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mercoledì 13 febbraio 2019

LECTIO MAGISTRALIS
Quel giorno era stato preparato con grande cura degli alunni… I ragazzi e le ragazze da tempo avevano aperto una contrattazione soprattutto con lui. E dopo vari tira e molla
era arrivata la data prevista. Le domande che gli avevano posto erano le più variegate. Lui aveva provato a metterle insieme secondo un filo logico. Avrebbe potuto parlare quella volta delle relazioni umane in generale. E di quella particolare relazione tra umani che viene comunemente definita amore.
Appena entrato nell'aula, si era accorto che quasi nessuno aveva in mano i telefonini e i tablet. Sembrava un segno promettente… Provò a dire due cose capitolo introduttivo, ma venne subito bloccato da una ragazzetta al primo banco. Magretta con gli occhiali.
«Però, ci scusi prof, preferiremmo condurre la sua lezione in un modo un po' diverso dal solito… Se non le spiace, preferiremmo qualcosa di più simile a un dibattito… Cioè, ciascuno di noi, le dirà qualcosa, a mò di domanda… Lei parlerà. Interverranno altri di noi in modo sintetico è chiaro. Poi si passerà ad un altro argomento domanda… Cosa ne pensa?»
Guardò con immensa simpatia e stima la portavoce di quel gruppo. Non se l'era aspettata una richiesta del genere, ma nel suo cuore e nella sua mente lo desiderava…
Diede il suo assenso. Poi ci fu qualche istante di silenzio. E di nuovo la ragazzetta con gli occhiali, facendo un cenno con la mano col dito alzati, parlò…
«Tra di noi ci siamo tutti accordati. Ciascuno dovrà dire le cose con estrema sincerità, e tutti gli altri si impegnano a non sputtanarli raccontando in giro le confidenze che qui sono emerse… Immagino che anche a lei vada bene questo…
Per cominciare: citerò una frase che ho ricavato da una canzone di Enzo Iannacci che ho imparato in casa dei miei… "Un mondo solo con l'odio ma senza l'amore…"
Non pare anche a lei che il nostro tempo contemporaneo corrisponda sempre di più a questa definizione? Non per dire che nel passato l'amore sia prevalso così tanto. Se non come messaggio, proposta, utopia… Ma oggi, in questo mondo che è l'unico nel quale io vivo e che mi sembra di conoscere, indifferenza, odio, prepotenza, supponenza sono dominanti… Lascio a lei la parola…»
Il professore maestro li guardava con tenerezza.
Poi prese l'abbrivio, a parlare delle emozioni, del sentimento amoroso nei confronti dell'ambiente, di tutti i viventi, degli umani in particolare…
Lo sguardo vivace della ragazzetta e di altri sembrava implorarlo a toccare la tematica amorosa. Tout court.
Ne parlò a lungo. Della nascita del rapporto amoroso. Dell'infatuazione iniziale. Della magia che lo pervade. Delle rituali affermazioni: per sempre, tu sei la persona che ho sempre desiderato, se il partner ideale per la mia vita, sei quello che cercavo…
Poi, ci fu il passaggio all'amore narcisistico, dell’amare quell'altra persona per il gusto di specchiarcisi dentro e di sentirsi protagonista. Auto compiacendosi. Mi diverte amarti perché mi sento amato da te…
Col rischio poi di cadere in un rapporto così intimo da rasentare la simbiosi.
Ma è difficile amare nell'altro una fotocopia di noi stessi. Rischia di diventare o di restare solipsistico. C'è il desiderio della scoperta, della diversità dell'altra persona, mettendo a confronto la nostra e la sua diversità.
Poi le diversità possono diventare a un certo punto barriere. Difficili da superare.
Noi, ciascuno di noi stessi, ama la propria weltanschauung e visione del mondo. E il confronto ci fa vedere che ci sono varie visioni. Alcune tra loro difformi e contrastanti.
Corsi e ricorsi di continuo apprendimento, conoscenza, confidenza estrema, contrasti, diverbi, conflitti…
Avevamo scelto quella persona perché non era fotocopia omologata a tutte le altre persone che avevamo visto incontrato e conosciuto. Ma ad un certo punto era stata proprio quella diversità che gli era propria che ce lo rendeva estraneo. Straniero. Andava costruito un linguaggio comune. Ed era faticoso. E insieme piacevole la conquista sempre di un gradino maggiore di conoscenza, e d'amore…»
Un'altra mano alzata di un ragazzo con la barbetta.
