scegli argomenti:

domenica 7 marzo 2021

E C O 8

 ECO 8

Tepore di sole, alternato ad albe gelate.
Una specie di marzo e insieme una non stagione.
Era andato a vuoto a cercare al magazzino degli oggetti.
Ma il freddo era troppo pungente.
Aveva appena tolto il coprigambe tiepido allo scooterone.
Sentiva ora morbida quella presenza aggrappata alle sue spalle e ai suoi fianchi.
E diversamente dal solito sapeva che quel dialogo interiore che stava facendo non era solo tra sé e sé.
A volte addirittura parlavano all'unisono.
Si era fermato per la sua ghiotta porzione di scialatielli allo scoglio.
Da asporto.
Eh già.
E neanche poteva andare a perdersi nelle colline verdi retrostanti l'isola.
Calpestando foglie zuppe e gonfie d'acqua. O rametti vagabondi scricchiolanti sotto i passi.
E neppure avventurarsi nelle strade immense semivuote, o nella metropolitana stipata ed esausta. Improbabili quindi i furti da subire…
Nella nuova dimensione daltonica regalata dall'epidemia letale.
Il giallo, l'arancione con sfumature rosso cupo, dominanti nella metropoli del panettone. Come anche nei dorsi dilaganti all'insù, dai prati dove giocavano a fare le capriole puledri ragazzi.
Sentiva il tepore emanante dal bracciolo della sua poltrona rossa.
Quel corpo che c'era e non c'era.
Il netbook si stava riempiendo da solo di grafemi e di frasi.
Dettate all'unisono.
Indossava la cuffia e il microfono.
Ma l'eco di Eco pervasiva e diffusa parlava le stesse sue parole.
""… Al mattino ancor presto. Era squillato il telefono fisso. Per dire che la cosa terribile era avvenuta. E l'angelo, il piccolo principe allegro e disperato, aveva spiccato il volo assoluto senza ritorno.
«… Sì. Fai così. Tu vieni una sera. E io ti presento. Che sei un amico lontano, pittore o scultore della Norvegia.
E parli solo il tuo idioma.
E vedrai.
Ragazze e donne fascinose faranno a gara per conoscerti.
Entrare nel tuo carnet.
Fai così. Dái. Vieni presto però. Che io devo partire. E questa volta il volo sarà definitivo…»
La città immensa che lui non amava, si era aperta, tremolante e impudica.
E dietro al cristallo stava distesa la bellezza sfrontata. Rassegnata. Spenta.
Ora, sul monitor, qualche raro cenno alle diafane e pure luminose profumate e odorose immagini femminili che aveva evocato e visitato. E facevano insieme una folla con quelle del piccolo principe.
Buongiorno/buonasera.
Sconosciute si incontravano.
Abbozzavano una conoscenza improbabile.
(Lui, non si era mai ancora rassegnato a giungere al capolinea).
Sentiva vibrare dentro frammenti di quell'anima perduta.
Di quell'adolescente assoluto ed eterno. Mentre i fiumi e i torrenti di parole riempivano la pagina, all'unisono con la sua alter ego eterea, vivi e vibranti fantasmini femminili si mescolavano insieme.
Alla rinfusa.
Buongiorno/buonasera: piacere di conoscervi ragazze fantastiche.
Io sono quello zio norvegese pittore scultore un po' folle.
È bello stare in mezzo a voi.
Bello e tristissimo.
Socializzate…
Quella laggiù in fondo mi aveva spaccato l'anima con il primo amore. Ma c'è poi anche quella… E quell'altra… E tutte quelle altre ancora… Donne. Ragazze.
Profumo di bosco e di vaniglia.
Voci flautate. E voci un po' più roche. Una sarabanda.
Un meeting.
Un apericena col morto.
Come quando ancora non ero astemio. Caschetti di capelli con frangia. Chiome mosse e fluttuanti. Mogano. Biondo argento. Nero corvino. Ci passavamo il bicchiere vuoto. E ridendo per un niente brindavamo.
Biancheria intima di seta anni 30.
Denti bianchi tra le labbra.
Mani che sfiorano le tue e sussurrano silenziose promesse.
Affollate.
Presenti e aleggianti.
Improbabile, incredibile, e pure possibile. Accalcate nei frammisti sonori vocali. Svolazzanti. A prendere posto…
Il pittore scultore mormora frasi irreali.
In un idioma sconosciuto. Inesistente.
Come si faceva da bambini, a giocare a far gli stranieri.
La mano morbida, tiepida, è passata con dolcezza dalla spalla del narratore. Le dita, sfiorandogli il collo, infilate nei suoi radi riccioli scomposti.
Adolescente antico.
Bizzarro dinosauro ringiovanito.
Narrazione onirica.
Rivisitazione e revival insieme.
-Dovrò cambiare il nome alla mia ninfa delle acque dei monti. Gliel'ho promesso. Già sta mutando movenze sguardi e sorrisi.
Rinasce ogni istante.
Ma anche prima ancora di rinascere e già nuova.
E mi risuonano quei versi che avevo vergato totmila anni fa:
«… E TUTTE MI SORRIDERETE QUEL GIORNO…»
Magari il nome se lo cambierà da sola.
Sarà la variante di se stessa.
Sarà sempre una nuova alba.
Un nuovo risveglio.
Un nuovo tuffo al cuore.
Come la primavera la pasqua amorosa regala di continuo la sua sorpresa a ogni giro ellittico solare.-
E neppure aveva più fretta.
Di segnare e annotare sfumature, connotati, particolari e sorrisi. Movenze.
Frammenti di parole e di mugolii di piacere.
«Tutto è sempre meglio troppo presto che non mai…» Ripeteva con l'irlandese:
« di nuovo dicendo
se non mi insegni non imparerò
di nuovo dicendo anche per le ultime
volte c'è un'ultima volta
ultime volte di mendicare
ultime volte di amare
di sapere di non sapere di fingere
un'ultima anche per le ultime volte di dire
se non mi ami non sarò amato
se non ti amo non amerò
il battiburro di parole stantie di nuovo nel cuore
amore amore amore tonfo del vecchio pistone
che pesta l'inalterabile
siero di parole
di nuovo atterrito
di non amare
di amare e non te
di essere amato e non da te
di sapere di non sapere di fingere
fingere
io e tutti gli altri che ti ameranno
se ti amano
a meno che ti amino »
Sul braccio sentì gradevole la pressione affettuosa, di consenso e approvazione.
E a quel punto, decise di farsi rileggere il testo dalla voce sintetica .
E di chiudere quell'ultimo capitolo.
In attesa di qualche altro nuovo risveglio.

Nessun commento: