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giovedì 8 aprile 2021

E C O 15

 ECO 15

Chiacchierava come al solito fra sé e sé. Fra sé e con il proprio alter ego. Lei, Eco, dolce e gentile lo ascoltava volentieri.
“Forse questo aspetto non te l’avevo mai descritto e raccontato.
Più di quarant’anni fa, prima di mettermi a fare quel lavoro da dirigente scolastico, aveva insegnato. E per un certo periodo l’avevo fatto coi bambini più piccini, quelli tra i 6:10 anni. Ne parlavo proprio di recente con la persona più cara che ho che sta conducendo un’esperienza nella scuola elementare che ora viene chiamata primaria. Pochi, rari, educatori insegnanti instaurano un rapporto autentico. Forse perché soli sono abituati ad avere solo rapporti e relazioni autentiche senza infingimenti solo di facciata.
Stamane, tornando da un centro medico dov’ero stato per delle analisi, sono passato dal mercato velocemente, a salutare un caro amico. Vende uova pollame e altri alimentari simili. Quando vado a salutarlo continua ad insistere che non devo andare da lui per acquistare, ma per chiacchierare… Bello questo!
Mi ha raccontato che ieri ha chiacchierato e si è intrattenuto a lungo con un mio ex alunno di quei tempi. E gli tremava la voce, sorrideva contento dicendomi che l’alunno di un tempo ormai cinquantenne gli aveva confidato che il rapporto educativo che aveva avuto con il maestro Nanni era una cosa assolutamente indimenticabile, neanche adesso.
Questi episodi forse non compaiono nei testi che tu cara leggi o eletto nei miei blog.
Ho confidato all’amico G. che a quel tempo, e come sempre avvenuto nelle mie esperienze educative vere, ero “innamorato” dei miei alunni delle mie alunne. E ovviamente loro lo erano di me. Gli raccontai addirittura che essendo molto difficile organizzare uscite a lunga distanza, avevo caricato tutti gli alunni della mia piccola classettina sulla mia 500 Innocenti. Ed eravamo andati a visitare le rive e boschetti dell’Agogna, e i vari cascinali dove alcuni di loro abitavano all’estrema periferia del paese di campagna. Grave infrazione e molto rischiosa dal punto di vista giuridico. Stupenda nell’esperienza che abbiamo vissuto e negli sguardi delle bambine e dei bambini. L’alunno S. era uno di quelli che abitavano in un cascinale. E illustrò ai compagni e al suo maestro Nanni tutte le macchine agricole che lui, abusivo come me mentre li portavo con la mia piccolissima cilindrata, utilizzava abitualmente.
Avevamo guardato, osservato, analizzato e raccolto campioni di tutto quello che trovavamo. Foglie, steli d’erba, insetti… Al ritorno in classe era stato un fervore di attività. Relazioni verbali a voce, tabelloni e cartelloni illustrativi, fotografie, frammenti di registrazioni sonore delle nostre voci e del fruscio e dello scorrere dell’acqua del corrente Agogna. Niente di speciale, se non una normale prassi di scuola attiva.
Ma era il modo, il rapporto che avevamo tra di noi. Avevo imparato intuitivamente ed empiricamente che quando gli alunni erano turbolenti , vivaci e facevano chiasso, il modo migliore per ottenere un clima silenzioso per poter continuare a parlare reciprocamente, non era assolutamente quello che usava la maestra fascista dell’aula accanto. Quella che indossava sempre la gonna scura e la camicia bianca come le maestre del littorio. Sistema banale il mio: mi mettevo a parlare a tono di voce molto basso intenzionalmente. Un po’ alla volta gli alunni si accorgevano ed erano loro stessi che si toccavano nel gomito tacitando gli altri, e tutti gli occhi e le orecchie erano rivolti verso di me.
Oltre a fare ricerca insieme e in comune, era il clima, e il tipo di sguardi che usavamo tra di noi, maestro/alunni, a instaurare una relazione positiva. Le rare volte che mi capitò di eccedere, per il tono di voce, il nervosismo, la fretta, avevo atteso di essere ascoltato e mi ero scusato del mio comportamento. Usavo come modello quello dell’apprendimento insieme nella socializzazione, e quello dell’esempio. Non era raro che a volte fosse proprio qualche alunna o alunno a chiedere alla classe silenzio: per scusarsi di qualche comportamento che aveva usato nei confronti di qualcun altro o di tutto il resto della classe.
Pur essendo, in quanto adulto e maestro ufficialmente il detentore della cosiddetta cultura e istruzione, cercavo e quasi sempre riuscivo a fare in modo che le domande, i perché, stimolasse alla ricerca, e le risposte possibilmente costruiti insieme. E quindi più socializzabili. Talvolta, addirittura mordendomi le labbra, avevo momentaneamente e provvisoriamente accettato risposte che sapevo inesatte. Proprio in quanto costruite insieme a tutto il gruppo classe. E provvedevo poi, con un nuovo percorso di problematizzazione, a instillare il dubbio, per provare a raggiungere una nuova conquista. Un compagno di classe dell’alunno S., che era anche suo compagno di banco, C., dolce, gentile e a volte un po’ imbarazzato, aveva confidato a me e ai compagni che lui andava a consultare per proprio conto libri, manuali enciclopedici, e trasmissioni televisive. E sapeva raccontarci in modo critico e cosciente che alcune notizie televisive le considerava fasulle e le scartava, mettendole a confronto con altre.
