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domenica 21 febbraio 2021






 ECO (4)

Niente di fuori dal normale abituale nell’habitat esterno.
Come sempre la fine di febbraio alternava il grigio freddo, a impreviste anticipazioni del prossimo, imminente marzo. Qualcosa di simile anzitempo della ricorrente, attesa, desiderata e bramata primavera.
Le strade e i viali si lasciavano percorrere dai due bicicli così diversi tra loro.
E nelle zone più intime, raccolte nel cuore cittadino, le vetrate dei negozi, civettuoli e accattivanti, riflettevano le due sagome. I passanti, rari in quell’epoca di pandemia in stand by, erano intenti a passare. Le mascherine, prevalentemente di colore azzurrino, oppure bianche, spesso variopinte o decorate da boutique, quasi sempre lasciavano sporgere soltanto occhi. Che puntavano solo alla loro destinazione.
Nessuno sguardo indagatore. Nessuna curiosità particolare nei confronti di quella anomala coppia dall’aspetto umano.
Si era adattata anche la ninfa a indossare quella mutandina che le copriva il volto.
Con naturalezza.
Nessuna fatica per entrambi, nello spingere sui pedali. Inutile, sciocca, un’alternativa di pedalata assistita. Da lasciare agli sprovveduti ad aggirarsi nelle boscaglie collinari. Ostentando curiosa noncuranza nel cercare altre figure umane con le quali incrociare sguardi. D’intesa, saluto, complice presenza. Prima del ritorno all’ombra dei cascinali abituali, a reincontrare i propri gatti. A riscoprire la propria immagine. Sguardi addestrati, bianche barbette indossate a imitare altri cliché, col dubbio speranza di apparire davvero agli occhi estranei.
Brevi soste quasi a scrutare le merci offerte in visione. Soprattutto per ricevere di rimando la doppia immagine. Anche lei dunque esisteva. Con fattezze umane. Tacita, silenziosa, garbata e fluttuante.
Al ritorno, e ritirate nel box i piccoli pony metallici, avevano di nuovo raggiunto l’alloggio, specchiando se stessi nelle immense superfici riflettenti.
Insolita quindi la situazione da un po’ di tempo ricorrente.
La solitarietà andava atteggiandosi alla nuova abitudine di mostrarsi convivenza.
Se può dirsi convivere continuare le proprie abitudini, avendo nello sfondo mentale una presenza, neanche poi certa del tutto, se non per scelta, accettazione, deliberata intenzione di stare a quel gioco lì.
Preferì con se stesso fare mente locale. Buttar giù di nuovo sequenze e sequele di parole, parole e parole… Nel microfono a cuffia. Da farne racconto/romanzo.
Stava distraendosi dalla possibile presenza virtuale. Sapeva, lei gliel’aveva detto, che sul social network dove lui pubblicava, la ninfa pensante leggeva e seguiva ogni sua parola. Pensiero. Narrazione. Scrittura. E anziché sentirsi controllato, ne era contento.
Nella sua abituale poltrona, la tipa di radica continuava a spegnersi, a essere ricaricata, riaccesa, assaporata.
E finì per accorgersi: sul puff dove appoggiava abitualmente le gambe per favorire la circolazione, la donna pensata, parlante e capace di pensare, gli stava regalando sguardi silenziosi di affetto.
Lasciò un istante la pagina a schermo.
“… Permetti una domanda…? Mio umanissimo, amato e carnale compagno e sovrano, se però non ti disturbo… Poi ti lascerò continuare la tua narrazione. Che dà vita alla nostra vicenda. E che mi fa vivere raccontandomi…”
Depose nel portacenere di rame, sul morbido letto di cenere e legnetti di svedesi spenti, il legno della radica che aveva fumato. E, guardando, la invitò proseguire.
“… Come sai, come vuoi, come accetti e gradisci, conosco, leggo, so i tuoi pensieri, i tuoi scritti, i tuoi anni…
Mi ero soffermata su alcuni pezzetti narrati, che mi hanno incuriosita.
