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giovedì 27 maggio 2021

ECO 2 0

 ECO 2 0

Accucciata, seduta sui propri talloni, sul bordo più alto del divano rosso, l'alter ego mentale mostrava in visione le sue belle cosce nude. Aveva assunto, come faceva di frequente, fisionomia e connotati del volto angelico di ragazza che di recente gli aveva offerto le morbide guance da baciare… E ora lo guardava. Con intenzione. Poi prese a parlare, «E ti ripeto che fai molto bene a continuare così come da mesi stai facendo. Disagio. Sofferenze. Possono diventare benissimo anche il paravento dietro il quale sussurra il definitivo distacco. Dopo averlo raccontato concretamente con i silenzi, la lontananza effettiva e definita esplicitamente, ma d'altra parte è insito nel carattere e nel connotato esistenziale. Ciascuno ha la propria struttura definitiva e immodificabile. Il cercare di anni, con insistenza entusiasta. Poi la ricerca è scivolata altrove. Nel social. Nel peregrinare periferico. Nelle boscaglie. Sulle stradine ombrose. Nella cupaggine sofferente. Il sorriso può finire per diventare sguardo malinconico all'indietro. Nel vivere di voi umani: ""così è, se vi pare…"". Mutevole e cangiante è ogni giorno. E le albe più sfolgoranti e radiose si cambiano facilmente in tramonti. Lentamente, gradualmente, degenerando e sfaldandosi. Immagino sia faticoso continuare a restare, volendolo, sempre uguali a se stessi… Coerenti con il proprio ieri. ""Anche le più belle e sfolgoranti imprese perdono il nome stesso di azioni…"" recitava il principe Amleto a Elsinore. Con la fantasia che ti è propria, negli scritti e nelle azioni, hai saputo tenere sveglio il tuo sguardo e il tuo occhio per guardare la realtà circostante. Perché l'avevi scelto. Lo volevi. Ma le nubi, le nebbie e i freddi dell'autunno dell'esistenza, ti raccontavano un po' alla volta che il sogno che avevi accettato e voluto vivere si stava trasformando in routine abitudinaria. È stato il tempo con il suo scorrere a mostrarti le briciole che andavano polverizzandosi sempre più. Giorni addietro ci siamo insieme accompagnati tu e io per quella strada all'indietro nel tempio della tua memoria e delle persone partite per sempre. Diversamente dal solito non hai continuato come facevi in tempo quel dialogo interiore con le tue ombre ancestrali. Era stato allora un gioco. Una celia. Un tuo abituale ""facciamo finta che…"". La brutta architettura alle arcate calcinate, suonava vuota al tuo sguardo mentale. E hai preferito farci galleggiare, quegli ultimi ricordi, estranei tra assenti presenze estranee. Ritornando, anche i riquadri d'acqua per le risaie, con i voli ampi delle ali flessuose di aironi erano diversi. Aironi. Cicogne. Gallinelle d'acqua. Corvi… I loro voli, gli spostamenti e il raggrupparsi sugli argini, non erano più gli stessi. La fotografia mentale e visiva: identica. Lo sguardo e la percezione: totalmente mutati. Il pieno/vuoto della piatta campagna novarese, pullulava soprattutto del vuoto nuovo. Quel paesaggio che tu avevi fatto vivere e nutrito amorosamente, si era andato impregnando di assenza. Significativa. Dovuta. Necessaria. Con la celata del casco sollevata, hai gustato e imparato il tuo rinnovato guardare. La moto continuava i suoi borborigmi a quattro tempi. Tu avevi lasciato all'oblio ciò che era definitivamente morto. E sei tornato identico e insieme totalmente rinnovato. Con l'anima, la mente, la fantasia ancora più libere di impacci. Di inutili zavorre affettive. Al macero.…» Aveva parlato sonora e silenziosa dalla sua posizione sul bordo più alto del divano rosso. E continuava a regalare in visione le sue belle cosce nude. Di ragazza . Come faceva di frequente, fisionomia e connotati si erano intonati alla nuova dimensione del momento. Come il volto pulito e angelico. Come sa esserlo chi si rinnova e rinasce continuamente. Gli si era spenta già alcune volte la pipa. E l'aveva lasciata riposare nel portacenere della ciotola di rame che aveva portato con sé molti decenni prima dall'Iran. Anche le immagini, diapositive mentali della memoria, di quel viaggio, avevano perso il colorito intenso di quando le aveva vissute. Come pure si erano stinte, stemperate, nella scatola dei ricordi, le immagini femminili che un tempo erano state vive e palpitanti. Inutile la raccomandazione che a ciascuna aveva fatto a suo tempo: ""non portar via il tuo ricordo… lascialo solo nel mio cuore… tremore di bianco ciliegio… Nel martirio di gennaio…"" Le parole che si era detto da solo per bocca della eterea ninfa, l'avevano rinfrescato. Rinnovato. Perciò, con uno sguardo interiore intenso, aveva sorriso a quella parte di sé che pure aveva ascoltato. Lo stillicidio del calendario, per l'ennesima volta, aveva smesso di centellinare la propria sabbia temporale. Si apprestò, come era davvero il caso, alla propria totale resurrezione…
Nanni Omodeo Zorini
Guido Peagno

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