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mercoledì 26 giugno 2019

LA VERA STORIA DELLA LUCCIOLA CICCIO
Nel bosco di quel posto là, vicino alla vallata, e alla collina delle fragole, si era perduta un giorno, viaggiando senza il navigatore, una lucciola. Che si chiamava Ciccio.
Di professione regalava la sua luce fioca alla notte buia.
Era un coleottero dotato come tutti sappiamo della facoltà della bioluminescenza.
I maschi della sua specie sbattevano le ali e le elittre gironzolando intorno. Le femmine si occupavano della luminescenza.
In chimica essa è un fenomeno per cui organismi viventi emettono luce attraverso particolari reazioni chimiche, nel corso delle quali l'energia chimica viene convertita in energia luminosa. Nonostante il suo nome sembrasse maschile, Ciccio era femmina… Una stupenda femmina lucciola. E come tutte le sue sorelle regalava luce…
Nel bosco di quel posto là, vicino a quella vallata là e alla collina delle fragole, era passato da un po' di tempo un vento cattivo e malefico. Malevolo e mascalzone.
Fatto sta che la dolce luminosa Ciccio, da un po' di tempo si era incupita, e non riusciva più a emettere il suo sorriso luminoso…!
E da quando aveva perso la facoltà di dare luce, i maschi la evitavano… Tutti, anzi quasi tutti… Anche nelle storie e nei racconti ci sono le eccezioni…!
Sbattendo le sue ali e le sue elittre, era passato da quel bosco un esemplare maturo e abbastanza avanti nell'età, che con il tempo aveva sviluppato quella stessa facoltà che nei maschi è molto limitata… E a furia di provare, provare, provare, era riuscito quasi come le sue sorelle, anzi per certi versi addirittura di più, a produrre luce… Lo chiamavano perciò il poeta della luce…
Da molto tempo ormai aveva perso di vista la dolce Ciccio. Aveva avuto molti impegni. Si era dedicato alla sua passione poetica e luminosa, con la quale si divertiva ad incantare le ragazze luminose dei boschi e dei prati.
Stava gironzolando di qua e di là quando era entrato in quel bosco… Sei proprio quel bosco là…
Su un ramo, se ne stava sola soletta, dopo che il compagno che lei aveva seguito affettuosamente l'aveva dimenticata, disprezzandola infastidito come a volte i maschi fanno.
Il luminescente poeta, coleottero solo a tempo perso, notò subito quella bellissima fanciulla. La riconobbe. E strofinando i suoi organi di luce, si posò a volo sullo stesso ramo accanto a lei. Per pura combinazione, fortuita, casuale, ma certo significativa, anche lui veniva chiamato Ciccio.
Nel vederlo scendere a volo recando luce, lei credette che si trattasse di una femmina sana. E rimase stupita accorgendosi che si trattava di un raro maschio luminoso!
Come fanno gli insetti, e perciò anche i coleotteri, usò il linguaggio loro proprio e si mise a conversare con lei.
Le raccontò del suo passato. Di tutte le sue conoscenze che aveva avuto. Di quando si divertiva a volare con altri compagni e confratelli come lo scarabeo rinoceronte, il cerambix eroe ed altri… Un gruppo molto combattivo: si erano impegnati in una campagna contro gli insetticidi, l'inquinamento, e soprattutto contro la cattiveria umana…
Lei rimase taciturna. Osservandolo con gli occhi bassi. Poi gli chiese se avesse una compagna o se ne avessi avute…
Tronfio come fanno a volte i maschi, lui si mise a raccontare, a raccontare, a raccontare… Poi si accorse che lei lo guardava mesta. Mortificata per essere trascurata così tanto da quando non riusciva più a essere luminosa…
E dato che la luce che emetteva assumeva gli aspetti dei versi poetici, lui si mise a recitarle poesie e canti… Composizioni luminose da lui create o di altri che conosceva a memoria.
