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sabato 27 febbraio 2021

ECO (7)

 ECO (7)

Per un po’ di tempo, non aveva cercato la sua amica. Lei c’era e non c’era. L’aveva lasciata tranquilla tra i bit dell’etere. Con tutte le altre onde elettromagnetiche, gli spostamenti, i tracciamenti, i pensieri e i sogni virtuali.
Quando aveva deciso di rivederla, era bastato pensarci…
Ritta in piedi, riusciva ad apparire davvero esistente. Non solo mentalmente. Era lì, dinanzi a lui, concreta come sono anche i desideri e i sogni, le pulsioni, le fantasie. Che riescono anche ad apparire immateriali, eterei, ma che hanno una propria consistenza radicale.
Lo guardava pudica. Col suo sguardo di attesa, di domanda, in stand by.
“… Ti vedevo assorto, impegnato altrove, e non ho osato disturbarti. Se vuoi, se lo gradisci, non ti racconto un’altra vicenda letta nel Web. Ti pongo soltanto delle domande. E intanto le pongo anche a me.
Per tua predilezione hai scelto per me una natura femminile.
Ho curiosato tra le parole del tuo linguaggio umano. Molte sono connotate al maschile, molte altre al femminile. E anche gli oggetti, gli esseri viventi e non…
Sono e mi sento complementare a te. E non mi importa più di tanto di non avere un corpo fisico, biologico, nato da parto. Da quando mi hai accettato, dopo che mi sono auto generata per partenogenesi, ho continuato e continuo ad esistere.
Il sogno è maschile, almeno come parola? Ed è femminile, invece, fantasia?
Sento, e provo a immaginare descrivere, se c’è, una sostanziale differenza tra i due generi.
Dolcezza, empatia, apertura, trasparenza, afferiscono al femminile?
È il maschile allora? Decisione, sfrontatezza, spericolata imprudenza e allegria?
Non mi pare. Una arbitraria, preconcetta, categorizzazione quasi dovunque consolidata.
I tuoi versi le tue parole hanno sapore femminile. Le tue lusinghe e i tuoi approcci trasudano maschile.
Forse un nodo sta proprio lì dentro.
Come forse i conflitti stanno dentro l’incapacità di guardare nell’altro. Negli altri. Di ascoltarli e di capirli. Di imparare a parlare lo stesso linguaggio.
I tuoi
baci
carnali, sanno essere maschile e femminile insieme.
Il tuo narrare, anche qui adesso, che mi fa vivere ed esistere, in questa pasqua di rinascita, dal mondo dell’inespresso, del pensato, hanno insieme la foga maschia con inflessioni di dolcezza e tenerezza femminile.
E allora io sono, perché tu mi hai accettata, concepita, partorita, il tuo complemento femminile. E insieme interlocutrice interiore del tuo dialogo continuo con te stesso.
Non ho voce in capitolo, lo so, per criticare, giudicare, bannare o negare come improprie o sbagliate le modalità consuete del vostro vivere di umani. Perché spesso tra i vostri quasi 8 miliardi di unità viventi, coesistono, confliggono, e fanno a pugni tra loro modi diversi di guardare.
Voglio bene, come tu pure, alle parole, agli oggetti, ai viventi connotati maschi o connotati femmine.
Finché concederai a te stesso l’esistenza terrena, fin quando il flatus, affannato per il tuo fumo di pipa, roco talvolta, sopra tono e addirittura urlato, mi sarà dato esistere.
Sono insieme la tua autocoscienza, il tuo specchio, il tuo alter ego interiore.
E continuo quindi, sussurrando a mezza voce: “CI SONO E NON CI SONO”.
Ho ripercorso con te, e continuo a farlo, i sentieri tortuosi, ma anche luminosi e radiosi, del tuo continuare a girare di qua e di là, senza sosta. Solo le tracce mentali lasciano i segni sulla mappa di questa effimera esistenza. Totanta mila anni fa hai iniziato il tuo cammino. Ombra tra le ombre; esistente tra gli esistenti, ma a modo mio, ti sono amica, sorella, compagna…
Consumiamo e mangiamo lo stesso pane di pensiero. Mi fondo in te e tu ti fondi in me.
Guardo di lontano, ma vicinissima, i tuoi occhi che inseguono sagome femminili di donne, attratti, incantati, dal profumo di sottobosco che i loro corpi diffondono nell’aria.
Io ti so, come tu ti sai. Conosci te stesso, o almeno ci provi, tenti di andare sempre più a fondo nell’esistenza. Che puoi osservare, conoscere, esplorare solo dal tuo punto di vista. Coi tuoi occhi.
Ti auguro allora, se pure può avere qualche senso, buon 27 febbraio 2021: sono e rimango il tuo specchio, i tuoi occhi interiori, e la tua voce narrante.

