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martedì 24 agosto 2021

NUOVI... INCONTRI




 NUOVI... INCONTRI

Devo confessare e ammettere che il nome non me lo ricordo più.
Con la mia amata Honda era andato come ritualmente faccio periodicamente a trovare “I miei ragazzi”, al cimitero di paese di Cilavegna Lomellina. (Dove tutti i nomi delle vie risuonano di personaggi famosi: Togliatti, Gramsci, Marx… Per essere stata decenni fa amministrata ripetutamente da sindaci e assessori socialcomunisti)
Avevo appena acceso due immensi ceri nei sotterranei, ai piedi dei loculi bianchi dei miei amati.
Dalla sinistra, lentamente, guardandosi intorno continuamente, si stava avvicinando un’anziana signora. Poi, appena passata la mia zona di famiglia, si era fermata. Si girava indietro, curiosa e insieme interessata. Leggeva i nomi e guardava le foto.
Poi alla fine sbottò: “ma, lei, e per caso un parente di qualcuno di questa tomba…?”
Cercava un approccio. Fui tentato di rispondere con ironia, dicendo che non ero arrivato per caso. Insomma, dopo poco, mi ha raccontato dei suoi compaesani che conosceva benissimo. Io dicevo quel poco che sapevo e che mi aveva raccontato zia Luisa, la decana della famiglia e la più vicina al ceppo Lomellina.
Intuiva che mio padre, mia madre e molti altri che erano lì indicati, le fossero estranei. Non ne sapeva cioè niente. Però aveva una gran voglia di parlare. Di comunicare sostanzialmente. Di entrare in sintonia. Mi ha detto qualcosa dei suoi figli o parenti. Quando ha sentito che io sono di Novara, ha fatto dei riferimenti.
Non solo nelle code alle casse dei supermercati… O in altri luoghi con molte presenze… Addirittura nelle gallerie sotterranee del cimitero della mia famiglia: in quattro e quattr’otto instauro una relazione di contatto e di colloquio. Il tutto era durato pochi minuti. Ma finì in bellezza.
Ci teneva a dirmi che molti, e me li descriveva in modo colorito e simpatico, il conosceva molto bene. Tanto più che lei aveva avuto tempo avendo compiuto novant’anni!
Come mi capita di fare in occasioni simili, le ho chiesto se mi dava la ricetta per arrivare alla sua età… Facendo mostra di essere scontrosa e di negare la magia che l’aveva portata così avanti negli anni, rispose, apparentemente in modo sbrigativo:
“… Basta farsi ciascuno i fatti propri… Mangiare e bere, parlare e conoscere.… Salam dìla duja, fidighin, gra(i)ton, risott…” Ci tenne a precisare che i ciccioli, che a Novara chiamiamo “graton” li a Cilavegna li chiamavano con l’aggiunta di quella “i”.
Ricordava che il mio prozio da tutti li veniva chiamato “siu Pepin”. Che nel suo cantinino aveva imbottigliato ai suoi tempi: Freisa, Gattinara oltre ai barbera. E che finché era giovane aveva girato con il suo biroccino a vendere le stoffe. Ricordava a malapena la sua seconda moglie. Che l’aveva accompagnato per anni dopo la morte della sua bellissima sposa trentaquattrenne, uccisa dalla spagnola.
Non pose attenzione quando le dissi che questa seconda prozia cucinava deliziosamente. Cosa abbastanza ovvia per la sua realtà.
I due immensi ceri, a cui avevo tolto gli adesivi con immagini ingenuamente e scioccamente sacre, ardevano… “Lux perpetua luce ad eis…” Recitavano nel ritornello della preghiera dei defunti in latino.
Fu quasi imbarazzata, la mia nuova amica del cimitero, quando alla fine, prima di lasciarla andar via allungai la mano, a stringere la sua. Reciprocamente ci rassicurammo: ci eravamo entrambi vaccinati…
Sì; il cognome, presentandosi deve avermelo certamente detto. Ma era privo di significato per me, con le mie limitate conoscenze dei cognomi locali.
Anche il nome era scivolato via nella penombra catacombale.
Quando è stato quest’incontro? Chi potrebbe mai dirlo. Oggi? Qualche mese fa? Oppure, magari, come mi capita altre volte, me lo sono raccontato da solo inventandomelo.
Chi vuole legga questa paginetta.
Mi è venuta alla mente dopo che avevo tardivamente, stamattina, commemorato mia madre qui in FB.
Di già che ci sono, stringo la mano anche ai miei cari, freddi, lontani, apparentemente assenti e distratti. “Alla prossima volta, ragazzi!”

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