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mercoledì 11 settembre 2019

Regali del tempo
QUEST'ODIO NON TI SOMIGLIA. Rogas ed. Autore Carlo Scovino.
Da un po' di tempo stavo rinunciando ad occasioni vitalizzanti: il "colpo della strega", lombalgia per intenderci. Collegata ad altri aspetti… Eppure il tempo mi ha regalato una sorpresa graditissima.
Nel cuore della città, in quella che era stata una libreria su vari piani, veniva presentata dall'autore l'ultima sua gemma.
Anni fa, in un giorno di nevischio avevo visto andar buca la presentazione di un mio libro.
Carlo Scovino: poliedrico, ricchissimo di umanità, studioso e docente universitario…
Avendo letto la sua precedente opera senza conoscerlo personalmente ero un po' prevenuto. Ricchissimo, documentatissimo, credevo di accingermi ad una dotta lezione…
È stata una lezione di profonda umanità, empatia, una lectio magistralis profondamente arricchente. Una visione rasserenante ma con dovizia estrema di documentazione.
L'omosessualità in divisa.
Ho gustato divertito e compiaciuto la brillante esposizione.
In particolare i flash nei quali raccontava dell'episodio parigino di anni fa, quando un poliziotto fu chiamato ufficialmente a celebrare la vittima in divisa, il suo compagno, e aveva concluso il suo intervento pubblico con le parole:
" JE T’AIME…",
Ti amo…
Il regalo era offerto da Amnesty International. Come pure l'opera di Scovino.
“I diritti d’autore andranno per metà ad Amnesty e per l'altra metà a POLIS aperta." Organismo che all'interno dell'apparato dello Stato in divisa, si occupa di rendere esplicito un fenomeno naturale. L'omosessualità anche nei corpi dello Stato che indossano la divisa.
Era presente, accanto all'autore/relatore un testimone. Funzionario di polizia.
Che ci ha regalato la propria esperienza personale.
Invito certamente a leggere l'opera.
Mi sono permesso qualche notazione.
«Un flash illuminante su un aspetto nel passato tenuto nascosto, trascurato, celato. L'omosessualità, considerata un fenomeno di devianza, di malattia, da un'opinione pubblica superficiale e becera, esiste! È perciò un fatto naturale e reale. Anche nei corpi separati dello Stato che indossano l'uniforme.
Ma somiglia ad altri aspetti pure considerati di devianza.
Io stesso da bambino e poi da adolescente vissi e subii lo status nel quale mi trovavo come devianza. Errore. I miei 11 anni trascorsi in un' "istituzione totale" quale era un orfanotrofio, vivevano una contraddizione analoga. La divisa, la testa rapata, le perquisizioni personali, il divieto categorico alla propria riservatezza...
A sentirmi "sbagliato" ero io; ma a farmi sentire tale erano gli sguardi e le parole con le quali venivo guardato.
Insieme agli orfanelli del mio tempo, e poi ai meridionali immigrati, ai malati di mente, alle donne, ai minori… Gli sguardi malevoli, le espressioni ipocritamente pietose, la stessa terminologia lessicale usata inventavano la inesistente anomalia.
"Poveri bambini… Poveri i matti… Poverina questa donna… Poveracci i migranti, i rom, insomma tutti coloro che non sono come noi…"
Lo sguardo falsamente pietoso inventava e creava lo stigma…
«Sì, è vero, è un immigrato… però si dà da fare ed è un ottimo lavoratore…
Sì, però per essere una donna, è abbastanza intelligente e istruita…
Sì, è omosessuale, però è una persona in gamba…
Si, sarà pure un malato di mente, però non è pericoloso ed è fondamentalmente buono…»
Possiamo aggiungere il repertorio feroce di termini usati per stigmatizzare ciascuna di queste categorie umane.
Ultima sfumatura, rispetto al mondo gay: mi è capitato alcune volte nei gay pride, di sentire qualcuno che mi diceva: "beh, sai, io lo faccio per solidarietà a partecipare qui, però a te lo posso dire sono eterosessuale…"
Un po' come in quel racconto che credo di attribuire a Gianni Rodari: su coloro che sapevano o non sapevano fare "LA LINGUA A CUCCHIAIO". Gli uni e gli altri in quella realtà si guardavano in cagnesco reciprocamente e con sospetto. E consideravano devianti, sbagliati, pericolosi quelli dall'altra parte.
Non ci vuole molto: il problema non esiste. Esiste solo in chi lo inventa, lo costruisce, se ne serve per suoi limiti personali.
Esistono persone. 5/10% della popolazione mondiale è naturalmente omosessuale. Me lo spiegò anni fa uno stimato amico leader di Arcigay novarese.
Non è una malattia.
Non è perciò curabile.
Non è perciò una devianza o un errore. Chi è omosessuale non è "sbagliato".
È ed esiste e basta!
È stato un regalo del tempo, lo ripeto.
Ho rincontrato, come molte volte in queste occasioni pubbliche di impegno, una stupenda collega di quando facevo il maestro elementare. Vitale, stupenda e raggiante come la vedo sempre. Le ho chiesto la ricetta per raggiungere i suoi novant'anni. (A me mancano ancora alcuni decenni…)
Ho visto persone stupende. Una ragazza giovanissima che conobbi circa un decennio fa durante le lotte studentesche novaresi. La trovo ogni volta più bella, più giovane, e le regalo il mio apprezzamento.
Ho visto fondamentalmente persone belle, con gli occhi puliti, e fa bene all'anima e al cuore in questi momenti in cui ritornano rigurgiti di malvagità, di odio, di ignoranza e di idiozia.
Il mondo e la realtà sono decisamente migliori di quelli che a volte purtroppo con rammarico e terrore, ci raffiguriamo.
Un regalo di ottimismo.
Di mente pulita.
Una fotografia lucida, nitida, di speranza unita alla volontà indefessa di proseguire per la strada. Carlo Scovino ci ha detto che lui fa così. E ce l'ha detto Amnesty con la sua portavoce Vincenza Laccisaglia. Ce l'hanno detto gli sguardi e le presenze della serata di ieri sera.
Il relatore credo mi abbia perdonato di essere uscito dal seminato della tematica che lui proponeva. Ho voluto intenzionalmente fare una zoomata all'indietro. Uscendo dall'esperienza descritta e documentata della omosessualità nella caserma.
Per allargare il discorso a tutte le manifestazioni del comportamento umano, stupidamente definite e ritenute "sbagliate", da curare… Gli sguardi e le parole con cui vengono guardati questi aspetti sono loro i mostri che creano il problema.
Pregiudizi dolosi di chi cerca omogeneità fasulla, stereotipa, omologazione seriale…
Da parte di chi e terrorizzato dal sospetto di non essere fotocopia degli altri.
E cerca un capro espiatorio nel quale scaricare le proprie paure. I propri fantasmi mentali...
Chi definisce l'altro: migrante, omosessuale, donna (e quindi inferiore, stupida), deviante, sbagliato, crede esorcisticamente di buttar fuori aspetti che teme di avere dentro di sé.
Se imparassimo un po' tutti, finalmente, a narrare e a narrarci. Raccontando noi stessi aiuteremmo tutti gli altri, noi compresi, a creare una visione del mondo meno patologica!
Grazie per ciò ad Amnesty; a Carlo Scovino. Grazie a tutti i presenti.
[Allego qualche foto modesta della serata. La dedica che Carlo mi ha fatto sulla copia che ho acquistato. Allego il mio entusiasmo.]

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