messo su. E che gli è costato una barca di soldi. E’ di poche parole. Mira ai fatti. Per il momento mi va bene stare al gioco. Vedremo poi al rogito se davvero lo in testa a me… Non si sa mai…

(DEBORAH)  A lui ho già detto che avevo dovuto sostituire una collega che era malata. Volevo andare dalla parrucchiera ma lui mi avrebbe detto che sono una cretina. Che penso solo a queste cazzate. Da un sacco di giorni senza farsi vivo. Ma quando gli scappa la frenesia devo essere sempre pronta ai suoi ordini. Fa tutto quel che gli pare. Mi dice anche le parole dolci. Mi fa dei discorsi magnifici. Mi dice che dopodomani ci troviamo. Poi scompare. Ma scompare per davvero…! Non risponde ai messaggi whatsapp. Alle chiamate. Poi compare all'improvviso quando è sicuro di trovarmi. Secondo me mi pedina anche. Arriva. Si mette a criticare. Si permette anche di fare il geloso. Fa la voce grossa. E se qualche volta oso rispondergli arrivano sberle.
Gli  viene uno sguardo strano quando picchia. Si capisce che gli piace tanto. Gli occhi diventano allucinati. Dice parole che non capisco. E certe volte come se invece di far l'amore mi stesse violentando.
Poi scompare. E io rimango come una povera scema a desiderarlo. A dirmi che in fin dei conti mi vuole bene. Che anche lui forse me ne vuole ma non è capace di dimostrarmelo… Quando c'è mi sento al sicuro. Anche se poi mena. Mi sento dominata e anche protetta.
E pensare che avevo lasciato quel povero allocco che voleva addirittura sposarmi. Far la famiglia. I figli. Forse lui si che davvero mi amava. Ma più o meno diceva e più mi veniva nausea di lui. Non aveva le palle. Era buono, troppo buono, coglione…

(AMICA DI MARIANGELA)    Quando racconto alla sposina Mariangela le mie avventure, mi diverto un casino.
La  maggior parte sono vere. Ma ci invento anche di mio. Le  ho raccontato di quando mentre il ganzo dormiva, ero andata all'appuntamento. Erano le due di notte circa. Lui mi aspettava in strada. Mi ha portato in un boschetto appena fuori. Mi ha spogliata nuda in macchina. Continuava a bere e me ne ha fatte di tutti i colori davanti e dietro. Ha fatto bere anche a me. E poi nuda e sbronza mi ha fatto uscire dall'auto e si è messo a ballare e a cantare come uno scemo. Avevo una grande paura. Ma mi era piaciuto tantissimo. Perché era il massimo del proibito.
Quando sono tornata a casa non mi sono neanche lavata mi sono infilata sotto le coperte. Il mio povero pollastro si è girato sull'altro lato e ha continuato a ronfare…

Capitolo 11. Parallelo [Sullo sfondo, tutti gli altri…]
Dal Web
(AMICA DI MARIANGELA)  «sposina Mariangela … Settimana scorsa quando mentre il mio ganzo dormiva, ero andata all'appuntamento. Il mio stronzo bastardo mi aveva precettata. E  io gli obbedisco sempre.  Appena  me lo propone di dico che è matto … Ma poi …Alle due di notte circa. Come altre volte ero uscita in punta di piedi . Lui mi aspettava in strada con la sua auto. Mi ha portato in un boschetto appena fuori. Mi ha spogliata nuda in macchina. Me  ne ha fatte di tutti i colori davanti e dietro. Avevo una gran paura ma era bellissimo. Da nuda mi ha fatto uscire dall'auto e si è messo a ballare e a cantare come uno scemo. Avevo una grande paura. Ma mi era piaciuto tantissimo. Perché era il massimo del proibito.
Come tutte le altre volte al mattino presto o nel cuore della notte uscire con il batticuore. Ed era ancora più bello…
Appena sono ritornata a casa non mi sono neanche lavata, in via di filato sotto le coperte. Il mio povero pollastro si è girato sull'altro lato e ha continuato a ronfare…
Qualche volta soltanto mi ha chiesto se per caso non ero riuscita a dormire al mattino presto o di notte. E se per caso ero andata a camminare come faccio spesso il giorno. Gli ho risposto che mica sono matta: di notte al mattino presto sono troppo pigra e mi piace tanto dormire… Lui allora cambia discorso e sembra quasi che ci creda…
Ma quand'è che comincerà e anche tu a fare queste follie? Sei l'unica persona a cui l'ho confidato.
Provaci. E poi voglio sentire le tue impressioni...»

