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domenica 7 giugno 2015

Antologia incompleta (aggiornata il 7 giugno 2015)

A h i ,   c o m e   d i r l o ,   s ì
 m i a   c a n z o n e   g a r b a t a   d i   b e t u l l a ,
 M i o   s g u a r d o   a p e r t o   a l l ' i n f i n i t o
 M i a   v o c e   s u s s u r r a t a   d i   f o n t e
 A h i ,   c o m e   d i r l o ,   s ì
 A l l a   s e r a   c h e   s i   v e s t e   d e l   s u o   n u d o
 A l l e   c a m p a n e   c h e   r i d o n o   d i   b r o n z o 
A l l a   b r e z z a   c h e   c a m m i n a   n e l l ' o m b r a
A h i ,   c o m e   d i r l o ,   s ì  
P r i m a   c h e   i l   t e m p o   s i   t r a v e s t a 
P r i m a   c h e   i   b a t t i t i   r i s u o n i n o 
P r i m a   c h e   l e   p a r o l e   b a l b e t t i n o 
A h i ,   c o m e   d i r l o ,   s ì



 S e n z a   o r t o g r a f i e   p l a u s i b i l i
 S e n z a   m o n o s i l l a b i   e s a u s t i
 S e n z a   c a n t i l e n e   c o n s u n t e  
 A h i ,   c o m e   d i r l o ,   s ì
 I l   s i l e n z i o   g u a r d a   p e r p l e s s o  
 L o   s t u p o r e   r i d e   d i   c o r i a n d o l i
 I l   t u o   f i a t o   r e s p i r a   i l   m i o

ACQUE
Le paratie aprono
getti  di acque gelate
a fiotto sgorganti
giù per dirupi a precipizio
e valli assetate d'arsura

bevo azzurri intensi
inebriato
in tramonti procrastinati
sine die
dove la sera impaziente
compiaciuta
rinvia la notte

lente strade di verde bruno
sognano il fresco remoto
di quell'infanzia liquida
giocando
in flashback
ardori più vivi


A L B A
Perché l'alba anche 
quel giorno si era appena affacciata
 
con aria stupita sbadigliando
 
e stropicciandosi gli occhi
 
in bocca ancora quel sapore confuso
delle parole pronunciate prima del buio
su terrazzi e giardini pensili
piccole drupe di ciliegie neonate
quasi promesse sussurrate
a mezza voce con

















































































































sguardi 
appena accennati
 
titubanti

un cenno di brezza 
zufolava prolungato e mellifluo
il suo siiiiiiii in un soffio
 
quasi impercettibile
il giorno c'era già in aria
solo aspettava di maturare
del tutto

AMARTI...
...mi piace così senza burrasche
né sconquasso di devastazioni
senza tremori delle mura
e schianto di vetri fracassati
ma distesi abbandoni di ruscelli
dilagare di lava nella valle
crepitare di sciocchi resinosi
e danza avvolgente della fiamma
lo stupore di neve che sovrasta
e il sorriso gentile di asfodeli
mentre la sera mi regala il nudo
dei suoi seni di cristalli di rugiada
agli occhi arrossati e lucenti
dal vento garbato di febbraio...
sì gioia ti tengo così
tra le mani raccolte a nido
ma so che tanto le urla strazianti
arrivano lo stesso a turbare
l'amore tenero

...gli arti legati coi cavi elettrici
che avevano inferto nella tortura
scariche dolorose
corpi strazianti seminati nell'oceano
dagli elicotteri feroci
onnipotenza rabbiosa

altrovi avevano accolto nella terra aperta
tale e di corpi vivi urlanti e teste mozzate
...e arti slogati ai tratti di corda
per strappare confessioni
di improbabili sataniche orge erotiche
e roghi infiniti fumanti di grasso umano
a purificare da eresie stregonesche...

...strappato il verbo a tenaglie
Dolcino vedeva il sogno di giustizia
con Margherita e tutti gli umili
comunardi andare in fumo
tra fiamme consacrate...

...infedeli impalati nel nome del cristo
proletari sparati a vista
che insolenti chiedevano pane
partigiani impiccati e giudei fatti larve da forno

...etnie da sempre agnelli alla ferocia umana
purgavano l'aria ammorbata
di sacrifici rituali del mostro multiforme
devastazioni infinite e massacri
privi di nomi altisonanti non ambivano
neppure etichette di mondiali guerre...
...il pudore ferito si vieta ora
ulteriori miserere riponendo lo sguardo
nel fodero cieco 

Ti copro gli occhi  gioia mia
ma gli strazi infiniti varcano la pietà
ti faccio culla ti ninno con parole 
il pianto nero devasta

ti sussurro AMORE
ma lo sai
sappiamo
l'eco rimbomba ORRORE



BUONGIORNO donna...
del mondo... della galassia... 
vegana e di Antares...
donne conosciute ( è mai possibile conoscere la donna...?) 
e quelle che non ho mai incontrato... 
per attendere di incontrarle.... 
(provare a conoscerle? capire?
O meglio la sana visione laica...
con un'unica fede: speranza, 
entusiasmo,amore, poesia...)
"Stat incontaminata rosa nomine, nomina nuda tenemus"
ma non solo oggi... buon essere donna.... 
buon esserci, adoro la vostra splendida complementarità.
orfano senza il vostro stupendo femminile...
so che esisto al mio maschile anche 
perchè ho un femminile che mi completa, 
realizza, rende possibile...
!"SEMPRE MI TREMA IL CUORE... QUANDO CI SEI....
E QUANDO NON SEI QUI E PENSO A TE... 
E TI FACCIO E TI REALIZZO... E TI RICREO....DACCAPO... SEMPRE....!"
(ci provo, almeno)
"In principio era il Verbo, il Verbo era 
presso Dio e il Verbo era Dio"
al principio e infine era ed è la donna
Eva primigenia, archetipo, matrice di sensi
di vita, emozioni, tremori, desiderio..
so che si può sognare anche nei libri,
e dunque si possono sognare anche i sogni. 
DONNA, sei e sarai MEMORIA DI TUTTE LE COSE, 
sei tu stessa MEMORIA, sogno, fantasia, ricordo, evocazione...
di tutto quel che è esistito ed esisterà...
NOME e insieme nostalgia, desiderio, rimpianto,
evocazione, sogno, profezia di tutto ciò che esiste, 
esisterà... potrebbe esistere...
può far esistere, insieme al maschio
(orfano del femminile, frammento incompleto
del possibile umano), 
"Canto la tua eleganza, con parole che gemono, e..."
scordo pugnali insanguinati
ma bacio l' "esser donna" 
e il suo profumo di bosco

