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martedì 26 dicembre 2017

LE PIETON DE L'AIR N°2- l'incontro e il contatto

LE PIETON DE L'AIR
N°2




  L'incontro e il contatto.
Avrebbe potuto aspettarsi un ampio spazio. E tutti i presenti concreti e in persona. Da vedersi.
Una nuova hostess bionica l'aveva accompagnato in una sorta di cubicolo. Trasparente e ovattato.
Di nuovo una poltrona autoregolantesi.
Quasi un lettino da ambulatorio o uno scranno dal dentista. Molto più morbido. Comodo. Accogliente. Ma insieme spersonalizzante.
La fanciulla hostess aveva un aspetto ancora più probabile. Pareva realmente un essere umano. Ma con qualità straordinarie ed eccezionali. Muoveva i passi con eleganza spigliata, flessuosa, sicura di sé. E insieme invitante.
I tratti somatici ricordavano quelli della precedente che l'aveva introdotto alla navicella. Ma la varietà dei particolari, creava l'illusione di trovarsi di fronte ogni volta a esseri reali, autentici, praticamente umani. Nessun elemento denotava la serialità con  cui erano stati progettati e realizzati. Provò attrazione. E insieme disorientamento. Come quando c'aveva fatto l'amore con qualcuna.
Nel cubicolo iniziarono a diffondersi effetti sonori molto simili a intelligenti passaggi di musica elettronica. Tipo quella che un tempo accompagnava le sedute di yoga e di meditazione.
Non era stato necessario, qui, indossare la cuffia neuronale. Gli impulsi arrivavano direttamente. Con voce suadente e insieme troppo calma, pacata, controllata, che denotava la provenienza non umana, iniziò il colloquio.
«È molto noto e chiaro lo stato delle cose.
I viventi ospiti sul pianeta che chiamano terra, hanno quasi concluso del tutto la devastazione. L'atmosfera, i liquidi, il suolo, i viventi non umani, sono stati deteriorati e inquinati al limite del possibile.
Si sono inventati la proprietà privata. Di territorio. Di esseri viventi. E di popoli interi su altri popoli. Del  genere maschile su quello femminile. Del "pater" primigenio su tutti i discendenti. Patriarca violento. Brutale.
Residui immensi di origine artificiale e plastica sono isole galleggianti sulle acque di cobalto. Strangolando viventi residuali di specie.
Si  sono inventati dio.
Scambiano tra loro i beni con uno strumento che chiamano moneta. Nuovo immenso dio, mogol e valore supremo. Con esso comprano cosa e esseri viventi.
Inventano e perfezionano sempre più strumenti letali. Nel gioco al massacro che chiamano guerra.
Occorre un'opera di purificazione. Di ripristino. Per quanto sarà dato possibile operare.
Negli spazi siderali abbiamo ormai mappato le piaghe di devastazione.
Eccellente umano, le qui presenti essenze vitali, offrono una nuova plaga. Suggerendola come terra promessa.
I soli e le lune che la governano, simili e insieme diverse, ricordano quelle del vostro girotondo eliocentrico.
Il dono è pronto. Il trasferimento è predisposto. L'esodo purificatore è pianificato.
Stiamo all'unisono leggendo le tue connessioni cerebrali. Provvisorio Messia. La  tua visione ci illumina.
Gea come da voi la chiamavate verrà radicalmente ripristinata. Ricomincerà il tempo.
Questo, le entità cosmiche pensano e dicono.
Questo è quanto.»
Ad occhi chiusi aveva ascoltato il messaggio. Cieco provvisoriamente come tutta l'umanità, aveva però potuto vedere il consesso infinito.
Aveva ascoltato.
Sui mari e sugli oceani galleggiavano da tempo immense valanghe di residui mai più degradabili.
Cetacei e orsi polari spiaggiavano agonizzanti col ventre ingozzato di plastica.
Le fantastiche e innumerevoli specie, magico prodotto dell'evoluzione della vita, stavano riducendosi sempre di più a masse da macello. Allevamenti di proteine vive da divorare.
Lividi e insieme ridenti i dominatori feroci e biechi, costruttori di macchine di morte.
Il sorriso e l'amore ridotti a vezzo proibito di cui vergognarsi.
Il quadro era desolante. Le carcasse di corpi scarnificati nei lager e nei Gulag. Le imbarcazioni stracolme che scaricavano nei mari negli oceani viventi disperati. Il sublime atto della congiunzione carnale amorosa, venduto al miglior offerente. Commercio e compravendita di emozioni, di sorrisi, di allegria.
Baratto postribolare di sensi, di comunicazioni, di speranze.
Rimase assorto.
E rivide di dentro leggendoli con cura i suoi ricordi.
Un'infanzia lontana a giocare sui ballatoi della vecchia casa nell’automobilina di compensato rosso.
Il sorriso luminoso della nonna che andava appannandosi per la cataratta.
LE I sogni morbosi e sensuali del bambino che era stato.
Le fragole e i lamponi maturi. I cestini di amarene succose.
Le albe e i mattini. I tramonti lancinanti, disperati, mesti con la loro promessa di nuove resurrezioni dopo il buio della notte.
Gli amplessi amorosi. Ragazze e donne amate. Sguardi in campo lungo di quelle perdute.
I treni lenti per raggiungere le valli dove andare a giocare a fare il professore di qualcosa. Con il loro odore di fuliggine, di fumo, e di nafta mal combusta.
Le marce, fianco a fianco, per un mondo migliore. Per la pace. Per l'amore. Per l'allegria.
Le serate davanti al camino bruciando il tabacco per respirarne il fumo.
Le vallate e gli alpeggi in cui fuggire a sognare la bellezza.
Le mani che tengono le mani.
I corpi che si avvinghiano ai corpi per provare piacere e urlarlo. E darne.
Il Retzina amaro e aromatico nelle isole greche.
L'azzurro intenso dei mari e dei cieli.
La tristezza mesta alle esequie.
Le abbuffate colossali ai pranzi di nozze e di compleanno.
La speranza inesausta. Sempre. Tanto. Il bisogno d'amore infinito. Il gusto amaro della delusione talvolta.
I voli onirici con fiabe improbabili e dolcissime.
Le parole vergate sulla carta. Registrate su supporti magnetici. Regalate a pioggia, gratis.
Le biblioteche del ricordo. Le nostalgie infinite. Il passato e il futuro fusi insieme nell'attimo presente. Ogni volta differito più in là. A scivolare verso l'epilogo definitivo. Verso nuovi miserere.
Le parole mai pronunciate che aveva appena ascoltato, rimanevano a galleggiare sospesa nell'aria.
Il tempo era finito.
Il tempo nuovo stava per ricominciare.
Il tempo.
Il tempo e lo spazio, un unico foglio di gomma. Un'unica dimensione variamente articolata.
Distese allora la sua anima a galleggiare in quel foglio di gomma.
Assorto.
Stupito.
Perplesso.
Pronto e insieme titubante.
Ed era proprio così.

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