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mercoledì 26 ottobre 2016

CHE FACCIO, MAESTRINO...? MI PICCHIO?

"CHE FACCIO, MAESTRINO, MI PICCHIO?"

Si chiamava Anna ed era bassetta di statura , teneva sempre lo sguardo basso ed era un po' scontrosa. Era arrivata in classe prima ad anno scolastico già avviato. I genitori erano migranti dal sud, della Sicilia. La famiglia si occupava di qualche lavoro modesto e vivevano senza il riscaldamento , se non una stufa a cherosene. In casa probabilmente fumavano per cui era tutta odorosa di fumo di sigaretta spenta e di frittura. Aveva imparato a fare i testi liberi tipo questo :
" Ieri ho mangiato la pasta ! "
Provavo a chiacchierare con lei e a farle arricchire il testo e aggiungere qualche particolare della situazione che raccontava. Mi guardava convinta e mi rassicurava muovendo il capo dall'alto al basso. Tornata poco dato tutta raggiante, mi faceva vedere come era diventato il suo testo precedente. Che finalmente a lei sembrava meraviglioso:
" ieri ho mangiato la pasta, ma con la salsa ed era molto buona".
I compagni la evitavano per la sua parlata diversa e perché dicevano che aveva un odore diverso. Nella precedente esperienza scolastica aveva imparato la "tecnica della lettura" ad alta voce, alla perfezione; ma assolutamente non aveva nessuna competenza di comprensione di quello che leggeva. L'avevo aiutata a capire il contenuto anche se la lettura risultava meno spedita. Si era mostrata entusiasta perché le piaceva capire quello che leggeva. Gradualmente era riuscita a legare con le compagne e compagni e a diventare loro amica . Soprattutto per il suo carattere solare e per il suo meraviglioso senso dell'umorismo.
Dopo qualche mese soltanto aveva inventato una sua tecnica di disegno caricaturale di volti e di fumetti veramente geniale, che non aveva copiato da nessuno. Disegnava dei volti immensi con dei grossi nasi e delle espressioni molto vive, poggiati su corpicini minuti . Si divertiva anche ad aggiungere dei fumetti che dicevano:
" sono Giacomo ma sono un po' triste perché mio zio è malato".
" io sono Concetta e guardo le farfalle che volano"...
e simili, vivissime immediate...
Doveva essere stata abituata anche a essere rimproverata o a prendere scappellotti, perché quando sbagliava qualcosa mi guardava con i suoi occhioni neri e mi chiedeva, un po' sul serio e un po' scherzando :
"che faccio maestrino, mi picchio?"
Non ricordava da quale località. della Sicilia venisse , ma solo che là " ci stava 'a mundagna".
Fino a quando magicamente da alcuni particolari che mi raccontava le avevo chiesto se per caso la montagna fumava. E quindi le avevo chiesto "è Catania?" Mi era saltata al collo baciandomi sulle guance e dicendomi:
" ma allora, maestrino, sai proprio tutto tu! Ma che bravo ! "
Un ultimo particolare sulla mia Annina: da quando era arrivata fino a quando l'ho lasciata alla fine dell'anno era diventata una bambina stupenda anche nell'aspetto, perché si sentiva molto più bella dentro, perché valorizzata , accettata e amata.
Nanni Omodeo Zorini Qfwfq

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