«Forse è proprio questo, che nei confronti del resto dell'umanità, ci fa temere chi è molto o troppo diverso da noi. Per il linguaggio. Il colore della pelle. La provenienza geografica. E dato che è difficile imparare davvero bene queste intense diversità, può risultare più facile preferire stigmatizzarle come negative. Chi non è come me, chi è diverso da me, è sbagliato. O si adegua, oppure…»
Naturalmente il discorso si allargò al fenomeno presente in quel tempo. Ma presente in tutto il tempo dell'umanità. Da sempre. Solo gli spostamenti migratori, i processi di acculturazione, di apprendimenti dei diversi stili di vita e di tecnologie di intervento sulla natura, la diffusione del linguaggio proprio e la contaminazione con quello degli altri…
L'umanità è tutta una grande massa in cammino da sempre…
Spesso con aggressioni. Violenze. Guerre. Stermini.
E quando queste brutalità risultano solamente passive, cioè non agite direttamente, da soggetti che usano violenza su altri, è comunque una continua guerra.
Guerre di parole, di soprusi, economici e materiali, di esclusione…
Talvolta si riesce ad accettare gruppi di diversi, purché vengano relegati nei loro clan auto isolati. Piccoli ghetti di autoprotezione. Talvolta ci si mescola. Ma conservando le proprie diversità. Difficile, ambizioso, ottimale, per quanto abbastanza raro, integrarsi, integrando gli altri nel nostro gruppo.
Tra le diversità, quelle di genere, maschio femmina, etero e omo, ricco povero…
Il discorso andava avanti. Domande che non si aspettava, che non aveva neppure previsto, gli apriva il cuore di entusiasmo.
Alla fine, prima della conclusione, un ragazzo alto, dinoccolato, con una barbetta corta corta, vincendo la propria timidezza prese la parola.
«Proprio per l'impegno che ci siamo presi di tirar fuori anche i nostri vissuti più intimi, di tenerli riservati più possibile al nostro interno, racconto il mio caso personale.
Una storia d'amore. Un po' lo stato nascente di Alberoni… Il cuore che fa tu-tum, e batte all'impazzata. Il vedere il mondo non più soltanto coi propri occhi ma con quelli anche della persona amata. L'essere due che diventa a modo suo essere uno.
Poi, l'entusiasmo cala… Senza colpa di nessuno. Come un fuoco che ha terminato di ardere sufficienza. E che sta diventando cenere. E dato che non si può essere sempre all'unisono e sintonizzati, uno dei due fa la parte del vincitore e del dominatore sull'altro. Forse senza deliberarlo coscientemente ma un po' alla volta comincia a considerarlo ininfluente. Non essenziale.
E allora comincia a guardarsi intorno, con insoddisfazione, noia, curiosità…»
A questo punto, la provocazione era abbastanza consistente. Quasi gli interventi rischiavano di sovrapporsi. Di togliersi la parola l'uno con l'altro. Aveva toccato un nervo dolente. Aveva messo il dito nella piaga.
Il professore docente maestro, continuo regalare sulla platea il suo sguardo dolce, buono, comprensivo, cercando di buttare al loro ascolto tutto quello che aveva studiato, vissuto, sentito…
Ma mentre lo faceva, ripercorse nello sfondo della conversazione la propria esistenza. Le proprie esperienze. Il proprio passato…
Parlarono tutti o quasi tutti. Alcuni fecero la parte del leone. Ma anche i più timidi e impacciati osarono alzare il loro dito e dire la propria.
Si respirava un'atmosfera di comunità. C'era un trasporto che legava l'adulto a quegli adolescenti ragazze e ragazzi.
E lui pensò, mentre si avviava alla conclusione della sua lezione magistrale, che insieme stavano sperimentando un modello di relazione umana poco praticato.
All'uscita non riuscì a inforcare subito il suo scooter. Fu attorniato subito da ragazze e ragazzi, che parlando a volte tutti insieme, volevano continuare a tutti i costi quella autocoscienza collettiva…
E capì, perché gliel'avevano insegnato quegli sguardi di bambini cresciuti con cui si era confrontato, che la comprensione, il confronto, l'amore, sono forse davvero possibili…
Anche quando ci sono incidenti di percorso.
Poi, ripose la pipa ancora calda nella tasca. Si permise una carezza sui capelli di chi gli stava vicino. Si permise un sorriso affettuoso. E permise loro di dirgli:
«E stato davvero bellissimo, prof, grazie… Facciamole ancora queste chiacchierate qui.
Ciao prof...»
nanni omodeo zorini
foto web

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