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mercoledì 21 novembre 2018

«Gli ultimi popoli isolati, incontattati e sconosciuti.»CONFERENZA DI MAURIZIO l LEIGHEB

A PROPOSITO DELLA CONFERENZA DI MAURIZIO l LEIGHEB - martedì 20 novembre 2018. Fondazione Faraggiana. Novara.
«Gli ultimi popoli isolati, incontattati e sconosciuti.»
Una narrazione serrata, incisiva, molto ricca.
Mi è tornato in mente di quando avevo frequentato l'università cattolica di Milano: la l'antropologia culturale allora, là, si chiamava ancora etnografia. E non si trattava solo di un gioco di parole o di sfumature di significati. Il docente, che era un ecclesiastico exi missionario, guardava la disciplina per descrivere. Mi attraeva comunque la tematica. Ma riuscìi ad evitare di chiedere la tesi in quella materia. A un primo approccio mi rifilarono dei tomi immensi voluminosi, scritti in un francese arcaico… Descrittivi della vita e della cultura dei nativi americani nei secoli successivi alla conquista. (Che non era mai stata una scoperta dell'America ma una vera e propria brutale devastazione; impossessamento; sconvolgimento).
(Mi allontanai poi dalla etnografia di quella università cattolica, preferendo l'università statale di Torino, che usava l'approccio antropologico!)
Alcuni termini usati nella conferenza, li guardavo ancora abbastanza intimorito e con sospetto. "Conoscenza" di popoli che non hanno avuto assolutamente nessun contatto o pochissimi con il nostro mondo occidentale, malato, brutale e omologato… Il desiderio di conoscenza è in sé e per sé stupendo ed apprezzabile. Ma per conoscere chi preferisce non essere conosciuto e starsene tranquillo nel suo mondo in equilibrio, occorre probabilmente fare un atto di violenza. Quantomeno quello di costringerlo ad aprirti le porte. A farti entrare… E poi dopo la conoscenza c'è rischio che arrivi la conquista lo sfruttamento e il furto di territorio e di risorse. Molta narrativa ci aveva raccontato dei primi nativi di quel continente portati alle regge europee. Per essere guardate nei circhi!
Un altro termine: "pericolosi". Alcuni popoli possono apparire pericolosi all'occhio dell'esploratore, anche se quest'ultimo può risultare in buona fede. E tale pericolosità è intenzionale. Chi non vuole essere invaso, conquistato, soggiogato, messo in ginocchio, con tutti i mezzi che ha a disposizione cerca di apparire pericoloso. Anche se le frecce avvelenate, o la pratica dell'imbalsamazione e riduzione delle teste, o i bastoni per spaccare il cranio agli invasori, sono un'arma debole quando l'invasore arriva con i suoi mezzi militari terribili. Possono al massimo dissuadere l'esploratore.
Altre idee che mi sono venute in mente ascoltando l'amico Maurizio Leigheb.
La fascinazione che avevo avuto leggendo Malonowsky, che aveva scoperto nelle isole Trobriand nella Melanesia, un modello di società di tipo matriarcale… Senza la proprietà privata e perciò in una dimensione di tipo comunistico Che aveva fatto formulare una ipotesi a Backofen. Che probabilmente i nostri progenitori erano tutti passati da una società matriarcale. Divenuta poi a gestione maschile, con la introduzione della proprietà privata. Per garantire la stessa proprietà alla discendenza paterna. La disciplina non ha confermato il sogno che anche a me aveva molto affascinato.
Perciò a mio modo di vedere sie il termine conoscere, che quello di pericolosità, sono molto relativi e soprattutto hanno significato calibrati sull'osservatore e su chi li utilizza.
Un altro aspetto molto interessante, implicito nel meraviglioso panorama che Maurizio ci ha presentato, e che io allargo abbastanza ad una visione più ampia su tutto il pianeta.
Recentemente sentivo un archeologo, affermare che rispetto ai criteri passati, quando si scopre qualcosa si attende molto a lungo prima di andare a "esplorare e conoscere". Per il dubbio e il timore sacrosanto di rischiare di distruggere segni che non sarebbe più possibile in futuro magari con mezzi più sofisticati leggere e scoprire.
Collegato con questo ragionamento, quest'altro. Cancellate, rimosse, distrutte irreparabilmente, le sopravvivenze ancora presenti nei pochi isolati e rari casi civiltà ancora non studiate, potrebbero ad un'attenta analisi rivelare elementi essenziali per capire il nostro mondo la nostra realtà. Ogni elemento di conoscenza su rappresentanti del genere umano, come pure su qualsiasi soggetto vivente, è essenziale per capire quello che siamo noi oggi, qui, in questo mondo… Sia esso un dato relativo alle modalità di organizzare quella società. Sia pure ogni elemento antropologicamente culturale, come la struttura del linguaggio. E rimando, allo stupendo lavoro effettuato anni fa da Noam Chomsky, che sulla linea condotta precedentemente da Jan Piaget, per quanto riguardava gli elementi essenziali del pensiero umano e della sua genesi, teso a scoprire e a ritrovare gli universali linguistici.
Mi scuso, qui, con l'amico, meraviglioso esploratore e studioso Maurizio Leigheb, se mi sono permesso queste notazioni. Penso sempre che ogni forma di comunicazione, compresa quella che lui ci ha regalato ieri sera e ci ha offerto, possa e debba essere sempre una occasione di riflessione per ulteriore conoscenza.
Solo qualche notazione conclusiva.
Ho apprezzato particolarmente l'approccio epistemologico e disciplinare seguito.
La diversità è ricchezza. Non anomalia o devianza.
La xenofobia invece è devianza patologica.
I popoli che ancora posseggono segreti di conoscenza per noi, vanno assolutamente preservati, protetti, non invasi da una curiosità consumistica… Hanno nella loro struttura sociale umana e culturale, una estrema ricchezza, originalità, autosufficienza. Che va salvata. Protetta. Custodita come un bene prezioso. Difesa dalla massificazione del pensiero omologato dominante. La speranza, come sempre, è l'ultima a morire. Voglio sperare insieme agli uomini e alle donne di buona volontà, e di cultura, che dallo studio del passato, del costume, e dell'esistente possono venire lezioni significative!
Grazie a Maurizio Leigheb e alla fondazione Faraggiana.
Nanni Omodeo Zorini
foto dal Web

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