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domenica 31 dicembre 2017

LE PIETON DE L'AIR N.6 stand-by

LE PIETON DE L'AIR N.6 stand-by



Sospeso a mezz'aria nel vuoto, il terrazzo-giardino pensile si protendeva meravigliato e attonito.
Offrendo al rosso porpora del tramonto le ultime improbabili drupe. Gradevoli e aspre amarene di sangue. Ribes saltellante. Nel suo calvario spinoso l'uva spina dai chicchi zebrati. Ciuffi di rosmarino, coriacee foglie d'alloro, menta, melissa, maggiorana, timo e salvia. Protesi come per un addio.
Nei postriboli dell'economia e della finanza sospese le contrattazioni per eccesso di ribasso.
Singulti nervosi al meretricio economico. Una boccata d'aria contaminata alle economie disastrate del pianeta.
Arrestata l'estrazione di coltan , di rame, di diamanti e del fango nero per i motori di un tempo.
Boccheggianti i ghigni volgari e famelici di Grosz con le loro bocche oscenamente spalancate e voraci.
Nudi e volti deformi fiutavano l'aria di sconcerto.
I land rover regalati dall'Occidente alle bande di pirati barbuti fermi tra le dune del deserto.
Lager del Sahara vomitavano scheletriche larve interrompendo il mercato degli schiavi.
I beccamorti locali ritraevano il braccio teso e i regionalismi "ce l’hoduristi" umanamente blasfemi.
Le processioni, osannanti fantasiose divinità pervasive, bloccavano le proprie litanie macabre.
Lo sguaiato sardonico nuovo profeta del ritorno alle tenebre, arrestava l'ondeggiare della sua fasulla capigliatura gialla.
Le amarene e i frutti di bosco continuarono per un poco a protendersi nel vuoto immenso devastato del pianeta agonizzante.
Orsi polari e cetacei degli oceani rigurgitavano il bolo indigeribile di plastica e di cellophane.
Il particolato tossico misto all'ossido d'azoto e monossido di carbonio scendeva a larghe falde come una nevicata di ceneri vulcaniche.
Anche il tempo e lo spazio terrestre restarono perplessi e assorti in stand-by.
La figura femminile dietro di lui gli aveva posato le mani sulle spalle. Alitava il suo fiato rassicurante protettivo sul suo collo. E insieme a tutto intorno si sentiva e partecipava alla profonda mutazione radicale.

Sospeso in quella visione, si permise il conforto di regalare a se stesso il ricordo di lei. La entità avrebbe potuto meglio immedesimarsi e assumerne l'aspetto.
LA BAMBINA
Minuta e graziosa.
Come il suo sorriso aperto e spalancato , un cielo di primavera…
Poco più che adolescente.
“Dove l'hai nascosto,bambina,
il tuo sguardo al fosforo
che di sorpresa scoprivo,
in piazzetta,certe sere inattese
che mi frustavi di sguardi acerbi ?"
... Avevano continuato a trovarsi .
... Alle sagre di balli popolari e di musiche celtiche. Alle manifestazioni corali a scandire slogan, portare bandiere, striscioni.
Volti ormai sfumati e confusi nella nebbia del ricordo.
Uno in particolare era rimasto vivido nella memoria.
La ragazzina bionda. Minuta e graziosa.
Come il suo sorriso aperto e spalancato , un cielo di primavera…
Molte volte avevano incrociato gli sguardi.
Con turbamento lui. Per quella giovane età e per il fascino pudico e insieme intrigante come un profumo di vento di marzo.
Quando incrociava il gruppo, ascoltava distratto le loro chiacchiere. Un po' estranee per lui, molto più grande di loro.
E ogni volta cercava quel volto, quel sorriso, quell'intenso guardare turchino e luminoso, con intenzione. Fin quando lo vedeva spuntare tra gli altri volti anonimi e privi di significato. Ammiccante. Sornione. Fascinoso. Con il gusto del proibito.
Si erano accostati quasi casualmente l'uno all'altra. Sguardi e parole fusi insieme. Le frasi seguivano un ritmo interiore. Sotterraneo. Mellifluo. Intenso.

-Ti  ricordi  ancora di me?- gli chiedeva ora.
Ma come poteva dire di conoscere davvero quella persona, che si vestiva di sorriso…?

L'immagine molte volte gli era tornata da allora, come un ricordo fuggevole. Come un fotogramma un po' stinto, un po' sfocato .
Anche  se ora era con un certo turbamento che lo incontrava, quel nome, quello sguardo, quegli occhi, quella luce.
È  dunque mai possibile conoscere davvero una persona? Una donna? Avrebbe forse potuto provare a incontrarla di nuovo, scrutarla, studiarla dentro, cercare di vederla almeno.
O era troppo sperarlo?
I messaggi in chat balbettavano dentro. Andavano a tentoni. Incespicavano. Titubanti. Smarriti smarrivano la strada. Il ritmo. Si ritrovavano.

