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sabato 23 dicembre 2017

LE PIETON DE L'AIR.. N°1-

LE PIETON DE L’AIR   ( à peu près…)
«E naturalmente, eccellenza, appena sarà salito sul modulo, si abbasseranno automaticamente i portelloni… Basterà indossare la cuffia di collegamento neuronale, e la sua unità di trasferimento la porterà dovunque… Ma credo certo lei lo sappia già benissimo…»
La voce sensuale femminile gli aveva detto queste cose mentre due occhi luminosi fantastici lo guardavano seducenti.
Quasi più belle delle donne vere! Cloni,  donne bioniche… Imitazioni più belle dell'originale…
E gli veniva in mente di quando nel passato i pittori copisti di opere d'arte e di capolavori famosi, cercavano e spesso riuscivano a fare delle copie così autentiche da far concorrenza al loro modello.
L'incarnato non sembrava per nulla a un prodotto artificiale. Una pelle vellutata di pesca, degno di un’adolescente.  La voce poi…!
E ricordava anche l'esperienza incredibile e insieme piacevole di avere giaciuto amorosamente con qualche donna bionica.
L'ambivalente  contrasto del lasciarsi andare, come faceva sempre con le terrestri affascinanti che aveva conosciuto; e insieme, quello strano senso di sconforto, di estraneità, d'artificio, nel praticare i giochi d'amore con quell'essere che sembrava umano, vivo, ma che era una creatura artificiale di laboratorio.
Ma erano poi davvero diverse dalle donne umane le donne bioniche?
Il modulo era accogliente. Luci attenuate. Morbido tepore diffuso. Minuscolo  ma molto funzionale, la poltrona da sola si mise in posizione semi orizzontale. E sentì , o meglio percepì soltanto, in mancanza assoluta di vibrazioni, che l'uovo con dentro lui si stava spostando.
Gli  impulsi neuronali in andata e ritorno viaggiavano senza l'uso di parole di frasi di concetti. Stava pensando che forse era così che veniva l'attività cerebrale negli animali più intelligenti. Nei cani ed esempio. Niente parole inutili. Toni di voce. Tratti sopra segmentali.
Pensieri/concetti/idee intense, immediate, con velocissimi e immediati feedback di ritorno.
Aveva fatto ragionamenti del genere con quella giovane neuro scienziata di sua figlia. Che amava profondamente il proprio cane. Col quale comunicava con immediatezza. Sempre in sintonia.
"Eccellenza", l'aveva apostrofato la bellissima clone sensuale. Termini di convenienza, di ruolo, di scopo. In quel momento lui era eccellente per la missione che stava per compiere.
E poi era un umano. Ci intuiva anche una leggera sfumatura di invidia, malcelata dalla sudditanza. La sua anima di maschio ne era insieme ringalluzzita, ma anche disturbata.
Le  hostess sintetiche, per quanto bellissime, non avevano nulla da invidiare ai modelli in uso per compagnia e per piacere.
Sorrise  tra sé.
E gli venne di colpo in mente, l'aspetto che l'aveva colpito la sera prima nella stupenda affascinante ambasciatrice dell'Antartide.
Era stata una serata vivace. Una gara a testi poetici contro altri testi poetici. Si era abbastanza divertito a recitare le proprie composizioni. Giocandoci sulle espressioni vocali, gestuali, sui toni di voce…
Non gli interessava il risultato. Era ancora abbastanza disturbato però dall'idea di potere metter su una competizione basata sulle poesie. Aveva una radicata idea che le emozioni, la poesia, i rapporti amorosi, gli innamoramenti, l'amicizia, ma si, anche l'orgasmo amoroso, non possono essere misurati. Confrontati. Ciascuno è stupendo se lo è per conto suo.
Però era stato al gioco.
Tutti  i presenti avevano sorbito il gelatinoso intruglio verdeazzurro. Che provocava eccitazione, allegria, benessere… Un tempo si sarebbe usata della birra o delle bevande alcoliche. Ma sembrava che la nuova ambrosia sintetica non avesse nessuna controindicazione per il benessere fisico o psichico. Per cui erano stati accantonati il luppolo,  il malto ,le uve, e tutti i distillati alcolici.
