scegli argomenti:

domenica 24 novembre 2019

SARDINE E GAMBERONI
Ogni volta guardiamo con curiosità mista a speranza il levarsi di voci nella stagnazione generale del letamaio quotidiano.
I girotondi di Moretti; il popolo viola; il comico genovese; se non ora quando
… Ora le sardine…
Elementi comuni e ricorrenti:
• protesta diffusa
• niente struttura organizzativa e quindi improvvisazione
• apartitismo
• movimenti della società civile
Anche l'opposizione al nazifascismo ,prima di diventare movimento organizzato. fu pure essa movimento diffuso, atteggiamento interiore condiviso,
Ma la resistenza, con sistema democratico, discussione, confronto, scelse la propria strada e i propri obiettivi di lotta.
Il grillismo con le urlate a rischio di infarto del comico genovese, (soprattutto quando nessuno lo cagava più perché non faceva molto ridere), acquistò visibilità, fama e fu la base per inventare un movimento politico. Che nel suo percorso andò per tentativi ed errori fino al doloroso deludente momento attuale.
Il popolo viola si tenne il suo colore luttuoso e si estinse.
Moretti decise di non promuovere più girotondi.
Movimenti spontanei: che devono partire dal sentire comune. Non porre subito limiti o gabbie ideologiche organizzative. Ma prima o poi, O DECIDONO COSA FARE DA GRANDI, oppure finiscono fritti in padella…
Nell'epoca perdurante inaugurata decenni fa dal berlusconismo delle tv commerciali, dominata dall'apparire a scapito dell’ essere, queste ventate rischiano di durare il tempo che durano. E POI SI ADDORMENTANO ADDOSSO
I gilet gialli francesi, gli ombrelli di Hong Kong, Tien An Men… O vengono repressi brutalmente oppure agonizzano fino a scomparire.
Contaminate da troll e hacker manipolati da "la bestia", dopo essersi estese tutta Italia, rischiano di guardarsi in faccia, di porsi le mani con le dita verso la bocca quasi a dire: "e ora che facciamo? Dove andiamo?"
Amo molto il pesce azzurro. Soprattutto perché sano, economico, nutriente… Soprattutto fritto in padella sulla terrazza, in olio extra vergine e con la salvia e l'aglio.
Fino a farlo diventare croccante. E poi?
Prima di essere noto anche per i suoi lager, il "grande timoniere" Mao Tze Dong inventò e costruì un organismo potente in forma di partito. Con esso compì la "lunga marcia" per il suo immenso e sconfinato paese. Fece opera di formazione, proselitismo, riflessione politica, smettendo di essere un movimento di base e spontaneo, per diventare motore e ago della bilancia del cambiamento.
In forma forse minore come dimensioni fu l'opera dei primi nuclei della resistenza al nazifascismo italiano. Darsi un programma; una meta; un metodo… E raggiunsero l'obiettivo che si fissavano in quel tempo.
Buon lavoro alle sardine odierne. Evitando se riescono di essere soltanto una frittura gustosa di pesce azzurro.
CHI VIVRÀ VEDRÀ!
BELLA CIAO
BELLA CIAO
BELLA CIAO CIAO CIAO
che viene forse dai canali grigi di fanghi e alghe
dalle vaste pozzanghere vuote di risi
dai fiumi esondati di questo nord-ovest
dall’immensa laguna sempre meno serena
dal lezzo di fiati immondi a predicare odio
dagli urli ghignanti col braccio teso
o viene forse dalle magre e smunte salme
pullulanti nei mari di salmastro e polietilene
o maciullati con ferocia e violati
appesi impiccati a ringhiere di nuovi lager
dai volti emaciati dall'ondata dilagante di morte
della nera luttuosa marea sacrilega
che nega il sorriso e la vita di chi invocava resurrezione
un lezzo ammorbante soffiato da fauci rabbiose
un urlo cattivo estremo che predica buio
un lugubre canto di morte che è virus mutante
un eia-eia brutale che vuole spegnere gli sguardi
il mare ammorbato trema sconvolto
mentre cominciano a pullulare di nuovo
sciami di giovani sardine azzurre
del risveglio collettivo diffuso
e si rincorrono in giravolte ridenti
fugando e facendo tremare i sensi
agli squali malevoli irridenti
e si diffonde sempre meno mesto
