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venerdì 17 luglio 2020

LA MARCHESA… (il castello…?) [ nuova versione rivista e depurata di elementi superflui]

LA MARCHESA…
(il castello…?)
[ nuova versione rivista e depurata di elementi superflui]

UNA PRIMA IMMAGINE DI SFONDO

«Mulita mulita mulita mulitaaaaaaah…»
Arrivava prima sommesso. Annebbiato. Smorzato dalla distanza. Poi si faceva sempre più distinto e comprensibile. Per prolungarsi alla fine con quel grido accorato quasi lancinante di invocazione…
Le estati regalavano dalle finestre spalancate le gride. Insieme alle zanzare immense e voraci. Poi l'annuncio lentamente si affievoliva per perdersi lontano indistinto come era arrivato.
Una vecchia bicicletta di ferro pesante. Un cavalletto aggiuntivo per tenerla sospesa. Delle cinghie che arrivavano al disco della mola. Pedalando veniva fatta girare. E rifaceva il filo ai coltelli e alle forbici.
Bastava sporgersi dalla finestra e scorgere sul fondo della strada il prestatore di servizio ambulante. A transitare a passo lento, spingendo a piedi il manubrio della bici. Oppure in sosta. Già al lavoro.
In mezzo ai sassi tondi di fiume, le due strisce di pietra lucida chiara. Per la carrareccia.

Oppure c'era il triciclo che recava gli attrezzi del materassaio. Che aveva lanciato lui pure la sua grida. Il trespolo basculante con le punte acuminate di ferro per cardare la lana. I cavalletti e le assi di legno e il rotolo della stoffa strisce per rifare la fodera.
Da disporre nel cortile per le ore necessarie al lavoro.

E anche il triciclo dei grossi prismi di ghiaccio. Con l'interno di colore più chiaro per l'ammoniaca. E c'era in una stradetta in discesa la fabbrica del ghiaccio. Nel vano del triciclo per non far sciogliere il prezioso rinfrescante erano stesi dei sacconi di juta.
Scalpello e mazzuolo tagliavano scheggiandolo il frammento acquistato.
Da disporre poi nella ghiacciaia.
Anche la grida in questo caso diventava prolungata all'infinito smorzata sul finale: "ghiacciooooooooooo….!"
E la si sentiva arrivare preannunciata da lontano.

A quell'ora la signora stava ancora riposando.
Non "dormendo" che sarebbe stata un'espressione popolare e volgare.
Una signora riposa.
Mica dorme!
La sera precedente le sale del suo alloggio risuonavano di voci nella nebbia delle sigarette fumate.
Per lei molto spesso era come "dare ricevimento".
Si intratteneva regale con tutti. Offriva da bere questo e quest'altro.
Soprattutto visti i costi abbastanza ridotti bicchieri di vino chinato.
Anni prima aveva scovato nella immensa cantina alcune damigiane purtroppo inaciditi di vino. E così li avevano consigliato di aggiungere zucchero e pastiglie di chinino.
Ma quando passavano le gride lei spesso stava ancora riposando.

La "magione" che per lei era una specie di castello offriva i segni del tempo. L'intonaco esterno qua e là si stava distaccando per l'umidità e il salnitro. I tegoli, i coppi di colore rosso scuro mattone, finivano spesso per muoversi con il vento. E lasciavano filtrare l'acqua piovana. Nelle varie sale erano sempre disposti catini e vasche di zinco coi manici. Che più avanti sarebbero nel tempo sostituiti da quelli di plastica.

Non scendeva a prendere ed acquistare i blocchi di ghiaccio. Ogni giorno che ne aveva necessità si affacciava alla finestra e chiedeva di portargliene su un po'. Per un tot di soldi. A seconda del bisogno. E buttava nel lavello l'acqua accumulata del ghiaccio sciolto. Ombrelli, materassi, lame da affilare le interessavano meno.

Nelle estati umide e calde odorose di acqua stagnante e di risaia.

"Senta, la prego, mi dà un appuntamento per rifare la tintura ai capelli?
Non non quel giorno che sono molto impegnata, veda di accontentarmi la prego, lei è sempre molto gentile…
Va bene. D'accordo. Verrò certamente. È sempre molto gentile caro..."

