scegli argomenti:

giovedì 27 febbraio 2020

PREOCCUPAZIONE, PAURA… E PANICO…
(v. ADNKRONOS)
"Gli psicologi ricordano come "LA PAURA È UN’EMOZIONE POTENTE E UTILE. E’ STATA SELEZIONATA DALL’EVOLUZIONE DELLA SPECIE UMANA PER PERMETTERE DI PREVENIRE I PERICOLI ED È QUINDI FUNZIONALE A EVITARLI. LA PAURA FUNZIONA BENE SE È PROPORZIONATA AI PERICOLI. Oggi molti pericoli non dipendono dalle nostre esperienze. Ne veniamo a conoscenza perché sono descritti dai media e sono ingigantiti dai messaggi che circolano sulla rete. Succede così che la paura diventi eccessiva rispetto ai rischi oggettivi derivanti dalla frequenza dei pericoli. In questi casi la paura si trasforma in panico e finisce per danneggiarci".
"Si ha più paura dei fenomeni sconosciuti, rari e nuovi, e la diffusione del Coronavirus ha proprio queste caratteristiche" continua la nota dell'l'ordine degli psicologi. "A tutt’oggi, i decessi per influenza non da Coronavirus sono molto più frequenti. Di questi però non si ha paura perché ci siamo abituati a tal punto che molti italiani ignorano addirittura i benefici, in chiave preventiva, dei vaccini. Si ripete la differenza tra la paura dei voli in aereo e la scelta volontaria e sotto il nostro controllo di guidare un’automobile. Per evitare che le paure siano sproporzionate e creino forme di ansia individuale e di panico collettivo proponiamo di condividere un “decalogo antipanico”. Alcune “chiavi di lettura” che possono aiutarci ad evitare due errori possibili: sopravvalutare o sottovalutare (negare) il problema.
https://www.adnkronos.com/…/coronavirus-ecco-vademecum-anti…
(La Adnkronos è un'agenzia di stampa multicanale di informazione e comunicazione italiana con sede a Roma. È parte del gruppo editoriale «Giuseppe Marra Communications». Wikipedia)"
Negli anni 60 ricordo la mia amata zia che aveva conservato un'abitudine imparata nel tempo di guerra: di fare scorta di generi essenziali di zucchero, sale, farina… "Sai, non si sa mai… In quegli anni per periodi imprevedibili mancavano molte cose… Che ne dici? Ti do qualche confezione che ho qui da un po' di tempo… Io tanto ne faccio delle altre di scorte… Ahahah…!"
I supermercati stanno esaurendo tutte le scorte… Oltre alla maggior parte dei generi alimentari…Soprattutto quelle di mascherine generiche e non specialistiche, di Amuchina, candeggina… … Per disinfettare tutto…
Sarebbe forse il caso, usando il buon senso della realtà, di non farsi trascinare ingenuamente e scioccamente, non solo per le scorte, ma anche nel livello di preoccupazione, evitando che degeneri nel panico incontrollato maniacale di massa…
Stando ai dati oggettivi basati sui numeri dei contagi, degli ammalati, e dei decessi, nel mondo e soprattutto nel nostro paese, e confrontandoli con quelli relativi ad altre forme influenzali stagionali, converrebbe tenere di più i nervi a posto e saldi.
"… Ma, sai, tutti dicono… tutti fanno lo faccio anch'io…"
Ricordiamo certo episodi di panico in grosse manifestazioni musicali di massa in piazza, dove il fuggifuggi incontrollato e irrazionale, causò molti più danni di quelli che il provocatore della bomboletta avesse immaginato…