un inno che invita al risveglio
e all'infinito ripete
BELLA CIA
BELLA CIAO
BELLA CIAO CIAO CIAO
questa mattina mi sono svegliato
e ho visto fuggire i ratti di fogna
le code vergognose tra le zampe immonde
a covare sordido odio nelle cloache
perché avanza sempre più sonoro e radioso
quel canto che ha ripulito l'Italia
settanta e più anni fa e che ripete all'infinito
BELLA CIAO
BELLA CIAO
BELLA CIAO CIAO CIAOOO
…coso…
(Ma si mi piace anche il titolo lasciarlo tutto minuscolo… "coso" è proprio soltanto una cosina piccola piccola, totalmente minuscola… Anche se molti sempliciotti hanno voluto vedere in lui "l'uomo del destino"…)
Nell'arcipelago delle sardine significative rappresentanti del pesce azzurro, avevano voluto coniare questo appellativo… Definendolo infatti proprio: "coso".
Nel linguaggio corrente che ha le sue radici ancor prima di Ecce Bombo… Nei tempi lontani ma molto vicini, dei "cioè", "nella misura in cui", "praticamente…"
Insomma, mentre alcuni tra gli ex vertici della sua congrega cominciavano a prendere le distanze, questo "coso" stava cominciando a vacillare. E si girava incazzato verso i ben pagati hacker, manipolatori dell'informazione Web, super esperti di tutto che lui pagava con i soldi mai restituiti allo stato, e messa da parte la birra colossale da rutti, l'hamburger, la Nutella e anche il rosario, stava cominciando faticosamente e dolorosamente rendersi conto di essere sempre più "nudo". Come nella fiaba dei fratelli Grimm…
E annaspava con lo sguardo inebetito e implorante. Era mai possibile che il suo sogno di gloria e di poteri assoluti andassero sempre di più disgregandosi…? Proprio nel momento in cui in tutto il globo terracqueo (ma lui lo definiva semplicemente il mondo…) come funghi mortali sorgevano e si diffondevano esempi di brutalità becera e idiota…?
Ma sì… Ciuffo giallo di paglia stava per essere processato per le sue porcherie elettorali. Nazi ungheresi cercavano di stare sornioni temendo che l'Europa smettesse di dare contributi immeritati. E le squadracce dalle schiene tatuate di svastiche venivano sempre più guardate con sospetto. Solo l'America Latina, forse, beceramente portava a compimento l'opera iniziata dal generale traditore Augusto Pinochet. Le squadracce di robocoop ammazzavano a calci dopo averle stuprate clown di strada spegnendo loro il sorriso. L'epidemia poteva ben dire che non fosse arrestata definitivamente. Eppure, perché mai proprio a lui, cominciava a vacillare il terreno sotto i piedi? Stava avverandosi per "coso" quello che il lenzuolo partenopeo aveva scritto: "MATTE’ A MARONN HA RITT CA SI ‘NGUAITE” (=matteo la madonna ha detto che ormai sei nei guai).
Aveva provato a cambiare il bersaglio delle sue invettive. Prendendosela ora con l'Europa, o con altri pretesti. Ma era dunque bastato soltanto che della gente comune, normale, quotidiana riempisse piazze stracolme? Inventandosi il nome di sardine, proprio per come stavano gomito a gomito, pur senza bandiere o simboli politici. Limitandosi ad affermare: no al fascoleghismo, alla xenofobia, alla omofobia, all'ignoranza analfabeta,… Era bastato questo? Era bastato che il bambino della fiaba dei Grimm "il vestito dell'imperatore" affermasse ingenuamente l'immensa verità che costui era nudo?
Comunque, c'era poco da fare, lui era assolutamente nudo. E per quanto limitato di doti intellettuali autentiche, con la furbizia e il fiuto del cane da tartufi, cominciava a temere per il proprio destino di politico della nutella.
Gli accoliti continuavano a farglisi dappresso tentando di rincuorarlo. Ma non bastava più una birra da rutto o gozzoviglie alternate a baci sul rosario blasfemo.
Poi, erano arrivate dall'arcipelago delle sardine ad appioppargli in modo geniale quel nomignolo: "… coso…"
Perciò, "coso", bofonchiando con il suo autentico sguardo torvo e disumano, per la prima volta in vita sua, forse, decise di mettersi a riflettere…

