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domenica 25 luglio 2021

VIVERE: È UN PO’ COME RACCONTARE E SOGNARE

 VIVERE: È UN PO’ COME RACCONTARE E SOGNARE

Evvia, dài… Con buona pace del medico viennese e delle sue, pare, obsolete oniriche interpretazione dei sogni… Torno, a quella mia, modesta, sempliciotta e facilona visione letteraria. Dài, mi trovo più comodo così… Affermando che “la vita è sogno”. Ancor di più che per il Sigismondo principe di Calderón della barca… Mi va bene così, dài…
Ad “occhio” aperto. Spalancato all’inverosimile, in supplenza dell’altro, mogio e moscio. Ci viaggio continuamente, dentro e fuori. Nel narrare fantasioso, che diventa esso stesso vivere. Nel seguire i diafani fantasmi garbati che il mio impianto neuronale mi regala. Nel pre sonno. Nella veglia. E quando il respiro diventa modulato nei periodi R.E.M.
Ed è viaggiare, viaggiare, viaggiare… Aspettando di sapere. Di spiegare. Di risolvere spero.
Gli streaming film se ne stanno accucciati, inutili e impraticabili.
Nell’autostrada trafficosa e inquinata che propone acquisti scemotti, fastidiosa, squallida e triste.
Ci butto pezzetti di anima, di pensieri, di svolazzi abborracciati. Di versi improbabili, scevri di rime. Di ricordi gustosi saturi di saudade. Di fotografiche immagini riesumate dalle memorie del notebook.
“Vuol favorire? Gradisca… Io le butto lì così, queste cose qui. Ne facciano pure l’uso che credono. Omaggio. Tre al prezzo di zero. Offerta promozionale…”
Molte anime buone, gentili e garbate, gradiscono, apprezzano e lo dicono pure.
In questo scorcio del tempo che si consuma.
Mi è capitato di viaggiare ancora in un altrove che non avevo mai visitato. Oppure, anche, spesso, in consessi immensi. Tra volti sorrisi e sguardi che si mostravano compiacenti, alludendo a conoscenze illusorie. Convegni. Ritrovi. Cose così, ricorrenti, abituali, fasulle.
Con la moto dovevo tornare al tempo presente, quello cecato, caricando zaini e borse. “Dove mettere tutta questa roba qui…?”
Da non riconoscersi e non ritrovarsi in quella realtà lì. E prima di perdersi del tutto, prendere la decisione a due mani; per risvegliarsi. Alla fresca brezza del condizionatore estivo. Nella penombra della camera notturna.
Leggiadre, eteree, seducenti talvolta, diafane immagini femminili, invitanti a restare nell’onirico, nel fantasmatico pianeta delle ombre.
Il kefir da filtrare era in attesa.
L’autostrada faccia-libro a raccontare nuove sventure, ciacole, blablabla.
Squallide facce e caricature. Sceriffi assessori leghisti che gironzolano con la pallottola in canna. Catastrofi ambientali previste da sempre. Trombe e bombe d’acqua. Gommoni sgonfi colmi di cadaveri. Che la censura bacchettona e scema avrebbe rimosso: con la sua bigotta precettistica sulle immagini: d’altra parte nelle Americhe se vuoi portarti in giro una bottiglia di whisky, non te lo vietano, purché la nasconda in un sacchetto di carta. Facevamo finta che.
Così va il tempo dicevo; così va il tempo, dico.
“Se sia più nobile sopportare le percosse e gli strali di una sorte oltraggiosa…”
Ma sì. Sopportiamo. Per questa miseria lunghissima e breve che il tempo c’ha regalato da vivere, mica vogliamo andare in Svizzera per chiudere la partita.
Viviamola tutta. Ogni giorno ha un’alba. Un nuovo solleone. Scrosci di pioggia e nubifragi. E verso sera, con l’amato fiorentino poeta, possiamo ripetere ancora: “ Era già l'ora che volge il disio ai navicanti e 'ntenerisce il core lo dì c'han detto ai dolci amici addio; e che lo novo peregrin d'amore punge, se ode squilla di lontano che paia il giorno pianger che si more…”
La saggia anziana raccontava a Turgenev, in Le memorie di un cacciatore: “vivere una vita è un po’ come arare un campo”…
Metafora mentalmente bella, anche per me che non ho mai arato nessun campo.
Nanni Omodeo Zorini
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