mercoledì 26 febbraio 2020

PERDERE ... SMARRIRE LA STRADA…?
Aveva provato a metter da parte per un momento le preoccupazioni incombenti, assillanti, disturbanti…
Ma solo per un momento, si era detta.
Poi le avrebbe riprese, una per una…
Anche se era molto difficile si continuava a ripetere.
Adesso lì, dove si trovava in quel momento, dovette ammettere che non si ritrovava.
Fino a poco prima la strada era quella nota, abituale, conosciuta.
Accettata per consuetudine. La faceva così abbastanza di routine.
Prima si va di qua; poi si fa questo pezzetto dritto di rettilineo; poi là in fondo prima degli alberi si gira; ci sono quelle solite case…
Ma in questo preciso istante, le sembrava di trovarsi in un posto sconosciuto. Praticamente mai visto. Per quanto simile a quelli che conosceva da sempre.
Era un po' come se proprio lì, non ci fosse mai stata, non ci fosse mai passata… Boh…!?
Ed era anche abbastanza faticoso continuare il cammino.
Faticoso e anche doloroso per certi versi…
Cosa sarebbe successo se…?
Aveva in parte rimosso e accantonato le preoccupazioni incombenti, assillanti e disturbanti…
Ma solo in parte.
Continuavano a ronzarle dentro la testa i pensieri e a volare intorno come farfalle scure.
Provò a fare il punto della situazione.
Il luogo, l'ambiente, il contesto le apparivano sconosciuti. Nel senso che non ricordava di essersi mai trovata in condizioni analoghe.
Eppure viveva sempre nello stesso mondo. Eppure lei pure era sempre la stessa.
Per quanto ricordasse le parole di lui: «nessuno di noi è mai identico al sé stesso che era poco fa. Un mese fa. Sei anni fa…
Siamo sempre nuovi.
Anche se permane il ricordo precedente…
Siamo sempre anche il bambino e la bambina che siamo stati...»
E lei pure era continuamente anche la bambina e la ragazza e l'adolescente che era stata anni prima.
Ed era anche la stessa donna alla quale era balzato il cuore nel petto quando aveva incontrato lui.
Tu-tum, tu-tum, tu-tum…
Ma ora? Cosa ci stava facendo qui? In questo ambiente in questa situazione sconosciuta, nuova, inusitata, imprevista?
Accanto alla stradina di terra battuta, dei tronchi stavano ad asciugare per essere poi segati e inviati per scaldare nei camini.
Si sedette un momento su uno di essi.
Sentiva un po' di freddo.
Senza alcun pericolo raccolse alcuni sterpi secchi e nodosi, e con l'accendino si accese un fuocherello.
Poco dopo sentì il calore che le arrivava verso le terga e la schiena.
Il tepore caldo un po' alla volta la rinfrancò. La rassicurò.
Provò di nuovo a fare il punto.
Lei era arrivata da quella parte là. Girandosi a guardare riconobbe la sua provenienza.
Provò a ricostruire i passi che aveva compiuto fino a lì.
Anzi, andò anche un pochino più indietro nei propri passi, nei propri momenti, nel proprio vissuto precedente…
«Sì già…
Prima era successo questo…
Poi quest'altro…
Poi il tu-tum magico che mi aveva riacceso il cuore come il fuocherello alle mie spalle… Poi avevo ascoltato la voce di lui, calda, robusta come una quercia… sonora…
Avevamo riso insieme.
Avevamo gioito insieme.
Prima dell'inciampo che m'aveva fatta più volte cadere.
Poi mi ero rialzata. Avevo di nuovo riso e gioito con lui.
Ogni tanto ancora mi capita e questo dimostra che il paradiso e la salvezza sono a portata di mano.
Ma è mai possibile che essere inciampata qualche volta nella vita possa impedirmi di rialzarmi, di riprendere il cammino spedito, di ripartire verso l'azzurro del cielo e l'intenso calore del sole?
Che bello questo calduccio del fuoco che c'è qui dietro.
Non c’è certo nessun rischio di dar luogo un incendio.
Non ci sono rami qui vicino alle fiamme.
C'è solo questo soffio caldo, questa carezza che mi ricorda quelle che ho già gustato tante volte rinascendo daccapo…
E mi ricorda il suo calore umano intenso.
Voglio affrontare uno alla volta, con calma, pensando di parlarne proprio a lui, tutte le preoccupazioni che mi assillano…»
La sera intanto tardava ad abbassare il suo velo scuro.
Aveva ancora un po' di tempo.
Ne approfittò.
Uno alla volta provò ad affrontare i nodi di quel groviglio che le sembrava inestricabile. E parlandone dentro di sé in silenzio si accorse che ne stava parlando proprio a lui.
E vedeva il suo volto, i suoi occhi scuri rassicuranti, il suo cenno del capo che la invitava a continuare.
Uno alla volta i nodi si lasciarono sciogliere.
Ciascuno per quanto complesso aveva una sua soluzione.
Alla fine si accorse che la strada avrebbe potuto riprendere e riaprirsi serena.
Là in fondo, dietro gli alberi, appena passata la chiesetta col piccolo campanile, vide che c'era passata molte volte per quella stradina che le era parsa pure pochi istanti prima sconosciuta.
Senza accorgersi tese la mano alla mano che lui le tendeva nel pensiero.
Era una mano calda.
Come le fiamme del fuoco che l’avevano rinvigorita poco prima mentre era seduta sul tronco.
E si lasciò condurre.
Non era poi così difficile.
Quelle strade e quei percorsi erano i suoi.
Le aveva lambite infinite volte.
Però preferì giocare a far finta che fosse lui a condurla per mano.
E metaforicamente era proprio così.
Lei conosceva i percorsi tra gli alberi, le chiesette e le case…
Lui conosceva la strada della vita...
E sempre dentro di sé, gli disse:
«grazie Ciccio, tu sei la mia salvezza…
Fra qualche giorno ti ringrazierò con il mio regalo che tu ambisci e ami tanto…
Io regalo a te quel che tu regali a me…
Ora so dove andare…
Dovunque, e anche qui nella realtà, purché con te…»
Credeva di avere perduto la strada. Di essere inciampata irrevocabilmente.
Ma ora la strada di terra e anche quella di vita erano tornate rassicuranti per il suo, per il loro comune cammino…