Nel primo incontro l'aveva raggiunta che l’aspettava seduta su una panchina. Aveva appena parcheggiato l'auto lì vicino. Insieme erano andati per una gita all'isola.

Nella basilica erano scesi giù nella penombra della cripta . Il santo steso nella sua teca. La maschera d'argento gli copriva quel che restava del volto.
Quel corpo minuto rinsecchito da secoli e secoli.
Avevano  riso davanti alla cassa di cristallo e lui aveva detto   stupidaggini colossali  facendola ridere. Lei  si premeva la mano sul volto, abbassava gli occhi che ridevano, gli stringeva la mano sul braccio…
Voleva affascinarla. Conquistarla. Rubarle l'anima.
- la vede signor Santo,  questa ragazza qui? l'avevo conosciuta millenni e millenni fa ...ci siamo rivisti adesso …sono stupito, affascinato,  col batticuore,l’ extrasistole... spaventato della sua bellezza... fascino... della sua grazia... della sua voce, con quel tono cadenzato che mi ricorda quella di allora …
Come dice…? Era davvero quella destinata a me…. Da sempre…? La ringrazio, signor santo, e scusi se siamo così indecenti con la nostra allegria, qui, davanti a lei, che dorme disteso… Si sta davvero divertendo? Ma allora ci sta aiutando? Ci da una mano? Grazie grazissime sa, non osavamo sperarci… Ride anche lei, muto sospeso nel tempo infinito… Allora, se permette, ci ringrazi anche il suo capo, il principale, il nazareno…No, non fa nulla se io son agnostico-ateo, sa, si può sempre fare un eccezione… ovvìa… L’avevo già fatto anni fa… quando la mia bimba era malata… Gli avevo detto:” signor dio, si lo so, io non ci credo, ma se ci sei ci credi almeno tu, no? È la cosa più bella che ho avuto nella vita finora, questa bambina piccina piccina, il frutto della terra e del cielo, con i suoi piedini e i calcagnini di maiolica, fai il bravo, se puoi, se senti, se vuoi… Dai ti prego…!"
Signor Santo, la ringrazio, preventivamente, sento la magia che si sta diffondendo… Sento il TU TUM TU TUM TU TUM che mi batte dentro… Grazie per la sua santa magia… Grazie per questo regalo… Buon riposo…"

Pensò che forse conosceva  o aveva conosciuto soltanto lo sguardo qugli occhi  quel sorriso quella voce.

- Ma, se vuoi, io avevo costruito una macchina del tempo fantastica per tornare ai ricordi passati e riviverli... ti regalerò un mio libro che è proprio intitolato così: Wormhole, la galleria del bruco mela... poi te lo spiego...è sulla teoria della dimensione dello spazio-tempo... Ma  è più che altro un'invenzione fantastica...mentale... Possiamo tornarci indietro... se vuoi ci reinventiamo la tua e la mia storia... Ci divertiamo nel descriverla, nell'inventarne i particolari... sognarla...

