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lunedì 20 giugno 2022

 A GUIDARE LA MOTO, IL CAMPER E LA PROPRIA ANIMA

Di buon ora; abbastanza di più del solito. Saranno state le 4:30, al massimo le cinque.
Così; senza motivo particolare; ma un certo punto il morbido, ovattato, pigro e confuso rifugio del sonno, era venuto meno. In men che non si dica si era ritrovato completamente sveglio. Aveva pur provato, non c’aveva rinunciato, a rientrare in quella dimensione notturna. Ma non ci era riuscito.
Dopo un’oretta circa, si era deliberatamente districato e sganciato, nuotandone fuori.
Doccia sauna. Una impercettibile approssimativa spuntatina con le forbici alla parte più prominente dei baffi sopra il labbro. A dire il vero non aveva guardato, se non di sfuggita e senza particolare attenzione, al proprio profilo nello specchio.
Comunque l’aveva deciso già dalla sera prima. La robusta massiccia e insieme femminea amica a due ruote era già pronta. Il serbatoio pieno. E neppure si era addolorato troppo per quella operazione, ora che, il carburante aveva raggiunto una cifra esorbitante. La riduzione delle forniture di gas metano dalle steppe russe aveva, subdolamente e senza una ragione logica autentica, fatto aumentare anche quello della benzina.
Nel bauletto aveva sistemato la borsa termica contenente le leccornie che sapeva gradite, là, dove si accingeva ad andare.
Caldo. Uscendo dalla camera dove aveva tenuto tutta notte al minimo il condizionatore rinfrescare l’aria, e soprattutto entrando in bagno e nella cabina sauna era stato aggredito dalle carezze calde di quell’estate senza piogge. Per fortuna, aggiungeva lui, da quando aveva dovuto affidare il compito di impermeabilizzare il terrazzo/giardino, dal quale scendevano sul soffitto della camera da letto macchie. Grosso errore nell’affidare il compito a una squadra di incompetenti, dal momento che chi amministrava il condominio aveva detto di non avere nessun artigiano a disposizione; e addirittura, mostrando di ignorare che non era competenza del condomino, cioè di lui, la riparazione, trattandosi di lastrico solare.
Il piccolo, minuto, scudo parabrezza aveva limitato solo per poco tempo le folate ardenti che giugno regalava.
Aveva chiuso abbassandola la serranda del box. Si era inerpicato con il rombo potente del motore per lo scivolo che portava al cancello. Il telecomando, che aveva da qualche giorno cambiato e rinnovato, aveva messo in movimento la grossa struttura di ferro udito, cigolando.
Sistemato quell’altro comando per l’autostrada che era il telepass. E si era avviato.
Come sempre di sua abitudine, imboccando l’ingresso autostradale, aveva lasciato la parte senza occuparsene più, i pensieri precedenti. E aveva cominciato il racconto mentale, verbale, visivo col quale sempre si faceva compagnia.
E già appena superata la prima barriera milanese, erano arrivate le carrellate dei ricordi.
Altre volte si era imbarcato in quel viaggio. Molte volte, anni addietro, l’aveva fatto quell’camper. Quel grosso mastodontico abitacolo semovente. Diverse compagnie. Gradevole e grata più che mai quella della bambina/ragazza che guardando le piantine e le carte geografiche era stata il suo navigatore. Non l’aveva installato sul camper, allora.
Di domenica specie varcata la prima barriera milanese il fiume grigio di asfalto era andato riempiendo si del disordinato aggregarsi di automezzi.
Quasi tutti orribili. Immense automobili di lusso ma di aspetto sgradevole: i Suv. Acronimo di Sport Utility Vehicle, tradotto letteralmente Veicolo Utilitario Sportivo in Italiano ed identifica macchine miste che combinano il pragmatismo di un'automobile con la robustezza tipica di un fuoristrada, da cui ereditano molte caratteristiche che vanno ben oltre la mera dimensione. Orripilante anche questo vezzo di utilizzare termini anglosassoni. Ancora più orripilanti quei mezzi semoventi, con grossi pneumatici inutili. E le dimensioni…!
Ne arrivavano da tutte le parti, su tutte le tre corsie di viaggio e di marcia.
Notava, anche cilindrate più minute e modeste che pure regalavano la propria immagine abbastanza sgradevole. Assumendo in modo ingannevole denominazioni di altri veicoli di serie, alcune, spesso, erano state congegnate per assomigliare ad altre di cui rubavano impropriamente qualche simbolo o la fisionomia. Squadrate fiat 500 che cercavano di imitare le vecchie Mini Morris, mini. E anche delle Panda conservavano solo il nome originario me erano diventati dei golem da viaggio, immensi, spaziosi, dai vetri oscurati e azzurrati…
Si risparmiò addirittura anche il sorriso scocciato.