martedì 18 febbraio 2020

CAMBIARE TUTTO PER NON CAMBIARE NIENTE


«"…CAMBIARE TUTTO PER NON CAMBIARE NIENTE",
così scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa…ne Il Gattopardo
Emblematica affermazione (in campo politico, ma anche spesso nella pratica quotidiana della vita di tutti giorni di molte persone).
Lasciando da parte per un po' il testo letterario e fermandoci al messaggio profondo, pessimistico, senza speranza sotteso dovunque, viene facilmente da pensare a quando in certe situazioni e relazioni ci si dà una rinfrescata.
Quasi a simulare che si ridà il mazzo delle carte di nuovo.
Ma gli ammiccamenti, gli sguardi d'intesa di chi sta al tavolo da gioco, il sottinteso, lasciano intravvedere all'osservatore esterno che si tratta solamente di un cambiamento di facciata.
La nuova maschera che viene indossata cerca di ingannare. Con il solito: "facevamo finta che…"
Se il "cambiamento" non è sostanziale, radicale, profondo, non è assolutamente cambiamento.
Si tratta soltanto di aver mutato d'abito.
Atteggiamento esterno.
E certo ci vuole coraggio per un vero cambiamento.
Che senza distruggere o negare la realtà, rifaccia i conti con gli elementi in gioco.
Cercando di disporre, per davvero e non per finta soltanto, gli elementi del puzzle.
Il cambiamento proclamato, promesso, paventato e ventilato, deve spostare alla radice i termini della situazione.
Senza dimenticare, trascurare o buttare nella spazzatura la situazione precedente, ma anzi proprio partendo da essa, deve avvenire una reale autentica radicale "ristrutturazione del campo".
Altrimenti è aria fritta…!
Autoinganno!
Può anche darsi che convenga tapparsi il naso, dare a vedere di crederci, accontentarsi al ribasso. Soprattutto quando i termini della questione e della situazione sono troppo radicati. E quando la volontà dei protagonisti è proprio quella di mutare solo tono di voce, di atteggiamento, raccontando a se stessi una barzelletta.
«Come erano le condizioni precedenti?
Quale mutazione è stata operata o è avvenuta?
Quale è il risultato finale?»
Molto spesso si cerca di dare l'impressione che tutto cambia proprio perché non cambia assolutamente nulla!
E si cerca di dare quest'impressione soprattutto a se stessi. Con l'alibi da parte dei soggetti che non era abbastanza conveniente; era troppo faticoso doloroso e sconvolgente; la situazione era troppo incancrenita, cronicizzata,…
E chi glielo faceva fare di buttare tutto all'aria completamente?

