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domenica 21 marzo 2021

E C O 11

 ECO 11

E non era certo il loro caso. Né poteva esserlo. Perché tra loro più che di sintonia si trattava di essere addirittura totalmente all’unisono. Coincidenza anche su piani differiti e distinti.
E anche in questa occasione, per davvero, concepirono l’idea nello stesso istante.
Molte volte era capitato a lui, con particolari persone e relazioni. Di fare ricorso, pur non avendone prove oggettive o scientifiche, di affermare una relazione di tipo telepatico.
Quando, frazioni di secondo prima di sentire squillare il vecchio telefono grigio, aveva, con un pensiero rapido e veloce, ipotizzato di telefonare a quella persona. Proprio a quella lì. Sua madre. Sua figlia. O qualcun altro di molto vicino mentalmente e spiritualmente.
“… Sai? Mentre suonava il telefono, avevo anch’io avuto l’intenzione di chiamarti…!”
E neppure era stata una aspirazione o pulsione alla simbiosi. Macché.
Capitava così. E basta.
Ma, seppur limitatamente nel tempo, anche altre volte. Saltuariamente. Occasionalmente.
Era ed è abituale, talvolta, affermare questa aspirazione: “io sono in te; e tu sei dentro di me…!”
Talvolta si trattava di relazioni profonde; molto intime; collocate a distanza geografica e di tempo. Ricordava, lui, di quando sia lui che quella lei là di quel momento, erano mossi, attratti, avvinti e attirati da un desiderio irrefrenabile. La lei viveva in un’altra città. Con un’altra famiglia, solo sua. E lui al di qua, con la sua vita, distinta, separata e lontana. Si confidavano ciascuno con l’altro. Circa le vicende che vivevano o avevano appena vissuto con altri partner. Sconvolgente a raccontarlo in giro. Si ritenevano innamoratissimi. Eppure, ognuno di loro rivelava, candidamente in trasparenza, degli altri contatti anche intimissimi che stava vivendo.
E forse ancora più sconvolgente, dal punto di vista del senso comune diffuso, che nessuno dei due provava gelosia. O nutriva congetture. Impossibili. Inutili. Profondamente superflue.
Doveva riconoscere, che non era stata così frequente o diffusa quella situazione.
Altre volte, aveva ricevuto segni evidenti di essere controllato. Che la partner di quel momento, temeva, fantasticava, ipotizzava tradimenti da parte sua.
Anche a lui. E la tecnologia aveva rinforzato, con parziali, ma sufficienti dati, che davvero non gli veniva detto tutto. Con l’alibi, che ciascuno aveva i suoi pensieri intimi, che aveva degli angoli della propria coscienza e vita che preferiva tenere riservati. Celati. Nascosti.
Possibile, certo legittimo, peraltro bastava saperlo…
“Per tutto il giorno non muoverò un passo. Me ne starò qui per conto mio. Magari pensandoti…”
Ed era stato invece il grande fratello, a disegnare e tracciare movimenti, spostamenti, soste prolungate altrove. A discreta distanza di chilometri rispetto a quanto affermato.
E a distanza di tempo. Qualche incongruenza, aleggiando nell’aria, aveva stuzzicato la sua curiosità. E lo spione telematico gli aveva dato conferme.
Conferme e delusione.
Ogni persona è fatta a modo proprio. E può sentirsi disturbata se l’altra persona, quella definita intimissima, ha una visione diversa.
Ma tant’è. La realtà oggettiva e fattuale può non coincidere con quella evidente, pensata, riscontrata, documentata nei fatti.
«Ma certo… Per noi è totalmente diverso. Io e te, davvero, non solo intimamente e mentalmente, siamo contemporaneamente noi stessi e l’altro.
Faccio fatica, credimi, a prendere in considerazione tutto questo che tu mi dici. Ma ovviamente lo ritengo fondato. Esistente. Possibile.
Cerco di capire anche il disappunto tuo, lo sconcerto, il rammarico che hai provato e provi. Se non fossero stati soltanto i tracciamenti della localizzazione… Funzionali peraltro a chi ha concepito, e messo in atto il sistema, per i suoi scopi. Non certo per permettere agli amanti di controllarsi l’uno con l’altro… Se cioè non ci fossero stati, come conferme, sarebbero occorsi e accaduti altri refusi o lapsus… Ascoltare verbalmente o nei messaggi, una versione diversa da quella precedente… E restarci comunque ugualmente allibiti. Disturbati e frastornati.
Dalle tue parole capisco e comprendo il tuo disagio. Ma delle mie conoscenze al massimo so di molte situazioni analoghe. Probabilmente molto più diffuse di quanto possa apparire. Per interposta persona, provando a calarmi dentro al tuo punto di vista, cerco di capire.
