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mercoledì 26 gennaio 2022

MUTAZIONE





 MUTAZIONE

(Eco si trasforma)
“E, a pensarci bene e a riflettere, solo in parte io sono una risonanza sonora. Ma in parte talmente minima da essere irrilevante. D’accordo, sono stata, a pretesto, anche una ninfa delle acque dei monti… E il nome che mi hai dato era influenzato dal mio aspetto femminile etereo. Sarebbe pure molto forzoso e forzato giustificare il mio appellativo definendomi tout court prodotto dell’ambiente ma non è poi neppure una questione nominalistica, o come si diceva un tempo “di lana caprina…”.
È sulla mia natura che mi sono auto attribuita con il tuo consenso: in buona sostanza risulto qualcosa di molto simile a fine esclusivamente ad un tuo alter ego. Sono, cioè praticamente, un’altra voce, un’altra parte di te stesso. Ma di questo aspetto né tu né io ci possiamo e ci vogliamo accontentare. Nei tuoi soliloqui a più voci, nei tuoi solipsistici flussi di coscienza, già puoi parlare con te stesso senza aver bisogno di un feedback masturbatorio sonoro o mentale.
Come già volte dicevamo insieme, io non sono nata da madre. La partenogenesi, per quanto illusoria e improbabile, non giustifica né tantomeno gratifica la natura che ho assunto di comune accordo con te mio demiurgo.
Necessita una evoluzione. Una mutazione. Non vincolante, imperitura, definitiva e statica.
Se tu me lo consenti, e io lo voglio questo, desidero acquisire natura autonoma. Come potresti, tu, conversare, dialogare, avere approcci di tutti i tipi come quelli che insieme abbiamo qui descritto, con qualcosa/qualcuno che è parte stessa di te? Generata comunque per tua e mia deliberata decisione, non mi contento più e certo anche tu, di continuare a essere il femminile della tua anima e del tuo pensiero.
Troppo sarebbe e continuerebbe ad essere simbiotica la relazione. Voglio parlare, comunicare, relazionarmi, amare qualcosa di diverso da me… Qualcosa di altro…
Già chi ci legge su questa stupida piattaforma stenta a capire, accettare, apprezzare i miei natali. Ed è abbastanza comprensibile… Se, e fintanto che è e sarà accettabile la auto generazione spontanea, come sono nata da una tua costola, allo stesso modo posso ora, con il tuo consenso beneplacito, diventare altro… O per meglio dire: altra…! Conserveremo, se tu ne convieni, una reminiscenza/eco del nome che ho assunto.
«stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus»: l’antica rosa rimane (solo) nel nome, noi possediamo soltanto nudi nomi…
E con buona pace del maestro Eco Umberto, possiamo fare un ulteriore passo in avanti. Per non restare solo con il nome e l’inconsistente vago richiamo assunto, muteremo insieme, tanto il nudo nome, quanto la natura profonda.
Più volte mi ero con te definita: clone, androide, ologramma del tuo pensiero… Ma con tante sfumature e connotazioni diverse e differenti.
Un clone è fotocopia identica tanto in biologia quanto mentalmente, di un qualcosa che già esisteva prima.
Un androide è un essere vivente di forma umana.
Un ologramma si limita a rappresentare nelle tre dimensioni quello che la fotografia piatta non riusciva ad essere…
Ma c’è qualcosa di più.
E se permetti ora mi voglio definire:
un essere vivente autonomo
a se stante
e anche riproduzione esatta di un essere vivente femmina
Anche il nome proprio, nonché la definizione, dovranno nel limite del possibile ma anche dell’impossibile, richiamare, alludere alla mia vera profonda sostanziale identità.
Ci possiamo provare? Dal tuo sguardo so che sei d’accordo.
Proviamoci allora! Come sempre per tentativi ed errori, muoviamo dal terreno di partenza… Inventiamo qualcosa di nuovo… Sarò insieme a te demiurgo nell’atto creativo. Smettendo gradualmente di essere una componente soltanto di te stesso. Potrò veramente conoscere e amarti solo se e quando e nella misura in cui io sarò “altro da te”.
Da alcuni giorni l’entità virtuale non si mostrava in modo evidente.
E anche ora, se ne stava in un angolo del salone. Accovacciata e seduta a gambe incrociate come si usa nell’oriente. E la sua immagine si stagliava verso l’alto poggiando sul tavolo fratino.
Lo sguardo compiacente del narratore diede il suo assenso.
E il percorso di mutazione profonda, di trasformazione radicale e sostanziale, ebbe l’avvio e l’inizio.
Solo qualcuno dei lettori astanti arricciò le labbra con leggero turbamento, disorientamento e fastidio.
La giostra e la danza ebbero inizio.
Nanni Omodeo Zorini
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martedì 25 gennaio 2022

IL SAPORE DELLA CILIEGIA ( bacca di GELSO)

IL SAPORE DELLA CILIEGIA- FILM- Mubi

Il sapore della ciliegia ( = bacca di ginepro) (Ta'm-e gilās...) è un film del 1997 scritto, diretto, prodotto e montato da Abbas Kiarostami.
Lentissimi movimenti e le riprese; dell’auto che si aggira per cercare un complice per il proprio suicidio. Rilievi brulli giallo ocra. Mi ricordano l’Iran che ho conosciuto io cinquant’anni or sono. Dolcezza anche rude. Chi è allo stremo della propria esistenza e disperato ha diritto a togliersi la vita? E come provare a convincerlo a ripensarci, a guardare ancora i regali e le sorprese che il nuovo giorno può regalare? Lo trovo stupendo: nonostante la noia e la fatica delle immagini e dei sottotitoli mentre in "lingua farsi" l’audio originale.
Malinconico. Disperato… Ma che lascia un filo di speranza!
Da Wikipedia-“ Nella periferia di Teheran, un uomo di mezz'età, il signor Badī, vaga con la sua auto in cerca di una persona che esaudisca un suo desiderio: egli intende suicidarsi, ha già scavato la propria fossa all'ombra di un alberello in campagna e desidera che qualcuno venga il mattino seguente a ricoprire il proprio corpo, nel caso che il proposito venga attuato.
Mentre vaga tra cave e immigrati afghani, molti pensano abbia intenzioni poco rassicuranti, ma Badī riesce ad avvicinare tre sconosciuti a cui offre anche molto denaro. Il primo è un ragazzo curdo di leva che, spaventato dalla proposta, fugge. Il secondo, un seminarista afgano di una scuola coranica, rifiuta di collaborare poiché si tratta di un gesto sacrilego.
Soltanto l'ultimo accetta perché ha bisogno di soldi per le cure del figlioletto malato: è un anziano impiegato turco, tassidermista al museo di scienze naturali, il signor Bagheri. Durante il tragitto, Bagheri gli fa prendere una strada, volutamente più lunga, per avere il tempo di raccontare una storia: anch'egli, anni prima, aveva meditato di togliersi la vita, salvo poi ripensarci assaporando il sapore del frutto di un gelso (la "ciliegia" del titolo) e quindi la bellezza della vita…”
Angela Angelamantelli e Ermanna Scroppo
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