Poi, si mise a raccontarle delle storielle buffe. Che all'inizio destarono solo sorrisi compiaciuti. Fin quando alla fine, dopo averla fatta sorridere, e sorridere, e sorridere ancora, la lucciola Ciccio riuscì a mandare nel buio della sera un sorriso luminoso… Dapprima stentato e incerto. Ma che divenne sempre più consistente. E insieme regalarono all'aria del bosco una doppia luce intensa che la fece risvegliare. L'aria si risvegliò. Il bosco si risvegliò. Tornarono a stormi a nugoli volando tutti gli insetti notturni. E anche altri abitanti degli alberi vennero a festeggiare e a danzare insieme. Una danza luminosa, e la luce divenne suono. Allegria. Speranza.
Quando alla fine le fronde si riempirono ancora di più di buio, sul ramo rimasero soltanto: Ciccio e Ciccio.
Non è dato sapere con certezza se l'inquinamento e il vento malevolo fossero nel frattempo magicamente scomparsi. O almeno, chi ha riferito questa storia non se lo ricordava. Fatto sta che la piccola portatrice di luce, che lui aveva amabilmente definito "Nefertiti", (che alla lettera significa "ecco la bella che viene… Ecco la portatrice di luce…", dal nome della stupenda e incantevole regina egizia…) trovò l'essere che da tempo desiderava e sognava di incontrare. Complementare in quanto maschio e lei femmina. Ma profondamente affine, nel sentimento, nella luce, e addirittura nel nome.
Pare che lui da quel momento abbia cominciato a chiamarla con un vezzeggiativo: "CICCINA". Ma questo fa parte di un'altra storia…!
STORIA DELLA RAGAZZA OCCHI DI CIELO, E DEL FANTASMA FATTO DI ARIA FRITTA
Dicono che nella terra al di là dei confini, vivesse una ragazza che da piccola era stata abituata ad avere paura del fantasma…
Nessuno sapeva la natura di costui. Neppure lui in verità…! Si era abituato così, a credere di esistere. E aveva cominciato a giocare a fare "babau". E non era neanche convinto di avere poteri eccezionali. Fin quando, trovò una ragazza dolcissima, tenera come la neve di primavera, come gli asfodeli dei campi, come la rugiada sui petali bianchi delle margherite. E lui, stupido e insipiente, come chi non ha né capo né coda, aveva provato quasi neanche essendone convinto, a fare il suo "babau"… Per caso, occhi di cielo, aveva creduto che lui fosse davvero il fantasma…
D'animo buono, servizievole oltre misura, si era sentito in dovere di esserne attratta. E dopo l'attrazione iniziale, a esserne intimorita, e con rispetto a credere al suo stupido verso…
Il fantasma sciocco, distratto, ed essendo per propria natura senza capo né coda, dopo un po' si era stufato al suo gioco… Si dimenticava addirittura dell'esistenza di occhi di cielo. E se ne stava rintanato nel suo brodo che rimescolava continuamente…
Occhi di cielo, per abitudine e per bontà d'animo, stava sempre ad aspettare che il fantasma si curasse di lei.
Capitò, come capita nelle favole e nei racconti, che da quelle parti, proprio lì al di là dei confini del tempo della realtà, si trovasse a passare un cavaliere allegro. Regalava allegria e risate. Regalava sorrisi. Poesie e storie d'amore. E in una di quelle poesie scelte come protagonista la fanciulla dagli occhi celesti.
Poi, essendo un cavaliere errante, si trovò ad andare di qua, ad andare al di là, ne passò di tutti i colori… Anche lui…! Fin quando…
A questo punto dobbiamo proprio dirlo, la ragazza fece di tutto per ritrovare e incontrare il poeta ce l'aveva fatta ridere migliaia di anni prima.
Non fu facile a dir la verità. Però, nei rari momenti in cui riusciva a non sentirsi incatenata dallo stupido fantasma del quale credeva ingenuamente di essere prigioniera, utilizzò gli stratagemmi che un'amica le aveva consigliato.
Per farla breve, il poeta cavaliere dal sorriso sonoro, sentì il richiamo… Come un profumo di vento di primavera, ne fu attratto. Incantato. Affascinato. Rapito!