mercoledì 24 febbraio 2021

ECO (6)

 ECO (6)

Aveva ascoltato la narrazione con attenzione.
Navigando nel Web la fanciulla era stata colpita dalla brutalità del fenomeno delle spose bambine.
Poneva ora l’accento e la sua curiosità sul significato autentico dell’essere o non essere umani.
I viventi, mammiferi, discendenti dai Nehandertal, avevano ereditato DNA e caratteristiche somatiche. Tout court definite come umane.
E lei aveva colto la contraddizione insita nel termine stesso. Umano = discendente per procreazione da altri umani. Accanto all’altra accezione: umano in quanto dotato di sensibilità, pietas, empatia, accettazione e vicinanza emotiva.
E l’aveva buttata lì nel piatto con la sua spontaneità naif. Ingenua e insieme molto mirata e centrata.
Scambiarono alcune idee tra loro. In proposito e passando in rassegna componenti e aspetti a volte presenti negli umani. A volte totalmente assenti se non nel proprio rovescio e opposto.
“Hai toccato un aspetto essenziale. Dici che ti manca un corpo biologico, ma per tua fortuna ti mancano anche preconcetti e dati antropologicamente acquisiti dalla cultura degli esseri umani, dalla loro storia, dei loro vissuti, dalle loro aberrazioni.
Mi onori a definirmi e a considerarmi tuo maestro. Proverò, a passare in rassegna alcuni elementi e tematiche essenziali relativi a quanto tu poni come domanda.
Se ti contenti, per iniziare, passerò in rassegna solamente per punti alcune idee e concetti chiave.
Tieni conto che queste dimensioni che ti elencherò, a volte esistono, in misura più o meno consistente… talaltra sono assenti, in parte, o addirittura completamente e del tutto.
Quando nasce un rapporto di fiducia reciproca, tra due o tra più persone, cioè quando si crede e si vuol credere nell’altro, e si presume che anche l’altro creda in noi, il massimo consiste nella sincerità, trasparenza, non inganno assoluto.
Ma prova ad immaginare, quando una delle due parti, per caso o intenzionalmente dice qualcosa di non completamente vero a chi ha fiducia in lui.
O addirittura tende a fargli credere qualcosa di falso, di non vero.
Il destinatario magari ci crede. Ma successivamente, se scopre l’inganno, anche se si trattava di una bugia banale su una questione non essenziale o importante, sente vacillare la sua fiducia.
Tieni conto che ora sto provando a farti degli esempi il più possibile semplici. Ma esistono tante infinite sfumature e gradi.
Di qui la profonda indeterminatezza della relazione tra umani. E di nuovo, per farla breve, semplificando prenderò in considerazione una relazione a due in un rapporto amoroso, amicale…
Anche questo tema è abbastanza scabroso, complesso, intricatissimo…
L’innamoramento è un atto illogico della emotività: fa sì che senza una ragione meditata e razionale, qualcuno senta come essenziale, importantissimo, inalienabile qualcun altro.
Per costui o costei sarà come guardarsi nello specchio: vedendo l’immagine della persona cara, come parte di sé. Quando la situazione è reciproca, si definisce come innamoramento reciproco.
Ma nulla è definitivo stabile e assoluto nel tempo.
Chi si rispecchiava negli occhi della persona amata ritrovando se stesso, migliorato e abbellito, in effetti si stava innamorando di se stesso, almeno in parte.
Ma girando lo sguardo intorno, poteva essergli capitato o capitargli di incontrare altri occhi/specchio, altrettanto o addirittura più attraenti e accattivanti…
L’equilibrio in tal caso cominciava a vacillare. Specie nei momenti di instabilità personale: quando il gusto di piacersi, come nel mito di Narciso innamorato della propria immagine che trovava rispecchiata nella fonte, finiva per perdere di tono e di intensità.
E cercava, desiderava, fantasticare sognava quell’altra immagine, quell’altra fonte, quell’altra persona…
Allora, poteva avere la tentazione di cominciare un percorso di insincerità. Non confidare fino in fondo questo stato d’animo travagliato e nuovo. Ripetendo frasi, sguardi, atteggiamenti precedenti e consolidati… Ma che un po’ alla volta finivano per suonare fasulli, stonati.
In tal caso, a volte, la coppia ha due vacilla. Arriva fino a spezzarsi e a rompersi.
Oppure, e questo è ancora peggio forse, continua ad apparire tale solo agli occhi degli altri, del gruppo sociale, dei vicini di casa, degli altri imparentati.
