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venerdì 7 dicembre 2018

A RACCOGLIERE IL MUSCHIO NEL BOSCO


GA RACCOGLIERE IL MUSCHIO NEL BOSCO

"… Ma se te l'ho già detto, mamma…! Siiiiii...! Ho fatto tutti i compiti!
Cosa avevo? Le equivalenze di pagina 17: e le ho fatte! Il problema di geometria: e l'ho fatto! Ripassare gli affluenti di destra del Po: ripassati! Cominciare a studiare la Bulgaria: io l'ho studiata per davvero benino. Cosa vuoi, mamma, te la devo dire adesso?
Ma no, che non faccio l'arrogante… Allora? Posso andare a prendere muschio e qualche rametto d'agrifoglio per il presepe e per l'albero di Natale?
Ma sì, che torno presto, per l'ora di cena sarò a casa… Tranquilla ...!"
Che palle! Tutte le volte così! Ai suoi fratelli mica gliele faceva tutte quelle storie…
Infilò gli stivaletti. Il giaccone rosso felpato col cappuccio di pelo. Prese il cestino che aveva già preparato. Guardò l'orologio. Finalmente qualche ora di libertà!
La stradina di ghiaia era ormai libera dalla neve. Anche se era rimasta tutta dura e gelata. Dai rami degli alberi ogni tanto scendeva una falda di neve, spinta dal vento. Cornacchie ridacchiavano gracchiando. Il cielo era rimasto grigio ma ancora abbastanza luminoso.
Sul volto le arrivava un'ariettina gelata che faceva pizzicorìo ma era quasi una consolazione. Uffa!
Che palle, borbottò tra sé per non essere sentita e rimproverata di nuovo dalla mamma.
Ormai il bosco non aveva più quella penombra diffusa odorosa di foglie. Invece si sentiva intenso l'odore dei larici e della resina. Nella mano col guanto rosa reggeva il cesto. L'altra la teneva nella tasca al calduccio.
Ma che paura aveva mai la mamma? Mica lei era più una  bambina piccola, da perdersi… O da incontrare il lupo…! Ahahah… Chissà che bello invece se di lupi ce ne fossero stati ancora in giro. Lei non ne aveva paura. Li avrebbe guardati negli occhi. E avrebbe parlato loro…
«Ma buongiorno, signor lupo…! Qual buon vento la porta? Ho saputo che tanto vuoi lupi non mangiate più le bambine… Quelle storie ce le raccontano per farci paura alla sera quando non vogliamo deciderci a dormire. Come sta la sua famiglia? Ha un bel branco con cui andare a caccia di conigli selvatici e di lepri? O si deve accontentare di mangiucchiare qualcosa vicino ai depositi degli avanzi di cibo di noi umani?
Scusi se ora non mi fermo a giocare con lei. Magari al ritorno. Ora ho fretta. La mia mamma mi rompe continuamente, ho dovuto insistere a lungo per poter andare a prendere un po' di muschio, se lo trovo, e qualche rametto d'agrifoglio. Sa, è una consuetudine quella di preparare il presepe. Un finto paesino di casette piccole piccole. Con le lucine. I laghetti fatti con un pezzo di specchio rovesciato. Le stradine di ghiaia fatte con la farina. Poi in cima alla collina ci costruiamo una grotta. Ma per finta. Perché lì giochiamo a far finta che un uomo una donna, migranti da un altro paese, si sono dovuti fermare perché lei doveva mettere al mondo un bambino. In un posto lontano. Dove non c'è la neve e non fa freddo d'inverno. Ma noi qui, sempre per finta, certo signor lupo, dobbiamo dire che nella grotta ci sono un bue e un asinello che col loro fiato tiepido riscaldano i due palestinesi e il piccolo appena nato.
Il muschio ti serve perché in piccolo ricorda dei cespugli e dei prati con il suo verde.
