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lunedì 13 maggio 2019

CADERE E NUOTARE DENTRO ALLE IMMAGINI.
Beh, sì… Non è che succeda poi sempre. Anzi è molto raro… Però qualche volta pare che accada anche questo.
Dipende dalla situazione.
Un po' come finire dentro a un sogno. A un ricordo. A un'altra dimensione. Occorre farci bene attenzione. Però, forse è necessario spiegarti bene di cosa si tratta.
Era successo proprio quel giorno. Per l'esattezza il 12 maggio 2019. Era di domenica.
Aveva promesso, il mattino, al telefono, di regalarle un altro racconto.
Era un gioco che lui amava spesso fare. Ne erano saltati fuori sinora infiniti e svariati.
Niente di speciale. Così… Si metteva a dettare e seguire il ghiribizzo che gli veniva in quel momento.
Ma per non divagare troppo, quella domenica di maggio aveva appena sfogliato nel Web immagini e fotografie che l'avevano incuriosito e attratto. Anche questo lo faceva spesso, lui.
Insomma, per cercare di farla breve, delle infinite immagini che aveva sfogliato, alcune lo avevano particolarmente attratto e affascinato.
Una in particolare aveva una ragazza evanescente trasparente davanti a una finestra. Più che una figura reale era un pensiero, un ricordo…
Un'altra, vedeva un profilo femminile controluce davanti a una porta spalancata. L'ombra di lei si proiettava sul pavimento chiaro verso l'osservatore.
In un'altra ancora un locale vuoto con sulla destra una veranda che proiettava luci e ombre sulla parete di fronte e sul pavimento. E poi altre ancora…
Non lo fece a dir la verità in modo intenzionale. Però si accorse che mentre guardava la prima foto, involontariamente, ma senza disagio, finì per scivolarci dentro.
Si ritrovò nello stesso punto in cui il profilo evanescente, pensato o sognato, appariva.
Con mani incerte provò a tastare lo spazio. Anche il proprio corpo, tutto quanto, era diventato diafano. Trasparente. Impalpabile.
La figura femminile si limitava a osservarlo con stupore.
Neppure i suoni avevano consistenza in quella dimensione. E di parlare non ci provò neppure. Rimase li qualche istante incerto. Fino a quando fu l'immagine di lei che sempre aleggiando sospesa nel vuoto, si mosse.
Percorse un lungo corridoio in ombra. E si fermò davanti al vano luminoso di una porta spalancata. All'improvviso stranamente la sua figura assunse consistenza. Fino al punto di proiettare un'ombra che lunga si protendeva sul pavimento verso di lui.
Poi la figura di lei si affacciò verso l'esterno.
Un pallone rosso era sospeso nel cielo. E da esso pendeva ballonzolando un ombrello scuro spalancato. E lei ci stava adagiata come nella chiglia di una barca.
Una corda a forma di scala a pioli scendeva dall'ombrello barca e lui portando la valigetta che aveva con sé vi si arrampicò…
Come succede sempre nei sogni dal parapioggia galleggiante nel vuoto discese un'altalena retta da catene di anelli neri. E a quel punto lei si mise a dondolare guardandosi intorno.
La sequenza successiva fece entrare sia lui che lei in un'ampia veranda. Sul lato destro una griglia avviluppata di viticci, lasciava passare raggi di luce che inondavano il pavimento vuoto, e parte della parete di fronte e di lato.
Lei si distese ricevendo un fiume di luce. Con il capo rivolto verso di lui che la osservava estasiato.
Solo più tardi quando tutto ormai era già avvenuto, lui la vide sdraiata in posizione opposta, con le braccia e il volto protesi verso una finestra.
Certamente, molto era avvenuto in quel lungo istante infinito.
A lui restava il piacevole profumo del corpo di lei sotto il naso e sui baffi.
A lei restava lo sguardo estasiato per il lungo prolungato tempo di ebbrezza fascinosa.
Contrariamente al solito, lui non aveva profferito neppure una parola. Non era stato necessario. Non era stato possibile. Non era stato e basta. Mentre lui cercava di afferrare il ricordo degli istanti e delle sequenze amorose, che sfuggivano anch'essi evanescenti in rapidi veloci flash, si accorse che lei stava ora raccolta in ginocchio in una grossa tinozza di stagno, come quelle in cui si faceva il bagno una volta da bambini.
Un raggio tenue dalla finestra giungeva fino alla brocca che lei reggeva con le mani, e dalla quale versava sul proprio corpo sensualmente nudo, scrosci d'acqua gocciolante. Prendendosi un piacevole bagno doccia rinfrescante.
Tutto era durato un'eternità e contemporaneamente pochi secondi.
Con un piccolo scatto lui si irrigidì. Riuscì ad uscire, per quanto dolorosamente dalle immagini che aveva ammirato. Nelle quali era entrato a giocare con la figura di lei la sua avventura sognante.
Sì. Lo ammetto. Raramente succede. Ma quando capita di guardare molto intensamente delle immagini, può accadere il miracolo. Di entrarci dentro. Di vivere intensamente momenti eterni eppure fuggevoli.
Ma poi, purtroppo, occorre tirarcisi fuori.
Forse anche perché le immagini e le fotografie più belle sono quelle indelebili che abbiamo dentro la nostra mente, il nostro ricordo, la nostra anima.
Presumo che nessuno creda, in buona fede, che quanto ho appena raccontato sia realmente accaduto il 12 maggio dell'anno corrente. Di domenica.
Io ci credo…
E questo mi basta.
Nanni Omodeo Zorini
Foto web Instagram

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