COMPAGNA SORELLA RESISTENZA
nati nello stesso tempo
amore rosso di sangue
di lotta di speranza di canti partigiani
mangiammo insieme lo stesso pane
che nutristi la mia fame di bambino orfanello
bistrattata ingannata vilipesa
che mi facesti battere il cuore ribelle
nelle camerate cupe
segnandomi sempre la strada per il riscatto
compagna della mia vita
amore dei miei anni fragili e spossati
sempre tenuta per mano
a cercare la strada della libertà
faro luminoso cui recare nuovo fuoco
mesto ti guardo ora
che sempre ci ardi nell'anima
rossa del sangue che ti ha nutrito
non celebro nulla io ora
ma canto accorato la tua eterna canzone
e ti amo di vivo amore
eterna innamorata dei nostri cuori ribelli
donna appassionata e seducente
troppo tradita finora
ricevi ti prego
un canto d'amore infinito
compagna sorella amante
bella
sì bella ciao
voglio sempre fare
l'amore con te

COMPULSIVI  SPASIMI
lancinanti
ebbri della assente presenza 
fragrante
sospesa come l'attesa
maturava intenso appetito 
di frutto di bosco
di marmellate
e composte di rosa canina
la lussuria intensa
scandiva i suoi petali
insanguinati
concupiscenti nostalgie
morsicavano di desiderio vivo
I capezzoli turgidi della risaia
glabre sinfisi pubiche
di latte bianco
protese su promontori consueti
consolavano grigi cieli
di novembre
semitoni bolsi
improvvisavano
melodie inusuali
travestiti da canti di bordone
e tutto rimaneva sospeso
a mezz'aria
anche l'aria soffriva
apnee claudicanti
masturbando le brume
fontane orfane
Stillavano siero di latte di mandorla
torturando scioccamente
il desiderio
Balbuziente

DANZA MEDIEVALE
«Vi sia gradito, gentilissima dama donna Artemisia, il mottetto che rinvenni tra le pergamene vergate, con florilegi garbati e vezzosi, nello stipo riposto nella biblioteca del mio palazzo avito… E permettetemi di condividere, donna del mio cuore e sublime mio pensiero costante, l'anonimo sonetto… Lascio all'animo sapiente che alberga nel vostro sguardo le note che la tiorba e la ghironda certamente suonavano, ora tacite… Aggiungetele voi di vostro gusto… impreziosendolo… come siete usa fare con ogni vostro gesto… Mio sublime gioiello, voi, madrigale e mottetto voi stessa…

Che più dir non si parrebbe
deh graziosa giovinetta
dalla tiorba pur seguito
se il mio motto vi diletta

La verzura tremerebbe
Sovra  ‘l colle per disdetta
per lo dire audace inclito
col sonare senza fretta

Lieve danza moverebbe
cauto passo di scarpetta
di ghironda inver seguito
sussurrato da  l’auretta

Con pudore degnerebbe
Occhio schivo pudichetta
Generosa pel mio invito
a gavotta leggiadretta»
 (Da: il Barone di Carini, testi e corrispondenze apocrife. A cura di Nanni OMODEO ZORINI)

Dove l'hai nascosto,bambina,
il tuo sguardo al fosforo
che di sorpresa scoprivo,
in piazzetta,certe sere inattese
che mi frustavi di sguardi acerbi ?

Annego nella mia solitudine

Cantano le ore dove sei tu?
Biciclette nervose mordono l'aria
per un cono cioccolato e limone
che rimane lì
ad aspettare
che io ti baci la bocca
un pomeriggio di sole
26-VII-'81

E l’auto va
lasciati i viali alberati
e i ciottoli lisci di fiume delle strade del centro
e le nostre abitudini quotidiane, consolanti

E i cieli tersi si alzano maestosi come grandi velari
circondati laggiù dalla corona di atolli di cime ghiacciate;
ogni volta di nuovo stupiamo mentre il cuore diventa leggero
e l’aria si riempie di parole non dette, neppure pensate,sospese

E dicono che l’aria è tornata tiepida, che si risvegliano i  ghiri,
che allagano ancora il patchwork  sghembo delle risaie
che le gemme dei ciliegi stanno buttando foglioline fresche
e anche l’uva spina; solo l’amarena è più lenta e cauta

Nuovi vasti celesti ghiacciati  si gonfiano in alto
come mongolfiere immense dilatate dal vento
spinnaccheri crepitanti di organze azzurrose
e dicono che è bello, così…
                                               Ci mancano soltanto
risate fresche come l’acqua di fontana; singulti
e battiti d’ali.  Gli sguardi stupiti e perplessi
rimandano appena il cenno d’un sorriso.

