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sabato 22 gennaio 2022

CONFRONTI

 CONFRONTI

E assomigliava molto ad altre ricorrenze e occasioni analoghe.
Un altro dei frequenti abituali salti all’indietro.
Le presenze erano diffuse. Ricordi, frasi, mormorii garbati, convenevoli.
Soprattutto si era soffermato all’incontro colloquio con la padrona di casa.
Come aveva sempre fatto, anche ora gli dava del lei. Riportando alla luce, sfumati e soffusi, piacevoli ricordi, misti di tenerezza e nostalgia. Stima. Intensità prudente. Per nulla reticente. Così; come aveva sempre fatto. La tenuta non era per nulla dissimile da quella che era stata un tempo.
Il marito, si occupava degli altri ospiti. L’aveva salutato con rispetto e attenzione. Poi aveva continuato a svolgere il suo ruolo.
I locali mescolavano elementi delle strutture padronali del mondo contadino benestante dei secoli precedenti. Dentro e fuori pareti o spezzoni e riquadri di inserti murari irregolari. Di sassi lisci e ovali di fiume.
Mobilia di noce antico. Alternata con oggetti vetusti di legno dolce, ripulito, chiaro. Il gioco della rana. Apparecchiature per la pulitura dei risi. Frantoi di pietra. Dalle macine consunte e lisce di granito.
Finimenti di carri agricoli. Strumenti più minuti appesi alle pareti.
L’aveva accolto come sempre aveva fatto in contesti simili.
Semplice, e disinvolta insieme.
Poteva notare di nuovo il suo aspetto femminile.
Per nulla regale o principesco. Eppure sicuro, spigliato, naturale.
Come allora, come sempre d’altronde, ricordava e sfiorava immagini passate soffuse di nostalgia tenera. Aveva fatto, a quel tempo, le scelte più naturali per il momento.
Contenta di come aveva poi vissuto. Soddisfatta, e insieme dolcemente rivangando l’attrazione innegabile. Che non gli aveva impedito di sposare un uomo importante. Serio, professionalmente impegnato, devoto al proprio ruolo e al proprio impegno.
Solo leggeri, allusivi, ma non meno partecipati accenni.
Aveva fatto le sue scelte a quel tempo. E da esse lasciava trasparire quanto e come avesse considerato l’interlocutore al quale ora si rivolgeva con la stessa dolcezza.
Le parole, i toni di voce, gli sguardi sommessi ma sempre, ancora, convinti.
Difficile ora ricordare di che cosa avessero parlato.
Era una dimensione rimasta sospesa a mezz’aria. Nessun rimpianto. Solo una costante presenza che non accennava mai a scemare o a diminuire.
Una leggera brezza carezzava le antiche strutture della tenuta. Infilandosi anche, dalle porte di legno massiccio, dalle finestre talvolta rimaste spalancate. Insieme alla voce di quel parlare reciproco.
Nulla, neanche una briciola, era sfumato, perduto, scomparso.
Si poteva notare la struttura fisica del padrone di casa, aggirarsi tra gli ospiti.
Ebbe modo di confrontare in quel momento, prolungato e gradevole, con altre situazioni decisamente dissimili. Questa signora, sobria eppure spigliata, che gli regalava il suono della sua voce insieme al suo guardare amichevole, affezionato e affettuoso. Nulla a che vedere con altra presenza femminile, che lui aveva frequentato di recente. Nulla di quella posata, intenzionale e recitata postura. Occhi e sguardi insieme sfuggenti che avevano proteso con il vezzo civettuolo e attraente, possessivo e sfuggente, su di lui e su tutto il contesto umano e soprattutto maschile di altri momenti.
La voce, recitata a dolcezza infantile simulata, allora, diceva e non diceva. Pronta ad altri mormorii lascivi da regalare nell’ombra. Che gli aveva donato con lussuria, sfrenata.
Amava navigare nella penombra che nascondeva le sue fattezze. Abbastanza goffe. A parte lo sguardo angelico e insieme osceno.
Spesso gli aveva chiesto se anche lui ritenesse fosse il caso di andare in psicoterapia. Soprattutto quando gli aveva ripetutamente confidato le sue fantasie scatenate. E le sue impudiche esperienze infantili e adolescenziali. E ora quelle di donna.
Quell’immagine era ormai scomparsa con l’ombrosa nebbia in cui aveva sempre amato e usato celarsi e nascondersi.
Ora, qui, nel casale, sicura di sé, ma non meno autentica, una donna completamente pulita, trasparente, gli regalava il ricordo nostalgico per averlo un tempo desiderato intensamente. Ammettendolo sincera, senza pudore. E che aveva sposato quell’uomo che ora si aggirava, padrone di casa.
Al quale aveva dedicato e donato la sua presenza e la sua vita. Senza infingimenti di sorta.
Sorrise tra sé, al confronto mentale.
Forse quell’altra, dagli occhi d’angelo assatanato e voglioso, non era poi mai più andata in psicoterapia come lui le aveva suggerito. E aveva continuato ad aggirarsi, recitando grazia e garbo fasulli, nel paesotto dove regalava la sua immagine posticcia. Nelle limitrofe vicine frazioni. Nelle boscaglie che aveva frugato, vogliosa, insaziabile…
Ricevette, ora, e di nuovo, la voce e gli sguardi puliti e sinceri. Quando, pocanzi, aveva accompagnato il marito per farglielo salutare, quello l’aveva guardato, sicuro. Ma senza malizia o rimpianti. Sì, lo so, aveva soggiunto, mi ha sempre parlato di lei, di quanto la stimasse e apprezzasse. E sono contento ora di vederla qui. Come lo sono pure che lei continui ad abitare i ricordi, le fantasie affettuose della compagna della mia vita.
Ha fatto bene a venire. La ringrazio. Ora mi voglia scusare ma mi dedico agli altri ospiti di questa nostra casa. Sarà sempre il benvenuto.
Quasi furtivo, ma insieme sicuro, si era poi allontanato.
Molti mesi addietro, quell’altro angelo simulato, aveva continuato ad allontanarsi, a nascondersi, a negarsi con pretesti fasulli di immensi problemi di salute!
Bevve , centellinandola, la fresca spremuta di limone e bergamotto che aveva scelto per lui dal vassoio, la sua ospite. E che gli aveva porto, regalandogli quello sguardo, infinitamente sincero.
Il brusio e il brulichio circostante, continuava a galleggiare.
Sorbì la fresca bevanda casta e limpida. Insieme a quel ricordo estremamente pulito.
Nanni Omodeo Zorini
Angela Angelamantelli

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