lunedì 17 febbraio 2020

PRESA DI COSCIENZA?
Temporanea.
Egli si pose nella posizione più comoda. Assunse lo sguardo ispirato. E dopo avere riflettuto come si conveniva, cominciò a parlare…
«… Come sempre ti dissi, tutto si pone come essenziale nel "CAMBIAMENTO ".
Apparentemente ciascuno si comporta come se la realtà ed esso stesso fossero stabili e immutabili.
E ci sta in questo la profonda pigrizia. La consuetudine ad accettare lo status quo, la condizione abituale. Senza mai provare a riguardarla dal di fuori. Tenendo soltanto nel retropensiero la convinzione, la quasi certezza, che siamo immersi nel liquame fino al collo.
Addèstrati invece, con buon allenamento, a provare a guardare a te stessa e alla tua condizione dal di fuori. So e sai anche tu che è possibile e molto più naturale di quanto possiamo temere.…»
L'alunna/discepola, si mostrava con il suo atteggiamento abituale di un'intera vita: remissiva, devota, convinta. Ma intanto viaggiava su un terreno parallelo di consapevolezza interiore.
«… Nessuno è mai identico a se stesso. Ma sempre in continua trasformazione. Quel che ci pare di noi stessi di qualche istante prima, è già mutato. Si tratta di pilotare, favorire, condurre questo processo di presa di coscienza. Con sguardo esterno davvero realistico concreto e distaccato.
Tu mi dici da sempre quale sia stata finora la tua condizione. Ma ti ci crogioli. Te ne compiaci per pigrizia. E sai benissimo che insieme a quella tua maschera quotidiana coabitano in te le altre maschere… Stenti a voler ammettere la tua profonda insoddisfazione. Anche se la conosci bene. Di quando hai fatto questo e quest'altro e me l'hai raccontato a mezza voce, con un sorriso morboso e profondamente compiaciuto.
Tu quindi non sei solo quello che vuoi mostrare di essere; ma sei anche tutte le altre che sei stata e che vuoi essere... Sai, e non te lo nascondi mentalmente, che sei stata, che vuoi essere, che aneli a una te stessa diversa che hai dentro repressa e frenata.
Agisci. Muta abito e maschera. E assumi quelli più autentici...»
Lampi di comprensione nello sguardo dell'alunna.
«Ma vedi, maestro, io trovo davvero più comodo continuare a far finta di essere quella là. Perché mi piace essere vista così dal di fuori; perché mi tranquillizza far finta di esserlo.
Dici che dunque dovrei smettere di covare nel segreto le fantasie morbose…?
Di curiosare profili umani e somatici che mi piacciono, che mi affascinano e mi turbano…?
Dovrei dunque assumere il desiderio coscientizzato, e portarlo alla luce del sole?
Ma il caldo tiepido e confortante brodo cui sono abituata?
Fare una scelta univoca e il più possibile stabile e duratura. Invece di cercare stereotipi cliché, riconoscere e accettare di averli ormai trovati, e votarmi scegliendo non le controfigure, ma il modello archetipo unico e autentico?
E la sera? Quando mi appresto a entrare nel mondo turbato e morboso dei sogni, smettere di inseguire feticci vuoti? E regalarmi piacere pensando a quell'unico lui?
Ho sempre accettato, subìto, gradito, ricevere tutto tappandomi il naso. Diventare finalmente adulta e tenere solo come un ricordo la bambina oggetto che sono stata?…»
Il maestro guru, si mise ancora più comodo, e decise di abbandonare un istante l'atteggiamento ieratico, caricando e accendendo la pipa. E dandone intense sbuffate di fumo.
Porse a lei il kalumet acceso.
Dopo avere tossito.
Lei allungò una mano da sotto il playd dove stava accucciata, mostrando tutta la sua pelle bianca.
«… E allora che me ne faccio dello squallido mostriciattolo al quale sono stata finora appiccicata, per comodità, pigrizia, per poterlo punire vendicandomi di essere da lui trascurata, disprezzata, disistimata…?
Fuggendo a cercare soddisfazione nei sogni e nella trasgressione come ho fatto con te finora e non solo ?
Ti confesso che trovo comodo spiegare a me stessa che non si tratta di una mia mancata strutturazione autentica, ma che è tutta colpa sua…
Per questo me lo tengo come alibi e giustificazione…»
Il maestro, depose la pipa nel portacenere di rame.
E si mise a frugare sotto il playd.
Che presto scivolò via…
«… Senti, perché non andiamo di là in camera adesso…?»
Disse lei con occhio lascivo a quel punto.
I fumi d'incenso e di sandalo continuavano a permeare l'aria.
Le candele a lanciare i loro guizzi rossastri arancioni.
Il mostriciattolo rimase rintanato nei suoi recessi bui.
A consolarsi con le sue bottiglie.
E per un lungo istante, che parve divenire eterno, il maestro e la sua alunna un po' adulta, ripresero il cammino abituale.
Con pause estatiche e gioiose.
Fin quando lei mostrò di volere di nuovo riprendere e riassumere la guida e la conduzione del suo corpo della sua vita.
E si affrettò a fuggire di nuovo.