E l’auto va
lambita da uno zefiro tremante come un ricordo
e tutto svetta via all’indietro sfocato
mentre va, e scorre rapido tutto nel tempo
06 aprile 2010


E SE io ti sentissi lontana
mentre sei appena dietro l'angolo che aspetti
e se io fossi fuori sintonia
e tutto mi apparisse assente
e se fosse un immenso gioco
a nascondino da finire per non trovarsi più
e se pure mi sorgesse il dubbio
di averti mai incontrata
vista conosciuta
e se anche l'aria che beviamo
soffrisse di amnesia
e se nulla mai fosse esistito
o al più fosse apparso solo in un sogno
che nessuno si fosse ricordato di sognare
e se anche il tremito dell'anima
il batticuore
lo spavento di poterti perdere
fossero anch'essi una pura illusione

mi permetto di credere che esisti
ti racconto ogni istante
col pensiero e la parola
ti sogno anche da sveglio
pizzicandomi le guance
sorbendo tazze immense di caffè
riaccendendo ogni volta la pipa
per vomitare nuovi colpi di tosse
ed è questa la mia fede
che mi fa a pregare la presenza
devotamente con l'anima in subbuglio

e mi racconto il tuo volto probabile
la tua carne e di yogurt e marmellata
il tuo profumo di verbena e di rose
l'allegria che urli alle stelle
il tuo sorriso di alba smisurata
la malinconia di ogni partenza
la nostalgia durante la presenza
il fremito perdurante
di trepidazione nell'attesa
il battiburro infinito di parole
l'accorato tripudio del cuore

mi racconto tutto quanto con gusto
se ti sentissi lontana
ma appena dietro l'angolo che aspetti
o fossi fuori sintonia

è questa la mia fede


ECLISSI
Nel vestito d'organza 
e sbuffi di tulle mostrava 
e offriva seni bianchi 
di latte di mandorla al suo amante rovente 
e glutei argentati alle formiche umane
Terrorizzate e spaventate 
facevano vaticini e profeze
Era uno degli orgasmi e dei contatti erotici
che si ripetevano ravvicinati sì 
ma molto distanti per le formiche
misurati sulla distanza del tempo galattico
"Che vedi nei fondi neri di caffè?"
"nettare schiumoso d'ambrosia
sempiterna ai giorni infiniti
rapsodie uggiolanti felici"
rapido volava il contatto
La pallida regina 
scivolava giá
verso congiungimenti
remoti e lacrime di raggi
nella lenta scia volavano
a fecondare lo sterile biancore
Rha dalle mille mani
tratteneva quel pulsare divino
gustato
"Quanto dura dunque questo persempre"
Eternitá relative tentavano colloqui cosmici
ciascuna nel proprio infinito 
provvisorio

FESTA D'APRILE MONDIALE
e anche dalla tua terra
guerrigliero presidente
Pepe Mujica pacifico Cincinnato
tornato alla tua campagna
vengono qui messaggi sapienti
da compagni poeti di strada

e pure dalle terre bruciate dal sole
del continente nero di lutto infinito
che forniscono nuovi schiavi
scampati ai cimiteri mediterranei
qui per l'opulenza residua
al mio malato continente vecchio decrepito
...e da altri martoriati altrove

in un globo terraqueo  troppo piccolo
per esser così ripieno di morti e di stragi
da far impallidire
quasi
orripilanti passati  genocidi e conflitti

questo mondo paese
continua a rabbrividire
mentre un leggero vento di speranza
percorre di lievi fremiti
la nostra festa d'aprile

ostinati e antichi come te
compañero presidente
ad imbracciare le armi
del pensiero e del cuore

intonavamo canzoni pulite
d'amore e di libertà
cercando ispirazione
per i nostri umili peana

mentre la peste integralista
decapita e stupra  ottusa
bieca feroce l'allegria
distruggendo oggi Ninive
come ieri metteva le mutande
ai  nudi della Sistina

e ci stringiamo a coorte
per sopravvivere e cancellare la morte
cantando a passo di marcia
ancora e sempre quel bella ciao
rabbioso di lotta e di sorrisi dilaganti
per i derelitti di tutto il pianeta

per tutti gli esseri viventi
i mari i fiumi e le montagne
mai rassegnati
insieme alzando sempre la testa
e il pugno
ribelli ai soprusi
e insieme andando

“raminghi per le terre e per i mari
per un'idea lasciamo i nostri cari
nostra patria è il mondo intero
nostra legge è è la libertà
ed un pensiero
ribelle in cor ci sta
ovunque uno sfruttato si ribelli
raduneremo schiere di fratelli”
(Nanni Omodeo Zorini Qfwfq)

FIOCCAVANO FALDE MOLLI e bagnate
variamente alternate a pioggia nevosa
in quel fine novembre
                                   di qualche
triliardo di anni fa
                        o giù di li
inutili farfalle bagnate di pioggia

Forse perché avremmo voluto
come più volte dicevamo cullando la speranza
doppiare la boa segnata dall'ultimo compleanno
nel calendario del Maestro e lui
aveva deciso di spegnere lo schermo
per riaccendere la luce diafana
dei neon sulla sala attonita
terminando ogni racconto

Parpaiole lagrimose
di neve gelata come quell'altra
farfalla vieppiù sognata
nel profumo di miele e di saponetta
sul bordo disperato dell'attesa
sul saliscendi delle emozioni nuove
falde definitive ed acquose
che si scioglievano
sul nero manto dell'autostrada

Assorto il dormiveglia del presogno
cantilenava in falsetto con un do alto
di testa
            miserere degli ultimi bocconi golosi
Ahi dolce sapore di mandorla e di aragosta
Ahi intenso sorriso del futuro
Ahi amarena intensa della tua bocca proibita
Ahi malinconia della mia sera gelata
Ahi profumo di morte e di lavanda

Naftalina e canfora tingevano di viola
il nero sporco che stava scaracchiando
flaccidi sputi freddi dalla sua bocca immensa
piena di vecchiaia e di morte
di rabbia feroce e desolazione
di disappunto incazzato e assoluto

Fioccavano parpaiole lagrimose 
di nevischio  gelato  e fradicio
inutili sogni di inutili farfalle
nel fine novembre
                           di ieri
che provava a celebrare così
la tristezza disperata dell'origine
e insieme della fine del mondo.
01 dicembre 2010

FUNAMBOLO
Galleggiando a mezz'aria
funambolo di pensiero  e parola
tu mi ammiri e lo sento e lo so
camminando leggero sul filo
lenti passi leggeri nel volo
sapiente di chi sa dove va

Preparo la mente ed il cuore
questo nudo allo specchio rimiro
che e lo vedo con l’occhio ch’è tuo
è il tuo sguardo col quale mi vedo
e ti vedo guardarmi guardando
nei  riflessi  del gioco infinito

e ti vedo vedermi veduta
rimandando riflessi infiniti
fino dentro i precordi profondi
conosciuta conosco il tuo sguardo
e mi mescolo al tuo guardare
fusi insieme vediamo vedendo

“IL RE DEL PORTOGALLO - non sa ballar la samba…”

cantava  nella sua eco vacillante

una balera lontana, mezzo secolo fa,
“… ma noi che siamo in gamba - sorridere ci fa”
soggiungeva sorniona.

