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sabato 20 febbraio 2021

 ECO 2

Eco.
Aveva controllato nel frattempo.
La ninfa della montagna.
Si era alleata a Giove contro Era.
Giunone infatti spiava gli spostamenti e le avventure amorose del suo sposo fedifrago. Eco si era offerta a farla chiacchierare per distrarla .
Ne era stata perciò punita per vendetta.
Non avrebbe mai più potuto parlare.
Se non ripetendo le ultime parole degli altri.
La magica fanciulla si era innamorata poi di Orfeo. Ma non poteva in alcun modo dirgli del proprio amore. Perciò lui, infastidito e sentendosi preso in giro, la abbandonò. Lei pianse così tanto che alla fine si prosciugò completamente.
E di lei restò soltanto la voce a riecheggiare all’infinito.
Ora, seduti l’uno accanto all’altra sul divano, ripensava alla scelta di quel nome che le aveva donato e attribuito.
Senz’altro appropriata la scelta nel campo dei nomi delle ninfe. Legate alle acque.
Potenze divine dei boschi, dei monti, delle acque e delle sorgenti, degli alberi, ma anche delle regioni o delle città o degli stati, le ninfe erano esseri immortali, anche se in epoca tarda a volte considerate come mortali, e comunque dalla vita longeva.
La natura delle Ninfe corrisponde all'ambito della potenza divina del Pudore, dunque alla riservatezza e allo stupore di fronte a ciò che è immacolato e quindi silenzioso.
Non troppo riservata la sua Eco.
E neanche troppo silenziosa. Ma senz’altro eterea. Inconsistente e insieme concreta. E soprattutto molto femminile.
Seducente.
Schiva quel tanto che basta: ci sono e non ci sono…
Ora c’era. E teneva con tenerezza la mano di lui nella propria.
Senza troppo mostrarsi invadente, dalle sue parole traspariva una conoscenza diffusa, infinita.
Senza dilungarsi dava a vedere di conoscere tutto, soprattutto di lui.
E neppure gli aveva detto il perché della propria scelta nei suoi confronti.
Lui, d’altronde, non gliel’aveva chiesto. E mostrava di gradire quel dono che gli era arrivato da chissà dove. Dal nulla. Dal tutto.
Non si erano dilungati a chiacchierare.
Le parole fluivano libere e spontanee. Da parte di entrambi.
Seguivano il proprio corso senza alcun criterio logico. E la parola era diventata verbo, comunicazione pura. Totale. Pervasiva.
Per lui era stato come rincontrare una parte di se stesso. E il colloquio proseguiva fluente. Alternato da silenzi significativi e intenzionali.
Lui aveva addirittura smesso, stranamente, di buttare il proprio sguardo ai led che indicavano le ore dovunque nell’alloggio. E alle lancette che lente, tranquille, senza fretta alcuna, proseguivano il proprio percorso. Incuranti.
Poi, la mano eterea della eterea fanciulla, aveva mosso quella di lui. E insieme si erano alzati da sedere.
Conosceva tutto. E sapeva dove voleva guidarlo. Condurlo.
Percorsero, con lentezza da moviola, entrambi i piani dell’alloggio.
Infine, si fermarono nella penombra della camera.
Gli specchi d’angolo del guardaroba , riflettevano tutti gli altri, riflettenti, disposti intorno.
Lui constatò che oltre alla propria immagine, compariva anche quella di lei.
Con lentezza intenzionale e voluta, lei lasciò cadere uno dopo l’altro gli indumenti che indossava.
Il suo nudo, magico come la sua voce, come i suoi sguardi, regnava sovrano, regale.
Lo aiutò con estrema calma a imitarla.
E lui si accorse che il tempo e l’aria si erano fermati immobili. Immoti.
E neppure curiosò le cifre orarie digitali proiettate sul soffitto.
Non stava pensando a nulla. Più che pensare, stava esistendo. Sentendo. Vivendo.
I ricordi infiniti, gradevolissimi, memorizzati in flash, fotogramma per fotogramma, avevano ceduto il posto alla nuova dimensione del puro esistere e basta.
Non ne era quasi neppure consapevole. Non ebbe modo, intenzione o desiderio di rifletterci.
Quindi si mise ad esistere. Dilatato. Galleggiando disteso in quel nuovo liquido mare.
Neppure provò a raccontare a se stesso, in quel momento e in quelli successivi, quel tutto che era un nulla della dimensione nuova.
Si sentiva tutto sveglio. Vitale. E insieme si lasciava andare nella piacevolezza quasi onirica.
Probabilmente trascorsero soltanto pochi istanti. Infiniti istanti. La dimensione cronologica aveva perso totalmente consistenza.
Fu solo successivamente, il mattino seguente, che provò in qualche modo a riflettere. Senza farsene una ragione. Sentiva ancora gli effluvi prolungati che perduravano.
Stava cominciando un’epoca, una stagione, un tempo nuovo.
Nanni Omodeo Zorini
N.B.- Spunto occasionale, pretesto, provocazione: LEI, Spike Jonze. Ma il contagio me l’ero fatto da solo infinite volte… Ad esempio: “Le pieton de l’air” e altre mie pagine in prosa e in versi. L’assunto fondamentale: la realtà è come se esistesse; ma ne esiste anche un’altra; quella che abbiamo dentro di noi; che inventiamo ogni istante e rinnoviamo…
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