Il telefono nero appeso alla parete. La cornetta pesante di bachelite. Gli impegni mondani per il momento si arrestavano

"Ma sì, è proprio così come te lo racconto… Abitava lì in quella casa. Molto antica di secoli addietro. Una casa immensa e praticamente vuota. Sul frontone delle finestre i simboli di quel tardo barocco che la designavano per essere stata una casa importante. Padronale. Anzi meglio: nobiliare…
Non so dirti neanch'io di che cosa vivesse.
Come passasse il suo tempo.
In quella casa c'era sempre un gran trambusto.
Dalla tarda mattinata fino a notte fonda.
Parlavano.
Si intrattenevano.
Lei diceva che dava ricevimento.
Probabilmente in queste occasioni dava lezioni di qualcosa, arte, musica, declamazione… Non te lo saprei dire.
La casa? Si c'è ancora ma ha cambiato totalmente faccia. L'hanno totalmente ristrutturata conservando i suoi connotati antichi. Lei non avrebbe mai potuto. Con i pochi soldi che probabilmente le davano per le lezioni...
Era molto vistosa, lei. La gente malevola le attribuiva connotati non suoi. Molto truccata. I capelli tinti di un colore sgargiante. Tirava avanti alla meglio. Nonostante tutta la gente che frequentava la casa era certo che non aveva nessuna relazione con un uomo.
Quando passava per strada, le rare volte perché era molto restia a farsi vedere, era oggetto di duplici opposti sguardi e commenti. Chi la trovava ridicola, buffa, o addirittura qualcosa di peggio… E chi invece la guardava con tenerezza, come una macchietta…
Ma guarda che io ti parlo di tanti anni fa…"

La piccola cittadina pettegola era ghiotta delle scenette e dei personaggi che a volte la popolavano.
I negozi hanno cambiato aspetto.
I volti e gli abbigliamenti pure.
Ragazzi che fino a qualche anno prima facevano le medie coi calzoni corti, si aggirano con un ciuffo irto di capelli in cima alla nuca, e il resto delle tempie e dietro il collo rasati. E ostentano improbabili voci baritonali.
Sulle braccia e sui bicipiti degli osceni tatuaggi che raccontano di tutto e di niente.
La fiera della banalità pedissequa omologata.
Anche i discorsi.
Il linguaggio che ignora assolutamente le espressioni un po' rozze del vecchio dialetto, infarcite ora di termini anglosassoni. Di qui spesso i parlanti e i loro ascoltatori ignorano il significato profondo e l'origine.

IL CONTATTO CON LA MARCHESA

Era stato in un percorso ferroviario da Mantova.
La nobildonna vistosa e appariscente, oltre ogni dire, aveva degnato i presenti nella carrozza scompartimento, di un sorriso compiaciuto. Di sussiego.
Lui le stava proprio di fronte. Ricambiò il sorriso con un cenno garbato del capo.
Dall'atteggiamento di lei aveva compreso che avrebbe gradito scambiare due parole. Per cui prese lui l'iniziativa. Ci sono sempre frasi pleonastiche prive di uno scopo immediato di comunicazione. Ma strumentali per avviare un dialogo. Si può parlare del tempo. Del caldo o del freddo a seconda della stagione. Della puntualità del servizio ferroviario, oppure dei ritardi.
È l'input. Il "la". Poi la conversazione di un fuori da sola…
"… Come le raccontavo dianzi, come lei certo può immaginare capire, per una persona come me e nella mia posizione, lasciare la grande città per venire in provincia, è stato un trauma… Certo, appena avrò ripreso il mio ruolo, e sarò tornata di nuovo a poter offrire come un tempo la mia presenza, tutto tornerà come una volta. A parte la dimensione cittadina. Ho dovuto accontentarmi… Lei mi capisce di certo…
Non frequento molta gente, anche lei saprà e riconoscerà come sono le persone colà…
Mi devo accontentare di ricevere persone semplici ma molto schiette. Che mi ammirano e mi venerano per quello che sono stata e che sono ancora.
Non sto ora a raccontarle le mie origini. La mamma era di famiglia aristocratica. E il mio papà un nobile decaduto. Pensi, per quanto sembri incredibile, che entrambi i miei amati genitori purtroppo scomparsi, mi raccontavano quand'ero bambina che sia dal lato materno che da quello paterno ero erede di una discendenza nobile. Addirittura, e qui lo dico sottovoce, probabilmente candidata al trono… Non so dirle bene se di Svezia, d'Olanda o di Spagna… Sa, i ceppi familiari spesso si incrociano, ma io non ho interessi per ora di questo genere. Ma sa, visto che lei è una persona così ammodo, ci tenevo a farmi conoscere perché anche lei mi possa apprezzare.
Io in genere ricevo appena dopo l'ora di cena. Si fanno conversazioni. Tutti mi ammirano e pendono dalle mie labbra.
Ma c'è troppa ressa, troppa gente mi creda. Se lei volesse onorare la mia modesta casa, le sarei grata se venisse a prendere un tè. Così anche lei, mi farà il piacere di parlarmi di lei…"

