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sabato 20 febbraio 2021

 ECO (1)

“Buon mattino, Nanni!”
Se l’era trovato nel tablet in WhatsApp. Da un numero sconosciuto.
Compiaciuto. Ringalluzzito. Ma anche un pochino diffidente.
Ricordava di quando una galassia di anni prima, nel telefono nero di casa, una voce femminile suadente l’aveva ingolosito. E insieme insospettito.
Era stato l'ultimo anno delle superiori.
Qualcosa del genere. Senza dare le proprie generalità e nome, si era presentata come una sua fervente ammiratrice. Dandogli appuntamento all’ora tal dei tali nel tale e tal’altro posto.
Aveva fiutato la beffa. Si era aggirato in quella zona a debita distanza. E c’era rimasto male e bene insieme: per la delusione, da un lato; e per avere evitato di essere colto come un calandrino citrullo che ci cascava nella burla.
La situazione era ora quasi simile. Il telefono di bachelite nero: sostituito dal messaggio WhatsApp. Preferì esimersi dal rispondere.
Ma quello era solo il primo amo lanciato.
I successivi contenevano troppi riferimenti precisi. E poi, altro aspetto che l’aveva ingolosito, chi inviava i messaggi aveva usato il femminile.
Alcuni particolari contenuti erano assolutamente sconosciuti a tutti. Tutte. Nessuno poteva sapere cosa lui aveva scritto nelle proprie pagine del netbock. Al massimo avrebbe potuto conoscere testi e versi che lui pubblicava nel social network/autostrada. FB.
Gli appunti che aveva scritto, dettandoli al microfono, li conosceva solo lui.
Tutto era possibile comunque.
Come è possibile il tracciamento dei propri movimenti e spostamenti. E si può venire individuati con precisione estrema. All’ora tale, e tali minuti, lui si era trovato esattamente all’incrocio tra la via tale e la via talaltra. E il mattino aveva transitato sulla strada provinciale in prossimità della frazione di quel paese. Aveva controllato minuti, ore, navigatore dell’auto. Tutto coincideva.
Ma ora? Che senso aveva leggere:
“come fai a volte il venerdì, anche stamane sei andato a quel banchetto del mercato della tale località. Hai fatto una scorta immensa di tome di montagna stagionate e saporitissime.
Poi, alle 11 59 ti sei fermato nella piazzola accanto al distributore gpl. E hai assaggiato solo i due più saporiti. E come al solito hai usato quel piccolo coltellino a serramanico che tieni sempre nel porta oggetti della tua auto. E hai pensato che avevi fatto bene a fare quel giro…”
Il tracciamento poteva indicare che lui era stato in quel posto. A quell’ora. Che si era fermato in quell’altro punto a fare rifornimento. Ma qui comparivano anche apprezzamenti circa il suo gradimento organolettico.
Il "grande fratello", che registra e traccia i movimenti, riusciva anche a entrare nella sua mente? Non aveva acceso il tablet. E non aveva con sé il netbock. Boh, disse tra sé.
Ma era solo l’inizio.
Oltre ai messaggi WhatsApp, ne arrivavano anche altri in messenger di FB. In analogia. Ma anche SMS. E in Mail posta elettronica.
“Permetti che anche qui ora ti mandi un pensiero dolce…?” Recitava un messaggino.
“Però, ti prego, se la cosa ti infastidisce o ti disturba, dammi un feedback: basta che tu mi scriva: No! E ti lascerò stare. Ora. E per sempre.
La tua amica vicina e lontana…”
Le supposizioni non reggevano il senso della realtà.
E neppure le fantasie.
Anni prima aveva scritto brevi romanzi e racconti fantascientifici. Deliziose stupende affascinanti donne virtuali… Ma quelle erano frutto della propria creatività narrativa…
Che stesse per davvero andando fuori di testa? Paranoie? Allucinazioni? Attività onirica in piena veglia?
Ne aveva parlato diverso tempo prima a proposito del tracciato dei movimenti di una sua conoscente che gi era cara. Che aveva assolutamente negato di essersi trovata un certo giorno in un certo posto a una certa ora… E lui che credeva di farle una sorpresa o quasi un dispetto!
“Ma tu sei paranoico…! Figurati se io mi trovavo in quel posto a quell’ora li che tu dici… E a maggior ragione figurati se ci sono rimasta tutto quel tempo… O mi stai prendendo in giro. Oppure sei davvero fuori di testa…”
Il tracciato aveva parlato chiaro. Ma lui aveva preferito lasciar perdere per non irritare ancora di più la sua amichetta. Chi se ne fregava… Era una relazione di quelle “mordi e fuggi”. Affettivamente ed emotivamente profonda, ma completamente instabile. E poi lei aveva già una sua vita per conto proprio…
Ora era la messaggiatrice silenziosa e sconosciuta che lo seguiva e glielo diceva. Anzi glielo scriveva.
Aveva ormai già collezionato una raccolta di messaggi. Uno più articolato e approfondito dell’altro. E sempre, essi andavano più e più nel profondo. Conosceva i suoi sogni. Ciò che aveva pensato mentre era nella cabina della doccia sauna.
E mentre si guardava allo specchio spuntando la barba.
