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sabato 17 novembre 2018

Recensione "QUEL CHE L'ACQUA NASCONDE".


Recensione allo spettacolo di ieri sera a San Maurizio d'Opaglio.

Non te l'aspetteresti forse…! Eppure, in un piccolo teatro di un paese del lago d'Orta, San Maurizio d'Opaglio, io continuo ad assistere sempre più a spettacoli di altissimo livello.
È di ieri sera: "QUEL CHE L'ACQUA NASCONDE".
Un racconto teatrale molto serrato, senza pause, che non ti lascia tirare il fiato, trascinandoti all'indietro, negli anni 70.
Con la struttura del thriller, ma che non vuole e non può essere assolutamente fine a se stesso.
Rimando per la trama, a quanto in modo esaustivo compare nel Web.
Ho inutilmente cercato tre miei scritti anche quelli pubblicati in passato da me qui in FB: non ho trovato riflessioni che già avevo buttato giù. Tanto vale quindi riscriverle daccapo.
A cavallo dell'esperienza politica del gruppo di "il manifesto" di Novara, si intreccia quella del "Circolo Rosa Luxemburg". Io allora ero un giovane insegnante molto precario, e mi arrampicavo nelle valli dell'Ossola con treni e altri mezzi per fare il professore…
Il pendolarismo, per quanto molto pesante faticoso, mi permetteva di frequentare il circolo.
I ricchi e vivaci fermenti che vi taglieggiavano allora la vita culturale e politica, anche nella piccola città di provincia di Novara, avevano permesso di affondare l'attenzione sulla realtà manicomiale. Mi limito a raccontare flashes ed episodi.
Con competenza meticolosa, come pure stava avvenendo in molte parti del paese, e nella vicina Torino, era venuto alla luce la realtà del lager di viale Roma. Gran parte dei pazienti ivi reclusi, era risultata non affetta da patologie mentali tali da giustificare la detenzione pseudo curativa. Dal racconto che ne sentii in situazioni pubbliche, non era raro ma molto frequente che molte e molti ricoverati ci si fossero trovati senza motivo. Fin da bambini a volte. O per lievi disturbi comportamentali. Con le motivazioni allora narrate, di secondi fini… Motivi economici, beghe familiari, interessi legati all'eredità…
Il fenomeno emergente di quel tempo di cui parlo, era quello legato alla terapia del lavoro. "Ergo terapia". Lavoretti seriali venivano imposti come forma di cura, spesso a tempo pieno, senza quasi nessuna retribuzione. Giustificando ciò con il mantenimento nel nosocomio.
Per farla breve, ricordo in particolare una serata pubblica nel salone dell'arengo cittadino del Broletto. Moltissimi, serrati, appassionati e sofferte interventi. Di chi forniva dati, argomentazioni, o narrava i propri vissuti personali subìti là.
Al termine della serata, un nutrito e consistente gruppo di aderenti al circolo, decise di muovere nel cuore della notte, verso il manicomio. Il percorso fu in gran parte compiuto correndo, e scandendo lo slogan: "ERGO TERAPIA-CARNE UMANA".
Una delegazione riuscì a farsi ricevere dal primario e direttore.
Poi gli eventi portarono alla legge Basaglia. Innovativa è rivoluzionaria quanto castrata e orfana. L'abolizione e la chiusura delle strutture manicomiali, non ebbe seguito con quanto necessario, opportuno, indispensabile: creazione sul territorio di supporti, ambulatori, consultori o case famiglia adeguati. In ciò, nulla di diverso da quello che avveniva nel resto del paese.
Unica voce che si levò nel dibattito serale, fu quella di un insigne psichiatra. Ora affermato e brillante curatore di testi non solo specialistici. Ricordo le sue parole, pronunciate con voce stentorea, non certo a contrastare il caso che la protesta, ma piuttosto a proporre di non fare di tutta l'erba un fascio.
"Signori, badate bene, nonostante la grande verità che ora emerge, non dimentichiamo che: LA SOFFERENZA PSICHICA ESISTE!"
Già da ragazzo, ero stato alcune volte nei rari momenti in cui trascorrevo qualche giorno a casa rispetto alla istituzione in cui vivevo in quanto orfano di padre, ad accompagnare mia madre. Brillante soprano per cinque anni al Teatro alla Scala, rimasta vedova, dava lezioni private al pianoforte di casa nostra, di "bel canto". Aiutando gli appassionati della lirica a sviluppare la propria passione e le proprie doti, con l'impostare la voce sui fiati secondo il metodo Garcia.
Ogni tanto, quando poteva, gratuitamente, andava al manicomio di Novara a trovare "quei ragazzi". Con i quali faceva musica. Musicoterapia.