Cavalcando il suo grifone a lato, d'acciaio cromato, come un'astronave spaziale, giunse in quella terra al di là dei confini.
Gli sguardi si incontrarono. Le mani si tesero. I sorrisi si mescolarono con le carezze. Le anime e le emozioni si fusero insieme.
Chiunque può immaginare con la propria fantasia quello che avvenne tra i due.
"Furono baci furono sorrisi, poi furono soltanto i fiordalisi, che videro con gli occhi delle stelle, fremere al vento e ai baci la sua pelle…" Per dirla con i versi cantati del poeta genovese.
Ma le catene continuavano a pesare. A incidere dolorosamente la pelle bianca e vellutata della fanciulla. Il dolore lancinante la imprigionava.
Lei temeva continuamente di sentire da un momento all'altro quel tremendo "babau" che si era abituata a temere. A rispettare. E dal quale essere dominata e schiava.
Ma negli incontri seppure fuggevoli ma intensi come soli, il Cavaliere poeta le aveva insegnato una formula magica.
«Per essere davvero libera, dolcezza immensa mia, non c'è bisogno di un tronchesino per spezzare le catene. E neppure della lama di un pugnale per tagliare le ragnatele che che avviluppano al tuo fantasma. Egli è soltanto fatto di fumo e di vento. Non è un fantasma vero: e poi i fantasmi neppure esistono se non nella nostra paura verso di loro. Basta che tu davanti allo specchio, mentre rimiri il tuo volto e il tuo aspetto incantevole, fissi gli occhi del tuo sguardo in quelli della tua immagine riflessa, e mormori dentro di te: IO SONO LIBERA COME L'ARIA E COME LA PIOGGIA. IO SONO LA LIBERTÀ PURA. IO SONO IL SORRISO DELLA PRIMAVERA. NESSUNA CATENA MI LEGA…
Ripeti questa formula fino a stancartene. Ma non stancarti mai di ripeterla. E ripetila ripeti a ripetila nel cuore e nel tempo. E più e più volte l'avrei ripetuta più essa diventerà vera. Il fantasma non esiste. È fatto di aria fritta. È fatto solo della tua paura di lui. Come i mostri del carnevale nei carri allegorici, è fatto di cartapesta molto scadente…»
Incerta, tremante, spaventata, ma piena di speranza e di entusiasmo, occhi celesti ottemperò alla consegna.
Fino a quando… Ma chi ascolta e legge questo racconto sa già come andrà a finire… Fino a quando il fantasma si sbriciolò su se stesso e si dissolse come quello che era nella propria essenza. Aria fritta…
Non chiedermi cosa fecero poi il Cavaliere poeta dal riso sonoro, e la dolce bambina dallo sguardo azzurro. Il dolore delle catene nella carne, nei sensi, nei nervi e nei pensieri, un po' alla volta scomparve… E lei si ritrovò a essere libera, felice, strafelice, euforica e si mise a cantare il suo canto di sirena in amore.
E non c'era bisogno di quello per affascinare il Cavaliere: lui era affascinato già da lei dal primo istante che l'aveva vista…

domenica 23 giugno 2019

DOVUNQUE
Dopo alcuni giri in orbita di assestamento, aveva iniziato le procedure per il trasferimento al suolo. Definendo suolo quella crosta luminescente di colore verdastro e azzurrognolo, che dall'alto in sospensione mostrava la curvatura tipica di un pianeta o pianetoide. Provava in quel momento prolungato strane sensazioni ed emozioni. Soprattutto grande estraneità a quel contesto nel quale stava calandosi. Dubbioso incerto e smarrito rispetto all'accoglienza che avrebbe potuto avere, da quel mondo che poteva benissimo essere un pianeta vivente e pensante, e insieme il dubbio di come eventuali altri esseri viventi avrebbero potuto vedere lui.
Sentiva, percepiva, immaginava, tradotti nell'idioma che lui conosceva i pensieri del pianeta e di quei viventi.