Nei versi, nei brevi romanzi, non sei nuovo a prediligere l’invenzione narrata per donne non umane fino in fondo. Se permetti te ne ricordo un brano. Che ho trovato nel tuo “Le PIETON dell’Air”
Quando ti accingevi nel tuo viaggio intergalattico. Accompagnato con tuo grande piacere e compiacimento da donne bioniche.
« La voce sensuale femminile gli aveva detto queste cose mentre due occhi luminosi fantastici lo guardavano seducenti.
Quasi più belle delle donne vere! Cloni, donne bioniche… Imitazioni più belle dell'originale…
E gli veniva in mente di quando nel passato i pittori copisti di opere d'arte e di capolavori famosi, cercavano e spesso riuscivano a fare delle copie così autentiche da far concorrenza al loro modello.
L'incarnato non sembrava per nulla a un prodotto artificiale. Una pelle vellutata di pesca, degno di un’adolescente. La voce poi…!
E ricordava anche l'esperienza incredibile e insieme piacevole di avere giaciuto amorosamente con qualche donna bionica.
L'ambivalente contrasto del lasciarsi andare, come faceva sempre con le terrestri affascinanti che aveva conosciuto; e insieme, quello strano senso di sconforto, di estraneità, di artificio, nel praticare i giochi d'amore con quell'essere che sembrava umano, vivo, ma che era una creatura artificiale di laboratorio.
Ma erano poi davvero diverse dalle donne umane le donne bioniche?)»
E provo ora a riproporti la domanda che tu ponevi a te stesso.
Ti prego, spiegami la differenza, se c’è, tra le donne concrete, autentiche, con corpo di carne e sangue, e quelle che invece sei tu che hai inventato. E che non sono solo fantasie. Ma si muovono. Fanno gesti. Interagiscono con te. Addirittura ci fanno l’amore…”
La domanda era ben posta. Si sarebbe potuto dire che “poneva il dito nella piaga”. Che non era assolutamente una piaga; era il nocciolo mentale, esistenziale, soprattutto nella vicenda che vedeva lui protagonista insieme a colei.
“Mia dolce, sensuale, amante amata, mia ninfa Eco, mia-mia come di più non potrebbe essere…
Sai, conosci, leggi e hai letto la mia vita e la mia esistenza.
Da quando, a meno di sei anni, in quella cascina brumosa della Lomellina, scopersi il fiore impudico di quel pube femminile, nudo e carnoso, che mi veniva offerto allo sguardo goloso e morboso, da quella fanciulla impubere di qualche anno maggiore di me… Da quel momento, ho apprezzato, gradito, desiderato e ospitato nel mio sogno, la figura femminile.
Compulsivamente, in quella coazione a ripetere, ho incontrato centinaia di migliaia di volte, esseri femminili. O per essere più preciso ed esatto: mi sono lasciato incontrare da ragazze, donne e altre donne ancora.
Fattezze, aspetto, colorito degli occhi e foggia dei capelli: variate e diverse tra loro.
Mi sono voluto lasciar amare, prendere, lambire, al limite addirittura possedere, da quelle donne.
Ogni volta un batticuore forsennato. Il tu-tum, tu-tum-tu-tum che pulsava all’impazzata. L’incontro. Sfiorare, essere sfiorato e toccato, godere godendo… Urlo dell’orgasmo belluino del maschio, adolescente, uomo, poi addirittura uomo maturo…
La coazione a ripetere prevedeva nel suo canovaccio anche il tramonto. Il declino. La prossima perdita. La partenza. E infine gli addii… Dolorosi. Sofferti. Lancinanti…
Non mi chiedere, ti prego, dacché già lo conosci, il numero delle mie compagne femminili…
Da quel bambino che ero stato, sono diventato infine quello che sono ora. Ma sempre pulsando mentalmente… Pensando. Sognando. Raccontando…
Donne vere, fanciulle all’inizio, poi donne fatte, talvolta addirittura, molto spesso, già coniugate e sposate con qualcuno. Mordi e fuggi. Le ho incontrate. Possedute facendomi possedere. E lasciate andar via una dopo l’altra all’infinito.