L'agrifoglio lo mettiamo sopra la porta perché dicono che porta fortuna passarci sotto. Dicono che i grandi, un uomo una donna, se ci passano sotto e si danno un bacio, il loro amore sarà felice… Boh… A me piacerebbe tanto, se fosse vero, baciarmi lì sotto con il maestro di quinta. Ma mica posso raccontarlo alla mamma! Queste cose me le racconto da sola… E basta…
Le volevo fare una domanda signor lupo. Io non ci credo, ma lei pensa che sia un po' vero che nei boschi ci sono ancora gli elfi, i folletti, le fate? Nelle favole pare di sì. Magari, se a lei non dispiace, adesso che io cammino nel bosco magari, ma per finta certo stia tranquillo, gioco che ne incontro qualcuna… D'altra parte anche lei, bel lupacchione, mica l'ho incontrata per davvero… Allora facevamo finta che…»
Ora il bosco si era fatto più fitto di rami. Alcuni cespugli strisciavano contro il giaccone rosso. E a volte gli stivali di gomma scivolavano un po' nei punti in cui la neve era gelata e dura.
«Ma buongiorno, bella bambina! Che bel giubbottino rosso col cappuccio che hai! Scommetto che va in a cercare del muschio per il tuo presepe. O qualche ramo d'agrifoglio… Dato che so che mi hai pensato ho deciso di apparire a te e di farmi vedere… Se vuoi, visto che ormai sei grandicella, puoi continuare a far finta di non credere che noi esistiamo… Ma ti va di giocare con me?»
Dietro un cespuglio che conservava ancora a stento alcune foglie, era apparso il cappelluccio di un elfo. E quando aveva cominciato a parlare, altre presenze erano comparse qua e là…
Volando basso una piccola fata vestita di tulle rosa, si era unita al gruppo.
E tutti si erano messi a chiacchierare fitto fitto tra di loro…
«… Buongiorno, signor elfo… Buongiorno zia fata… Io sono già grandicella, e con tutti dico che non ci credo alla vostra esistenza… Ma mi diverto a farvi esistere… Mi piace giocare con le mie amiche e amici. Ma mi piace ancora di più giocare con i miei sogni e le mie fantasie. E quindi giocare con voi…
Zia fata, oggi è un venerdì, è un giorno buono per fare delle magie per te? Ti posso esprimere un desiderio?»
La fata sorrideva contenta e le fece un cenno di assenso.
«… Allora vado… Non è che per magia fai passare di qui, dentro al bosco, il maestro di quinta? Si, proprio lui, quello alto, coi capelli scuri ricci e folti, come la barba…
Venerdì è un giorno buono? Allora dai, te ne prego…»
La massa fosforescente rosata della minuscola fata fece altri suoi svolazzi tra i rami scuri…
Poi, il terreno ebbe delle vibrazioni… E si sentì arrivare un'ondata dell'odore del fumo della pipa. Che ricordava un pochino quello dell'incenso. E di lì a poco, col suo passo pesante, ondulato e ondeggiante, comparve la massa grande del maestro di quinta. Imbacuccato nel suo giaccone!
«… Buonasera maestro…! Io sto andando a raccogliere un pochino di muschio, ma poco, sa, mi serve per il presepe… E anche un rametto d'agrifoglio per decorare la casa.
A Natale da me facciamo sempre così… Che buon odore la sua pipa…»
Una mano calda, grande e immensa, uscì fuori dalle tasche del giaccone. E le carezzò la guancia. Scostandole il cappuccio rosso.
Gli occhi di lui guardarono verso l'alto. Un ramo d'agrifoglio si sfiorava con un altro ramo di vischio sopra di loro. Lui sembrava quasi indicarglieli. Con uno sguardo le chiese se voleva che lui gliene raccogliesse qualche rametto…
La ragazza rimase un istante soprappensiero… Poi, si sollevò sulle punte dei piedi degli stivaletti di gomma, buttò le braccia intorno alle spalle e al collo del suo maestro prediletto… E lo baciò con labbra umide sulla guancia. Per isbaglio però il suo bacio dalla barba scivolò verso i baffi. E imbarazzata si accorse che l'aveva baciato come fanno i grandi. Sulle labbra.