Qualche volta mi aveva portato con lei.
Al confronto con l'orfanotrofio dove vivevo, e che già mi sembrava terribile, quel luogo che doveva essere di cura mi spaventò!
Su un'ampia area sorgevano palazzine che ricordavano molto la disposizione delle baracche nei lager di sterminio nazisti. Fortunatamente in muratura. I soffitti bassi dei locali. Imponenti e massicce inferriate a tutte le finestre. Volti miserevoli, profondamente onesti e tristi. Frutto delle cure prevalenti che sentivo descrivere, per l'elettroshock. E per le iniezioni di zolfo come dicevano i poverini. Ricordo in particolare uno di loro. Lo chiamavano Nicolino. Abitualmente vestiva con giacche malandate, ostentando però al collo un numero infinito di cravatte… Appena mia madre arrivava le andava incontro. "Ciao, professoressa, che ho portato un regalo…" E pronunciava “poesoressa”, con voce tremante e sguardo che navigava intorno. E metteva nelle sue mani fogli di carta su cui aveva vergato grafemi incomprensibili…
L'ambiente di questi incontri veniva sorvegliato da massicci infermieri armadio, che alla cintola,  sopra il grembiule bianco, avevano una cintura con appesi sonanti e minacciose mazzi di chiavi.
Più di una volta avevano rivolto un rimprovero burbero anche a Nicolino: "stai attento tu… Non avvicinarti troppo…"
Mia madre dolce, gentile e accogliente, cercava di tranquillizzare il severo guardiano…
Ieri sera, al TEATRO DELLE SELVE, di San Maurizio d'Opaglio, ho rivissuto mentalmente quei ricordi… Soprattutto quando nella narrazione teatrale venivano descritti gli spazi, gli ambienti, la contenzione, i corpi ignudi, bambini e bambine legati ai termosifoni o ai letti…
Dentro gli episodi che venivano dolorosamente portati alla luce, riuscivo a vedere dei flashes che avevo già vissuto. Per quanto io avessi avuto da ragazzo la fortuna di vederli nei momenti ufficiali, di rappresentanza, formali… Ma le brutalità le avevo intuite, immaginate, temute…
Non ho appurato se il romanzo di Alessandro Perissinotto da cui venne tratto il lavoro teatrale si basava su un particolare oggettivamente localizzabile. Parlava di "villa azzurra" nel manicomio di Collegno…
Spesso nella narrazione i connotati i nomi e i luoghi vengono intenzionalmente modificati. Lasciando viva autentica profondamente vera la sostanza narrata!
Noi del circolo Rosa Luxemburg ci eravamo limitati al dibattito pubblico, acceso, appassionato, seguito poi dalla marcia a passo di corsa urlando lo slogan… Al colloquio col primario… Al volantinaggio della città sulla vergogna manicomiale…
Non ricordo di aver ascoltato situazioni analoghe a quelle che lo pièce teatrale ha portato alla luce ieri sera. Il che non significa assolutamente che non esistessero, che non ci fossero, che fosse un piccolo eden dove al massimo venivano sfruttati i pazienti…
Nella vicenda ambientata a Torino, alcune vittime, si erano organizzate in una vendetta… Mescolando la propria giusta protesta alle modalità dei brigatisti rossi.
"LA SOFFERENZA PSICHICA ESISTE"!
Ma forse non bisogna dimenticare che anche la sofferenza, i maltrattamenti, le brutalità nei confronti dei sottoposti, adulti o meno che fossero, ESSA PURE ESISTE!
È esistita. Ha lasciato le sue ferite e le sue cicatrici. E anche nel nostro bel paese, sommersa, nascosta, celata e clandestina, forse sta ancora covando, chissà dove.
Prima o poi emergerà!
Un grazie sentito a Franco Acquaviva per avere offerto questo stupendo spaccato di quasi cinquant'anni fa. Agli attori meravigliosi. Alla regista Ivana Ferri.
A tutti noi che ci siamo stati. Abbiamo assistito. Abbiamo partecipato.
Una vera autentica opera d'arte, sia essa poesia, narrazione, pièce teatrale, composizione musicale, grafica o figurativa, perché possa a ragione e con diritto definirsi tale, deve riuscire a farvi vivere profonde autentiche emozioni!
In un piccolo teatro di un piccolo paese del piccolo lago d'Orta, in provincia di Novara, tutto questo è avvenuto ieri sera. E avviene frequentemente.
Non basta a definire teatro, poesia, narrazione, un qualcosa… Non basta l'aspetto formale esteriore. Quello è solo un contenitore! Ieri sera il contenitore era impeccabile, stupendo, è perfettamente adeguato al contenuto! GRAZIE!

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