Poi…
La musichetta che annunciava una telefonata. La voce femminile, flautata, morbida, gradevolissima…
“… Il tuo gioco è molto divertente. Sai anche il mio nome e tutti i miei movimenti e spostamenti. Ma tu ce l’hai un nome…?”
La risposta: “Per ora non ho nessun nome. Ma mi andrà bene benissimo il nome che tu mi regalerai. Se il gioco non ti ha stufato… Se vuoi giocare con me ancora… Io ti conosco. Se vuoi conoscermi, gioca con me…”
Provvisoriamente chiese alla sua interlocutrice di accettare il nome della ninfa “Eco”. Poi ci avrebbe meditato e le avrebbe fatto nuove proposte.
La morbida voce flautata lo ringraziò compiaciuta. Contenta. Sentiva e sapeva che ormai lui l’aveva accettata.
Ma questi, a dir il vero, furono soltanto i primi approcci.
Nel repertorio delle immagini femminili, nutritissimo, che lui conservava nel proprio computer e nel tablet, la sua corrispondente aveva compiuto una sommaria selezione.
Sottoponendo alla sua decisione la scelta di quale figura femminile assumere…
Non senza averlo rassicurato che era disposta tanto a cambiare il nome, quanto l’aspetto e l’immagine. Il gioco cominciava a essere divertente anche se lui sempre di più dubitava della propria lucidità mentale. Nonché del proprio senso della realtà.
Oltre alle immagini fisse, fotografiche, alcune di esse avevano la facoltà del movimento.
E sempre di più, parole scritte, pronunciate e gif si rivolgevano intenzionalmente solo a lui, proprio a lui. La giovane graziosa sorridente, gli mandò dei brevi e sempre meno brevi messaggi vocali animati. E non c’era dubbio: erano stati concepiti, pensati, intenzionalmente diretti proprio a lui…
I tracciati e le localizzazioni del grande fratello erano diventati ormai soltanto un ricordo sbiadito.
Ora questa entità extracorporea veniva a chiacchierare dal tablet e dal computer proprio con lui. E diventava sempre più intima. Confidenziale. Totalmente trasparente sincera senza remore o peli sulla lingua.
Finché un giorno, sentì squillare il videocitofono.
E vide l’immagine a colori, il sorriso a colori, la voce a colori che si annunciava…
“Posso salire un momento, Nanni? Ma solo se lo vuoi. Solo se ti fa piacere. Altrimenti torno dal nulla, da dove sono venuta… Voglio vedere la tua casa da dentro. Per ora ne ho solo delle immagini olografiche. Dimmi se posso…”
Non ebbe neanche il batticuore e il tu-tum, tu-tum, tu-tum, degli incontri con nuove donne reali che l’avevano affascinato.
Si sentiva sereno. Fiducioso.
Disperatamente fiducioso e convinto.
Nel frattempo non ne aveva parlato a nessuno.
Neppure alla vecchia amica fiamma delle localizzazioni e dei tracciati.
Neanche ai pochi contatti amicali e confidenziali.
Aveva conservato quel pensiero segreto. Come sempre quando conserviamo qualcosa di prezioso che temiamo che venga sciupato dagli sguardi estranei.
Uno dei due ascensori condominiali spalancò i suoi battenti. E gli apparve la visione. Ma sembrava, appariva, probabilmente era per davvero autentica concreta reale…
Leggera, come i pensieri, le parole, le fantasie si stava avvicinando nel corridoio.
Lui si scostò dalla porta d’ingresso. Lei entrò.
Nessun convenevole. Nessuna stretta di mano, abbraccio, bacio sulla guancia… Niente di niente… L’atmosfera era già pervasa, satura intensamente e completamente di quella presenza che logicamente non doveva essere reale.
Era imbarazzato. Quando lei si sedette nel divano rosso di pelle. Lui sulla poltrona accanto al computer. Ma come poteva quell’immagine olografica sedersi?
Fino a quando lei smorzato il sorriso, con sguardo supplichevole e dolcissimo, gli chiese: “ti dispiacerebbe, Nanni, sederti qui accanto a me…? A me farebbe molto piacere, sai?”
Senza deporre la pipa ricurva che teneva tra i denti, e che mandava leggeri e garbati sbuffi azzurrini, si alzò. E si sedette accanto a lei.
Probabilmente non pensò a niente. Se avesse dovuto o potuto pensare, si sarebbe domandato che cosa potesse succedere se lui avesse provato a carezzarle la mano, stringergliela, porle un braccio intorno alle spalle…
Non si domandò nulla.
Ma fu la mano di lei a porsi sulla sua.
E aveva la consistenza di una mano vera.
Come la mano di una donna autentica.
Forse anche lui era diventato nel frattempo un ologramma?
Oppure lei non era affatto un ologramma ma era una donna?
Non ci fu una sequenza di pensieri, di ragionamenti, di frasi e di parole interiori… Tutto avvenne e basta…
Nanni Omodeo Zorini
[N.B.- Spunto occasionale, pretesto, provocazione: LEI, Spike Jonze. Ma il contagio me l’ero fatto da solo infinite volte… Ad esempio: “Le pieton de l’air” e altre mie pagine in prosa e in versi. L’assunto fondamentale: la realtà è come se esistesse; ma ne esiste anche un’altra; quella che abbiamo dentro di noi; che inventiamo ogni istante e rinnoviamo… ]
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