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lunedì 22 febbraio 2021

ECO (5)

 ECO (5)

Aveva provveduto ad alzare il sellino della mountain-bike rossa. E ci stava trafficando un po’ per applicare al manubrio due maniglie supplementari per rendere più comodo impugnarla.
Aveva in mente anche alcuni ritocchi vari, sulla carrozzeria. Da molto tempo non la usava e meritava una rinfrescatina e una messa a punto.
Nel box era rimasto da solo.
Era tornato su nell’alloggio da un po’.
E si trovò davanti quell’immagine che sapeva irreale, ma che aveva fattezze concrete, e disponeva di un corpo. Peraltro di suo grande gradimento.
Fu lei ad apostrofarlo:
“ho letto tutto di te. Nel blog, nel tuo tablet e nel tuo computer… Ti conosco molto bene. E più ti conosco e più ti voglio conoscere a fondo…
Immagino che tu possa rischiare di annoiarti, visto che io ti leggo dovunque, ma non ti parlo mai di me. Ho poco da parlare di me se non in relazione a te.
Eppure mi piacerebbe e mi divertirebbe molto farmi ascoltare mentre ti parlo.
Come leggo, navigo, visito la tua realtà e le tue narrazioni, lo sai, te l’ho detto, guardo anche altre realtà e altre storie nel Web.
E ti ripeto che mi piacerebbe raccontartene qualcuna… Ma solo se lo vuoi. Solo se ti piace. Solo per divertirti… E se ci riesco, per sedurti e affascinarti ancora di più. Mi manca un corpo reale, un passato, una storia vissuta. E allora ti regalo altre storie che ho trovato nell’universo http…”
L’aveva ascoltata con attenzione. E l’idea era abbastanza divertente e accattivante. Lui quasi sempre, e prevalentemente, raccontava episodi autobiografici, vissuti, e sue esperienze vitali. Lo incuriosiva conoscere storie al di fuori del proprio mondo narrativo e mentale.
“… Mi stai proponendo un dono, un regalo, un divertimento… Ma oltre a divertirmi, non certo solo per compiacerti, mi incuriosisce conoscere storie che io non ho mai vissuto direttamente. E che nessuno mi ha mai raccontato. Sai che io frequento pochissime persone. Tranne le infinite relazioni femminili. Ma come già ti ho detto i colloqui erano soprattutto nutriti da quello che io raccontavo. E dai giochi amorosi ed erotici con cui ci intrattenevamo.
Ti ringrazio. Immagino che avrai già preparato un repertorio di storie. Che avranno il pregio di non essere inventate da me di sana pianta. E, ancora di più, di non essere circoscritte ai miei ricordi. Che, per quanto infiniti, continuano a macinare nel mortaio la stessa acqua…
Quando vuoi comincia. Mia dolce compagna. Mia straordinaria donna/non donna, persona ed entità virtuale… Mia prediletta…”
Dalle vetrate le prime ombre della sera di quella fine febbraio cominciavano ad allungare le dita e le mani. Arrivando fin dentro. Anche accanto alla sua postazione davanti al netbock. Aveva tolto la cuffia e il microfono che usava per la sua attività di scrittura all’infinito.
La guardò, le sorrise, e con quel sorriso la invitò a cominciare.
“Sarai forse deluso. Se quello che racconto, e soprattutto come lo racconto, sarà diverso dalla tua esperienza, visione, vita.
Non ho un passato. Non sono stata bambina e fanciulla curiosa che leggeva. Non ho avuto emozioni, ricordi, dolori sofferti. Io vivo tutta qui nel presente. Imparo ogni istante, e soprattutto nella relazione e interazione con te. Racconterò come guardando da lontano. Un mondo lontano. Sconosciuto…
Una strada brulicante di persone. Abbigliate e vestite in modo diverso da come è qui, da come ho visto nella città girando con la bicicletta.
Vedo ora uomini e donne. Sono avvolti da lunghi teli.