venerdì 22 novembre 2019

VIOLENZA SU DONNE
DOMANDA:
• quale % di donne maltrattate sporge denuncia?
• quanti processi arrivano conclusione, e COME?
c'è infatti una stretta correlazione tra il numero percentuale troppo basso di denunce avvenute, e i risultati/non risultati degli esiti dell'azione giudiziaria… Se va a finire in niente, se le udienze vengono continuamente rinviate, se viene deciso e stabilito il non luogo a procedere… Ovviamente le donne maltrattate seguiranno l'esempio di quelle che preferiscono subire in silenzio non avendo speranza reale!

domenica 10 novembre 2019

SUL FILO DEL RASOIO… (?)




SUL FILO DEL RASOIO… (?)
"Blade runner" tornato in questi giorni a essere argomento di discussione e di chiacchiere, anche per via dell'incendio fascio-mafioso a Centocelle, e insieme per la figura dell'attrice protagonista... Non è solo queste cose qui.
Mi ha colpito molto, affascinato, intrigato per una serie infinita di aspetti.
L'ambientazione del mondo distopico futuristico degenerato. Torbido.. Sostanzialmente malato. Ma coerente a se stesso. Abbastanza ininfluente se non per costituirne la trama, la vicenda della caccia/sterminio degli androidi. Come pure il ruolo del torbido cacciatore di taglie. Confesso che questo è solo il brodo di coltura nel quale si sviluppano alcuni temi che a me hanno davvero toccato l'anima.
Nella Los Angeles del 2019 (come poteva prefigurarla pessimisticamente Ridley Scott 36 anni prima), tutto è fumoso, offuscato, la macchina dell'esistenza va avanti per forza d'inerzia. Ma lì viene collocato l'episodio. L'esistenza umana può essere riprodotta da un demiurgo/ingegnere… E può risultare difettoso il prodotto finale. Ha una vita limitata. Caratteristica compensata dalle facoltà eccezionali e straordinarie delle creature.
Gli androidi simili a umani veri, di essi molto più stupendi e perfetti, con un curricolo e un repertorio di ricordi artificiali e artificiosi in dotazione, sono coscienti di questi limiti. Colmi di rancore nei confronti del demiurgo. Tranne la protagonista Rachel.
Non apprezzo particolarmente l'attrice e la donna che l'ha interpretata.
Sean Young nasce il 20 novembre 1959. Compie a giorni sessant'anni.
Sembra appannata nel film, è un esemplare particolare: incerta essa stessa se i ricordi che crede di avere siano autentici o artificiali. Come le foto di lei che appaiono, come la sua capacità di suonare il pianoforte.
Quello che mi affascina maggiormente è proprio questo: nella narrazione la perfezione one del prodotto di creazione; insieme con i suoi limiti; i suoi dubbi; un essere perfetto ma insieme difettoso…
Metafora significativa della realtà di noi umani!
E anche quell'apparente refuso in fase di distribuzione con la versione a scopo commerciale, contenente quel monologo con voce fuori campo: "… Io non sapevo e neppure lei lo sapeva quanto tempo avrebbe potuto ancora vivere Raqhael… Ma d'altra parte, chi di noi può sapere questo…?!" Dice Rick Deckard/Harrison Ford .
Come è improbabile e insieme intrigante la creazione di umanoidi perfetti ma difettosi rispetto alla durata della vita, così nella vicenda del film, improbabile, ma insieme attraente la vicenda d'amore tra lo spietato cacciatore di androidi, cupo, ombroso, alcolico, e la affascinante umana/androide… Anche l'innamoramento e l'amore, come ipotesi fantasiosa, possibile forse, ma insieme improbabile…
Un errore commerciale l'aggiunta abbastanza inopportuna,forse, e fuori posto dell'auto aperta che corre tra le polveri e le dune americane, e quella voce fuori campo… Un errore significativo. Realistico. Reale: anche quella versione esiste ed è stata fatta circolare!
Con la fantasia possiamo inventare storie. Amori. Vicende. Piacevolezze e disastri.
La realtà non è soltanto quella fisica e materiale. Ma è costituita anche dai pensieri e dai sogni. Conoscere è ricordare? Sognare? Desiderare? Narrare?
Il racconto è denso e ricchissimo di spunti. Ciascuno di noi se ha amato Blade Runner, se l’ha gustato, metabolizzato, rivissuto, ci ha trovato una propria lezione e visione particolare. E questo mi diverte dirlo in occasione del compleanno prossimo di Raqhelle/ Sean Young.
(E anche della contemporanea ricorrenza tra l'epoca della ambientazione e questo nostro attuale presente)