Avevano  consumato uno spuntino in un localino in quelle viuzze del borgo storico, al ritorno dall'isola.
 Sul battello lei si era aggrappata al suo braccio e continuava a guardarlo.
Lei continuava a leggerlo, ascoltarlo, bere le sue parole… Condividendole.
e anche nei momenti che trascorrevano insieme era un continuo navigare avanti e indietro. Indietro in ricordi lontani mescolati in una antologia di aneddoti. Avanti con voli fantasiosi che inventavano un futuro probabile possibile onirico.
Gli incontri avevano poi preso a diventare molto regolari frequenti assidui… All'inizio trascorrevo una settimana o più giorni prima di incontrarsi di nuovo. Poi divennero settimanali e infine 2, 3, 4 volte la settimana.
Le sue visite con dei messaggi nella messaggeria del socialnetwork. Che avevano subito entrambe cominciato a riempire per ore e ore quotidianamente, nella fascia di tempo che precede il sonno. Un sogno preparatorio del sogno.
Appena arrivata lo inondava del suo sorriso e del suo sguardo che finì sempre di più per ammaliarlo. Se lo dicevano anche, che il cuore a entrambe batteva in gola, provocando extrasistole repentine improvvise spasmodiche piacevolissime insieme dolorose come pugnalate di tenerezza.
Avevano sempre avuto l'abitudine che lui preparasse diverse candele accese che creavano un'atmosfera magica. E faceva bruciare degli incensi profumati.
L'intimità era assoluta, totale, di anima con anima, mente con mente, emozione con emozione. Come lui aveva fatto nel primo incontro di raccontare a fiume le vicende più intime del suo recente passato esistenziale professionale relazionale ed emotivo sentimentale, così pure lei, senza pudore o remore si era denudata l'anima il passato la vita l'esistenza. E non era per nulla una metafora. Corpi nudi, anime nude, sguardi nudi, parole in libertà… Gesti in libertà… Amplessi in libertà… Compulsivi assalti amorosi liberi, assoluti, sfrenati, pescando continuamente dall'immaginario mentale erotico.
E come per i gusti, il modo di pensare, la direzione generale del mondo, anche sul terreno amoroso si erano trovati sempre di più complementari, e si ripetevano all'infinito che era proprio così la persona che entrambi stavano cercando.
Con l'andare del tempo, anziché attenuarsi l'affiatamento, la passione, l'euforia, l'entusiasmo andavano continuamente crescendo. Avevano immaginato al più una breve intensa avventura amorosa. Ma l'intimità anziché scemare diventava sempre più profonda. Le conferme di quanto intuito nei primi sguardi nei primi approcci verbali, puntuali arrivavano continuamente. Aspettavano da un momento all'altro che qualche piccolo screzio sorgesse, assegnare la fine di quella meravigliosa stagione. Lo temevano. Ma invece avveniva il contrario. Nei primi anni qualche briciola minuta e inconsistente di accenno di disaccordo, veniva subito cancellata con urla e euforiche di gioia e di piacere reciproco.
La banalità ripetitiva della routine, non accennava mai a comparire. Dopo ogni nuovo incontro ciascuno dei due affermava con gli occhi lucidi di piacere e di felicità che era stato molto meglio delle altre volte, completamente diverso, e che l'uno e l'altro, si ritrovavano completamente diverse e trovavano completamente nuovo diverso rigenerato l'altro.
Nessuno dei due, e soprattutto lui completamente ateo, credeva in una provvidenza sovraumana, e solo a parole dicevano che il destino era stato buono magico munifico generoso.
"unusquisque faber fortunae suae”citava lui spesso da Tertulliano o Quintilano...
Lei definiva lui suo maestro, babbo, guru, sacerdote, divinità, terapeuta… E lui vedeva in lei la vestale, sacerdotessa, alunna, figlia adottiva incestuosa, paziente, maga, fata…
Nelle pause tra gli accesi e appassionati assalti prolungati, lei lo guardava adorante con i suoi occhi luminosi. Pregandolo di parlare, di raccontare, pronta a bersi tutto golosamente. Spesso costretta a invitarlo dolcemente a interrompere il fiume di parole di idee, di versi, citazioni. E riprendevano il linguaggio non verbale. Fino a quando l'orologio digitale proiettato sul soffitto della camera, le ricordava dolorosamente che erano passate infinite ore, e che presto sarebbe dovuta scappare.
Lui citava a memoria i versi di Federico Garcia Lorca, Samuel Beckett, intere sequenze narrative che aveva assaporato gustato le fatte proprie dall'adolescenza. Film. Racconti di viaggi.
Era diventata una antologia eterogenea composita e complessa, nella quale c'era di tutto. Ricordi d'infanzia. Dell'adolescenza. Della maturità recente. Con una punta di curiosità mista a una sfumata gelosia, lei gli aveva chiesto di raccontarle delle sue infinite storie e relazioni amorose. Degli innumerevoli matrimoni falliti, chiusi, delle convivenze interrotte, delle vicende anche occasionali, fino a quelle di un solo incontro finito lì è persosi poi nella nebbia. Con modestia assoluta e senza pudore anche lei aveva raccontato la sua parte, quasi vergognandosi al suo confronto.
Anime e corpi completamente nudi, in perfetta sintonia di comunicazione.

Appena entrati in casa lei toglieva gli stivaletti. Lui sedeva sul divano di pelle rossa. Lei gli si inginocchiava sul kilim davanti a lui, tra le sue gambe, lo carezzava di sguardi intensi profondi. Dopo averla carezzata sulle guance, sui capelli, averla baciata sugli zigomi e sulla fronte, partiva la narrazione. Fino a quando lei lo pregava di interrompere. Per iniziare altri discorsi nel linguaggio non verbale che avevano messo a punto così bene.

Per contrasto. Ora.
Sullo sfondo lo scenario funebre del pianeta agonizzante.
Nel suo viaggio a ritroso con la memoria il cielo infinito, disteso come un mare da sogno, in cui navigare.
L'angelo terreno e umano della sua storia. Col suo sguardo fosforeggiante...
Da imprestare come modello alla sua nuova guida alle sue spalle.
"Mantua me genuit” aveva profferito il poeta latino offrendosi a Dante per il viaggio di redenzione.
Lei, generata dalle entità superiori, immune e scevra dalle immagini tratteggiate col bulino nelle tavole di Gustavo Doré.
Insieme ancora indefinibile. Cangiante ogni istante. Mutevole e insieme stabile.
Entrambi rientrarono dal giardino pensile galleggiante mentre il rosso porpora lasciava il posto a un manto nero blu di velluto infinito costellato di piccoli brillanti.…

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