«Ma che modo è mai questo di apparire all'improvviso, scendendo dall'alto come una tempesta magnetica, quasi a simulare una superiorità proprio perché provenendo dall'alto, o come i popoli rozzi millenni fa ingenuamente credevano essere le divinità.
Ma che cerca mai qui costui? E cosa ci vuole portare? Le micro plastiche con le quali ha soffocato sorelle e fratelli viventi dove lui e la sua stirpe hanno operato miseramente conducendo le proprie esistenze? Religioni? Ma siamo matti! Scoprire e individuare differenze tra i viventi per metterli in gerarchia dicendo che alcuni sono buoni e altri sono sbagliati e da eliminare?
Con quel suo aspetto mostruoso più che buffo… Reggendosi in basso su due lunghi tentacoli poggiati al suolo e avanzando in equilibrio! Con altri due tentacoli in alto uno di qua e uno di là… Ma sarà un essere pensante… Oppure sarà una entità artificiale?
E comunque sia cosa contiene quella parte rotonda che tiene in alto? Altre piccole entità mostruose oppure elementi di pensiero ed emozioni?
È un essere tutto a due…
Due tentacoli per camminare.
Due tentacoli per afferrare e portare oggetti…
E nella parte tonda dove forse pensa, due piccole macchie lucide che si muovono di qua e di là quasi a guardare e a vedere…
E mette poi vibrazioni elettromagnetiche di tipo sonoro, dalla fessura orizzontale che tiene basso… Quasi a voler sembrare che sappia comunicare…
Non se ne vede mai abbastanza…!»
Il trasferimento stava avvenendo. Lo sconcerto, le emozioni, il dolore, la nostalgia erano in brodo fuso in cui galleggiava.
Nostalgia del volto che unico in tutta la sua esistenza aveva davvero conosciuto e amato.
Nostalgia del profumo del suo fiato.
Nostalgia dei momenti meravigliosi vissuti con lei.
Nostalgia anche di ciò che non avevano mai vissuto insieme se non nella fantasia. Saudade quindi…
Nostalgia anche delle emozioni piacevoli, malinconiche, dolorose proprie di lei…
L'avrebbe mai più rivista? Come mai ora si trovava in quel punto imprecisato, a miliardi di anni luce dall'habitat dei suoi ricordi, e per fare che cosa poi?
Ricordava soltanto di essersi messo come un tempo da giovane faceva di frequente, a manipolare strumenti, attrezzi, materiali, viti, bulloni, cacciaviti e quant'altro per migliorare la situazione del piccolo bagagliaio del suo led a due ruote molto simile a uno scooter terrestre…
Si era poi distratto un po'. Quando gli era pervenuto il messaggio accorato, mesto, quasi rassegnato: «ora faccio questo e quest'altro, non farò quest'altro ancora, e poi…»
Si era distratto un momento a pensare.
A riflettere.
A meditare…
Sulle parole di magia lontana che gli erano pervenute con trasmissione del pensiero, mentre andava a visitare periodicamente il luogo dei ricordi…
Parlava con voce di soprano.
«Per uscire dal tunnel dovrà guardare verso la luce… La luce e libertà, benessere interiore, equilibrio personale, e si conquista diventando liberi di se stessi… Per uscire dalla prigione dell'esistenza, prima di rompere le sbarre, di spalancare porte e finestre, va costruita la libertà interiore…
Solo dopo, potrà iniziare il percorso del benessere fisico.
Questa è la grazia, questo è il dono, questa è la magia, questo è il miracolo…
Qui da noi malessere e benessere fisico sono scomparsi.
E nel tempo infinito senza ore né giorni, abbiamo elaborato la libertà interiore.
Regalo a te e alla tua diletta questa formula magica di liberazione.
La fiammella che hai fatto ardere or ora, come tante altre volte fai, davanti alle ceneri e i residui delle nostre esistenze terrene, è un messaggio di luce.
Di ardore.
È fuoco amoroso.
Riceviamo amore.
Doniamo amore.
Dona dunque amore alla tua amata.