Lui tenne la mano immensa a scaldarle la guancia gelata. Poi con entrambe le mani calde avvicinò il suo musetto. Rimase a guardarla negli occhi immensi come cielo o come mare… Sfiorò con le dita le labbra acerbe di lei. E rimase in dubbio. Attratto e perplesso.
Quella era la bambina che voleva diventare grande e che gli lanciava sempre nei corridoi della scuola delle occhiate dolcissime. Dicevano che a fine anno facesse di tutto per avere brutti voti perché voleva restare bocciata per capitare in classe con lui.
Il cesto per il muschio era rimasto sul terreno tra il nevischio.
La piccola vedeva finalmente realizzarsi il suo sogno. Bastava ancora un piccolo sforzo. Cercò di aggrapparsi ancora di più al collo dell'omone. Di sollevarsi ancora di più sulla punta dei piedini. A rischio di prendersi una storta alle caviglie.
Gli schioccò un bacio morbido sulle labbra. Poi, come le avevano raccontato le compagne di scuola più grandi, introdusse la sua piccola lingua umettata di saliva nella bocca macchia di lui, dall'intenso gusto di fumo di pipa!
Il tempo rimase sospeso qualche istante. Poi, anche quell'istante, si gonfiò a dilatarsi, fino a diventare infinito…
Quando lei discese dal suo bacio da signorinetta per il suo cavaliere sotto il vischio, abbassò lo sguardo quasi arrossendo…
«… Piccola, lo sai che tu sei una cosa bellissima?…"
Le fate, gli elfi, le cornacchie, e il lupo erano rimasti gli unici solitari spettatori.
Lei riempì il cestello con qualche ciuffetto di muschio. Immaginava che poi, quando fosse diventata grande, gli stravolgimenti ambientali del pianeta avrebbero proibito di raccoglierne ancora…
Immaginava, sentiva, sapeva, che quando fosse diventata grande davvero avrebbe incontrato di nuovo quell'uomo per farne il suo maestro, il suo amante, il suo principe cavaliere misterioso…
Lei magari allora sarebbe stata una donna sposata, con famiglia, casa, figli, lavoro…
Ma era certa che lo avrebbe rincontrato.
E che gli avrebbe detto: «Sì, l'ho sempre saputo, l'ho sempre desiderato, tu eri e sei davvero l'unico uomo della mia vita… Magari mi scriverai poesie… Magari mi dirai che mi hai sempre aspettato per tutta la vita….
I giorni più belli saranno quelli che io trascorrerò con te al di fuori della mia routine famigliare… Ti aprirò tutta la mia anima, la mia mente, il mio corpo… Già questo è il mio pensiero più bello e prelibato da quando ti vedevo ed ero ancora ragazzetta… Amami ti prego… Io lo sto già facendo…»
Le ombre della sera invernale stavano arrivando piano piano. Si immaginò il tono di rimprovero della mamma…
E con il suo cestello ben colmo, riprese la strada del ritorno…
Quella sera, mentre aiutava a spreparare la tavola e i fratelli giocavano a carte, ripensava all'avventura magica del bosco.
Disse poi che non voleva vedere il carosello. Che aveva sonno…
E nella sua cameretta, spenta anche la lucina del comodino, si raccontò di nuovo il suo sogno d'amore aggiungendo particolari intensi, intimi, sensuali… Ma tanto non li avrebbe raccontati a nessuno… Neanche al prete nel confessionale…
Erano sogni. Ma lei sapeva che i sogni sono una dimensione stupenda rispetto alla realtà.
Lei sapeva che il sogno stava maturando e le sarebbe arrivato addosso come una valanga piacevole fra un po' d'anni.
Si addormentò molto tardi. Tutta umida negli occhi, nella mente, e nel corpo…

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