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martedì 27 febbraio 2018

SOGNI D'ACQUA

SOGNI D'ACQUA

Di certo c'era qualcosa di strano. Eppure tutto era molto naturale. Autentico. Gli era già successo qualche giorno prima. Qulla volta, e gli veniva da ridere, si era ritrovato a girare per la città da ragazzo. Con i calzoni lunghi che però arrivavano a malapena alla caviglia. Si passava ogni tanto una mano sui capelli per tenerli su dritti. A nascondere che fino a poco prima li aveva avuti rasati a zero. Ora no. Si sentiva in tutta la sua altezza. Come sempre spilungone. E il passo dinoccolato. Trent'anni allora?
E io lo guardo da fuori mentre ora racconto, lo vedo riflesso nelle vetrine del corso Cavallotti. E lo riconosco. È proprio lui. Sono proprio io mi viene da dire…
Lui, cioè io, abbiamo appena comperato le sue micidiali sigarette. Dal pacchetto blu massiccio.
Ma in saccoccia sento con la mano il duro della radica della prima pipa. E la mistura che ho appena imparato a fare. Un pacchetto di Italia; uno di Anphora aromatic, e una dose di quel tabacco nero comprato in Svizzera. Latakia. Viene fatto affumicare sul legno di sandalo e aromatici.
Mentre ci avviciniamo all'angolo delle ore, un gruppetto di ragazzi e ragazze. Occhiata di sfuggita. Ma non troppo.
Uno sguardo celeste esce dal gruppo e mi cerca. Insinuante.
Garbatamente provocatorio.
Né il mio sosia né io ce la sentiamo di affrontare ora questa emozione.
Mi  infilo a vedere delle svendite in un negozio.
Uscendo il gruppetto è scomparso.
Riprendono  i battiti cardiaci normali.
Ho perduto quello sguardo. Per ora.
Mi affaccio poco dopo in piazzetta. Piazza delle erbe. E subito tra gli altri quel gruppetto mii salta agli occhi.
Forse devo essere in bici.
E mi soffermo per legarla ad una ringhiera, ricordo a memoria la combinazione del lucchetto: 492…
È tutto molto diverso. Improbabile. Incredibile.
E insieme completamente naturale.
Vero.
Mentre mi sto rialzando dopo aver assicurato la ferraglia nera della mia bici, con i freni a bacchetta, quella voce.
La voce.
«Sei proprio sicuro, di volerla legare e lasciare qui?»
Appena mi sono rialzato guardo dall'alto al basso quegli occhi azzurro cielo. Quegli occhi che da quand'era bambina amano sempre guardare all'insù.
Eppure riesco a continuare a respirare.
«Sì. Certo. Sono proprio io»dice.
Ha avuto una leggera trasformazione da quel tempo.
Si è fatta donna. Più donna dell'adolescente che era allora.
Tiene i capelli biondi legati a coda di cavallo. E appena sopra la fronte ha appoggiati gli occhiali da sole scuri.
E  non sono neppure spaventato. Frastornato. È  normale che tutto sia così.
I  decenni di età che ci separavano si sono assottigliati.
Lei ha ora circa vent'anni. Io al massimo 30.
Dimentico la bici, e mi lascio prendere la mano dalla sua. Poi lei mi infila tutte due le sue tra le mie. Sono fredde.
«Me le scaldi un po'»
Non  è una domanda. Un'affermazione.
Una constatazione.
Un dato di fatto.
Tenendole le mani tra le mie le sento intiepidirsi.
Infila le dita tra le mie.
La piazzetta delle erbe non è più a fuoco.
Neanche i suoi compagni di chiacchiere.
Nelle vetrine io e il mio sosia, e certo anche lei, vediamo passare un uomo alto, dai capelli ricci e folti, che tiene tra le proprie mani le mani di una ragazza fantastica.
Si guardano.
Camminano.
Escono lentamente dai portici.
Sanno certamente dove stanno andando.
E anche cosa faranno.
Credo di saperlo anch'io.
Non solo il mio sosia che c'è lì accanto a lei.
«No. Io non mi sono ancora sposata. E neanche tu vero. Però siamo gli stessi. Quelli che dovevano incontrarsi da millenni…»

La luce azzurra dell'umidificatore a ultrasuoni, colora il suo vapore freddo.
Sarei tentato, ora, di allungare la mano per sentire se lei è qui accanto a me.
Mi piacerebbe sentire il tepore del suo corpo.
Toccare  la sua consistenza. Sfiorare il suo morbido nudo bianco.
Ma  preferisco restare in questa dimensione indeterminata.
Dovunque  lei sia non voglio turbare il suo sonno.
Abita comodamente nel mio sogno.
Io nel suo.
Nessun rimpianto per la vecchia bicicletta rugginosa. Rimasta chissà dove.
Tornerò a cercarla un'altra volta. Magari, chissà mai che la rincontro…

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