Una nicchia del tempo si era spalancata
per accogliere questa storia;  una macchia
di luce convessa raccontava questo film
provvisorio, ricordi? La guardo ora,
con nostalgia infinita, l’immagine sfumata
nel ricordo, gli occhi velati di malinconia,
la tua mano trema nella mia e non so dir altro,
sai?
            Il tepore languido del ricordo si mescola
all’afa di fine agosto, mentre volo sulla moto
a cercare nuovi aliti di vento.
                                                           Ho acceso un altro cero
alle spoglie orfane di vita, carezzando le loro immagini
diafane e sbiadite.
                                                           E non sappiamo più nulla
di quella canzone remota, che un bambino ascoltava
la sera dalle camerate della colonia di Igea Marina
e che per caso, ora, ci è capitato di visitare.
Le signorine li lasciavano soli, all’imbrunire estivo,
per qualche incontro fugace da vivere col cuore in gola.

Quelle emozioni si sono cristallizzate, ormai, e
non  riusciamo più a svegliarle, solo decifrarle, sai?

Perché il buco del tempo va lentamente richiudendosi

su se stesso, mentre attendo il tuo ritorno. Per prenderti
ancora, sempre, distesa e nuda nella tua bellezza muliebre
infinita, nella tua euforia leggiadra di donna innamorata,
fino allo spasimo, fino all’ultima urlo di gioia, gioia mia,
mia struggente canzone di speranza…

IL TEMPO DELLE AMARENE,
gusto aspro, proibito, raccolto insieme;
non si può dimenticarlo

Nel terrazzo a pozzo, in mansarda
una pianticella, così,
a rifarci il gusto, al pungente sapore
di trasgressione

Qualche drupa
da centellinare con parsimonia
irrorando il palato goloso
di essenza, inondato di sapore

Perle sature di essenze acuminate
carminio lucente
a lenire l'arsura rotonda e inesausta.

Tempo remoto di porpora
grondante, polpa
ferita che stilla gocce,
galleggiando nell'afrore
dove adagiarsi
e perdersi

IN RIVA  AI   TUOI  OCCHI
frugare l'inguine delle labbra
gusto di marmellata di rosa canina
salmodiare muto di sguardi
pulsare frenetico e calmo
brezza tiepida del tuo respiro
sobrio desiderio ed ebbrezza
 
attesa spalancata e umida
profumo di bosco e gardenia

A perdersi nel femminino
pervaso Nirvana
salive d'ambrosia
rosate nubi e cirri
provare a dirlo
con parole
candite
di miele
E restare muto
a sentirlo
pensarlo
e basta
all'infinito

LARI E PENATI
state lì rannicchiati
nel freddo morto e stanco
rassegnati nell'infinito stupore
neppure vi sa consolare
il volo planato di bianchi aironi
a cercare il pasto
delle ultime rane di risaia

e vi porgo la bianca rosa
regalo del mio autunno

idrovolante di carta
origami impossibile
aliante di terra
sorvolo la vostra diafana
dimensione aliena
e parlo a labbra mute
con verbo digitale

da questa nostra terra feroce e malata
nuove orde di migranti pallidi
ora stanno venendo lì
mutilati della vita e dello sguardo
varcando le soglie di Kobane
presidiate da fiere donne in armi
partigiane del presidio
contro l'orrore buio

accogliete il loro spavento
carezzate la loro orfana disperazione
suggerite pacate ninnenanne di oblio

rimango un istante ancora
nel volo fermo
sulla soglia delle colonne d'Ercole
sospeso in sur place
ritardando all'infinito
anche il mio tuffo
e reggo la rosa bianca con due mani
titillandola con amore
a confermare la mia primavera autunnale
nel rinvio sine die
per il gelo dell'inverno

e bacio  le vostre immagini diafane
Lari e Penati della mia religione emotiva
e vi porto nel sacello della memoria
recando offerte rituali
con pensieri mesti e devoti
 1 nov 2014

LIQUIDA
Si scioglie
lo sciabordìo d'acqua
ma coglie questo sopore
alla soglia del sonno

pare non voglia
lasciarti andare
e continua a cullare

fresca ti fascia
fino a
lambirti la coscia
mentre liscia cola
l'acqua che inonda
e dilava
leccando le membra
e lascia
un ondeggiare che cresce
sembra
l'onda e liquida inonda
liscia
         lo stare sospeso
se fascia

riesce a scioglier
la soglia vicina
alla veglia

e ti lasci librare
nel volo liquido
di pesce
 17.08.06 Ibiza

GRAFEMI
Mosaici di grafemi sonori
Litanie per rosari verbali
Erano meandri di sintagmi
Stillanti a cascata sul nudo
Dell'anima pulita e tersa
Beata a bere quei gorghi
Deliziata e satolla a farsi colmare
Di sensi turbati dilaganti
Sensuali di chiasmi reciproci
Ritornanti inesausti
Nell'orgia di significati e rimandi
Richiami
Echi assoluti
Estatiche voluttà
l'allieva gustava
Implorando con sguardi
Fosforescenti
compulsivi
Accorati
Il flusso infinito
Di persempre compulsivi
Sognanti
Feedback assoluti
Sospesi nei fiati
Di flauti lascivi


