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martedì 18 dicembre 2018

BONNES CHANCE, ADJA…

BONNES CHANCE, ADJA….
Per andare al CUP, centro unico prenotazioni, devo passare di nuovo vicino alle cucine… Già ieri ero rimasto folgorato da quell'odore antico povero e semplice di minestra di riso e patate. Ci avevo anche scritto dei versi. Non c'è troppa gente ad attendere. Meglio. Prelevo il talloncino numerato. 634. Poi lo ripongo in tasca, e al momento opportuno non riuscirò più a trovarlo. C'è un posto a sedere. A fianco di una bella donna giovane massiccia dalla pelle scura. Le chiedo se posso sedermi. Mi risponde con un sorriso. Dalla cartella di cuoio estraggo la cartellina con tutte le carte sanitarie che mi sono portato apposta. Sto cercando di metterle in ordine. La signora dagli occhi africani mi ha chiesto qualcosa. Guarda lo schermo del tabellone dove compaiono i numeri dell'ordine di chiamata. «Sì, capisco, hanno appena chiamato il 612. Vedo che anche lei fa fatica a vedere. Io fra sei mesi dovrò fare un intervento di cataratta.» Mi risponde qualcosa che non capisco. Poi porta la mano al seno. E mi guarda con i suoi occhi buoni. «Non riesco a vedere molto bene. Ho la mente e gli occhi tutti confusi. Sto facendo la terapia…» Capisco di aver commesso una gaffe madornale. Al volo un pensiero fulmineo. Ha fatto un intervento al seno. E ora sta seguendo la chemioterapia. «Mi scusi. Non avevo capito subito. Le dico io i numeri man mano che escono. Voi donne purtroppo al seno e anche là siete molto sfortunate… Posso fare una domanda imbarazzante? Senegal?» Il sorriso buono mi conferma. E mi chiede: «Lei conosce il mio paese?» Le confesso che spesso faccio questa domanda agli ospiti che vengono da lontano. Tempo fa molte volte ci avevo azzeccato per intuito o per quei pochi elementi somatici. Diverse volte avevo individuato dei peruviani. Un'altra volta mi avevano detto correggendomi il nome di qualche altro stato. San Salvador. Ecuador. Non ricordo bene. «Da qualche giorno quando chiedo a persone chiaramente africane, ci azzecco sempre. Senegal!
Mi scusi. Non so nulla del suo paese. Anche se ho diversi conoscenti e amici che vengono di là. Quando ero giovane avevo conosciuto una ragazza bellissima. Senegalese per parte di madre… Ma poi l'ho persa di vista… Ormai avrà anche lei quasi la mia età… Ahahah!» Non aggiungo che con quella ragazza aveva avuto una relazione. E che da un sacco di tempo non ci avevo neanche più pensato. Mi sarebbe sembrato un atteggiamento machista o colonialista il dirlo. Poi mi accorgo che dopo ogni squillo i numeri sul tabellone sono andati avanti. Siamo arrivati a 616. La mia vicina ha il 619. Glielo voglio dire in francese. Sorride contenta e mi risponde nella stessa lingua. Mi ha detto il suo nome. Adja. O qualcosa del genere. Le porgo la mano e le dico il mio. Nanni. Poi precisò meglio: Giovanni diventato Nanni. Le chiedo se essendo musulmana le va di pregare il suo Dio oltre che per la sua salute anche per la mia e per quella delle persone che amo. Mi scuso dicendo che io non credo in nessun dio. Ma apprezzo i credenti. Poi dopo poco si alza. Nel frattempo mi sono accorto che il mio numerino devo averlo perso. Frugo nella borsa. Nelle tasche. Niente. La signora Adja, ha già fatto. Prima di uscire è venuta a salutarmi. Mi alzo. Le stringo ancora la mano che lei mi porge. Le dico che sono curioso di chi non conosco e del mondo da cui proviene. Che trovo diverso e perciò interessante e affascinante. Che essere diversi è una fortuna. Un dono. E aggiungo: la diversità è ricchezza. Il suo sguardo grato. Poi aggiunge che spera che il suo Dio aiuti le persone buone e con anima pulita. e che aiuti me e le persone che mi sono care e che amo"
" BONNES CHANCE, ADJA…."" Poi mi correggo, “Bonnes chance, madame Adja…"" La vedo andar via. Penso a quando avrà terminato la chemioterapia. A quando effettuerà i nuovi controlli periodici. Alla paura e al panico che ogni volta che si avvicinerà quella data, le galopperà nel cuore e nell'anima. L'ho già sentito molto da vicino tutto questo. Lo immagino. Lo intuisco. Poi ricomincio a cercare il mio talloncino del numero. Non trovandolo subito ne vado a prendere un altro. 648. Nella numerazione successiva c'è una lunga pausa. Il 626 deve essere andato via. Perciò presumo possa trattarsi del mio che ho smarrito. Quando mi allontano dallo sportello rimetto le mani in tasca. E trovo due talloncini: 634 e 648. Avevo avuto fortuna a inserirmi quando nessuno aveva risposto alla chiamata numerica. Ritorno fuori. Ho la mente occupata. Quell'odore di minestra di riso densa che mi riportava alla fame dell'infanzia, non lo sento più. Eppure sto passando di nuovo accanto alle cucine. Un odore grato e diverso non mi colpisce le nari, ma tutta la mente. Credo si tratti di odore di umanità.

Nanni Omodeo Zorini
foto dal Web

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