(MARIANGELA)  «Tu sei folle! Deve essere stato bellissimo. Io me l'immagino. Quando  penso a queste storie che ti succedono mi eccito tantissimo e poi mi masturbo da sola… Ma se per caso una volta che dovete scoprire mentre esci o entri cosa li dici? Ah già… facile… immagino che gli diresti che proprio quella volta li non riuscendo a dormire hai voluto andare a camminare… Io credo che non ce la farò mai… A presto mia pazza amica… Continua a raccontarmi queste cose che mi piacciono un casino!»

(DEBORAH)   «Perché anche questa volta non sei venuto? Ti aspettavo tanto e avevo una voglia folle di te, delle tue botte e delle tue perversioni… Lo sai che mi piace essere la tua schiava e il tuo giocattolo… Mi fai soffrire ma mi fai soffrire molto bene… Non stare ancora un'altra settimana senza farti vivo… Non fidarti troppo del fatto che sono fedele a te… Mio padrone porco… Oppure mi stai castigando per qualcosa?
Ma no, dai, fai conto che ho scherzato… Non fare come tutte le volte che mi cerchi di fare andare in paradiso e poi mi fai morire a once scomparendo… Oppure tornando solo per essere bastardo maltrattarmi e picchiarmi brutalmente…»

(FABRIZIO)  «Senti, perché invece che trovarci in bidelleria, non ti va che ti vengo ad aspettare quando smetti il tuo turno… Ti porto fare dei bei giretti… Andiamo sul fiume, facciamo il bagno e prendiamo il sole… Guarda che la tua collega grassona secondo me ha mangiato la foglia… E non andar più anche se ti chiama da quello stronzo del mio collega…»

(MARISA)     «Ma davvero lei vuol darmi un aumento di stipendio e farmi passare di grado? Guardi che io ci tengo tanto a fare funzionare bene la ditta… Mi faccio il culo tutti i giorni, e mi piace anche quando me lo sta facendo lei… Lo sa davvero fare molto bene... Capo…»

(LUISELLA)    «L'appartamento che mi hai regalato è favoloso. È il nostro nido d'amore. Dopo che sei venuto ad inaugurarlo con me, mi piace ancora di più. Oggi finirò tardi allo studio, perché abbiamo un processo molto impegnativo. E poi l'anno prossimo farò l'esame di Stato… Mi piacerebbe tanto prima o poi aprire uno studio tutto mio con il mio nome… Oppure resterà solamente un mio sogno e una mia fantasia? Se non ti rispondo subito e perché sono in mezzo agli altri avvocati o addirittura perché sto parlando con il mio capo… Buona giornata mio sultano…»

(SULTANO-AMANTE DI LUISELLA)   «Sì, va bene. Adesso non ho tempo ci sentiamo più tardi»

(ENRICA)   «Massimo, per favore, ricordati di passare a ritirare le borse della spesa che ho già ordinato… Per premio, lo sai cosa ti prometto per questa sera quando avremo messo a letto i ragazzi…»

(PIERO al suo primario)   «D'accordo professore, verrò sicuramente nel suo studio domani mattina e faremo il punto sui casi che stiamo seguendo… No, durante la notte nessun imprevisto… Tutto regolare… Conti pure sempre su di me…»

