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venerdì 8 dicembre 2017

L A L E P R E






LA      L E P R E


Conosceva la tana perfettamente. Ci stava a proprio agio. Da sempre ci si era acquattata da finire addirittura per credere di starci bene. Gli odori, le ombre, le piccole foglie, il terreno battuto, tutto le sembrava rassicurante.
Ma sempre di più le era scattato l'allarme. Drizzava continuamente le orecchie senza darlo a vedere neanche a se stessa. C'era un nuovo odore diffuso in quel pezzo di bosco. Odore di salvia, di mirto, di rami bruciati, affumicato.
E quel nuovo che individuava appariva a momenti alterni una sorpresa felice, una via di salvezza, una liberazione; oppure all'opposto si alternava con un terrore panico. Il suo piccolo cuore fragile delicato allora batteva all'impazzata.
Tu Tum tu Tum tu Tum tu Tum.
E poi ancora: tu Tum tu Tum tu Tum tu Tum…
Fino a quando riusciva ad assopirsi sul battuto di terra dall'intenso odore. Ma anche allora sogni, fantasmi, incubi le incombevano.
Sapeva benissimo, ne aveva la certezza che il nemico, padrone, predatore, tiranno stava da sempre appostato. Col suo ghigno beffardo e disumano. Silenzioso, tranne quando si spostava un momento per bere dalla sua bottiglia. O quando nel silenzio del bosco vibrava la sua voce robotica.
Stava sospesa a un filo della propria paura, del proprio terrore. Credeva di essercisi adattata. Abituata. Assuefatta. Di trovare tutto normale. Si raccontava da sola che era quasi piacevole tutto così.
Ma il predatore padrone tiranno non era solo. Aveva fatto un patto con quella là. Ne aveva ricevuto le consegne. Che da sempre eseguiva, addirittura mostrandosi distratto, ma in modo determinato assoluto fino a quando ci sarebbe riuscito.
E doveva sentirsi certo e sicuro che ci stava riuscendo da tempo. Immobile. Freddo. Senza emozioni. Governava quello statu quo.
Era un gioco perverso. Ci si divertiva da sempre.
Conosceva bene la sua preda e vittima.
E la vittima preda accettava il gioco da sempre. Addirittura turbata e spaventata solo al pensare che la libertà potesse esistere. Che il mostro smettesse definitivamente il suo gioco perverso. Che lei fosse costretta a battere le zampe sul terreno. E a fuggire verso la libertà col cuore in gola.
Sentiva l'odore di quella là che doveva starsene acquattata tra i cespugli. Ne aveva sentito talvolta la voce biascicante con il suono delle esse accentuate come ai vespri.
Insomma tutto normale si diceva. Tranne quando aveva creduto di vedere il salvatore che le regalava il messaggio di libertà. Non era sicura. Forse l'aveva soltanto sognato. Desiderato.
O comunque l'aveva spesso rimosso dalla sua mente e fuori dell'odore della tana.
Qualche volta aveva anche addirittura finito per odiarlo. Per essere venuto a instillarle quella speranza, che ora la disturbava come un veleno.
Solo verso di lui aveva osato mostrare apertamente rancore.
Ribellandosi.
Perché lui glielo lasciava fare.
Si diceva che avrebbe voluto esser solo lei a decidere di battere le zampe posteriori iniziando la fuga.
Perché era venuto a portare sconvolgimento turbamento nella sua tana?
Dai tremori della foresta aveva sentito i passi della ragazza che pure voleva aiutarla.
L'ombra della tana tremava e vacillava. Gli odori diventavano ora incerti. Non più rassicuranti. Stava preparandosi a scoppiare sempre di più la tempesta. Sarebbero venuti lampi e tuoni. Il nemico e la sua complice erano appostati pronti per ghermirla.
Le pareva un sogno, un incubo. Aveva da un lato certezza di quella realtà. Da un altro lato temeva o anche sperava che fosse una sua autoillusione.
Aveva sperato, sognato, fantasticato di battere le zampe posteriori iniziando la fuga dalla tana, dal terrore, dai fantasmi e dall'incubo.
E continuava a starsene rannicchiata. Le orecchie che le coprivano i lati, pronte a drizzarsi a ogni rumore sospetto.
Col piccolo naso rosa e tremante che esplorava gli odori.
Restava ferma immobile quasi fosse calma.
E dentro il cuore rosso continuava il suo tamburellare selvaggio: tu Tum tu Tum tu tum. Tu Tum tu Tum tu tum.
Aveva anche sperato con la sua piccola anima timorosa che non fossero neanche mai arrivati segnali di liberazione e di tempesta.
Ma ormai da tempo galleggiavano nell'aria.
E continuava a restare incerta, sospesa, dubbiosa.
Cos'avrebbe fatto allora?
Sollevando di nuovo le orecchie e fiutando con le narici, mormorò incerta:
non so…
Chissà…
Vedrò…


Intanto nella foresta tutto era immobile. Silenzioso. Fermo.
Incombeva una grande calma tra i rami e le foglie.
Non sapeva decidersi a uscire da quel sogno incubo affrontando la realtà.


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