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mercoledì 24 marzo 2021

E C O 12

 




ECO 12

Lui stava guardando gli esiti positivi e il grandissimo successo dello sciopero nazionale contro il colosso Amazon.
Pensava ora a tutte le persone pseudo progressiste che da tempo facevano lo gnorri: preferendo gli acquisti on-line a prezzi spesso molto scontati… Aveva provato qualche volta a far loro notare e ricordare che l’efficienza e la convenienza era tutta basata sullo sfruttamento e sul sudore di poveri disgraziati.
Poi gli era comparsa accanto quell’altra parte di se che lui aveva chiamato con il nome della ninfa delle acque di montagna.
Non aveva osato interromperlo.
Ma appena lui le aveva rivolto lo sguardo di saluto e di benvenuto, gli aveva fatto notare qualcosa che aveva rilevato nel Web.
«Ho riletto molti dei tuoi racconti che regalavi a quella donna/fanciulla. Per lusingarla. Moltissime di quelle narrazioni hanno protagonista proprio lei.
Che va gironzolando, da bambina, da adolescente o da donna, guardandosi in giro. Quasi sempre la fai andare a curiosare nei prati, nelle boscaglie, fuori dalle zone abitate. Mentre cammina, lei fantastica di incontrare l’uomo dei suoi sogni.
Che nel racconto aveva tutte le caratteristiche che hai tu. Alto.
Con la barba abbastanza corta.
La voce baritonale.
E tra i denti tiene accesa la sua pipa che lascia quel profumo intenso che ricorda l’incenso e il sandalo.
A volte addirittura hai descritto lei come una specie di cappuccetto Rosso/rosa.
E scruta curiosa tutto intorno.
A volte la fai anche sdraiare nel prato.
Fino a quando sente vibrare leggermente il terreno: perché stanno arrivando i passi di lui. Che sono i tuoi passi.
Ti eri compiaciuto. E anche descrivevi entusiasmo in lei.
Le tue fantasie, narrate, hanno forse finito per entrare davvero nella sua testolina. Influenzandola.
La protagonista, come persona reale e fisica, l’ha sempre fatto poi per davvero.
Le sue passeggiate, le erano molto gradite. E te lo diceva spesso.
Da molto tempo però avevi poi notato un particolare che nei racconti ti era sfuggito.
Da quando, casualmente, hai cominciato ad usare quel sistema telematico con il quale, bonariamente la seguivi.
Le passeggiate, compiute prevalentemente a piedi, nel tracciato raccontavano anche soste prolungate di qualche ora, inspiegabili, in qualche posto o in qualche punto particolare.
E hai capito che non aveva senso fermarsi in qualche posto così tanto tempo: soprattutto se fosse stata da sola…
La traccia raccontava che magari c’era andata fino là con l’auto.
Aveva sostato o prima o dopo. E poi aveva ripreso a girare di qua e di là.
Oppure, come aveva fatto con te altre volte, si era addentrata nell’ombra degli alberi, e aveva trovato un posticino comodo per fermarsi.
Solo che: in quell’occasione, in quel momento, tu non c’eri con lei!
Tu, come sempre trasparente, ottimista e solare, eri stato forse proprio tu a suggerirle quelle gitarelle…
Te ne sei reso conto da un bel pezzo alla fine.
Così, anche quando ti raccontava che non sarebbe uscita assolutamente di casa, potevi da lontano vedere i suoi girazzi.
Ed era purtroppo inutile parlargliene: mostrava di offendersi e di rammaricarsi attribuendo a te pensieri malevoli.
E neppure era utile, come messaggio, accennarne con accanto delle foto dei punti particolari delle sue soste.
L’ampio parcheggio a due passi dalla sua abitazione.
Fuori dalla vista.
Le piccole verdeggianti e ombrose frazioni.
Seccata e dispiaciuta ti chiedeva di rimuovere per favore, quasi ordinandotelo, i dettagli fotografici. (Per quanto non ci fosse nessuna connessione tra te che le rendevi pubbliche e qualsivoglia suo conoscente compaesano o congiunto…)
L’anima buona ridanciana, suo nuovo accompagnatore, aveva familiarità con quei posti. E in particolare riconosceva i punti precisi e i momenti in cui ti aveva aiutato a reincarnare le tue storielle. Assumendo il ruolo che nel tuo narrare avevi riservato a te stesso.