(CAMILLO)   «Mio bel pulcino … Mio bel ragazzino… Sei andato ancora in discoteca? Ti sei fatto ancora con quello là…? Lo sai che io sto morendo di dolore? Anche se tu non mi stai prendendo cinghiate sulla schiena… Ho voglia di entrarti dentro fino in fondo… Ti aspetto tanto…»

(AMANTE  DI CAMILLO)    «Macché discoteca. Stai  tranquillo mio vecchio maiale. E’ che sto studiando sodo. Mica come te che te ne stai sempre in casa quando torni dal lavoro a farti le seghe… Se non vengo avrò bene io dei miei motivi no? Cerca di non stare troppo addosso…»

(GIORGIO)   E allora te lo ripeto di nuovo. Si ho avuto moltissime storie con donne. Tu mi chiedi se le ho amate come te. Provo a spiegarti. Vedi, può darsi che con diverse o con molte di loro io abbia avuto almeno nella fase iniziale l'illusione che fosse una cosa straordinaria. Era un bisogno che avevo io. Ci investivo tantissimo. Per loro era una cosa molto più quotidiana e normale. Anche quando sono iniziate convivenze più o meno matrimoniali. La visione del mondo e dell'amore loro non coincideva e non collimava assolutamente con la mia.
Diciamo allora che ho avuto delle relazioni. Che c'ho investito moltissimo. Ma che poi sono rimasto profondamente deluso. Io ci giocavo tutto. Mente corpo anima… E mi ritrovavo quasi sempre con un pugno di mosche. Interesse pratico, ammirazione, piacere fisico, progetto di metterci le mani addosso non solo in senso fisico ma in generale.
Speravo, desideravo, sognavo che quello che avevo in mente fosse possibile… Poi avevo cominciato a rassegnarmi... Fino a quando… Tre anni fa… Camminando immerso nell'odore di muschio e di larici, mi è capitato di sorpassare una bella donna. A fiuto, ho capito, intuito subito che stava succedendo un cataclisma. Piacevole. Insperato. Gratuito. Fortuito. 
Ho nutrito ancora per un po' la mia abituale diffidenza derivata dall'esperienza.
Ma ogni volta… mi trovavo di fronte te… e capivo che stava cominciando una nuova epoca una nuova era che stavo risorgendo resuscitando nascendo… Tu sei la mia Pasqua di resurrezione, Ginevra amore mio…

(GINEVRA)  Sei  immenso... Certo fisicamente… Ma soprattutto umanamente, spiritualmente, mentalmente…
E pensare che prima, mi ero addirittura convinta, di condurre una vita bella, addirittura volte stupenda, o comunque tollerabile… Mi ero adattata alle routine. Mi accontentavo di quei contatti fisici sbrigativi, sommari, insipidi… Credevo di avere accanto a me "un uomo". Addirittura credevo di volergli bene, e persino, con una parola eccessiva: "di esserne innamorata…"
Mi basavo per confronto con quello che avevo imparato, saputo, ascoltato, visto delle persone intorno a me… Non ultimo l'esempio che avevo del rapporto di coppia dei miei genitori. Rari screzi. Mai parole grosse. Un tran tran tranquillo… Credevo che fosse  "normale" anche per me navigare in un mare del genere… Scarse o addirittura nulle emozioni. Mi sentivo abbastanza simile alle coppie degli amici e conoscenti. E addirittura in certi momenti di ottimismo e di entusiasmo, essendo né io la protagonista, riuscivo addirittura a volermi illudere che fossimo migliori delle altre coppie…
Mai, a quel che mi è dato ricordare, autentiche e vere e intense emozioni… Un quieto e tranquillo vivere… Un viaggiare in folle… Un navigare nella bonaccia… Galleggiare e sopravvivere… Andare avanti in apnea…
Poi, all'improvviso, sulla via tra i larici, ho incontrato qualcosa di molto simile a quello che avevo cullato nei miei sogni proibiti. E non saprei definirlo…
Completa sintonia. Mi sta a complementarità. Mi trovavo all'unisono con una persona per davvero, senza essere simbioticamente attaccata a lui, e sentendomi da lui completata.
Le rare eccezionali occasioni in cui non avevamo completa sintonia: partiva subito il confronto, sereno, calmo, onesto, trasparente…
Solo per qualche istante sembrava vacillare la certezza… E poi… Era ancora tutto più bello, più fantastico, più sfolgorante…
Non so se questo che si può definire amore. Forse è proprio così. E in questa relazione umana, che dava colore e vivacizzava il tutto, il piacere straordinario, fantastico, inaspettato degli orgasmi che mi facevi e mi fai continuamente avere e che io regalavo a te…