METAFORA
delle botte crudeli brutali
su noi orfanelli di un tempo
degli strumenti di sterminio pianificato
delle mostruose pulizie etniche
che vollero sradicare armeni curdi
ebrei indios neri comunisti eretici
infedeli dolciniani anticomunisti
streghe pensatori esseri liberi…
con i roghi o vuoi con catene
con forni crematori fosse comuni
droni trincee deportazioni in stadi
stupri corrente elettrica nella carne
gulag autocritiche fucilazioni
riabilitazioni maccartismi
sterilizzazione di massa
clamore di urla disperate
funghi atomici carbonizzanti
incubi manicomi criminali

i bambini di un tempo conservano
le loro lacrimucce seccate come croste
nell'aria aleggiano corpicini dilaniati
nudi devastati dal napalm
ceneri consunte su pire feroci
orrore negli occhi disperati
urlo delle sirene con deflagrazioni
macerie di ogni tempo
carcasse macilente trasudate
nel girone infernale reiterantesi

oscenamente anch'io al cielo
"con amendue le mani le fiche" rivolgo
trasgressivo ostentando orrore
disperazione rabbia feroce
urlo di vendetta fame di giustizia
che gli umani sanno solo raccontare
e che altri troppo assenti non osano

e con occhi puliti cerco nel guardare azzurro
la speranza e l'amore
ingenui sorrisi del cuore
con la tua immagine indelebile
salvifica pura assoluta

incurante che universalmente
il diluvio devastante
globale metafora
anche lui come tutti
urli il suo proclama di morte

con occhi sbarrati cerco
nel guardare d’azzurro pulito
della tua immagine indelebile
sorriso terso
d'amore  e speranza
salvifica pura assoluta
al  cuore affranto

e tutto e tutti rimaniamo per sempre
metafora di noi stessi

tranne il tuo sorriso

in cui volentieri mi perdo

all'infinito
Per l'eterno

NUMERI DAL PASSATO
vengon fuori
avanzano da soli in fila 
allineati nomi
numeri senza prefisso
 
da catacombe del passato
si annunciano fiochi
taluni quasi sconosciuti ormai
riemergono con spruzzi bagnati
di lontananza
di oblio
vergati
inchiostri sbiaditi
furono persone
solo il tuo reca 
profumi flautati
sguardi al fosforo
vivissimi
e labbra
che sanno ancora
di cioccolato
e limone
le bacio di nuovo
col tuffo al cuore
di un tempo
di ora
di sempre
ritrovo
intatta
fragranza
resurrezione
rinascita
primavera
 


[Eusebio Afonso del Alégria (eteronimo improbabile di un parolaio orfano) , ignoto scrittore di nessun luogo, citato nell’Enciclopedia dei Sargassi]
ODE PEREGRINA
La mia donna ha profilo di zebra selvaggia
Seni di albicocca salmastra, sangue di luna piena
E lamponi canditi per capezzoli.

La mia zebra ha sorriso lungo come ombre al tramonto
Fremiti arguti e vibranti, caramelle lucenti
Di liquirizia nello sguardo di capretta

La mia capretta bruca sorniona nei mattini
Scodinzola nelle aie del sogno
Belando risa nella brezza d’argento

L’uva succosa delle parole
Gocciola su labbra e fiati fatati
Stillando argento denso di melassa

Nella terra malinconica degli oggi
Giocano a campanone capretta
E zebra e cantano canzoni di melograno

Solo per chi  le sta ad ascoltare


OMOLOGAZIONE
 Frastuono di fucina vomitante
serie forgiate  da modello stampo
a pacchetti di entità viventi omologhe

preconfezionate  weltanschauung dell'apparire
a pelle di serpente inglobante numero di codice
graffiti allucinanti a fior di pelle

e reti d'acciaio a maglie strette
ad impedire l'emergere nel disperato deserto
delle unicità incongrue e irripetibili

ciascuna gabbia é proclama
anarco-libertario fittizio circoscritto
nel proprio radioso particolare

identità per distinzione seriale
autoriproducente la classe
di appartenenza catalogata e immutabile

edulcorata simulazione di autenticità
criptata nel codice assegnato
in  totale cecità compiaciuta

ciascun drone irride ghignante
aliene alterità altrove compattate
e sparute monadi esclusive
(27 agosto 2012)

(Artemisia...? abita qui!)
ONIRIA
E quel nudo velluto di pesca
Tuffi al cuore dell'anima tersa
Canta lieve melodia lontana
Voce d'usignolo la trama
Si svolge sul filo di lana...
Per passi leggeri felpati
Levità apparente del sogno
Di petali e gocce nella clessidra
Orologi senza lancette
Violentano il tempo
E lo spazio si gonfia di fremiti
Turbamenti e ansiti caldi
S'incarna e si fa materia
Ahi ahi ahi... il flauto di Pan
Incantatore lascivo insinua
Racconta parole sonore
Fingiamo pure di sognare
Mentre stringo attimi veri
Che mordiamo
Con gusto
Lascivo
Io e
Te
  
OSSIMORI e giochi
tempesta dolcissima di sensi
asincrona pulsa dentro e senti
nel tempo dilatato e pensi
sogni remoti presenti

muta melodia di celeste
Indossi pudica di seta
leggera sul nudo ti veste
sgorga risa la tua voce lieta

calmo pacato batticuore
clessidra con sabbia di talco
turbinio d'ali ritma  ore
nuoto la tortora col falco

sorriso intenso spaventato
geroglifici da sera ricami
sfolgorando di fosforo dorato
tremi godendo l'uomo che ami


 PAVONIA
Ali carezzavano curiose
accenni di crepuscolo
effimere speranze di eterno
per pollini nuovi fiutati
a mezz'aria
ad attendere dolci
forse

vagabondi voli peregrini
aspettative in sur place
sospese
golose
battiti maestosamente minuti
ritmavano
così
promesse dilatate

augurali
pulsate
tremanti
nelle ombre
imminenti

 
PERCHÉ (ad Artemisia)
per lo sguardo incantato di acquamarina
per le catene di pallido foulard di seta cotta
per la mandorla bianca delle cosce
per l'assenzio scarlatto della melagrana
per la composta di rosa canina
per la paura di naufragio del bastimento errante
per i versi gorgoglianti luci psichedeliche 
per i veli d'organza degli sguardi sfumati in grandangolo
per l'allegria disperata e feroce
per la malia del canto di sirena
per lo sfarfallio di speranza del colibrì arcobaleno
per gli orgasmi infiniti di latte di luna
per l'ansia tamburellata sul saliscendi dell’ attesa
per la malinconia della sera
per lo stupore d'argento dell'aurora
per i batticuore del mattini 
per l'urlo atterrito del roseto alle cesoie
per le tregue di polvere d'oro alla clessidra
per il sangue delle amarene 
per la castagna matta nella tasca
per il ruscello che ride la sua acqua
per l'incontro indifferibile e fortuito
per il terrore delle stelle per il vento 
per tutti i perché tremanti
per raccontare favole maliziose
per lo stupore di domandare perché