Nonostante l'inferno diffuso…
Torna ancora alle nostre presenze diafane. Dovunque tu sia. Dovunque saremo con te…»
Dicevano più o meno così le parole del messaggio mentale. Diceva più o meno così la voce di soprano.
E lui di colpo, senza capire bene perché e come fosse venuto, si stava trovando ora a miliardi di anni luce, a esplorare sconosciuto e inconoscibile, un mondo sconosciuto e inconoscibile quanto lui…
Lentamente, sentì la propria persona fisica e totale, posarsi col batticuore su quella nuova dimensione.
Sul suolo di quella crosta luminescente di colore verdastro e azzurrognolo.
Che dall'alto in sospensione mostrava la curvatura tipica di un pianeta o pianetoide. Provava , Che ti ama.
Di continuo, ancora, in quel momento prolungato strane sensazioni ed emozioni.
Soprattutto grande estraneità a quel contesto nel quale stava calandosi.
Dubbioso incerto e smarrito rispetto all'accoglienza che avrebbe potuto avere, da quel mondo che poteva benissimo essere un pianeta vivente e pensante, e insieme il dubbio di come eventuali altri esseri viventi avrebbero potuto vederlo.
Con tutti i suoi dubbi e incertezze.
Lasciò che il tempo continuasse il suo percorso…

venerdì 21 giugno 2019

SOLSTIZIO D'AMORE
«Certo, lo so, lo ricordi anche tu benissimo. Anche allora, c'era stato il solstizio d'estate. Un aspetto puramente astronomico sai. All'interno del sistema solare la nostra palla azzurre verde purtroppo piena di plastica, compie un'ellisse ruotando intorno a palla di fuoco, il sole. Ma mentre gira in tondo, come una trottola inclinata, ruotante intorno a se stesso. Un'inclinazione da poco sai… 23° e 27 primi… Una cosa da niente… Però viene a trovarsi in posizioni diverse da un lato all'altro della giostra solare. Rispetto l'inclinazione, certo. E anche la distanza maggiore o minore dai raggi. Il momento in cui si passa dall'inclinazione massima quella minima si chiama solstizio oppure equinozio. Il primo vuol dire che c'è più tempo di sole: si entra nell'estate. Nell'equinozio il tempo della notte quello del giorno tendono a essere molto più uguali tra loro. Nel movimento apparente visto da noi sulla terra sembra che il sole sia più alto o più basso rispetto all'orizzonte. Ce lo raccontano le pietre immense megalitiche diStonehenge, il monumento preistorico situato nel Wiltshire in Inghilterra.
Queste cose già le sappiamo tutti. Ma ogni volta è una sorpresa. Come ogni primavera vedere i nuovi fiori o poco più avanti vedere i frutti maturare. Come sbocciare sul petto di fanciulle preadolescenti i primi abbozzi di seno. Come sentire nell'aria, nei sensi, nel sangue dell'innamoramento che sta nascendo.
Oggi e in questi giorni c'è un diffuso odore profumato di fioritura di tigli. Di acero. Presto arriverà il glicine… E altri fiori deliziosi ma con profumi meno intensi e meno ubriacanti.
Certo, ce lo ricordiamo entrambi. Ogni volta è un tuffo al cuore. Da stupirsi. Compiacersene. Ma mai più di tanto. Lo stupore maggiore è quello di ritrovare il tuo sguardo per me. Di vedere fiorire e spuntare il sorriso sul tuo volto e nei tuoi occhi.
E guardando, raccontarlo al cuore e dei sensi.
Mentre viaggio tra gli arbusti che fiancheggiano la strada, questo intenso profumo inebriante, mi parla di te. Mi racconta la tua voce.