(GIORGIO)   Parole  fantastiche amore! C'è stato quell'incontro! E da allora nulla è potuto più essere come prima. Mi ero abituato da sempre consumisticamente a cercare qualcosa di nuovo sempre. In modo compulsivo. Raggiunto un obiettivo, cercarne subito uno nuovo. Lasciando che il precedente diventasse stantio e desueto. Credevo che in ciò consistesse la mia libertà. Conquista, nuova meta, e poi nuova meta di nuovo… all'infinito.
E mi torna in mente quell'immagine della colonna dei ciechi di Bruegel. Stavo come tutti e come tanti andando da cieco verso il baratro. Alla ricerca di un finto nuovo. L'evento magico che ci è capitato in quella pineta, non è sostituibile; ma è inesauribile e si rinnova continuamente. Per sempre. Io amo accetto desidero bacio e lecco tutto di te. Compresi quelli che tu ritieni difetti.
E mi butto continuamente nella piscina. E ogni volta vengo fuori e tu mi vedi rinnovato. E io lo stesso con te. Ti confesso che non lo credevo. Ora ho ritrovato questa fede. Laica. Terrena…

(GINEVRA)    Mi  sorprendo ad ascoltare e a dire con te tutto questo. Come mi sorprendo a guardare il mondo non più soltanto con i miei occhi, ma con i miei e i tuoi insieme. E ogni volta mi pare ancora più bello. Ti ringrazio per avermi detto che hai lasciato definitivamente la colonna dei ciechi che vanno verso il baratro. Che accetti, che vuoi, che aneli al continuo rinnovamento e alla continua ressurezione che ci regaliamoli in eterno.
È, e può essere inesauribile. Io metto ora l'olio nella tua lanterna tu nella mia.


Certo, mio dolce amore, reinventiamo il mondo insieme.


A   P  P  E  N  D  I C  E

ISTRUZIONI PER L'USO
Nel  raccomandare un uso moderato del seguente testo, si forniscono le seguenti istruzioni.
1.      non si tratta di un testo filosofico, sociologico né di un trattato di psicologia
2.      parte dall'assunto da prendersi con beneficio di inventario tratto da Camus « il vero amore è eccezionale, due o tre volte in un secolo all'incirca. Per il resto, vanità o noia.»
3.      è un'opera intenzionalmente faziosa: vuole dimostrare l'estrema difficoltà e rarità di un rapporto d'amore autentico, assoluto, non contaminato
4.      assume il ritmo di una narrazione a singhiozzo: alterna
a.      capitoli, scritti a caratteri normali, formati da spezzoni e flash di flusso vitale e di pensieri interiori;
b.       e capitoli in corsivo costituiti da frammenti di comunicazione in chat, provenienti dal Web, nel quale navigano qua e là voci irreali, virtuali, anonime, impersonali, attribuite al grande fratello della comunicazione
5.      assume, arbitrariamente, come campione un microcosmo di persone nell'acquisto e nella costituzione di una realtà condominiale. Tra esse una sola coppia in piena trasgressione rispetto alle regole consolidate per convenzione, vuole rappresentare l'eccezione sostenuta da Camus che in ogni secolo esistano almeno uno o due coppie autentiche…
6.      Per comodità di lettura ogni singolo pensiero o un messaggio in chat, è preceduto dal nome del protagonista
7.      in anteprima, la panoramica dei personaggi protagonisti.
8.      Come nel vivere quotidiano e autentico non esiste una trama preconfigurata. Sarà ogni lettore, se vorrà, a ricostruirla a posteriori. Dando  carattere lineare a tutto il materiale narrativo. Un po' come avviene nel sogno. Mentre lo viviamo il prima e il dopo, il qui e l’altrove, si fondono si mescolano in un fluttuare continuo. La narrazione del sogno avviene solo a posteriori, come tentativo di dare ordine e senso, al fluire vitale.