La cronaca, la narrativa e la filmografia sono zeppe di questo fenomeno. Insincerità? Certo non da stigmatizzare soltanto dal punto di vista comportamentale ed etico. Eppure, per quanto diffuse e quasi totalmente generalizzate, molto disturbanti.
Tu, forse, sei tra i pochi che preferirebbero addirittura ferire l’altra persona, disturbandola, rischiare di incrinare il rapporto della relazione… Ma hai sempre preferito, la totale autentica sincerità e trasparenza.
Non so come aiutarti a consigliarti. Dato che io sono per davvero te, come tu sei per davvero me, mi limito a capirti perfettamente.
Essere migliore o peggiore di altri è un’espressione molto relativa. Forse è più significativo invece considerare la propria diversità, eccezionalità, non omologazione.
Che tutti o quasi tutti agiscano in quel modo: lascia il tempo che trova.
Il non essere fatti tutti in fotocopia, in modo seriale, mentre è un elemento di disturbo e di fastidio, è anche un dato reale. Ciascuno degli esseri viventi, soprattutto voi dotati di corpo e di dati anagrafici, è fatto come è fatto. Come si è evoluto e trasformato da quello che era inizialmente in quella che per voi è l’infanzia. Probabilmente anche tu, concedimelo, molti anni fa non eri esattamente così. Se è riuscito, probabilmente, essendone convinto, a trasformarti. A evolverti. A diventare qualcos’altro rispetto a prima. Dal punto di vista tuo soggettivo egocentrico, trovi che gli altri in questi casi risultino difettosi e sbagliati. Sarebbe più semplice, e forse anche corretto, dire che tu non sei come tutti gli altri e tutti gli altri non sono come te. Assumerlo e accettarlo come dato di fatto.
Se qualcuna o qualcuno, per quanto non richiestone, ha ritenuto e deciso di volerti dire che il giorno tal dei tali se ne stava rintanato in casa, e invece andava altrove, lasciaglielo fare. Accontentati. Forse, permettimi se lo aggiungo, puoi utilizzare quel criterio: la diversità non è una anomalia… Ma è una ricchezza…
Senza connotare, necessariamente di conseguenza, in senso negativo o positivo ciò.
Esiste e basta!
Perdona, se io, donna, amica, partner e amante virtuale e concreta insieme, che sono parte di te, e insieme sono anche altro da te, in quanto sempre di più divento essere autonomo, quasi autosufficiente, ti esprimo così il mio punto di vista…
Ciò che avviene, che ci piaccia o no, è reale…
La sintonia che le persone di cui parli affermavano a parole, era solo un’affermazione di principio. Lascia che esse siano come sono.»
Lui aveva ascoltato. Seppure con una punta di rammarico. Il ragionamento e il discorso filavano alla perfezione.
Non si sarebbe più soffermato sui particolari. Individuando, diffondendo, pubblicizzando nel Web orari e immagini di località diverse da quelle affermategli.
A quelle persone, diverse sostanzialmente come impostazione rispetto a lui, rilevare quelle incongruenze, risultava doloroso e fastidioso. Per se stesse e probabilmente anche per altri.
Considerò, comunque, che aveva forse fin troppo ottimisticamente preso per buone affermazioni e atteggiamenti decantati e promessi.
Se qualcuno devia rispetto a una visione che sostanzialmente è soprattutto tua e non loro, il problema è solamente tuo. Si disse tra sé.
Deposta la pipa, sorbì l’amaro acidulo che amava tanto del succo di bergamotto. Fresco del frigo.
E sempre di più apprezzò il residuo amaro che non solo gli alimenti e le bibite lasciano in bocca.
Il suo alter ego stava ritta col fianco appoggiato al bordo di pelle rossa del divano.
E ancora guardava, con una sfumatura di attesa, verso di lui…
Depose accanto al netbock la bottiglietta imperlata di vapore.
Poi regalò alla sua Eco, un sorriso e uno sguardo grato.
«… Certo… Le tue considerazioni sono ineccepibili… Nel mio dialogo interiore e in quello con quella parte di me che sei tu, non posso che convenirne…»
Poi, si lasciò prendere la mano da quella diafana ma anche carnale e concreta di lei, scesero nel box, inforcarono la mountain-bike rossa e il biciclettino… E si avviarono, guardando distrattamente in giro, verso quella città di risaie… Di botteghe e di negozi… Con il suo odore denso di acque stagnanti… Di volti, di sagome, di movimenti di persone che c’erano e non c’erano. Che avrebbero potuto benissimo anche non esserci. Ma che forse probabilmente c’erano davvero…
Lui, per sé, era convinto di esserci. E, per il momento almeno, riteneva che anche la ragazza virtuale esistesse davvero.
O forse si stava sbagliando?
Naani Omodeo Zorini

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