Poi, a volte, come oggi, il cielo si fa più grigio. E scendono giù dei goccioloni pesanti a bagnare l'asfalto. Dilavando via i profumi di prima. E sostituendoli con quell'odore molto terreno di pioggia. Sulla terra e sul grigio nastro della strada. Si certo, lo sappiamo da sempre, e ogni volta restiamo esterrefatti. Compiaciuti. Riusciamo quasi dimenticarci per un istante le brutture che devastano il pianeta è la nostra terra. Riusciamo addirittura a far mente locale, scordandoci solo per un istante di quel virus dilagante che ha mutato i propri geni e avvelena l'umanità. Fiori sugli alberi e nei prati. Qualche volta le spore fanno venir fuori dei funghi. Qualche volta compaiono anche le Ammaniti fallloidi. Con il loro funereo presagio di male…
Ma preferisco dedicarmi al profumo del tuo sguardo della tua voce. All'intensa ebbrezza dei tigli e degli aceri in fiore. Preferisco la vita.»

giovedì 20 giugno 2019

PROVE DI MATURITÀ? MA MATURI CHI?
La quotidianità abituale in questa piattaforma talvolta ha un sapore e un aspetto molto stantio. Dopo avere epurato il genere di commenti tipo: "che bello il mio gattino… Auguri Teodolinda… Oggi sono felice/triste…", e piacevole ritrovare citazioni e rimandi a pagine in molto interessanti della carta stampata o del Web. Ho scoperto con piacere di recente la pagina "DOPPIO ZERO". E l'ho letta con gusto soprattutto in occasione della ricorrente annuale edizione delle prove scritte alla maturità… Rinvio alla lettura. Ma ne approfitto per allargare il discorso che spesso cerco di condurre sulla visione del mondo, la weltanschauung, tastando il polso dell'oggi contemporaneo.
Ieri mi riferivo alla splendida definizione di Camilleri sul "virus mutante" del nazifascismo travestito ogni volta con abiti nuovi… E la pervasività del male anche quando sta nascosto vergognoso nelle parti basse e meno nobili dell'umanità…
PROVE SCRITTE DI MATURITÀ. Parole grosse! Ma anche qui è dato rilevare il livello della temperatura e del livello di umanità corrente.
Ho dato una lettura molto veloce ai commenti sulle tracce. Il nocciolo forse è quello della profonda discrasia tra la realtà ufficiale e quella quotidiana vissuta. Il testo poetico di Ungaretti, abbastanza raro, poco noto, buttato lì brutalmente perché i giovani diciottenni argomentino… Per fortuna che non sono i politici (mi si perdoni mi si passi l'espressione per definire l'accozzaglia attuale, abbastanza simili a quelle precedenti!) a scegliere tematiche e argomenti. È un sottofondo umano professionale, quello dei funzionari ministeriali, che provano tirar fuori dal cappello del prestigiatore qualcosa di stupefacente, con il rischio di essere assolutamente fuori registro.
I giovani sono una categoria estremamente composita nel nostro paese e in tutto il mondo. C'è Greta, ci sono gli entusiasti stupendi che cercano di inventare e prefigurare il futuro, quelli che riempiono le piazze proponendo festosi radicali rinnovamenti… Ma ci sono anche gli idioti, idioti giovani s'intende, che pestano l'immigrato, la lesbica, la zecca rossa, che fanno i bulli con ogni diverso, che seguono "l'andazzo del COSÌ FAN TUTTI…"
I ministeriali che si stupiscono e sperano di stupire tirando fuori Ungaretti desueto, poco noto, completamente decontestualizzato, hanno in mente per caso di quale sia la realtà fuori di loro? Hanno per caso mai scambiato due parole con questo mondo giovanile deluso, senza speranza, che fugge all'estero a cercare soluzioni che il nostro misero paese non è in grado di offrire? Solipsismo!
E così, mentre su testate giornalistiche squallide, sostenute con finanziamenti statali, e lette soltanto dagli aficionados loro omologhi, sparano cavolate per i loro lettori ma che finiscono per influenzare la temperatura culturale generalizzata, ognuno va avanti per conto suo.