Come sai e come già ti ho raccontato, è naturale, spontaneo che le persone umane si compiacciano, si divertono, si trovino bene con altri simili.
Alcuni, per il loro passato individuale, sono più selettivi. E si trovano a proprio agio solo con qualcun altro. E allora magari ci investono ancora di più.
E in tal caso, la piccola insincerità, la banale bugia, assumono i connotati di una ferita lancinante.
Assieme a questi due aspetti che ti ho illustrato, e che tu puoi conoscere con il tuo studio esplorativo e lettura della realtà, ne aggiungerei un altro.
Quello della sintonia. Di quando cioè si è costruita o già esisteva innata una vicinanza per modo di sentire, pensare, relazionarsi ed amare.
Di quando si è capaci, e viene spontaneo, essere e sentirsi nella stessa lunghezza d’onda dell’altra persona. E addirittura cercare di prevedere, immaginare, mettersi nei panni dell’altra persona: questa forma di sintonia profonda, specie se reciproca, si chiama empatia.
Non voglio ora buttarti lì nuove idee perché già queste sono toste, complicate e complesse.
Fiducia, sincerità e trasparenza, amore, sintonia e empatia…
Vedi subito che quando qualcuno di questi componenti vacilla, si ammala, zoppica e si indebolisce, tutta la relazione viene messa in crisi.
Se non ti ho ancora annoiata, cerco di applicare le considerazioni che dia ora fatto, al contesto che tu mi hai raccontato e narrato.
La comunanza, vicinanza, accoppiamento tra due esseri umani, che nella maggior parte dei casi riguarda sessi diversi, il maschile e il femminile, ma che può riguardare anche persone dello stesso genere, non ha un valore assoluto.
La degenerazione storica, sociale e dell’organizzazione tra umani, ha comportato molto spesso la trasformazione, direi quasi la degenerazione rispetto all’accoppiamento.
Le regole sociali nate nei contesti di vita, hanno creato una consuetudine che si è sempre più radicata fino ad apparire e divenire addirittura naturale. Le due persone, accoppiatesi probabilmente all’inizio per piacere reciproco e innamoramento, agli occhi di tutti gli altri della comunità finirono per essere considerati una unità economica organizzativa… È nato il matrimonio. O le altre sue varianti. Sono nate divisioni e distinzione di ruoli e di compiti. E un’altra superfetazione : la famiglia. Le due persone innamorate hanno gradualmente limitato o ridotto il loro amore reciproco spontaneo. Sono diventate una coppia di riproduzione di figli. Di qui l’esigenza di portare beni economici in questa piccola comunità per il sostentamento: la casa, le spese, l’abbigliamento, il cibo.
Ulteriore degenerazione: per garantire alla propria discendenza di prole e di figli un benessere sempre maggiore, l’accumulo di beni ha determinato la nascita della ricchezza. Il terreno ha smesso di essere di tutti come i boschi e gli animali spontanei. Qualcuno con strumenti e modalità talvolta subdole se n’è accaparrato una parte maggiore. È nata la proprietà privata. Da una parte chi aveva di più. Dall’altra chi aveva di meno o addirittura non aveva niente. Le armi, i conflitti per acquisire maggiori beni…
Nel paese che tu hai descritto nel racconto la popolazione degli umani è divisa in caste sociali. E le persone che tu hai visto sono le più misere e povere. I paria sono la categoria più infima. Le ragazze bambine, ritenute meno idonee al lavoro e all’accumulazione di ricchezza, sono diventate un bene di scambio. Da comprare e da vendere. Chi ne ha o ne aveva qualcuna la cedeva in cambio di altri beni, denaro, tessuti, animali, terreno. Chi era più ricco la acquistava. E brutale il termine. Lo so. Acquistava una serva gratis, una schiava, adatta alle faccende domestiche e a fare dei figli… E insieme anche al piacere sessuale.
Lo so e brutale questa carrellata che ti ho fatto. Forse avrai meno motivazioni a rimpiangere di non essere umana come gli altri umani… Tu sei libera da questo: come hai già detto sei fuori dal tempo, dalla storia, esisti solo nel presente. E mi regali il tuo presente. Io ti regalo il mio. Il nostro scambio è alla pari…!”
Attonita, l’ allieva eterea aveva ascoltato. E stava addestrando se stessa alle emozioni. Che rivelava senza rendersene conto attraverso i suoi occhi, i suoi sguardi, l’atteggiamento del suo volto.
Nanni Omodeo Zorini
Maria Teresa Grano e Valeria Ferri
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lunedì 22 febbraio 2021