Personaggi:       
Piero. Scialbo e modesto individuo con i baffetti che crede di essere un medico. Crede anche di essere felicemente sposato con Ginevra. Fin quando curiosando sul cellulare di lei legge un testo che interpreta come messaggio a lei rivolto, si ingelosisce, diventa sospettoso. Fin quando il messaggio non lo ritrova più.
Ginevra. Fino a qualche anno prima credeva di essere sposata davvero con Piero. Ma è successo qualcosa di magico di straordinario di eccezionale. È funzionaria in una compagnia di assicurazioni.
Massimo. Idraulico  con una piccola impresa. Sostanzialmente preferisce la moglie Enrica alle scappatelle che a volte gli capitano. Ama i propri figli e ha un bellissimo rapporto con loro.
Erica. Professoressa di lingue alle superiori. Saggia. Equilibrata. Tollerante. Chiude un occhio per le scappatelle che fa il marito. Ma lo tiene d'occhio.
Marisa. Lavorante in una compagnia di pulizie. Crede che le attenzioni erotiche del suo capo possano diventare un sogno di famiglia. Si sente in colpa e non ha troppa stima di sé.
Deborah. Commessa di supermercato. È vittima delle continue speranze d'amore che le vengono da un uomo che la usa e la maltratta. Le piace essere maltrattata soprattutto eroticamente.
Luisella. Procuratore legale. Sta facendo pratica in uno studio in attesa dell'esame di Stato. Ha una relazione con un uomo potente ma freddo e abbastanza disumano. Che le ha appena comprato un appartamento. Lei sognerebbe di farsi sposare da lui.
Fabrizio. Professore precario alle superiori. Sposato. Con figli. Insoddisfatto di se stesso e della propria moglie. Fa continui tentativi con una bidella compiacente che però continua a sfuggirgli.
Mariangela. Moglie di Fabrizio. Non si ama troppo. Donna di casa a tempo perso cerca di completare gli studi a laurearsi. Tiene buono il marito concedendoglisi senza partecipare. Ha un'amica erotomane che le racconta in chat le proprie esperienze trasgressive. Lei che fa su dei castelli in aria.
Camillo. Architetto. Buono ingenuo vittimista. Ha scoperto di essere gay innamorandosi di uno studente per il quale si è fatto in quattro. Ma che lo trascura e lo tradisce molto volentieri e lo disprezza.
Giorgio. Ingegnere. Aspetta il divorzio. Da quando ha incontrato fortuitamente Ginevra, ha capito cosa significhi davvero l'amore. Ne è affascinato, spaventato, inebriato.

… … Beh, cara lettrice e caro lettore che hai avuto la compiacenza di leggermi, adesso tocca a te… Ti ho fornito le coordinate. 
Un flash rapido sugli attori della vicenda. I materiali mentali dei loro vissuti interiori. I loro "flussi di coscienza"(=stream of consciousness).
I messaggi che si sono scambiati.
Tocca a te. La visione d'insieme sarà opera solo tua. Solo tu potrai rivivere la vicenda. Darle vita con la tua fantasia.
Ti ho messo a disposizione i materiali d'uso. Gli strumenti. Le bussole.
Sei tu e solo tu ora il vero protagonista : solo tu puoi riuscire a trasformare queste pagine, queste righe e queste parole in una realtà narrativa.  Che  cerca di simulare la vita.
Ti auguro buon lavoro. 
Spero di essere riuscito a predisporre l'occorrente per la tua opera di creazione. 
La realtà e la vita forse non si possono raccontare.


Proietta tu il film. 
Prova  tu a sognare la realtà.

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