giovedì 7 novembre 2019

LA PECORA ELETTRICA... FAHRENEIT 451

• FAHERENHEIT 451
Un libro, poi anche film, anticipatore e profetico...1966
• Rogo nazista di libri 10 maggio 1933
Libri, pensiero, cultura: il nemico da abbattere per ogni nazi-fascio- leghismo...
LA PECORA ELETTRICA...

domenica 3 novembre 2019

UNA CASA DI VETRO

UNA CASA DI VETRO
Si era subito diretto verso la cucina. Caricato il caffè nella cucchiaia della macchina la schiuma dorata e bruna si mescolava al miele della tazzina.
Aleggiava intanto ancora, intorno, l'ultima sequenza vivida del film onirico.
Cercò di afferrarne i frammenti. Mentre la visione d'insieme si disperdeva nella nebbia.
Il se stesso muoversi tra gli spazi chiari e trasparenti. I locali ampi di luce aperta e libera. Oltre i quali altri spazi e altri ancora.
E anche guardando in alto di nuovo la proliferazione di locali puliti, aperti, trasparenti. Il sogno ricorrente era tornato.
Nelle prime versioni un girovagare nell'ampio solaio della casa avita. Nel sottotetto af un solo spiovente. Dall'altro lato le abitazioni circostanti, i grattacieli, i ciuffi verdi dei viali alberati. Le colonne di muro con la superficie che si sbriciolava al tatto spolverando intorno la sabbia giallo ocra del torrente Arbogna. Che ancora scorreva sotto i selciati della carrareccia di sassi. Così aveva letto da qualche parte. Tra un pilone di muro e l'altro a due diverse altezze dei pali grezzi di legno nodoso e consunto. Non c'era da appoggiarsi. Erano assolutamente instabili. E sotto il ballatoio di lastre di serizzo, con i suoi montanti di ferro battuto arrugginito e consunto. Avviticchiati di pampini di uva americana e di clinto. E l'odore aspro delle foglie rugose dei due immensi fichi. Si regalavano frutti dolcissimi viola scuro e verdi.
Sotto il tetto di vecchi tegoli, sorretto dalle travature immense grezze e tarlate di quercia antichissima, niente e tutto.
Il mucchio dei ciocchi di legna per la stufa.
La montagna disordinata del carbone.
Gli ovuli e le mattonelle per conservare il fuoco la notte.
Vecchie cassapanche sconnesse e scardinate. Da frugarci dentro. Vecchi fogli. Rotoli di carta translucida con i progetti dell'ingegnere. Con la grafia minuta, precisa e risoluta del babbo.
Vecchi giocattoli arrugginiti. Forse la piccola torpedo di compensato rosso con la quale si era andati in America da bambini avanti indietro sul ballatoio. Sacchi di abiti dismessi. Capellucci tarlati. Una scarpa scompagnata dall'altra.
C'era andato spesso a frugare lì sopra.
E poi, immancabilmente, ripetutamente ci era tornato nella dimensione onirica.
E gli spazi si moltiplicavano. Qualcosa ancora più in là. E ancora ancora. Ampi locali di ombra. A volte su piani sovrapposti. Si sarebbe potuto vivere in quei locali immensi, tiepidi, moltiplicate all'infinito… Come tende pendevano dai travi lenzuoli di cellophane che ballavano all'aria.
Una polvere grigia, finissima, soffusa e diffusa dovunque. Sia nel sogno che nel solaio reale.
Passare da un locale all'altro, a volte facendo delle capriole su se stessi, tuffandocisi a nuoto. Come avviene in quella dimensione. Ricordo ancestrale forse del passaggio dal liquido amniotico alla luce del giorno con la nascita.