sabato 15 febbraio 2020

IL MISUROMETRO
In un posto molto lontano, ma neanche poi troppo, dicono ci fosse un tale che credeva di essere il più preciso del mondo.
Per esempio, quando parlava, voleva sempre mettere il puntino sulle i… A proposito di qualsiasi cosa. Se qualcuno gli diceva che il giorno tal dei tali aveva visto un arcobaleno fantastico ed eccezionale, subito lui voleva porre delle domande molto imbarazzanti.
«Ma eccezionale e fantastico quanto? Perché a me risulta che in un altro posto mesi prima ne sia stato osservato uno ancora più fantastico…»
Insomma, i suoi interlocutori restavano sempre imbarazzati e basiti. Senza parole.
«Si fa presto a dire che qualcosa è superlativa… Ma l'avete mai misurata? Un sorriso meraviglioso, ma meraviglioso quanto? Bisogna essere precisi, brava gente!»
Non si sapeva bene che lavoro facesse. Aveva provato a fare il carpentiere. A dare pareri nella progettazione di palazzi. Metteva il naso in qualsiasi cosa. Quando dovevano realizzare qualche impresa, una festa da ballo, una vasca per pesci, un giardino di ciliegi, una gita, una scampagnata, tutti si guardavano intorno… Tenendo d'occhio che l'impiccione non fosse nei paraggi. Altrimenti non sapevano più come fare.
Avevano provato a cambiare discorso. A dire che dovevano andare a portare la ricotta alla zia. Che aspettavano una telefonata dal Belgio. Che dovevano annaffiar i gerani. Macché… Quello ci s'infilava a gamba tesa, e a tutti i costi voleva dire la sua. E allora bisognava rinunciare al progetto.
«Hai un bel dire che tua cugina ha cucinato un risotto come pochi. Ma hai mai provato a misurare un risotto? Che strumento usi per misurare se un risotto è migliore di un altro?
E poi dici che quell'amico è davvero un amico. E gli altri sono meno amici dunque? Quanto uno può essere più amico di un altro?
E mi fanno ridere quelli che dicono che una donna è la più bella del mondo. Ma più bella in che senso? O che si sono innamorati come non gli era mai capitato… E che amano per davvero, tantissimo, più di qualsiasi altra volta… Ma come fanno a dirlo?
O che far l'amore quella volta lì è stato davvero fantastico. Come non mai. E le altre volte allora? Aria fritta?…»
Nessuno osava più dire in sua presenza, o quando lui era stato visto nei dintorni, che c'era un sole straordinario. Che era la giornata più bella della stagione. Che avevano avuto una paura immensa. Che quel film o quella canzone erano migliori di altre. O che avevano avuto un mal di denti così doloroso come a nessuno era mai capitato.
I suoi conoscenti, oltre a evitarlo e fuggirlo, lo guardavano con un misto di ammirazione e di pietà. E ogni volta che assistevano alle sue dissertazioni sulle misurazioni in assoluto, erano costretti a riflettere a lungo; e spesso entravano in crisi.
Fatto sta che un giorno in quel luogo lì, in quel paese lì, per la festa del patrono, venne della gente ad organizzare una gara.
Ciascuno avrebbe dovuto raccontare qualcosa di speciale.
E chi voleva avrebbe potuto leggere delle proprie poesie o dei propri componimenti di prosa.
Ma al di là della recita, gli organizzatori inventarono un marchingegno cervellotico. Tra gli ascoltatori un capogioco avrebbe scelto una decina di persone. Che avrebbero composto la giuria. Ciascuno aveva a disposizione un certo numero di punti da uno a 10. E al termine avrebbero alzato le dita della mano per dare un voto. Il voto più basso e il voto più alto, non si sa bene perché, sarebbero stati eliminati. E si sarebbe fatta la somma dei punti degli altri. E si sarebbe scritto su una lavagnetta col gesso.
E così via si sarebbe andati avanti per eliminazione.
