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martedì 26 dicembre 2017

LE PIETON DE L'AIR N°3. Altra cosa.

LE PIETON DE L'AIR
N°3. Altra cosa.
Ma ci sarebbero state ancora le parole? E i gesti… E gli oggetti… E la visione… E gli esseri viventi… E le piante… E le persone… E le donne… E i sogni…?
Con un profondo turbamento e disagio, cercava di inseguire questa confusa ridda di pensieri. Non riusciva a visualizzare mentalmente il che cosa sarebbe stato dopo.
Un nuovo e diverso pianeta da abitare? Una nuova luce? Un diverso tempo alternatoin scanzioni di giorni stagioni mesi e anni? Altri soli e altre lune?
Nuova libertà d'azione assoluta compresa quella di ripetere la sequenza distruttiva verso se stessa dell'umanità?
Mentre queste riflessioni lo occupavano, il suo capo era appoggiato su qualcosa di simile a un cuscino morbido e tiepido.
Vivo quasi sembrava.
O forse lo era davvero.
Con dolcezza inusitata lentamente e morbidamente sentì carezzare il proprio capo e i capelli. Non osò guardare per non turbare il proprio piacere stupito. Le carezze, o comunque gli sfioramenti che lui riceveva, scesero alle guance.
E parevano proprio come prodotte da mani. E neppure parevano mani artificiali. Per quanto la differenza fosse quasi assolutamente impercettibile. L'aveva pur provato il contatto con un corpo femminile artificiale.
«Sento i tuoi pensieri. Sento il tuo turbamento. Sento la tua domanda.
Non sono un simulacro femminile di donna umana.
Ma neppure sono una donna terrestre.
Sono altra cosa.
Sono e basta.
I limiti spaziotemporali, la forma, l'aspetto, la consistenza, sono ormai diventati qui per tutti noi irrilevanti.
Rispondi pure alle tue domande, sono un essere vivente. Assumo la forma dell'aspetto umano di donna perché so che ti è molto caro e gradito. Se vuoi, ti aiuterò a rivedere e rivivere momenti presenze persone femminili gradevoli e piacevoli che hanno colorato la tua vita.
Considerami donna. Ne ho assunto l'aspetto. L'anima. La mente. La sensibilità. La voce. L'odore.
Regalami, te ne prego, la fisionomia che ti è più gradita ripercorrendo l'album delle fotografie femminili amorose della tua storia esistenziale.
Ti accompagnerò nel ritorno. Ti sarò vicina. Fisicamente e nella tua mente. Non sarò un oggetto artificiale più o meno gradevole. Io sono viva. Esisto per davvero. Interagirò con te. Comunicherò. Ci sarà un continuo feedback avanti indietro tra me e te. Fai conto che io sia la tua amica migliore. La tua donna. La tua compagna. La tua assistente. La tua amante. La tua mamma, sorella, segretaria personale… Quello che vuoi. E altrettanto considererò te. Nulla è prestabilito. Il nostro tempo e le nostre azioni, congiunte disgiunte lo inventeremo noi.
Devi solo dirmi se mi dai il tuo consenso.
Le entità che operano il salvamento e la purificazione, mi hanno scelto. Come hanno pure scelto te perché venissi nella nostra realtà. Sei stato chiamato "eccellenza" non per tuoi meriti speciali, ma perché tu dovrai eccellere, superare i limiti, vincere la sfida.»
Ore le mani, perché erano proprio mani, morbide, delicate, tenere, tiepide e femminili, dopo avergli sfiorato dolcemente la fronte le palpebre e gli zigomi, stavano morbidamente e piacevolmente carezzandogli il collo.
Non sapeva se essere spaventato. Incredulo. Pentito. Compiaciuto.
Nello stato d'animo in cui si trovava, si limitò a pensare di essere e basta.
Il tempo con estrema cautela si svolgeva pacato. Senza fretta. Senza lentezza eccessiva. Ed era insieme sospeso e trattenuto. Eppure andava svolgendosi e dipanandosi.
Alzò le braccia e le mani. Le pose sulle mani femminili che lo stavano carezzando. Ebbe un'immagine divertita che gli fece pensare a un angelo femminile. E senza profferire parola, mentalmente le disse: "Ti accetto. Ti ricevo. Ti accolgo".