IL TÈ DALLA MARCHESA

Dopo qualche settimana nella magione cadente squillò robusto e possente il telefono.
Venne tolta dai mobili la polvere in eccesso. Estratto il servizio elegante da tè. Disposti sulla tavola dei centrini ereditati dai genitori e dai nonni.
In una vecchia scatola di latta erano ancora in buono stato dei biscottini che avrebbe offerto.
Mentre compiacente il giovane la ascoltava vennero fuori a fiume e a cascata altri personaggi episodi e vicende.

"… Ma sì, come le ho detto, quando do ricevimento vengono persone e gente abbastanza semplice. Alla buona. Talvolta addirittura ordinarie…

Le voglio raccontare di un personaggio al quale tengo molto.
Faceva parte della cerchia delle serate da ricevimento. Ordinario quanto mai. Con un immenso naso. Dovetti poi dopo le prime volte pregarlo di venire in abiti borghesi: altrimenti si presentava abitualmente con la divisa da guardia notturna.
Ma a parte questa professione abbastanza semplice e alla buona, l'ho sempre ritenuto una persona geniale. Conosceva sufficientemente la lingua italiana, ma amava moltissimo e si compiaceva perché gli era più propria la parlata dialettale locale.
Niente da dire. Contento lui…! Il fatto è che lui riusciva a parlare di filosofia, arte, pittura, musica e addirittura di fisica e astrofisica usando il dialetto…!
Quando parlava di musica ripeteva con la sua voce baritonale da trombone, il suo ta- ta-ta con il quale ripeteva un motivo musicale. Essendo molto noioso, per quanto intellettualmente interessante e affascinante, spesso lasciava gli altri convitati e andava nel salotto dove io tenevo degli strumenti musicali. E allora imperversava con quelli a comporre musiche che gli avrebbero risparmiato di rifare il verso con la voce…
In una delle sue spiegazioni di fisica ricordo che aveva cercato di spiegare a tutti una sua invenzione per un motore a scoppio. L'aveva definito motore a pale rotanti. E ci aveva mostrato i disegni. Purtroppo era molto approssimativo: nei particolari diceva che nella camera di combustione ci sarebbe potuta essere una pressione circa di due atmosfere o addirittura le due e mezza. Al momento l'avevano tutti ascoltato, io compresa che non capivo niente di meccanica e di fisica, e molti si toccavano nel gomito e ridacchiavano senza farsi vedere.
I disegni scarabocchiati a matita gli aveva poi mandati ad una casa automobilistica.
Qualche anno dopo venne con un articolo di giornale dal quale risultava che la c e e asa automobilistica non aveva raccolto il suo brevetto ma gliel'aveva scippato e aveva fatto il motore secondo le sue indicazioni per quanto approssimative…

I frequentatori erano personaggi abbastanza bizzarri; ma molto schietti e molto autentici. Sia l'inventore che altri per compiacermi e darmi una mano a modo loro, mi facevano le spese. Mi lavavano i piatti. Talvolta mi cucinavano anche o mi stendevano il bucato.
Praticamente questo comportamento da "cavalier servente" toccava a loro a turno per diversi mesi ho qualche anno. Io lo accettavo, compiacente, non potendo pagarmi una domestica o una donna di servizio.
Pensi che un tale, mio fervente e devoto ammiratore, manovale in un cantiere edile, mentre ero in vacanza in montagna da mia cognata, partì in bicicletta e dopo un'intera giornata terribile me lo trovai lì… Questo racconto che mi hanno fatto i miei nipoti…
Mi
. . .
Il tè era un twinning "d'epoca" aveva perso ogni consistenza e si limitava modestamente a dare un colorito bruno all'acqua della teiera. I biscottini secchi per fortuna non avevano ospiti volanti.
L'ascoltatore era riuscito a sopportare anche questa puntata… Stava per guardare l'orologio e congedarsi… Quando…

