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martedì 29 marzo 2022

 E mi va di riprendere il discorso sulle varie dimensioni spaziotemporali di quanto abbiamo vissuto. Nel vivere e poi nella narrazione.

Come sanno le persone che mi sono care, frugo spesso nelle piattaforme dei film in streaming. E ho trovato per caso la versione di Amleto del 1948 diretto e interpretato da Laurence Olivier. Che allora, negli anni 50, mi aveva affascinato grandemente. Nella scialba sala cinematografica dell’oratorio dove ci portavano con l’Istituto. In quel caso potevo anche smettere di cercare con gli occhi le belle ragazze se c’erano nelle altre file.
Mi ero poi procurato nella versione mignon della Rizzoli tascabili tutti i testi che potevo di Shakespeare. E quindi anche Amleto. La traduzione del testo inglese non era delle migliori. Comunque io me l’ero letto e riletto infinite volte. Memorizzando in quella andante versione il monologo essere o non essere.
Salto nel tempo. Passaggio tra una dimensione è un’altra precedente.
Difficile spiegarlo. Allora, all’oratorio salesiano, non avevo colto la pedanteria che assumevano i versi tradotti in rima un po’ alla buona.
E neppure l’enfasi eccessiva che Olivier ci aveva messo.
Me ne sono accorto perfettamente oggi. Passando da una dimensione all’altra. La visione attuale in tempo reale non coincideva assolutamente con quella degli anni 50.
Un’operazione successiva, pure essa rischiosa e deludente per me: visionare la versione cinematografica di Kenneth Branagh. 1996. Scomparso il bianco e nero del 48. Sostituito da colori che ho trovato eccessivi.
Il nocciolo e il nodo che voglio illustrare è semplicemente questo. Ottimo il lavoro in pellicola fatto da Laurence Olivier. Probabilmente pure ottimo quello del 96 di Kenneth Branagh. Senza dubbio in assoluto ottimo il testo inventato da Shakespeare.
Ma tutti questi si collocano in nicchie spaziali e temporali distanti. Separate. Distinte.
Mi è più chiaro quindi l’assunto che avevo buttato giù ieri parlando di quegli altri film…“source code”, “enemy”, “premonition”…
I salti temporali e spaziali sono un prodotto della nostra mente. Della nostra coscienza presente che può permettersi i salti avanti e indietro di qua e di là. Sono perciò credibili e accettabili nella finzione cinematografica
Geniale, quando ci riesce e lo fa bene, il narratore, il cinema e il regista a farci vivere queste esperienze. Che lui, l’autore, ha solo messo insieme. Il cinema siamo noi che lo guardiamo! Che è un po’ simile a quella altra affermazione che mi piace tanto: la vera poesia e il vero poeta stanno in chi gusta i versi e legge la poesia! Regista e scrittore si limitano a predisporre gli strumenti per il gioco di prestigio.
Nanni Omodeo Zorini
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lunedì 28 marzo 2022

 https://www.mymovies.it/film/2011/sourcecode/

SOURCE CODE- Prime video
Questo film “source code”, (come pure “enemy”, “premonition”…) è molto giocato sulle varie dimensioni della realtà, quella “reale e qui presente” e altre realtà parallele.
Spesso nella marea di film proposti in streaming, per molti viene fatto ricorso a poteri extra straordinari… Con dei prodotti abbastanza fasulli e fantasiosi
Qui è giocato molto di più sulla coscienza presente che riesce ad avere una visione in avanti o indietro senza sembrare assurda, impossibile, improbabile… Quindi maggiormente credibile …
Infatti con la nostra coscienza corredata dalla fantasia e dal pensiero ipotetico riusciamo a concepire e ad accettare questi salti temporali e questa contemporaneità di dimensioni di realtà.
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domenica 27 marzo 2022

 NOTTURNI GIROVAGARI

E allora, si tratta soltanto di pigra, svogliata e dimessa obsolescenza? Per tutti quei miliardi di frammenti ospitati nei nostri recessi mnemonici… che diventano così desueti, messi da parte, inattuali…?
Può darsi, forse anche.
Però è un fatto che ci sono. Che esistono. Che li abbiamo ancora sempre.
E anche quelli che oniricamente ci regala, consolatorio quando riesce ad esserlo, il sonno.
Magari anche come la foto di Richard Baker del Bairro Alto di Lisbona, che oggi regala il manifesto, e che da tempo ostentavo qui nel mio profilo.
I colloqui e i parlari ai convegni, ai ritrovi, agli incontri avvenuti davvero o non avvenuti mai. Ma solo ipotizzati, voluti, ambiti, auspicati. Coccolati nel desiderio vivo e pulsante del sempre.
Fantasie camuffate da realtà.
Ne incontriamo molti, spesso. Nel girovagare tra le ombre riposte, fittizie, verosimili ma non meno concrete e reali. L’apparato neuronale con il suo staccio seleziona, distingue, eppure sa inventare. Accantona inutili immagini mentali, visive, odorose , sonore. Fasulle. Obsolete oltreché desuete.
E fa un buon lavoro lo staccio solerte.
Anche se, talvolta, ci offre e ci regala imbarazzanti sequenze di vuoto, di ricerca vacua, di smarrimento di strade, di oggetti, di bussole e percorsi sfumati…
Ed è vivo e vero ciò che rimane. Che pulsa. Che ha avuto un corpo e un’anima concreti. O che li ha solamente vellicati, ambiti, desiderati.
Grati, perciò, finché è dato tempo ancora, gustiamo alla onirica mensa. Ché sempre, e sempre di più ancora, la vita è sogno.
E talvolta è tutto più vero del vero.
Michele Francesco D'Agata