Rivide la bambina bionda che pregava sull'altro lato, a fianco alla statua buffa e azzurra d'una Madonna di gesso. In quei mesi di degenza in isolamento all'ospedale. Rivide i suoi occhi intensi. Che pregavano con amore guardando lui ragazzetto più grande. Riascoltò la lettera che aveva lasciato il giorno delle dimissioni all'infermiera burbera. Che gliel'aveva letta dicendogli che avrebbe dovuto tenere per sempre il segreto.
Poi incontrò la bambina con la gonnellina più corta, quando giocavano insieme a dama e cavalieri nella colonia in montagna. E lui spesso riusciva a sposarla, lui come cavaliere e lei come damigella del gioco. E nelle camerate la pensava col batticuore la notte.
Le mani carezzevoli, intanto, sembravano favorirlo e aiutarlo in questa esplorazione a ritroso in apnea nel passato.
La ragazza bionda col caschetto di capelli. La frangetta dritta dritta. Lo guardava a lungo quando stavano in fila prima di essere accompagnati in classe dei bidelli alla scuola media. Lui si riteneva brutto nella divisa da orfanello. E non sapeva riconoscere in quello sguardo intenso e fisso, le sfumature di tenerezza di pietà o magari anche come lui fantasticava, d'amore romantico sognante…
Ah, già, quand'era ancora piccino, con i folti capelli biondo scuro pettinati a banana sul capo, alla cascina dei parenti dopo il lutto in famiglia. E la ragazzetta con l'occhio vispo e lo sguardo intrigante, che lo accompagnava nelle forre, alzava la gonnella, mostrando il suo paradiso segreto da esplorare. Il primo viaggio di avvicinamento verso la realtà femminile autentica. L'aveva sfiorata con la mente con gli occhi e con le mani; l'aveva sognata. Quei sogni terribili, bellissimi, ma estremamente sofferti: appena vedeva la gonnellina alzarsi gli si chiudevano gli occhi nel sonno e nel sogno e faticava mostruosamente per riuscire a riaprirli ancora e guardare guardare con desiderio goloso, cupidigia, tenerezza estrema…
L'iniziazione. Avevano poi giocato a fare la pipì prima l'uno poi l'altro in una grossa scatola di pelati vuota mescolandola col cemento. Girandola col bastoncino. Un piacevole profondo e delizioso gusto del peccato e della trasgressione.
E poi i primi balli da adolescente maldestro nelle sagre e nei festival di paese. Cercando di far sentire alla dama del momento la propria incerta, titubante, furibonda mascolinità di contatto sotto i vestiti.
I baci, mescolando e le lingue le salive.
Spostò le proprie mani da quelle di lei cercando di sfiorarle le braccia. Sentiva sotto i suoi polpastrelli quell'impercettibile peluria bionda invisibile ad occhio se non sotto i raggi del sole. Braccia nude più umane di quelle delle donne umane che aveva toccato e carezzato col batticuore.
«Spero non ti dispiaccia, mio eccellente eccellenza, se guardo insieme te i tuoi ricordi. Ma non c'è fretta. Hai appena iniziato il viaggio. Per ora, se lo vuoi anche tu, non assumerò nessun aspetto definitivo. Stabile. Ma sarò di volta in volta l'ultima immagine che hai esplorato. Sarò i tuoi ricordi. Solo dopo, se anche tu lo vorrai, diventerò più definita. Ma anche, come forse ti piace, sarò di volta in volta una donna diversa, nuova, e insieme antica. È un gioco che facciamo. Tu sei importante. Sei stato scelto. Rivivrai la dolcezza, il desiderio, la nostalgia, l'amore, ma anche sfiorerai i dispiaceri, le delusioni, i rimpianti, il dolore… E non sentirti solo. Godrò e soffrirò insieme a te.»
Dopo un lungo carosello di momenti, sguardi, amplessi, abbandoni, stava per avvicinarsi all'incontro doloroso e piacevole insieme, con la donna che gli aveva regalato la propria intensa sofferenza che amava, per offrirglisi spontaneamente come vittima schiava d'amore. Raccontandogli sempre di quando bambina era stata abusata con sguardi lascivi che l'avrebbero per sempre segnata.
Sdegno misto a desiderio a quel ricordo.
Preferì procedere oltre.
Intanto nello spazio tempo infinito del foglio di gomma il viaggio di ritorno continuava.
Nanni Omodeo Zorini Qfwfq
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