PETALI
Petali bianchi  sfogliano giù
dalla rosa    nel giardino
tra le nuvole di questo cielo

e sono sguardi soffusi e intensi
farfalle garbate e lievi
dei tuoi occhi in sorrisi sfumati

aleggia la melodia tacita nel canto
flautato che sgorga a fontana
dagli inguini delle labbra

socchiudo gli occhi ad ascoltare
questo guardare regalato
diffuso con profumo di rose

POESIE SCRITTE SUI MURI
poesie d'amore
scritte coi pennelli
sui muri di casa
in rosso verde giallo blu
non si sa che li abbia scritte
 si sa che le ho lette
anch'io
stupendo contento
una sorpresa primaverile
in questo autunno grigio
e mesto
un gioco di parole che si rincorrono
all'infinito
e giocano a rimpiattino
e a nascondarello
un regalo per me
per te
per noi
I muri scrostati
sembravano contenti
del solletico ricevuto
dai pennelli
e la vernice ancora luccicava
colando gocce bagnate
nelle lingue più strane
raccontavano
   annegami d'amore
   gravemente innamorato
   hai buttato all'aria col tuo sorriso tutta la mia vita
   l'unica cosa che cambierei di te è il tuo domicilio
   consuma le mie labbra
   ti regalo un invito a sorridere pago io oggi
   verrai a dormire con me ma non farò l'amore con te
       né tu con me sarà lui a farci
le guardavo stupito stupendo
ridendo nel cuore
e te le ripeto ora
cantandole
mentre
aspetto
che l'autunno abbozzi un sorriso
anche lui
al vederti apparire


PREGHIERA
Sotto la  maschera d'argento un vibrare
di sorriso antico gustava il riso
che con petali di rosa sgorgava nella cripta

con mano calda lui cingeva il fianco di Artemisia
bevendo quel fresco pulito stillato giù dalla fonte
stupendo stupito gustava con calma

Lo so lo sai lo sappiamo
miracolosa magia con accordi
di liuti e di tiorbe

Il concerto correva danzando
sguardi cercavano sguardi
labbra sfioravano labbra

ritrovandosi per perdersi ancora
inseguendo emozioni cantate
di acqua di rosa sonante


E TI VEDO LI
ti immagino
tutta infagottata nel tuo dolore
nella tua rabbia
nella tua amarezza
che te ne stai lì quasi come se
potessi essere da sola
e mi sentivo lontano
impotente
legato a un palo
a guardarti
e basta
mentre mastichi e gusti
la cicuta amara
del tuo dolore
per lasciarti mordere con rabbia
la tua sofferenza
di non aver potuto aiutare
la persona che amavi
a fare un viaggio più lieve
meno brutale
e ti sfioro soltanto
a lungo allora
con una carezza pensata
e mi fa male l'anima
sapere che posso soltanto amarti
volerti bene
senza poter entrare
nella tua essenza
a lavar via la tristezza
e la sofferenza
ogni tanto sentirai
bussare alla porta dei tui occhi
toc toc toc toc
ad affacciarmi per baciarti di sfuggita
dolcemente
senza neppur potere
strapparti via le spine
o lenire le ferite
che ti si sono piantate dentro nella carne
e ti lascerò lì a galleggiare
nel lago gelato nel quale ora sei immersa
e starò sulla riva pronto
ad allungare la mano
uno sguardo
un sorriso
mentre tu continuerai
ad elaborare
questo velario triste
malato
fino a quando sarà maturo il tempo
per tornare ad afferrare la mia mano
e sorridere
conservando qualche traccia di malinconia
e sentirai quando vorrai
nel vento il mio pensiero
che ti sfiora
pudicamente
con tenerezza
mentre tu elabori e mescoli
l'amarezza del lutto
che io ti aspetto
per quando potrai indossare
ancora
il tuo vestito leggero
di tulle e di organza
sgargiante di ragazza
al quale terrai ancora
legata
una coccarda nera
e ora rimani lì
tutta infagottata
nel tuo dolore
nella tua rabbia
a galleggiare sospesa
nel lago gelato
e ricevi
effluvi intensi
e malinconici
di gardenia

RESURREZIONE
Nel sogno, ancora, il pianto accorato, di un’altra separazione
per risorgere a settembre, è stato promesso, per reinventare
la speranza. I numero magici, contati ai semafori, con devozione
regalano vaticini e pronostici augurali; bisogna aspettare.

Segni e graffiti nei luoghi e nelle cose, già guardate
in altri contesti, danno tremiti di nostalgia rassegnata;
immagini lontane, con altro turbamento già carezzate.
odori e sapori nuovi, nell’aria e nella bocca spalancata

Per un costante, ciclico rinascere, per rinverdire ancora
la storia raccontata tante volte, l’unica possibile e vera,
quella che ha scritto ciascuno, mese per mese, ora per ora,
sfacciatamente  urlata di mattino, di giorno e di sera.

La raccontiamo perplessi adesso, senza pudore, nel tramonto
che incombe, caldo ed afoso; e ogni volta ci mettiamo
afflati gioiosi e tremanti, che segnano riprese del racconto;
“che non sia questo chiedere troppo”? ancora chiediamo.