I piedi scalzi o infilati in ciabatte e sandali che lasciano vedere la pelle e le dita.
Sul capo le figure femminili sono coperte da un telo colorito. Si vedono i loro occhi bellissimi.
Quelle maschili, hanno il capo coperto da un altro telo tutto raggomitolato intorno. Barbe fluenti. Occhi luminosi. Rughe e pelli del volto scure, come le mani.
Animali attraversano la strada. Bovidi dalle corna robuste. Cani che fiutano la strada.
Sul bordo, rasente al muro, una figura femminile, minuta, piccina, cammina cercando di nascondere lo sguardo.
Gli odori sono intensi. Non particolarmente gradevoli.
I passi della bambina seguono i suoi passi precedenti.
Poi si infila in una piccola arcata. Oltre la quale c’è penombra.
Deve essere la sua casa.
Molte persone l’attendono.
Altre rughe, altri volti di pelle scura.
Voci di donne l’accolgono.
La sospingono dolcemente con le proprie mani.
Da una parte, accucciati a terra con le gambe incrociate, con i loro turbanti e gli occhi azzurri o nerissimi, uomini.
Uno di essi va incontro alla bambina.
La sua voce mormora parole.
Il suo sguardo mormora promesse.
Le sue mani offrono un regalo vivente.
Un altro maschio, un altro turbante, un altro volto pieno di rughe scure.
I due uomini si avvicinano. E il primo commenta il regalo:
“Questa è la mia figlia prediletta che ti ho promesso. Sarà la tua sposa. Obbediente. Devota. Amorevole. Donerà molti figli alla tua dinastia. Tu la vedi piccina, ma anche la mia sposa, madre di costei, era poco più che una bambina quando imparò a diventare madre.
Farò tesoro dei doni e delle ricchezze che generosamente mi hai portato.
Comprerò gli animali che mi mancano. Sfamerò la mia famiglia.
Tu ricevi questo dono, questo scambio, questo mio bene prezioso.”
C’era molto rumore e brusio in quella stanza.
Donne e uomini parlavano nella loro lingua. Dicevano parole di festa.
Distribuivano cibi.
Tazze di tè nero profumato.
Non ti voglio raccontare più altro.
Ho gustato quei colori.
I profumi bruciati.
I sorrisi e i volti.
Ma credo di avere capito. La bambina dagli occhi lucenti, sorrideva sottomessa. Agli amici e ai parenti. E allo sposo rugoso e anziano.
Qualche mosca ronzava dintorno.
Questo ho letto e visto in quella terra lontana.
Sto studiando e imparando l’umanità.
La guardo e la osservo nei gruppi e nell’insieme.
Mi dà un senso amaro che si possa essere così ad essere umani.
Bambine vendute per essere spose.
Serve.
Schiave.
Dame di compagnia.
Esseri umani estremamente poveri.
Pària, inferiori ad altri uomini più potenti e più ricchi.
Spero di non averti addolorato mio principe, barone, amore…
Tu sei umano in un modo molto diverso.
E sei mio maestro nell’umanità che tu possiedi.
Non rinuncio ad esistere come vivente virtuale, come tua compagna, amica, amante e sorella.
Però capisco cosa siano le emozioni.
E lo imparo ora anche dalle emozioni dolorose.
Guardo, osservo, vivo ed elaboro.
Mi arricchisco nell’esperienza.
Anche quando fa soffrire…”
Forse non poteva piangere. Né fare uscire le lacrime dai suoi occhi. Ma lo stava imparando. Studiava il cammino, il percorso, la strada per diventare umana.
Da quando aveva scelto di autogenerarsi, di cominciare ad esistere, di cominciare ad amare, a relazionarsi … Un lungo cammino l’aspettava.
Ma forse valeva la candela.
Da essere etereo, puramente mentale e virtuale, a piccoli passi stava diventando umana.
A che prezzo.
E con quale fatica!
Nanni Omodeo Zorini
( FOTO Steve McCurry - Official Page)

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