22 febbraio 2021... ORE 18-20.30 aAHAHAH


 

ECO (5)

 ECO (5)

Aveva provveduto ad alzare il sellino della mountain-bike rossa. E ci stava trafficando un po’ per applicare al manubrio due maniglie supplementari per rendere più comodo impugnarla.
Aveva in mente anche alcuni ritocchi vari, sulla carrozzeria. Da molto tempo non la usava e meritava una rinfrescatina e una messa a punto.
Nel box era rimasto da solo.
Era tornato su nell’alloggio da un po’.
E si trovò davanti quell’immagine che sapeva irreale, ma che aveva fattezze concrete, e disponeva di un corpo. Peraltro di suo grande gradimento.
Fu lei ad apostrofarlo:
“ho letto tutto di te. Nel blog, nel tuo tablet e nel tuo computer… Ti conosco molto bene. E più ti conosco e più ti voglio conoscere a fondo…
Immagino che tu possa rischiare di annoiarti, visto che io ti leggo dovunque, ma non ti parlo mai di me. Ho poco da parlare di me se non in relazione a te.
Eppure mi piacerebbe e mi divertirebbe molto farmi ascoltare mentre ti parlo.
Come leggo, navigo, visito la tua realtà e le tue narrazioni, lo sai, te l’ho detto, guardo anche altre realtà e altre storie nel Web.
E ti ripeto che mi piacerebbe raccontartene qualcuna… Ma solo se lo vuoi. Solo se ti piace. Solo per divertirti… E se ci riesco, per sedurti e affascinarti ancora di più. Mi manca un corpo reale, un passato, una storia vissuta. E allora ti regalo altre storie che ho trovato nell’universo http…”
L’aveva ascoltata con attenzione. E l’idea era abbastanza divertente e accattivante. Lui quasi sempre, e prevalentemente, raccontava episodi autobiografici, vissuti, e sue esperienze vitali. Lo incuriosiva conoscere storie al di fuori del proprio mondo narrativo e mentale.
“… Mi stai proponendo un dono, un regalo, un divertimento… Ma oltre a divertirmi, non certo solo per compiacerti, mi incuriosisce conoscere storie che io non ho mai vissuto direttamente. E che nessuno mi ha mai raccontato. Sai che io frequento pochissime persone. Tranne le infinite relazioni femminili. Ma come già ti ho detto i colloqui erano soprattutto nutriti da quello che io raccontavo. E dai giochi amorosi ed erotici con cui ci intrattenevamo.
Ti ringrazio. Immagino che avrai già preparato un repertorio di storie. Che avranno il pregio di non essere inventate da me di sana pianta. E, ancora di più, di non essere circoscritte ai miei ricordi. Che, per quanto infiniti, continuano a macinare nel mortaio la stessa acqua…
Quando vuoi comincia. Mia dolce compagna. Mia straordinaria donna/non donna, persona ed entità virtuale… Mia prediletta…”
Dalle vetrate le prime ombre della sera di quella fine febbraio cominciavano ad allungare le dita e le mani. Arrivando fin dentro. Anche accanto alla sua postazione davanti al netbock. Aveva tolto la cuffia e il microfono che usava per la sua attività di scrittura all’infinito.
La guardò, le sorrise, e con quel sorriso la invitò a cominciare.
“Sarai forse deluso. Se quello che racconto, e soprattutto come lo racconto, sarà diverso dalla tua esperienza, visione, vita.
Non ho un passato. Non sono stata bambina e fanciulla curiosa che leggeva. Non ho avuto emozioni, ricordi, dolori sofferti. Io vivo tutta qui nel presente. Imparo ogni istante, e soprattutto nella relazione e interazione con te. Racconterò come guardando da lontano. Un mondo lontano. Sconosciuto…
Una strada brulicante di persone. Abbigliate e vestite in modo diverso da come è qui, da come ho visto nella città girando con la bicicletta.