E assumendo anche un aspetto il più possibile simile al tuo.
Si era fatto crescere la barba. Ostentando uno sguardo spavaldo che voleva apparire quasi intelligente. E si era messo a scrivere delle filastrocche, in rima baciata o alternata…
Lui infatti, anima semplice, pensa e ha sempre creduto che la poesia sia proprio questo che lui ricorda da quando faceva le elementari…
E invece di doverle ripetere a memoria come faceva allora per non prendere bacchettate o brutti voti, si permette ora, e se ne vanta con la sua aria da allocco, di farle lui quelle che crede essere le poesie…
Per tua fortuna, da molto tempo hai tagliato i ponti con quella persona. Che era rimasta bambina profondamente nell’anima; marachelle, bugie, e scappatelle comprese.
La sincerità assoluta non è forse molto diffusa fra tutti gli umani.
Ma almeno, tu sai, che la totale insincerità è profondamente squallida, stupidotta e meschina…»
E così, parlando tra sé e con la ninfa eterea, aveva avuto modo di nuovo di riflettere sulle sue grandi ingenuità…
Era ormai passato molto tempo da quando i graffi di quelle bugie infantili lo avevano scalfito, e infastidito.
Ricordava tutto ciò come tra gli umani si ricorda qualsiasi cosa.
Episodi belli. Luminosi. Gradevoli.
E anche quelli squallidi e meschini.
Come ricordava in modo molto sfumato e stinto la totale penombra che lei gli chiedeva quando veniva in casa sua.
Alle luci tremolanti dei lumini e delle candele.
Per non affaticare gli occhi alla vista. E così anche i particolari meno gradevoli del suo aspetto e del suo nudo di donnotta di mezza età.
Probabilmente, poi, anche quella sua specie di sosia maschile era stato colpito dai suoi occhi e dal suo sguardo. Sorvolando nella penombra sulle sfumature abbastanza modeste…
Buon per lui. Finché si accontentava…
Ma era senz’altro molto di bocca buona.
Assetato e affamato di compagnia e di sesso usa e getta. Anche se prima o poi sarebbe stato scalzato da altri modelli maschili…
Gli venne in mente un proverbio piemontese:
“La cativa lavandera la trova mai la préia buna”.
Riferito a quando le donne di un tempo ante lavatrice andavano a lavare i panni al fosso, e li fregavano con la lisciva sulla pietra. Talvolta attribuendo alla pietra lavatoio l'insuccesso del proprio bucato.
Nell’adolescenza è comprensibile che non si sia mai soddisfatti come della pietra per lavare così anche del partner. Ma poi, a volte, può anche subentrare la maturità.
Lui, che quando era più giovane era stato considerato un appassionato “sciupafemmine” ormai si stufava presto di dover continuamente cambiare…
Ridendo con se stesso si autodefiniva addirittura: “quasi monogamo”…
Aveva ormai infilato in un cassetto queste considerazioni che lui con se stesso rimeditava.
Eco, temendo di averlo ferito, lo guardava supplice…
Ringraziò , invece, quella parte di se stesso, della propria coscienza, del proprio pensiero e della propria anima.
Guardandola con dolcezza mosse passi lenti.
Silenziosa e corrispondendo ai suoi sguardi, anche lei si mosse.
La camera, non più in penombra, senza candele lumini saltellanti, ora vibrava dei raggi del sole che entravano dalle vetrate. Con riverberi giocando tutto intorno nel panorama riflettente degli specchi.
Lei, donna virtuale, ma anche all’occasione nuova compagna carnale concreta, conosceva i suoi gusti e le sue predilezioni.
Pensiero femminile, incarnava anche all’occorrenza movenze, tratti e corpo profondamente donna.
Senza parole superflue, senza raccontini perversi e lubrichi come quelli per blandire e nutrire la donna del ricordo, si scambiarono reciprocamente pensieri, immagini mentali, fantasie…
E diedero corpo alle fantasie.
E iniziarono la recita per davvero.
“O thiasos”, (Ο Θίασος) … La recita.
Nanni Omodeo Zorini
ECO 12

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