Altre volte, per altre vie o canali, ex alunne ed ex alunni mi avevano espresso un parere analogo nei confronti di quello che io ero allora: il maestro Nanni.
E con questi ricordi e considerazioni non voglio auto incensarmi. Avevo molti difetti e commettevo molti errori. Ma ritengo che sempre, allora come oggi e come domani, la metodologia più opportuna per far circolare e sviluppare apprendimenti, sia quella di una situazione di socialità, di autenticità, di continua posta in dubbio di qualsiasi affermazione o credenza: ricerca e problematizzazione continua.
In campo pedagogico ed educativo, vista è considerata la genuinità dell’uditorio della scolaresca elementare, il metodo è corretto e molto funzionale.
Molti elementi forse sono intervenuti da 40/50 anni a questa parte. I media, i social media, e la messaggistica Web imperante, hanno prodotto un inquinamento e un deterioramento della situazione. Avendolo già prodotto, in modo forse addirittura irreversibile, nella popolazione adulta.
Mi viene nostalgia, a raccontarti queste cose, che racconto ricordandole anche a me stesso…
Tu, Eco cara, amica virtuale e femminile del mio tempo senile, hai certo un’altra modalità di apprendimento, di conoscenza… E anche la relazione, prevalentemente solipsistica, tra te, il mondo che osservi, e il tuo amico Nanni, sono diverse e anomale.
Ma mi ha divertito raccontare a me raccontandolo anche a te questo mio passato di quando facevo il maestro elementare. E bambine e bambini facevano a gara quando andavamo fuori a osservare, per avere il privilegio di darmi la mano. Credendo poi alla fine di avere avuto un favore… Il favore l’hanno fatto a me… Tengo quelle piccole mani tra le mie grandi che cominciano ad essere rugose. Le tengo nel mio cuore e nella mia mente…”
Con la sua personalità virtuale, l’ologramma concreto e fisico della ninfa delle acque dei monti, aveva ascoltato. Il suo sguardo, quasi fosse possibile, era diventato lucido di piacere quasi commosso.
Non aveva profferito parola.
Era rimasta seduta sul bordo della poltrona.
E a lui sembrava sempre di più un essere reale.
Lui comunque sapeva accontentarsi. Di quello che il tempo, l’età e la sua deliberata scelta di solitarietà, gli regalavano ancora. Da quando le donne reali e concrete che aveva amato, e da cui si era sentito riamato, avevano cominciato a scivolare via dal suo presente. E stavano diventando sempre più simili a immagini diafane nella nebbia del ricordo.
Nanni Omodeo Zorini
Ti ricordi i pomeriggi passati all,'MCE per preparare insieme le lezioni confrontandoci su qualsiasi argomento Eravamo giovani ricchi di una voglia di scuola nuova E da quello che hai scritto l'abbiamo fatto per molti anni con grandi soddisfazioni Purtroppo adesso la scuola è tornata indietro tanto ma tanto così come il mondo in cui viviamo dove regna l'individualismo il consumismo sfrenato il mito dell'immagine e la vera cultura e relegata in un angolino Dove sono i Nanni la Irma il Franco L'Andrea di oggi?
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  • Irma Capasso
     Dove sono? Be il Nanni lo sai, gironzola in moto, scrive versi e racconti improbabili, e dentro nell’anima vivo ha il ricordo delle magnifiche amiche compagne dell’MCE. Probabilmente io te e tutti noi di un tempo abbiamo seminato qualcosa. Me lo scrivono persone adulte donne uomini che pensano al vecchio dinosauro che ora sono diventato, e dentro di loro lo chiamano ancora maestro Nanni… Noi almeno e tutti i nostri alunni che abbiamo trovato e che abbiamo seguito siamo diversi da come saremmo potuti essere… Irma e Andrea le vedo molto raramente ma quando capita ci brillano gli occhi… Gli altri purtroppo li ho persi di vista fisicamente ma continuano a pullulare nel mio pensiero. Tutto il mondo è degenerato nel frattempo e oltre alla pandemia virale c’è stata una regressione squallida e mostruosa. Allora eravamo un gruppo di persone giovani entusiaste. Ora siamo ognuno per conto suo, in luoghi lontani e separati, però un ricordo amoroso affettuoso e tenerissimo ci fa avvicinare… Anche se solo episodicamente; come stai facendo tu ora con me!
    Dobbiamo ricorrere a questa piattaforma meschinella che continua a pubblicizzare il montascale e i nuovi collanti per le dentiere… Ma usiamo questo spazio come fosse una piazza, un’autostrada virtuale, benché pochissimo virtuosa, grazie di averti riincontrata! Un abbraccio e un bacione immenso Irma carissima!
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