E più di recente, anziché il proliferare di spazi di ombra nel sottotetto solaio, il sorgere a livello terreno, di immensi gazebo/verande.
Pareti di policarbonato. Come vetro ma più inconsistente, leggero come un velo… E anche qui ampi locali vuoti di oggetti, ma colmi di luce e di aria. Colmi di trasparenza. E dietro questi , altri ancora, e ancora altri e altri e altri. E alzando lo sguardo i piani sovrastanti, simili, aperti, vergini…
Nella vecchia casa avita, faticosamente e in equilibrio precario aveva costruito tra una cameretta aggettante sul giardino e il vano scale che conduceva alla cantina, una veranda. A pannelli di policarbonato su agili e snelli telai di legno di balsa. Anche in alto a mò di soffitto. Sopra il quale aveva collocato un ondulato trasparente. Che nel giro degli anni il sole avrebbe fatto diventare giallo verde.
Delle travi massicce appese ai lati delle pareti in alto reggevano qualche libro, e qualche piantina. Verso il giardino per prendere più sole possibile il ficus beniamina che da quegli anni sarebbe poi diventato immenso.
Un tavolo di ferro battuto e vimini verde con quattro sedie. Lui ci andava a fumare la pipa per non ammorbare in casa.
Erano forse quelli gli archetipi mentali da cui produceva poi il suo materiale onirico per continue superfetazioni?
Negli anni successivi aveva comperato un piccolo alloggio in Liguria. Arrampicato su una scarpata rivolta al mare e al sole. Disponeva di un ampio terrazzo giardino in mezzo al verde. E anche lì aveva voluto costruirci una veranda gazebo. Aveva utilizzato dei materiali di legno di precedenti costruzioni proprie. Ma il lavoro era comunque immenso. L'aveva aiutato Pinuccio portando tutta la sua attrezzatura da bricolage. Intanto Giangi oltre a collaborare molto attivamente preparava pranzetti deliziosi.
Anche lì, alla fine, era sorta una struttura trasparente di policarbonato. Il pavimento era sollevato da terra per evitare gli insetti su un impiancito di assi. Ci aveva collocato una cucina, con forno piccolo frigorifero lavello… Un'altra dimensione aerea e trasparente.
Coazione a ripetere.
E nell'attività onirica notturna di lavoro continuava all'infinito.
Quel mattino, mentre beveva il caffè denso dalla schiuma dorata, percorreva ancora, prima che svanissero del tutto, quegli ampi locali di luce trasparente.
Anni prima, nel suo frugare nel Web aveva trovato un modello mentale archetipo di queste sue costruzioni che poi il suo sogno rielaborava.
Era reale. Collocato in mezzo al verde. Senza segni di presenze umane o di abitazioni. Un immenso gazebo a cupole di ferro battuto verniciato di verde, tutto a vetrate.
L'aveva spesso pubblicata nella piattaforma Web che frequentava. A richiesta non aveva saputo dire a che località si riferisse. Per lui era meglio così. Perché quello era un luogo dell'anima. Un luogo della mente.
Come quelli che aveva visitato all'isola bella. Sul Verbano. O che aveva visto a Parigi, tipo l'orto botanico o altre strutture Art Nouveau. Come i Trianon, il Musèe d’Orsay…