Ma disperata, rabbiosa, accorata, con determinazione rinnovata,
la canzone riprende, da cantare a squarciagola, cogli strambotti
suoi ricorrenti e modulati, le cantilene di nenie cullanti, flautata
e seducente, di un concerto blues    per i ritmi straziati e rotti

Pian piano cala la sera, spegnendo questi pomeriggi,
aspettando la brezza e forse un progetto  di pioggia
con sguardi fermi fissati lontano; con estremo coraggio
anche il sole dardeggia, testardo e cocciuto l’ultimo raggio
12.07.09


 S  A  C  R   A   L   E
(laica)
INTROITO
Mi accosto all'allegria del mattino
Che ride il suo zufolo di Pan
Di vento gonfiando le gote
Le nostre redivive giovinezze
Esultano tremanti l'euforia
"Io sono la resurrezione e la vita....
se credi in me non morrai....
avrai  il mio amore eterno...."

Sul leggio il libro con pagine leggere
Lievi e delicate di carta di riso
vergate con inchiostro di china
rosso e nero come usa in Giappone
leggo guardo scruto compiaccio
ne godo ... ti godo!!!
Sia dunque fatta la volontà
dell'uomo e della donna
che sanno amare
intensamente
con sangue carne sensi pensieri

OFFERTORIO
Accettiamo di buon grado
Il dono infinito della parola
Che si fa carne
Tutto questo sarà nostro
Se lo vorrai e lo vuoi lo gusti
Lo voglio intensamente
Lo chiedo lo gusto lo assaporo

ELEVAZIONE
Regina regale regala
Il frutto infinito che porgi
Noi siamo la nostra canzone
Intoniamo alleluia d'ebbrezza
Tutto questo è nostro perché lo vogliamo
L'abbiamo creato dal nulla
Generato non creato
Come i corpi dal ventre della madre
Siamo la nostra creatura
Cicatrici rosa le stimmate curate
Lenite le devastanti piaghe

Risorgiamo da tombe cavernose
Smettendo sudari sudati

CONSACRAZIONE
Io sarò il tuo dio non avrai
Altro dio al di fuori di me 
Tu sarai la mia dea non avrò
Altra luce se non la tua
Partenogenesi della speranza
Pullulare di polle sorgive
Sorgenti di luce dall' ombra
Peana di vittoria sulla tenebra
Del sorriso eterno che consola
Che sazia e rigenera la carne
Del tepore sul gelo che strazia
E siamo il nostro capolavoro
Artisti artigiani sublimi
Portatori luciferi di luce
Lanterne di fiamma inconsueta
Alleluia di resurrezione infinita
Fino alla fine del tempo
E oltre 

Blasfemo urlo assoluto
Fino prova contraria

SCRIVERE POESIE
Sì, vede, avevo cominciato da ragazzo
moltissimi anni fa, a scrivere versi
per una bambina bellissima di cui
ero perdutamente innamorato.
l'avevo fatta arrossire nella sua timidezza
quando glielo avevo dichiarato
col cuore a martellare all'impazzata in gola
nel panico totale, nella mia divisa da orfanello

ma prima di imparare a scrivere versi, vede,
avevo imparato ad innamorarmi, eh sì,
a provare profonde emozioni
a sentirle che mi squassavano il cuore
e allora, sa, dovevo per forza
trovare come buttarle fuori, e non avevo
che le parole per farlo.
quanti castighi mi erano costate quelle pagine scritte
sui miei quaderni neri che tenevo nascosti sul petto
quante volte mi furono sequestrate
censurate, requisite… E quanti sermoni moralistici
bigotti e beceri mi ero sorbito!

No, mi creda, non sono un poeta. Non più di lei
almeno, che le ha lette facendole esistere,
regalando linfa vitale a quelle parole stentate,
nutrimento essenziale, insieme all'amore
che ho regalato e  profuso a piene mani
mi creda, sapesse quanto…!
Anche oggi, un impulso irrefrenabile
ad amare e scrivere… Sto forse arrivando all'apice
del mio scrivere d'amore. O forse è colei
che in modo così sublime merita
e si lascia così profondamente regalare
con i miei versi amore smisurato
fonte di vita. E dunque anche è
la persona che amiamo,
nell'atto in cui l’amiamo, che diventa
poesia essa stessa. E non importa,
mi dia retta, che lei non la conosca.
Neppure io forse la conosco. Per quanto
con i miei versi arrancanti  ed erratici ci provi.
Ma scrivere è comunque sempre vitale.
Perché mi creda
scrivere è sempre un atto d'amore.


SEDUTO IN AUTO
il 20 novembre
guardavo le case
pensandole
                        Contenitori
di pasti, di sonni,
di ansie,  amori,
lutti e tradimenti,
di pianti, di parti e di assenze
                        scatole rigide
con i davanzali serrati,
ciascuna con la sua
microstoria unica e irripetibile,
universale e identica,
                        loculi temporanei
abitati da rumori e parole,
da gesti e odori di minestra,
da carezze  estenuanti e
batticuore extrasistole

Le pensavo da dentro
le loro anime odorose
di talco e soffritto di cipolle,
respiravo i loro suoni
e i ronzii degli ascensori
che rigavano il silenzio
insieme agli sciacquoni
e al ticchettio delle sveglie

Pensandole, guardavo le case
il 20 novembre
seduto in auto
ad aspettare la sera


SFIORANDO DI STRISCIO la Lomellina
ad affaffacciarmi sul bordo
della terra dei miei camposanti
Sguardando il volo planato
Del corvo che simula essere falco
Dove il ricordo si fa smunto
E la mestizia indossa la giacca
Dimessa di cartoline remote
Con bianconero di seppia e ocra

Per la frase vuota di garbata ironia
“Allora ragazzi che dite
Che si racconta da voi nell'ombra
Di quel Lete che  attende anche noi?”

Con nostalgia del presente che va sfumando
E riprendere il caracollare a passo strisciato
Della moto che ci riporta a versi incompiuti
A sorrisi d'acquamarina di spasmi
A profumo intenso di gardenia
Grato dell'aria e del vento ubriaco del marzo
Grato del carnale vivido pulsare
Grato dell'orologio fermo sulle quattro
Del sine die provvisorio ...