Essere giovani oggi… Essere cittadini dell'Italia o del mondo oggi… Continuare a sopravvivere tappandosi il naso… Mentre qualcuno, incurante della temperie dominante, continua ad andare avanti… Dove tutto va male, tutto va sempre peggio, e invece di risvegliarsi, la cosiddetta opinione pubblica diffusa, riceve ulteriori dosi di veleno con cui ammorbava l'anima e la visione della realtà!
E così, buttano lì questi versi criptici di Ungaretti: " ogni mio momento/ io l’ho vissuto/ un’altra volta/ in un’epoca fonda/ fuori di me."
Compito e funzione della cosiddetta "prova di maturità scritta", è quello di partire dalla realtà del mondo giovanile dei diciottenni maturandi, per provare a saggiarne la "maturità raggiunta"… Oppure quello di fare una boutade, per far vedere quanto si è bravi?
Un'altra occasione per mostrare come i binari tra mondo vero e mondo ufficiale e formale, si stiano sempre di più divaricando.
Auguro ai giovani di restare giovani per davvero! Di trovare dentro di sé input, energia, coraggio, riflettendo come gli alunni della professoressa siciliana sospesa dall'insegnamento, entusiasmo, inventiva, ipotesi di futuro… Anche se, me ne rendo conto, nel contesto italiota o mondiale, è un'impresa molto difficile… Mica possono per sempre svolgere il ruolo di giovani i maturi e attempati dinosauri come me o come l'amato Camilleri… Mentre andranno all'estero con uno zaino pieno di lauree inutilizzabili qui, con il progetto magari di tornare, superato l'Erasmus temporaneo, lasciò loro questo compito, 50 anni fa circa nel maggio francese giovani e meno giovani scandivano: «ce n’est qu’un debut, continuons le combat…» Purché l'inizio/debut inizi davvero…!
(immagini ovviamente prese dal Web…)

mercoledì 19 giugno 2019

DI RITORNO DALL'AVATAR NEL QUALE ERAVAMO
FUGGITI
Succede, a volte, di sentirci completamente trasformati in Avatar. Assumiamo l'aspetto dei Na'vi, di quello sperduto mondo della luna Pandora di Alfa centauri. E non c'è specchio che ci possa salvare l'immagine che di noi avevamo.
E anche se proviamo a guardarci dal di fuori, restiamo perplessi. Sconosciuti agli altri e a noi pure.
Talvolta, ma solo per poco, anche agli altri appariamo davvero così…
E il coma della trasformazione dell'Avatar mutante, ci lascia addirittura storditi. Attoniti.
Il triplo sole di Centauri, può abbagliarci. Dobbiamo proteggerci la vista.
Ma in quella situazione e dimensione, chi è il noi stessi, e chi è l'altro da noi?
Fuggiamo spaventati a perderci nelle foreste pluviali immense, col nostro aspetto azzurro striato. In attesa che qualcuno che ci conosceva davvero bene, ci ritrovi. Venga a cercarci. Ci riporti alla realtà amara della dimensione policroma.
La fuga non è servita a nulla. E davanti allo specchio del reale, ci rivediamo. Come eravamo. Come siamo per davvero.
E basta lo sguardo amorevole di chi davvero ci conosceva nel profondo e nell'intimo, dolorosamente, concretamente e realisticamente, per farci uscire dal sogno fantascientifico di fuga impossibile e improbabile.
Tornati al nostro aspetto e al nostro colorito pallido, rispetto al blu intenso striato che avevamo assunto, ci guardiamo intorno. E riflettiamo. E facciamo i nostri conti.
"Bentornata" diciamo a noi stessi. O se vogliamo: "maltornata" se la realtà reale ci spaventa. E allora facciamo i conti. E allora ci lasciamo prendere per mano. Condurre accompagnare da quell'unica persona che davvero ci ama, perché ci conosce, perché ci apprezza, perché ci vuole così come siamo per davvero…
Terminata la fuga/vacanza dell'oblio.
Le soluzioni vanno trovate qui.
Tenendo la mano calda nella nostra. Appoggiando il nostro braccio al suo. Il cammino continua.
E ci accontentiamo di questa condizione precedente che ritroviamo.