E presto si ritrovò a guidare il motorhome diesel di tanti anni prima. Che oltre a non avere il navigatore incorporato non disponeva neppure di un sistema per rinfrescare l’aria condizionandola.
Era stato certo molti anni addietro. Il viaggio era lungo. Quella volta non era andato alle propaggini del Trentino. Ma si era imbarcato addirittura verso Roma.
Un convegno. Un’occasione per una vacanza temporanea delle giornate di lavoro quotidiano. Era stato ospitato, come spesso accadeva e accade ancora oggi, da una opportunista istituzione religiosa della capitale. Si era informato telefonicamente e gentilmente, con sussiego e pronunciando le esse sibilate come fanno abitualmente le persone di chiesa di sesso femminile, per l’abitudine alle preghiere latine, gli era stato detto che andava benissimo che lui parcheggiasse venisse ospitato nell’immenso parco dell’istituto.
Lui… Oltre lui c’era anche una lei. Che subito si era accordata approfittando di qualche giorno di vacanza.
Collaboratrice… Si fa per dire… Era quella che si era presentata nel suo studio con aria da cocotte. Dicendo che era venuta apposta a prestare servizio lì perché ci teneva molto. E quando aveva ricevuto i complementi da lui per il suo abbigliamento elegantemente e vezzosamente colorito, aveva aggiunto sorniona, che anche le sue amiche più care notavano l’abbinamento perfetto tra i suoi foulards, pochette, cosmetici… Aggiungendo che lei aveva il pregio di abbinare perfettamente i colori dell’abbigliamento esterno con quelli della sua biancheria intima… Ovviamente, già allora, offriva su un piatto d’argento o di ottone o di rame se stessa come premio al suo capo!
Era stata una noia, allora, come altre volte anche, sopportare le sue chiacchiere pettegole.
Si era fatta poi perdonare usando le sue abituali monete di scambio.
Ma lo faceva sempre. E presto addirittura gli sarebbe venuta a noia.
A inframmezzare e divertire il convegno, tra gli incontri, i dibattiti, gli interventi, una piccola gitarella organizzata dall’istituto ospitante. A Villa Adriana.
Ed era lì che che lo avevano incontrato, intenzionalmente due brillanti redattrici e conduttrici della emittente radiofonica che lui sempre aveva seguito e amato.
I loro nomi gli i erano tornati in mente qualche mattina prima, ascoltando come sempre la radio.
Una sera, dal parco dal parco dove aveva parcheggiato il motorhome, aveva voluto condurre a una cena nell’ urbe la sua “collaboratrice” sempre estremamente disponibile che meritava un premio.
Naturalmente aveva lasciato il grosso ingombrante veicolo sotto gli alberi. E aveva preferito utilizzare mezzi pubblici, taxi e metropolitana.
La cocotte ciarliera si era dilungata più del dovuto. Per cui al ritorno avevano trovato che le custodi dell’ingresso avevano già chiuso i battenti.
Un’idea geniale… Trascinandosi dietro la sua dama aveva girato tutto recinto del parco. In un punto poco in vista, abbastanza celato dagli alberi, aveva scoperto che la giuntura della rete metallica della recinzione era abbastanza scassinabile… Rischiando di graffiarsi le mani aveva allargato le maglie della rete, provocando un varco abbastanza sufficiente per passarci lui e poi la sua disponibile compagna di letto.
Tardi… Lo era abbastanza… Ma vista la sua geniale e ingegnosa capacità di uscire dai problemi, lei aveva voluto ulteriormente premiarlo… Fino all’alba…!
Chissà forse quante altre volte, magari, la smagliatura metallica della rete di cinta aveva favorito fughe o visite a novizie o badesse dentro la struttura…
Non gliene fregava niente.
Intanto viaggiava a cavallo della sua Honda a raggiungere quella valle, abbastanza modesta, dimessa dove già era stato altre volte. Aveva già passato da poco quella copia vagamente somigliante del lago d’Orta. Il lago di Idro.
Verde scuro intenso.
Anche in quel percorso, a suo tempo, su quelle rive lacustri, si era intrattenuto, probabilmente con la cocotte di quel tempo; che naturalmente aveva voluto seguirlo anche allora. Più che altro, per fargli compagnia di notte…
Superato il lago di Idro, si era fermato un istante a dar due tiri alla pipa.
E via…
Rombante in modo affettuoso e garbato, la moto l’aveva accompagnato.
Nanni Omodeo Zorini
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