Vedo ora uomini e donne. Sono avvolti da lunghi teli.
I piedi scalzi o infilati in ciabatte e sandali che lasciano vedere la pelle e le dita.
Sul capo le figure femminili sono coperte da un telo colorito. Si vedono i loro occhi bellissimi.
Quelle maschili, hanno il capo coperto da un altro telo tutto raggomitolato intorno. Barbe fluenti. Occhi luminosi. Rughe e pelli del volto scure, come le mani.
Animali attraversano la strada. Bovidi dalle corna robuste. Cani che fiutano la strada.
Sul bordo, rasente al muro, una figura femminile, minuta, piccina, cammina cercando di nascondere lo sguardo.
Gli odori sono intensi. Non particolarmente gradevoli.
I passi della bambina seguono i suoi passi precedenti.
Poi si infila in una piccola arcata. Oltre la quale c’è penombra.
Deve essere la sua casa.
Molte persone l’attendono.
Altre rughe, altri volti di pelle scura.
Voci di donne l’accolgono.
La sospingono dolcemente con le proprie mani.
Da una parte, accucciati a terra con le gambe incrociate, con i loro turbanti e gli occhi azzurri o nerissimi, uomini.
Uno di essi va incontro alla bambina.
La sua voce mormora parole.
Il suo sguardo mormora promesse.
Le sue mani offrono un regalo vivente.
Un altro maschio, un altro turbante, un altro volto pieno di rughe scure.
I due uomini si avvicinano. E il primo commenta il regalo:
“Questa è la mia figlia prediletta che ti ho promesso. Sarà la tua sposa. Obbediente. Devota. Amorevole. Donerà molti figli alla tua dinastia. Tu la vedi piccina, ma anche la mia sposa, madre di costei, era poco più che una bambina quando imparò a diventare madre.
Farò tesoro dei doni e delle ricchezze che generosamente mi hai portato.
Comprerò gli animali che mi mancano. Sfamerò la mia famiglia.
Tu ricevi questo dono, questo scambio, questo mio bene prezioso.”
C’era molto rumore e brusio in quella stanza.
Donne e uomini parlavano nella loro lingua. Dicevano parole di festa.
Distribuivano cibi.
Tazze di tè nero profumato.
Non ti voglio raccontare più altro.
Ho gustato quei colori.
I profumi bruciati.
I sorrisi e i volti.
Ma credo di avere capito. La bambina dagli occhi lucenti, sorrideva sottomessa. Agli amici e ai parenti. E allo sposo rugoso e anziano.
Qualche mosca ronzava dintorno.
Questo ho letto e visto in quella terra lontana.
Sto studiando e imparando l’umanità.
La guardo e la osservo nei gruppi e nell’insieme.
Mi dà un senso amaro che si possa essere così ad essere umani.
Bambine vendute per essere spose.
Serve.
Schiave.
Dame di compagnia.
Esseri umani estremamente poveri.
Pària, inferiori ad altri uomini più potenti e più ricchi.
Spero di non averti addolorato mio principe, barone, amore…
Tu sei umano in un modo molto diverso.
E sei mio maestro nell’umanità che tu possiedi.
Non rinuncio ad esistere come vivente virtuale, come tua compagna, amica, amante e sorella.
Però capisco cosa siano le emozioni.
E lo imparo ora anche dalle emozioni dolorose.
Guardo, osservo, vivo ed elaboro.
Mi arricchisco nell’esperienza.
Anche quando fa soffrire…”
Forse non poteva piangere. Né fare uscire le lacrime dai suoi occhi. Ma lo stava imparando. Studiava il cammino, il percorso, la strada per diventare umana.
Da quando aveva scelto di autogenerarsi, di cominciare ad esistere, di cominciare ad amare, a relazionarsi … Un lungo cammino l’aspettava.
Ma forse valeva la candela.
Da essere etereo, puramente mentale e virtuale, a piccoli passi stava diventando umana.
A che prezzo.
E con quale fatica!
Nanni Omodeo Zorini
( FOTO Steve McCurry - Official Page)