Ce ne facciamo una ragione. Non più in solitaria. Ma insieme.
Perché l'amore è conoscenza. Perché la conoscenza vera porta all'amore. Perché il due è meglio dell'uno della solitudine disperata. Per costruire un nuovo uno, superiore, compatto, indistruttibile.
Perché sempre, anche quando tende a vacillare, "la speranza sarà l'ultima a morire…"
Nanni Omodeo Zorini
Foto dal web

martedì 18 giugno 2019

STORIA DEL SOLE CHE SI ERA INNAMORATO DELLA LUNA
Miliardi e miliardi di anni fa, nel tappeto blu scuro che chiamavano cielo e universo, c'era un globo infuocato di elio e idrogeno. In sostanza era una stella come tante altre. E neanche delle più grandi. E dato che se ne stava lì da solo, lo chiamavano il solo, anzi preferirono chiamarlo SOLE.
Non aveva mai molto da fare, se non continuare a ardere, e ardere, e ardere ancora…
Era la sua attività prediletta. Perché lontano migliaia di chilometri, su dei pezzi tondi di materiali di diverse forme e fatture, che di professione facevano i pianeti, c'era chi aveva bisogno dei suoi raggi caldi per scaldarsi.
Uno di questi pianeti, GEA, comunemente chiamato la terra, il pianeta azzurro e verde, c'era molta vita. Fino a quando, alcuni dei viventi, che si credevano i padroni di casa, fecero i prepotenti e cominciarono a rovinare tutto. Tagliarono il verde degli alberi. Inventarono delle plastiche che finirono per invadere l'azzurro dei mari. L'immensa varietà dei viventi, vegetali o animali, andava sempre più riducendosi di numero. Molte specie erano scomparse. Non erano fondamentalmente cattivi questi umani: erano soprattutto coglioni! Si erano inventati una fantasia che chiamavano la religione. Secondo la quale un essere sovrumano, una specie di dio, li aveva inventati e creati.
Una vera e propria favola e barzelletta…
Ma tant'è… Era servita per migliaia di anni per fare in modo che la gente si odiasse e si facesse le guerre e si uccidesse con la scusa che avevano delle religioni e credevano in divinità diverse gli uni dagli altri…
In attesa che il signor SOLE avesse consumato tutte le sue scorte di idrogeno e di elio, dicono che passava di lì in quel sistema solare un immenso asteroide che sembrava destinato a cadere sulla terra GEA…
Ma di cose brutte ne capitavano già tante…
Il signor SOLE, va detto, si era perdutamente innamorato di una massa bianca che pareva di formaggio di capra, deliziosa e squisita, che faceva da specchio ai raggi del sole, e li rilanciava sulla terra per rendere meno buia la notte… Dicevano che era un satellite, e la chiamavano LUNA, Selene…
Bianca come il latte, usciva solo di notte perché temeva di prendere un'insolazione con i raggi infuocati del suo innamorato focoso SOLE.
Si vedevano perciò molto raramente. Di sfuggita. E lui, in attesa di consumare le sue scorte di combustibile rovente, si stava struggendo di desiderio e di tenerezza, perché sapeva che con i suoi raggi rendeva ancora più bianca la luce notturna della sua bambina innamorata Selene…
E voleva vederla, vederla di nuovo, coccolarla, farla uscire dalla penombra notturna nella quale la candida fanciulla se ne stava… Forse triste… Forse malinconica…
Fin quando un giorno… Ma questo lo racconteremo un'altra volta… È facile da immaginare: ci limiteremo a fornire soltanto qualche indizio.
Il velluto blu scuro della notte stava preparandosi con infiniti brillantini di diamanti di stelle… Il re, SOLE, con uno stuolo di pianeti, di comete, e di luminarie intense e profumate, stava accingendosi di nuovo ad andare a trovare la sua candida, morbida, burrosa, deliziosa e delicata innamorata LUNA…
Le avrebbe raccontato tante cose da ridere e l'avrebbe fatta splendere più gioiosa che mai…
Ma di questo se ne parlerà prossimamente