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mercoledì 16 dicembre 2020

MUOVERSI CAMMINANDO A TENTONI, IN APNEA…

 MUOVERSI CAMMINANDO A TENTONI, IN APNEA…

Inciampando nel bosco
Anni fa ci hanno regalato questo giochino malevolo. Col pretesto di guardarci in giro qualche amica cara ci ha suggerito di provare a guardare qui in questa finestra piattaforma. Qualcuno di noi ci è rimasto un po’ invischiato. Trovando, scoprendo nomi, volti, immagini che incuriosivano.
“Ma guarda… Il/la tal dei tali… Chissà dov’è cosa fa e come vive… Ma sarà davvero la stessa persona? Proviamo a guardare un po’…?”
E forse è cominciato così un percorso e un viaggio perverso.
La finestra si apriva su un palcoscenico che forse mostrava una realtà probabile. Ma con informazioni ingannevoli. Omonimie. Volti simili nelle foto. Qualcuno che rimandava qualcun altro. E sono cominciati i passi e le azioni virtuali in un mondo fasullo, e più che virtuale, vizioso.
Abbiamo ricevuto messaggi di richiesta di contatto (impropriamente e in modo ingannevole definite amicizia). Titubanti, dubbiosi, incerti incespicando ci siamo avventurati in quella palude. Il bosco raccontato e raffigurato simulava un bosco reale. I sentieri, le strade, i percorsi ci invitavano a muovere passi incerti. Qualche volta ci siamo azzardati. Qualche volta abbiamo creduto alla nuova dimensione che in effetti non esisteva. Il gioco dell’inganno. Del “facevamo finta che perché sembra quasi vero”.
C’era chi recitava la parte di volerci vedere, rivedere, incontrare.
Poi guardando meglio, aprendo bene gli occhi, abbiamo forse scoperto che si trattava di un inganno. Specchietti per le allodole. Immagini e nomi fittizi di donne inesistenti, attraenti e seducenti, provavano a sedurci. Alla fin fine, talvolta, volevano scroccarci soldi; venderci contatti e immagini Web fasulle… E a volte pareva anche possibile probabile…
Il gioco finiva per essere vischioso: venivano accettate nostre proposte di contatto amicizia che non avevamo mai mandato. Da anonimi sconosciuti e sconosciute. Poi, ma solo più tardi, finivamo per accorgerci che la regola di base sottesa era quella di allargare i contatti. A formare una rete immensa. E in quella rete rischiavamo di abboccare perché venivamo pasturati con bocconcini attraenti ma tossici. Ci avevano promesso un servizio di contatto giocoso, brioso, fine a se stesso… A costo zero. Ma il costo cominciavamo a pagarlo: ci arrivavano sui telefonini, sui tablet, sui pc, continui suggerimenti, proposte di acquisti, di nuovi contatti…
Qualcuno di noi aveva anche guardato a questo luogo/non luogo come a una possibile, disponibile bacheca virtuale. Dove caricare testi. Immagini. Versi…
Turlupinati?
E fuori da questa palude edulcorata e attraente: un immenso webbone pullulante di notizie, mescolate tra loro con altre fasulle, da non riuscire a districarci. Credemmo, con onesta ingenuità, di poter muovere passi senza inciampare e senza tromp-d’oeil. La vita reale restava altrove. Dentro e fuori tra il “C’È E NON C’È”… Seguivamo i passi nostri e quelli altrui, in percorsi reali e ipotetici. La regia perseguiva suoi scopi alieni e a noi estranei. Solo un po’ alla volta, solo alla fine, tolte le fette di salame dagli occhi, riuscivamo a intravedere lo scopo della macchina infernale fatta di impulsi elettromagnetici, di frequenze variate, di “CI SONO NON CI SONO/TI VEDO E NON TI VEDO…”
Amicizie/contatti mostravano la corda. Talvolta dietro c’erano entità e persone reali. Talaltra piccoli fantasmi attraenti e accattivanti.
I percorsi descritti, simulavano movimenti reali, e ingannevoli.
Con passo incerto, traballante e claudicante, proseguimmo, talvolta, nella selva ombrosa ingannevole.
MUOVERSI CAMMINANDO A TENTONI, IN APNEA.
Un grande fratello cercava di tirare le fila nel “FACCIA-LIBRO”. Per portarci dove voleva.
Regalandoci illusioni, parvenze, gadget e doni non richiesti e non voluti.
Una schiera immensa di zombie simulando presenze umanoidi ci faceva l’occhiolino. A noi che ingenui cercavamo di guardarci un po’ intorno.
Poi, cercando ravvedimento, smettendo l’apnea, provavamo e provammo a dirigere lo sguardo sul mondo reale.
In quello, per davvero, cadaveri fumanti di qualche milione di vittime ignare del virus maledetto.
Tabelle statistiche ci raccontavano, allucinate e spaventose, l’andamento mostruoso della marea montante del gioco al massacro.
Immagini e foto di bare allineate. Di cimiteri stracolmi e ridondanti.
Altre immagini e foto raccontavano genocidi sterminati.
Danze macabre di chi negava la realtà.
Festose ammucchiate ciucciavano birra e sangria gozzovigliando hamburger e nutella.
Qualcuno, sognante e come in trans, aveva cercato degli occhi fosforeggianti che aveva forse davvero visto in un tempo remoto di 1000 anni prima.
Con quegli occhi a metà tra il reale e l’onirico, ci aveva poi anche fatto l’amore.
Quel virus senza anima ghignava complice di altri malanni diffusi, invasivi, tossici, regalati come pillole di salute e farmaci maledetti.
Si poteva ancora forse provare a ritirare nel fodero del proprio cristallino il proprio guardare di sguardi… Il proprio cercare… Seguire… O era troppo tardi?
Profetici narrari di pesti e di immagini macabre su chiese a Pinzolo… e in altri altrovi…
La danza della morte.
La danza della vita saltabeccante.
La danza del sogno.
La danza amorosa danzata in un passato recente nebuloso.
“SONO IO LA MORTE, E PORTO CORONA…
SON DI TUTTI VOI SIGNORA E PADRONA…
POSA LA FALCE E DANZA TONDO A TONDO
IL GIRO DI UNA DANZA E POI UN ALTRO ANCORA…”
A fatica avevamo più volte provato a girare lo sguardo. Cercando quell’altrove dove, anziché gli scheletri macabri, muovevano il ballo i nudi festosi ed euforici…
Perché quella danza gioiosa e orgastica, da qualche parte nel tempo spazio c’era pur stata…
O ci eravamo ingannati?
Seguimmo gli impulsi megahertz delle onde elettromagnetiche nell’ombra scura tra le foglie.
Perché cercavamo la luce.
Finché possibile…
Nanni Omodeo Zorini Qfwfq

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