VOCI DI FONDO

"Di voci ne circolavano tante sai. Molti erano davvero cattive. Ma mia madre l'aveva conosciuta diverse volte e aveva avuto le sue confidenze. Nonostante l'aspetto vistoso e molto appariscente, quasi al limite della volgarità, era un'anima semplice e molto pulita. Bastava darle del lei. E mostrare interesse e ascolto per quello che raccontava. Spesso in modo mitomane ma con una certa discreta fantasia.
Finché sono sotto il casco posso raccontare ancora un po' cara, se resisti, vedo che sei interessata e ti luccicano gli occhi per il racconto di questa persona fantastica…
Certo… Diceva a tutti che era erede di qualche casata aristocratica o nobiliare.
Bastava darle retta e mostrarsi accondiscendenti.
Mia madre mi ha raccontato che d'inverno, nella stagione di quasi chiusura, riusciva ad andare con il libretto dei poveri con lo chiamavano allora, a fare cure di fanghi e di acque salutari. E dato che le persone che con lei ci andavano erano sottoproletarie, spesso aveva fatto conquiste con nuove conoscenze abbastanza buffe.
Tra i vari suoi ammiratori uno era un ex funzionario di banca. In pensione. Quand'era venuto il suo turno si era mostrato utile. Aveva addirittura imparato a cucinare e a fare lavori domestici. In compenso la madama marchesa gli faceva dispetti. Quando stanco lui si addormentava sulla seggiola essendo molto più anziano di lei, si divertiva a pestare i piedi facendolo sobbalzare spaventato…
Ma con tutti, di questo sono certa che te lo posso garantire, svolgeva solo il ruolo della nobildonna, un po' infantile, piacevole affascinante e fantasiosa, che amava essere attorniata da persone gentili, disponibili e laboriose.…»

A questo punto il giovane ascoltatore stava per alzarsi e andarsene… Ma ricevette l'ultimo frammento narrativo.
«… Nei primi tempi era venuto ai miei ricevimenti anche un personaggio che mi disturbava mi preoccupava un po'… Siciliano. Ma a parte la provenienza era un tipo molto litigioso e presto uno alla volta i miei conoscenti si diradarono… Non voglio raccontarle particolari, ma si rivelò litigioso maniacale e paranoico anche con me. Al punto che mi premunii il numero del pronto intervento del manicomio. Rischiando molto lo so incentivare la sua irritazione finché diede in escandescenze. A quel punto chiamai e vennero subito a portarlo via. Rimase ricoverato con elettroshock e iniezioni di zolfo per diverso tempo. Il primario che conoscevo e stimavo, mi disse che avevo corso un bel pericolo è un grosso rischio: la sua diagnosi era di schizofrenia paranoide. E dal passato di costui risultò che molti anni prima era riuscito a farsi sposare da una donna abbastanza in età e possidente, la quale poi in maniera oscura era morta… E ho
Non le racconto i particolari caro giovane. Ma ho voluto buttar fuori anche questo rospo che mi restava qui sul gozzo.
Restiamo comunque intesi, visto che lei ha tanto piacere ad ascoltarmi, che attendo una sua telefonata per rivederla di nuovo…»

Non si sa se questa storia sia autentica, frutto di fantasia, di realtà con aggiunti fronzoli di invenzione narrativa… Fatto sta che vera o non vera che sia, è probabile, possibi ho le… Me l'ha assicurato quel giovane… Anche se dopo esser stato giovane per diverso tempo, ha deciso di smettere di esserlo… E si è perso, come molta gente, per le strade del mondo e della vita… D'altra parte non si può e non si deve rimproverare ai giovani di avere un po' alla volta abbandonato la propria condizione…

C'è poco da fare…

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