 SGOMENTO (bozza) (parole buttate giù... a caldo, in margine alla splendida lezione di Mimmo Candito...giovedì...https://www.facebook.com/events/1444492125849072/permalink/1448362532128698/?ref=22...)
Dentro scafandri Avatar 
a lenti polarizzate
guardanti
alieni altri mutanti
umanoidi
("Incoercibile modalità del visibile?")
a svuotare di senso
simulacri umanoidi essi stessi
TUTTO NON É COME APPARE
sussurra una sura
brandendo scimitarre
a riscattare marginalità millenarie
nel gioco delle parti rovesciato
di sgomento
Tu pure stupito stupisci
a riguardare con occhio nuovo 
stupendo apparire 
mondi imprevedibili
seriali sembionti 
autoreplicantisi
a rileggere nel binocolo rovesciato 
NULLA É COME APPARE
quasi mai
almeno


SPECCHI
Fuggivo per le valli del mio passato
Cavalcando il Super Dink color argento,
ricordi?

Quando  effluvi di fiori d’acacia, come un velluto

Carezzavano l’aria afosa di giugno,
                                                                       vero?
Di costa una chiesina minuta, arrampicata, annegata
Nel verde fresco, che c’era da dissetarsi guardando,
                                                                       lo sai?
Il lago di Morasco aveva come un gorgo più chiaro
D’un verde tenero, sembrava malato anche lui,
                                                                       ricordi?
                        Strappavano ancora, di nuovo, brandelli d’anima
                        Con separazioni devastanti e nuovi lutti da elaborare
Non puoi ricordare, già, perché stavi cercando
Nello specchio di ritrovare l’amore che avevi partorito
                        Flauti morbidi e archi di violini provavano a lenire
                        Le ferite lancinanti, che tardavano a cicatrizzare
Non puoi più ricordare, perché eri dentro ad un’altra storia,
dove c’era un altro lago Morasco, un’altra Ossola, un’altra
arsura da annegare con altro verde, in un’altra dimensione
Simile, sì, ma un’altra. Il gioco dello specchio! E’ bastato
Inclinarlo un poco ed eccoci decisamente estranei.
13.09.02

TALORA
E capita talora
che  sul finire del viaggio
che t'accorgi davvero delle straordinarie sfumature
dell'avventura che sta per concludersi
con una punta di meraviglia e stupore
e di iniziale nostalgia

capita talvolta

e ritorni piano all'abbacinante cielo luminoso
che  scintillava saltellante di luce
sul baluginio cangiante di acque intense
e cattedrali immense
a fotogramma singolo
stagliati su mari infiniti
improbabili
colori sapori profumi
emozioni intense sospese a mezz'aria
e ci torni nei flashback
con visite della memoria
iniziali lacrime di rimpianto
nostalgia del presente remoto
tramonti intensi
navigati con l'anima in pena
fantasmatici insieme concreti

ripartire di nuovo dal prima
talora
eterna primavera del ritorno infinito
dilatato navigare
disteso
lenzuolo della coscienza
per appisolarcisi pigri
instancabili reiterati cominciamenti
dei daccapo
inesausti

Differiti compulsivi
epiloghi
inesausti
mai rassegnati  per sempre
  
TU-TUM
dei tuffi al cuore infiniti
intermittenti e asincroni
amari e dolcissimi
Tu-tum
zoppicano claudicanti
salmodiando litanie
angosce di speranze
Tu-tum
attese urgenti
sui corrimano balbuzienti
di scale mobili psicotiche
Tu-tum Tu-tum Tu-tum
pizzicano clavicordi stonati
incespicando nelle proprie rime
finché la sera non è definitiva
nebbie unte
trasudanti sudari
di ombre sporche
velari sospesi
Tu-tum Tu-tum Tu-tum
infine appari
tra murmuri sorrisi
accorati sguardi
dilaganti certezze
l'allegria prende il sopravvento

UVA SPINA
Bacche carnose e raggrumate di essenza aspra
annuncia il cespuglio spinoso della mia uva spina
promesse per l'estate remota differita sine die
piccoli e minuti seni della tua anima femmina
pudica di ritrosia offerente con grazia
grazie remote oniricamente ancestrali
su in cima alla terrazza a pozzo
all'eremo che attende quel flatus
di orgasmi rinviati e leggiadri
e l'aspettare é anche dimensione
definitiva nei per sempre vagheggiati
di baci e carezze lubriche
procrastinate che aleggiano
con assenze concrete e tangibili
18 maggio 2013 Nanni Omodeo Zorini

AQUILONI
camminare a mezz'aria 
l'aria liquida
sgambando
come in certi sogni succede
spirare di brezze melliflue
nuotare così a dita aperte
come i rombi san fare
con le pinne dilatate a mantello
il mare del cielo emana
fiati di mandorla e origano
nuvole d'organza color gelsomino
drappi di bandiere
 
sventolano
molli
 
leggere
volare nuotando sicuro
brina di stelle gocciola 
fiori inamidati
non cerca la meta
la naviga lento
 
galleggiandole dentro
 
nel tepore
denso
L'ameba accogliente 
distende liquide membra
 
carezzata dal volo pinnato
grata
Pulsando ritmati
all'unisono
fusi
(Nanni Omodeo Zorini Qfwfq Artemisia... è ... qui)

BARATTO
Lui mormorava
PRENDERE
fragranza del tuo guardare
profumo di malva e rosmarino della tua pelle
indaco intenso del tuo respiro
tua coraggiosa titubanza
battito d'ali delle tue ciglia
tua timidezza appassionata
profonda sonorità del tuo riso
allegria smisurata dei tuoi sorrisi
DARE
fiordalisi di parole
assonanze di versi raminghi
sogni entusiasti e trasgressivi
trepidazione rabbiosa
urla sfrenate di gioia
cavalcate a briglia sciolta nel vento
mani di olivo nodoso
incertezze spigliate
tremolio di extrasistole abbacinati
 DANZA
con tuffi al cuore avvinghiati
intanto
si prendevano con sapiente
euforia
guardando da fuori il loro gioco
in campo lungo



















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