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lunedì 10 gennaio 2022

«FACCIAMO FINTA CHE TUTTO VA BEN…» (… o no?)

 «FACCIAMO FINTA CHE TUTTO VA BEN…» (… o no?)

Da quando io mi ricordo, cioè da un bel pezzo di tempo, hanno continuato a prevalere in ogni contesto locale e mondiale, luoghi comuni fessacchiotti, semplicistici…
Qualsiasi cosa succedesse: stragi, tsumami, terremoti, cataclismi, massacri di massa: chi ascoltava, se era ancora in ascolto e non si era già addormentato addosso, preferiva cambiare pagina. Cambiare discorso.
Scopro invece continuamente attraverso i media più intelligenti attenti e onesti pezzetti e frammenti di mondo spesso ignorati. Da guardare con entusiasmo, ottimismo, speranza, prima che vengano spazzati via. Annullati. Rasi al suolo…
Circa cinquant’anni fa, con una piccola utilitaria instancabile, mi ero avvicinato, curioso con l’orecchio e l’occhio teso, a quello che in quel momento era un luogo immaginario, ma anche reale, attraente e fascinoso: l’Afganistan. Dalla vicina penisola immensa, sabbiosa, e costellata di deserti di sale, la Persia/Iran, ci avevo fatto ballare l’occhio…
Ieri sera in streaming sulla piattaforma di MyMovie, con la fatica che comporta seguire un racconto cinematografico in lingua originale attraverso i sottotitoli, aveva guardato Balloon. Un racconto garbato, delicatissimo, affascinante dalle pianure del Tibet.
In altre occasioni ho gustato nel sarcofago dei paesi del socialismo reale, come la Romania, una specie di Italia di decenni or sono. Linguaggio, modi di dire, autoveicoli: erano quelli di quel luogo là. Ma avevano un sapore intenso di casa nostra in un viaggio all’indietro. Con zoomate attraenti e insieme disturbanti. Le strade, i paesi, i paesaggi per nulla dissimili da quelli che conoscevamo a casa nostra. Sembrava di trovarsi a Gargallo, pieve Vergonte, Caltignaga… In luogo delle nostre vecchie auto, c’erano delle brutte inefficaci e inefficienti Lada e Logan. E anche i rapporti umani tra la gente non erano molto dissimili con i loro discorsi da quelli della nostra archeologia mentale.
Alcuni nomi di località remote conservano ancora, magari per un po’, un sapore esotico… Ora ci piomba addosso, incomprensibile e indecifrabile a prima vista, un Azerbaijan presto teatro di scontri, invasioni, massacri…
Ma nell’ascolto, nell’occhio pigro e distratto dei più, e come se continuasse risuonare quel refrain che la Rai-tv allora ancora in azzurro: facciamo pure finta che non è cambiato nulla e che tutto va avanti come sempre.
Il virus mutante auto generatosi per partenogenesi dall’umano “apprendista stregone”, propone/impone nuove micidiali varianti. L’integralismo della caccia alle streghe dei nostri secoli bui indossa le barbe e i turbanti e scorrazza sui land rover regalati improvvidamente dall’Occidente. Donne e ragazze nascondono la loro bellezza bardate e imprigionate nei chador e nei burka. Offrendo soltanto i propri sguardi imploranti e disperati.
Qui da noi siamo costretti ad aggirarci indossando la mascherina FFP2. In mezzo a residuali orde schiamazzanti di idioti che affermano che si tratta soltanto di una variante dell’influenza.
Sono scomparsi i partiti politici, che con i propri difetti pure hanno fatto la nostra storia. Saltano fuori nuovi modi di dire. Espressioni anglofone. Neologismi fessacchiotti e contagiosi.
Le risorse energetiche sono al collasso: e si stanno ripescando fantasie tossiche del ritorno al nucleare.
A pochi passi dalla mia città di Novara, Trino Vercellese ospita valanghe di scorie radioattive che si smaltiranno fra qualche millennio se tutto va bene.
Il clown con la maschera rifatta e sorridente e il parrucchino impiantato, propone la propria squallida immagine come candidato alla massima carica dello Stato…
Il chiacchiericcio scemo e idiota, si attarda in discussioni frivole e vuote: se sia meglio questo joker o qualche altro. E anche chi mettere ad affrontare la pandemia devastante… Dopo avere tirato fuori dal cilindro un uomo buono che si occupava degli alpini…
Tutto va male, purtroppo, ahimè…! Ma va davvero male di brutto!
E non lo dico solo dalla mia prospettiva di chi ha raggiunto la stazione terminale della sua esistenza… Ma va male per tutti…
Zoombie, umanoidi, metaforicamente androidi, cloni deformi e difettosi.
“… Ma anche le più belle e generose imprese perdono il nome stesso di azioni…” (Shakespeare, Amleto atto terzo…)
Forse tutti, da qualche parte, nel cassetto della nostra esistenza e dei nostri ricordi, abbiamo anche noi qualche zoombie, piccolo-piccolo, oppure grande. Se solo ci penso un istante, mi viene fuori qualche clone/androide in sembianze di essere umano femminile magari…
Dilaganti, nelle piattaforme filmiche in streaming, sciagure, sventure, cataclismi, reali oppure probabili. La visione del mondo, quello unico, esistente e possibile, ha un aspetto cupo, lugubre, scoraggiante e scoraggiato.
E allora magari, conviene darsi una mossa… Rimboccarsi le maniche, daccapo, di nuovo, ancora… E lo suggerisco a chi ha ancora al suo attivo molta sabbia e renella probabile nella clessidra…
Magari, se tutto va bene, se lo vogliamo lo facciamo, forse non siamo ancora del tutto rovinati…
NON FACCIAMO PIÙ FINTA CHE TUTTO VA BEN…
Nanni Omodeo Zorini (dalla costellazione di Andromeda… che è qui a due passi: solo 2 milioni e mezzo di anni luce, che corrisponde alla bellezza di 23 miliardi di miliardi di km…)
Ermanna Scroppo e Marco Mastromauro

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