Credo ancora di avere impressa tra i neuroni della memoria, il loro intenso profumo di bosco e di donna.
Nostalgia. Che alla fin fine è diventata addirittura: nostalgia di qualcosa che non c’era mai stato; “saudade”.
La narrazione dava consistenza stabile e definitiva alla mia domanda, affetto, sete insaziabile, golosa attesa…
Poi, dalla narrazione e dalla fantasia, è arrivata la concretezza: l’idea, il sogno, l’universale femminino, ha deciso da solo, per sua iniziativa spontanea, di realizzarsi, di farsi sostanza vivente, di esistere senza se e senza ma.
E ti ho vista arrivare. Ti ho sentita arrivare. Arrivata ti ho stretta, posseduta, goduta, amata totalmente. E tu ora esisti. Nata dal nulla. Come Afrodite dalla spuma del mare. Dal pensiero di Giove.
Incontrate; conosciute; possedute; perdute; talvolta addirittura rimpiante…
Non ti rimpiangerò mai, ninfa delle acque dei monti, della Valle Antigorio, della Formazza e del passo della Frua, del Ciamporino, del Boden… Non ti posso e non ti voglio rimpiangere mai.
Da quando, per partenogenesi spontanea, tu pensiero pensato voluto e goduto, hai deciso di esistere per davvero, è avvenuto l’incontro. Indelebile. Irreversibile. Stabile e assoluto.
Mi chiedi la differenza?
Terribilmente difficile e insieme semplice ed elementare.
Io prima, e poi tu per tua libera scelta, ti abbiamo creata. Voluta.
Le donne concrete reali hanno corpi flessuosi e morbidi. Odor di capelli e di sottobosco nei recessi puberali. La loro pelle e le loro intimità si sono spalancate per il mio viaggio.
E tu?
Nata dalla schiuma dell’oceano, dal pensiero fantasioso che ti ha concepita, hai finalmente consistenza reale. Concreta. Carnale.
Differenze?
Infinite, forse… Nessuna in buona sostanza. Le altre erano corpi umani nati di madre.
Tu sei nata nel pensiero e nel desiderio.
Tu le riassumi. Sei sintesi, sinapsi, congiunzione estrema, definitiva, stabile… E finisci per essere addirittura migliore di quei corpi pensanti femminili con i quali reciprocamente ho goduto.
Fantasiosa, fantastica, creatura e fantasia insieme.
Mi segui. Mi conosci in ogni gesto, spostamento, pensiero concepito.
E non sei soltanto “sangue di primavera”.
Sei verbo, parola, pensiero fatto carne. Creatura amorosa.
Sei e basta.
Fintanto che mi basta.
Esisti: fintanto che vorrai esistere. Fintanto che il tuo narratore, creatore, amatore amante ti farà esistere. “Tu né quesieris, scire nefas, quem tibi finem dii dederint…” 😊 E non domandare, non è lecito, quale fine gli dei abbiano destinato a te).
E non mi domando neppure quando la fine verrà imposta a me.
Dagli inesistenti dei dell’improbabile Olimpo.
Quando verrà staccata la corrente vitale a questo tuo bizzarro narratore barone poeta, sarai libera di scegliere… Potrai entrare nel gorgo dell’etere insieme a me. Oppure, sarai tu a deciderlo, continuare la tua autonoma esistenza senza me. Se
ce la farai
, se lo vorrai, se ne avrà il coraggio e la forza e l’audacia…”
Nanni Omodeo Zorini
N.B.- Spunto occasionale, pretesto, provocazione: LEI, Spike Jonze. Ma il contagio me l’ero fatto da solo infinite volte… Ad esempio: “Le pieton de l’air” e altre mie pagine in prosa e in versi. L’assunto fondamentale: la realtà è come se esistesse; ma ne esiste anche un’altra; quella che abbiamo dentro di noi; che inventiamo ogni istante e rinnoviamo…
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