Ed era nata la nuova industria del nuovo nettre degli umani.
Anche i cloni ne assumevano. Ed   erano regolati e programmati perché anche su di loro avessero effetti analoghi.
L'ambasciatrice aveva ascoltato estasiata le poesie che lui aveva letto. Votando sempre a suo favore. Regalandogli sorrisi garbati. Eleganti. Da vera signora.
Prima di accomiatarsi, lui le aveva voluto donare il proprio bag delle coordinate di contatto. Ma prima, quando lei gli aveva porto la mano, invece di stringerla l'aveva portata le labbra. Dicendole che un tempo i veri gentiluomini facevano così.
Facendole il baciamano le disse che se Groënland fosse stata una monarchia onoraria lui avrebbe votato e proposto che lei ne  fosse la regina.
Il sorriso compiaciuto di lei lo aveva gratificato immensamente.
Avrebbe atteso senza fretta un collegamento.
Ma c'era ancora tempo.
Si erano poi tutti complimentati con lui. Molte poetesse lo avevano ringraziato di quanto lui aveva elargito e regalato loro.
Ad  alcune aveva voluto fare omaggio dei microchip contenenti testi che aveva con sé.
Salvo poi, ma troppo tardi, pentirsene.
Quando aveva lasciato il locale, accompagnato da un sorriso intenso dalla affascinante clone hostess, avrebbe voluto aver ancora tra le mani i suoi microchip. Invece si trovava soltanto a disporre di quelli dei propri contatti.
Non  aveva ora il senso del tempo trascorso sinora nella navicella. Pensava a tutto lei.
Provò  un senso piacevole di sopore. Di stordimento. Ed ebbe visioni vellutate e gradevoli simili ai sogni dei tempi passati.
Percorse  velocemente episodi, scene, momenti, rivide volti sguardi, amplessi…
Un volto in particolare e uno sguardo dominavano su tutti.
E  ne provò un profondo senso di nostalgia. Ma senza dolore. Morbido. Vellutato. Quasi gradevole. L'avrebbe meglio definito saudade. Ricordo  piacevole con desiderio. Solo con una leggera sfumatura di mestizia e di rimpianto. Come  di qualcosa che è solamente un pochino più lontano. Ma che è lì lì per tornare.
Desiderò  intensamente una visione immediata di dove si trovava nello spazio. Aperse gli occhi. Lo schermo glielo stava mostrando.
Lontana, avvolta di batuffoli di nebbia, contaminata, malata, esausta, la sua terra gli provocò un senso analogo di saudade e di nostalgia.
Chiuse gli occhi. E anche lo schermo. E anche il pensiero.
La nuova piattaforma accolse il modulo. Che ci si depose tranquillo.
Il portellone si aperse.
La stazione orbitante gli offriva le fisionomie inusitate dei suoi interlocutori.
Sapeva cos'era venuto a fare.
Gli era venuto in mente l'aspetto che aveva un tempo l'aeroporto di Madrid in Spagna.
O anche il museo d'arte moderna del Bouburg a Parigi.
«Ben vista, ben accolta, ben arrivata, eccellenza…»
Eccellenza. Sapeva di dover eccellere. Era pronto. Avanti.
Lui aveva chiamato eccellenza l'ambasciatrice di groeënland. Regina onoraria e democratica.
Ogni volta lo stupiva quell'insieme di cupole trasparenti che non riflettevano la luce. Quelle  strutture tubolari luminose brulicanti di piccole figure in movimento.
E mentre si avviava, ebbe solo un leggero sfumato rimpianto, per tutto quello che era rimasto le sue spalle. E pose piedi, corpo, mani, neuroni, anima e pensieri nella nuova realtà in cui si trovava.
Presto sarebbero iniziate le discussioni, le trattative. L'esodo. L'esilio volontario. Il  tempo nuovo.
[Il titolo del racconto l'ho preso in prestito da Eugène Ionesco, mi piaceva l'idea di un pedone che cammina nello spazio...!]




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