IL COMMIATO
La moto ondeggiava dolcemente piegandosi per assecondare le curve. Un sole giallo di itterizia indugiava ancora prima di fare il passo definitivo. Il fresco dell'aria era scarsissimo. "Ci vuol altro" si disse.
E intanto ruminava dentro quella specie di racconto.
«Per primo era il corvo che aveva parlato.
La moto ondeggiava dolcemente piegandosi per assecondare le curve. Un sole giallo di itterizia indugiava ancora prima di fare il passo definitivo. Il fresco dell'aria era scarsissimo. "Ci vuol altro" si disse.
E intanto ruminava dentro quella specie di racconto.
«Per primo era il corvo che aveva parlato.
-Perché
vedi, la decisione anche sarebbe bell'e presa. Così. Di testa. Di becco. Ma
dopo? E il dopo quello che ti sconcerta.
Con calma serafica e massiccia, dopo essersi portato alla bocca con la proboscide un ciuffo d'erba e di foglie raccattate lì intorno, il pachiderma alla fine parlò:
-Voi corvi, senza offesa, sia ben chiaro, siete a mio parere animali un po' tristi. A cominciare da quel colore di catrame e di fuligine che avete. Raccogliete tutte le schifezze per nutrirvene. Non potreste mangiare anche voi foglie ed erba?
Sì, anche la vostra è una consuetudine e costumanza ecologica e ambientalista. Raccattate le carcasse e fate pulizia.
Non certo come gli umani…!
Però, lasciami dire, quando diventate stanchi, come tu mi dici che sei ora, non avete un posto vostro dove andare per addormentarvi nel silenzio.
Io trovo più funzionale il nostro sistema. Noi si va, piano piano, senza fretta, e quando si arriva si aspetta che venga il momento…
-Lasciami gracchiare la mia invidia da questo punto di vista.
Ma come fare? Mica posso io vecchio corvaccio spelacchiato decidere di provare a riunire l'assemblea generale dei miei consimili.
Fare la proposta.
Metterla ai voti.
Maggioranze, minoranze, astenuti…
Non la finiremmo più.
Il nero pennuto aveva fatto una piccola divagazione raccogliendo qualcosa tra le foglie sparse per terra. E inghiottendola.
L'elefante ruminava lentamente con i suoi molari immensi come paracarri.
Era chiaro che la pensavano allo stesso modo. Ma non c'era una soluzione comune.
Da tempo entrambi meditavano ed elaboravano il commiato finale.
Le albe e le aurore avevano cominciato ad ingrigirsi.
I sorrisi a diventare sempre più rarefatti.
I sogni si erano trasformati, un po’ alla volta, in incubi.
Il tramonto, lento, implacabile, ma risoluto stava intanto risolvendosi come sua abitudine.
La notte, fresca, piena di silenzio e di vuoto, solcata da rumori indistinti, si era già messa le pantofole e muoveva i primi passi. Aveva indossato la sua vestaglia di seta scura.»
Con calma serafica e massiccia, dopo essersi portato alla bocca con la proboscide un ciuffo d'erba e di foglie raccattate lì intorno, il pachiderma alla fine parlò:
-Voi corvi, senza offesa, sia ben chiaro, siete a mio parere animali un po' tristi. A cominciare da quel colore di catrame e di fuligine che avete. Raccogliete tutte le schifezze per nutrirvene. Non potreste mangiare anche voi foglie ed erba?
Sì, anche la vostra è una consuetudine e costumanza ecologica e ambientalista. Raccattate le carcasse e fate pulizia.
Non certo come gli umani…!
Però, lasciami dire, quando diventate stanchi, come tu mi dici che sei ora, non avete un posto vostro dove andare per addormentarvi nel silenzio.
Io trovo più funzionale il nostro sistema. Noi si va, piano piano, senza fretta, e quando si arriva si aspetta che venga il momento…
-Lasciami gracchiare la mia invidia da questo punto di vista.
Ma come fare? Mica posso io vecchio corvaccio spelacchiato decidere di provare a riunire l'assemblea generale dei miei consimili.
Fare la proposta.
Metterla ai voti.
Maggioranze, minoranze, astenuti…
Non la finiremmo più.
Il nero pennuto aveva fatto una piccola divagazione raccogliendo qualcosa tra le foglie sparse per terra. E inghiottendola.
L'elefante ruminava lentamente con i suoi molari immensi come paracarri.
Era chiaro che la pensavano allo stesso modo. Ma non c'era una soluzione comune.
Da tempo entrambi meditavano ed elaboravano il commiato finale.
Le albe e le aurore avevano cominciato ad ingrigirsi.
I sorrisi a diventare sempre più rarefatti.
I sogni si erano trasformati, un po’ alla volta, in incubi.
Il tramonto, lento, implacabile, ma risoluto stava intanto risolvendosi come sua abitudine.
La notte, fresca, piena di silenzio e di vuoto, solcata da rumori indistinti, si era già messa le pantofole e muoveva i primi passi. Aveva indossato la sua vestaglia di seta scura.»
Mesto?
Rassegnato? Boh, si disse tra sé, abbordando l'ultima curva prima di lasciare
lo svincolo della tangenziale. Un racconto è sempre un racconto. Se vuole dire
qualcosa, se ci riesce, bontà sua.
Nelle orecchie lento e accorato gli risuonava il miserere di Allegri.
Nelle orecchie lento e accorato gli risuonava il miserere di Allegri.
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