Alla fine si sarebbe disputata "la bella"… E qualcuno sarebbe stato insignito del titolo di migliore degli altri.
Dissero che quella cosa lì l’ avevano inventata molto tempo prima nelle Americhe. E che era stato già attribuito un nome abbastanza buffo: "SLAM". Come il rumore di una porta aperta che sbatte per il vento. E quando le gare riguardavano testi poetici, le chiamarono all'americana "POETRY SLAM".
Le bottegaie, le massaie, i netturbini, i disoccupati e gli esodati, i pensionati, i notabili del paese che non avevano la puzza al naso, si affollarono per assistere a quella nuova gara.
Non c'era ancora la televisione. E neanche la telefonia mobile. E la gente allora si accontentava di poco.
Fu un vero cataclisma!
Nacquero discussioni infuriate. Come si faceva a dire che una certa poesia era migliore di un'altra? Che valeva otto o nove anziché quattro o cinque?
Era ormai passata da molto tempo la ricorrenza della festa patronale. E nei bar, nelle osterie, tra il pubblico dei giocatori di bocce, erano ormai nate delle discussioni filosofiche a non finire.
Il signor preciesetti continuava a buttare benzina sul fuoco. Ponendo dubbi, domande, mettendo in crisi tutti…
Alla fine saltò fuori tra gli altri un tipo anziano e bizzarro, che tutti chiamavano il barone. Non si sa bene perché.
«Ma ditemi un po', brava gente, e anche lei geometra precisetti, come si fa a dire che una giornata è più bella di un'altra? Che un amico è più amico di un altro? Che un amore e più amoroso e amorevole di un altro? Che una malinconia e più triste e dolorosa di un'altra? Che abbiamo fatto l'amore e ne abbiamo goduto in un modo eccezionale unico come non mai?
Che una poesia abbia un voto più alto, che un film o una musica meritino un punteggio più elevato, che un sorriso o un bacio siano migliori in assoluto?
Suggerisco a tutti voi di inventare uno strumento, o una scala di grandezza e di valori, che possa servire come MISUROMETRO.
Dato che temo che sia difficile arrivare a far ciò, suggerisco di limitarsi ed accontentarsi di giudizi relativi…
A me, ad esempio, piace moltissimo lo sguardo della donna che amo. Godere e far l'amore con lei è per me superlativo. Il mio amico tal dei tali lo trovo particolarmente affine e mi ci trovo meglio che con gli altri. Ma questo vale solo per me, e fino a quando non avrò mutato parere…»
In quel paese lì e anche nei paesi vicini i POETRY SLAM, vennero presto dimenticati se non per deriderli. E chi parlava bene dell'uno o dell'altro, spesso aggiungeva che quello era soltanto il suo punto di vista.…
Nessuno invece si mise più a decantare i piaceri amorosi e neppure i partner ideali.
Per mantenersi di più sul relativo… Ma anche per evitare di essere presi troppo presto in parola… Temendo di convincere gli ascoltatori: che poi avrebbero provato anche loro a corteggiare spudoratamente e sfacciatamente la donna meravigliosa paradisiaca eccezionale che loro avevano decantato.
Solo nelle elezioni e nelle votazioni si decise di continuare a scegliere chi veniva ritenuto il meno peggio e perciò il migliore. Ma anche in quel caso spesso accorgendosi dopo di avere sbagliato tutto.
Solo il barone, dentro di sé e con i pochi intimi amici e confidenti, continuò a dire che la sua donna era il massimo nel fare l'amore…
E lei, dal canto suo, affermava la stessa cosa, e aggiungeva anche che lui scriveva poesie e racconti straordinari.
C'è da aggiungere però che il barone era profondamente affascinato e innamorato della sua baronessina. Che (ma lo racconto solo a voi che mi state leggendo ora) continuò a chiamare la mia ciccina, la mia gioia, la mia Gigetta ... ma questo è un segreto… Non raccontatelo in giro vi prego…!