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domenica 12 giugno 2022

 Abbandonate le forre e i boschetti, dove furtiva sgaiattolava abitualmente minuscola la faina, cercando altre prospettive e sfondi.

Egli ora vagava nell’odore dell’acqua stagnante della risaia.
Anche i voli appassionati e frenetici avevano smesso di fiondarsi, con le loro sagome nere, verso la vetrata del salotto, o a precipitarsi inutilmente al terrazzo ormai non più giardino, per sempre.
Borbottava caracollando la giumenta argentata, e trascurava perfino il grigio mesto condominio dei defunti.
Tutto forse era già stato detto.
O quasi.
E comunque non c’era più niente da dire che fosse degno di nota.
Senza rassegnazione le macchine del tempo minuscole e titillanti percorrevano nuove tracce inusitate e sconosciute, da seguire ora.
Immagini filmiche e oniriche si mescolavano senza senso.
Prima del soliloquio finale al di là del Lete.
Nulla e anche tutto si è ormai già consumato.
Gli epigoni della storia ruttavano residuali ritorni di fiamma incomprensibili ai più.
Lo schermo mentale giocava a saltafossi con quell’altro sul monitor del netbock.
Tutte le risorse narrative disponibili si erano lentamente estinte miseramente.
Soliloquio (definito solipsistico da una sciocca sprovveduta commentatrice).
Scelse il silenzio.
Anche la virtuale amica Eco/Nefele stava acquattata altrove. Forse anche mortificata che lui un tempo avesse usato il nome di quella ninfa delle acque dei monti facendone omaggio immeritato per colloqui con l’aspirante poetessa di paese. Che definiva i propri strafalcioni lessicali e linguistici, con l’appellativo di neologismi…
Niente, per il momento almeno, piogge ad inzuppare i solai.
Nulla di nulla;
niente di niente;
e così sia…
Nanni Omodeo Zorini
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