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lunedì 17 febbraio 2020

PRESA DI COSCIENZA?
Temporanea.
Egli si pose nella posizione più comoda. Assunse lo sguardo ispirato. E dopo avere riflettuto come si conveniva, cominciò a parlare…
«… Come sempre ti dissi, tutto si pone come essenziale nel "CAMBIAMENTO ".
Apparentemente ciascuno si comporta come se la realtà ed esso stesso fossero stabili e immutabili.
E ci sta in questo la profonda pigrizia. La consuetudine ad accettare lo status quo, la condizione abituale. Senza mai provare a riguardarla dal di fuori. Tenendo soltanto nel retropensiero la convinzione, la quasi certezza, che siamo immersi nel liquame fino al collo.
Addèstrati invece, con buon allenamento, a provare a guardare a te stessa e alla tua condizione dal di fuori. So e sai anche tu che è possibile e molto più naturale di quanto possiamo temere.…»
L'alunna/discepola, si mostrava con il suo atteggiamento abituale di un'intera vita: remissiva, devota, convinta. Ma intanto viaggiava su un terreno parallelo di consapevolezza interiore.
«… Nessuno è mai identico a se stesso. Ma sempre in continua trasformazione. Quel che ci pare di noi stessi di qualche istante prima, è già mutato. Si tratta di pilotare, favorire, condurre questo processo di presa di coscienza. Con sguardo esterno davvero realistico concreto e distaccato.
Tu mi dici da sempre quale sia stata finora la tua condizione. Ma ti ci crogioli. Te ne compiaci per pigrizia. E sai benissimo che insieme a quella tua maschera quotidiana coabitano in te le altre maschere… Stenti a voler ammettere la tua profonda insoddisfazione. Anche se la conosci bene. Di quando hai fatto questo e quest'altro e me l'hai raccontato a mezza voce, con un sorriso morboso e profondamente compiaciuto.
Tu quindi non sei solo quello che vuoi mostrare di essere; ma sei anche tutte le altre che sei stata e che vuoi essere... Sai, e non te lo nascondi mentalmente, che sei stata, che vuoi essere, che aneli a una te stessa diversa che hai dentro repressa e frenata.
Agisci. Muta abito e maschera. E assumi quelli più autentici...»
Lampi di comprensione nello sguardo dell'alunna.
«Ma vedi, maestro, io trovo davvero più comodo continuare a far finta di essere quella là. Perché mi piace essere vista così dal di fuori; perché mi tranquillizza far finta di esserlo.
Dici che dunque dovrei smettere di covare nel segreto le fantasie morbose…?
Di curiosare profili umani e somatici che mi piacciono, che mi affascinano e mi turbano…?
Dovrei dunque assumere il desiderio coscientizzato, e portarlo alla luce del sole?
Ma il caldo tiepido e confortante brodo cui sono abituata?
Fare una scelta univoca e il più possibile stabile e duratura. Invece di cercare stereotipi cliché, riconoscere e accettare di averli ormai trovati, e votarmi scegliendo non le controfigure, ma il modello archetipo unico e autentico?
E la sera? Quando mi appresto a entrare nel mondo turbato e morboso dei sogni, smettere di inseguire feticci vuoti? E regalarmi piacere pensando a quell'unico lui?
Ho sempre accettato, subìto, gradito, ricevere tutto tappandomi il naso. Diventare finalmente adulta e tenere solo come un ricordo la bambina oggetto che sono stata?…»
Il maestro guru, si mise ancora più comodo, e decise di abbandonare un istante l'atteggiamento ieratico, caricando e accendendo la pipa. E dandone intense sbuffate di fumo.
Porse a lei il kalumet acceso.
Dopo avere tossito.
Lei allungò una mano da sotto il playd dove stava accucciata, mostrando tutta la sua pelle bianca.
«… E allora che me ne faccio dello squallido mostriciattolo al quale sono stata finora appiccicata, per comodità, pigrizia, per poterlo punire vendicandomi di essere da lui trascurata, disprezzata, disistimata…?
Fuggendo a cercare soddisfazione nei sogni e nella trasgressione come ho fatto con te finora e non solo ?
Ti confesso che trovo comodo spiegare a me stessa che non si tratta di una mia mancata strutturazione autentica, ma che è tutta colpa sua…
Per questo me lo tengo come alibi e giustificazione…»
Il maestro, depose la pipa nel portacenere di rame.
E si mise a frugare sotto il playd.
Che presto scivolò via…
«… Senti, perché non andiamo di là in camera adesso…?»
Disse lei con occhio lascivo a quel punto.
I fumi d'incenso e di sandalo continuavano a permeare l'aria.
Le candele a lanciare i loro guizzi rossastri arancioni.
Il mostriciattolo rimase rintanato nei suoi recessi bui.
A consolarsi con le sue bottiglie.
E per un lungo istante, che parve divenire eterno, il maestro e la sua alunna un po' adulta, ripresero il cammino abituale.
Con pause estatiche e gioiose.
Fin quando lei mostrò di volere di nuovo riprendere e riassumere la guida e la conduzione del suo corpo della sua vita.
E si affrettò a fuggire di nuovo.

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