scegli argomenti:

lunedì 5 aprile 2021

ECO 14

 ECO 14

Dopo una notte travagliata, il nostro, si era di nuovo affacciato alla soglia dell’immenso salone salotto.
“Normale curiosità: per quanto io lo sappia avendone letto, raccontami in modo semplice e facile tutta questa dimensione che a me è ignota. Il tuo dormire, il sogno, l’attività cerebrale…”
aveva profferito Eco.
Lasciato colare il miele limpido nella tazzina, lui sorbì come di consueto il nero schiumoso caffè.
Parlava riflettendo. Parlava a se stesso e al proprio alterego.
“Meglio lo farebbe la giovane neuro studiosa, che sai legata a me profondamente d’affetto e stima… Ma ricordando i modi che usavo da maestro elementare ci provo.
Dietro lo sguardo, nello scrigno cranico, un numero infinito di neuroni. Collegati da sinapsi. Attività, movimenti, connessioni chimico elettriche: di lì le funzioni cerebrali del pensiero e della coscienza.
Più di un secolo fa un medico viennese si appassionò al problema studiando casi di patologie e di devianze, costruì e inventò, con fantasia mista a buon senso del suo tempo, tutto una sua teoria. Durante il sonno, sosteneva, appaiono i film virtuali chiamati sogno. Lui provò e ne scrisse una sua gradevole “interpretazione dei sogni “. Riflessioni, studi, molto più approfonditi e recenti la confutarono: pensieri, visioni, immagini e quant’altro della vita cosciente durante la veglia, rimangono. Il sonno, fase e momento essenziale per ricaricare l’apparato cerebrale, associano questi materiali, li mescolano, e fanno spesso apparire narrazioni oniriche.
Mi sono appena alzato: la mia macchina corporea, disturbata dai miei problemi urologici, mi ha concesso visioni di sogni casualmente accostati provenienti dal mio precedente periodo di veglia. Solo a mo’ di esempio te ne racconto dei frammenti dei sogni che mi sono regalato.
Personaggi inesistenti hanno avuto da me l’incarico di attivare la mia auto d’epoca, appia coupé. E di condurre me e altri da qualche parte. Il veicolo era accanto ad un altro pure d’epoca. Lui sbagliò e solo successivamente accese la fuoriserie pininfarina. Sul bordo della carrozzeria del quale vidi dei bolli. (Da più di cinquant’anni quel veicolo non ce l’ho assolutamente più! Ma nei miei ricordi mnestici è ancora presente con altre auto che ho probabilmente fantasticamente acquistato. E che pure non esistono.)
In un altro frammento di sogno: mi trovavo in una casa, nella quale mi aggiravo. Era al piano terra ed era molto minuta; con vetrate, e diversi ingressi. Vidi entrare una donna che in effetti non ho mai conosciuto. Che si scusò imbarazzata per trovarmi ancora totalmente in desabillé. Scambiammo parole e pensieri che ovviamente non ricordo più.
I miei disturbi prostatici mi costrinsero a più riprese a riprendere sognate narrazioni. Non sto a spiegarti qui in modo altrettanto raffazzonato, riduttivo e semplicistico il funzionamento del corpo umano. Accontentati.
Durante il sonno l’apparato neuronale si ricarica. E regala filmati improbabili. Inventa racconti. Ripercorre, rivisita, reinventa episodi e personaggi. Quell’Artemisia cui forse hai visto dedicate moltissime composizioni poetiche, pseudonimo di una donna reale recentemente allontanatasi da me, spesso appare. Nella veglia, talvolta, scambio ancora comunicazioni verbali telefoniche o in video. Non vedendola di persona da troppo tempo, mi sono sorte congetture e fantasie negative che ho caricato in qualche narrazione pur non nominandola mai. Congetture che un tempo gli venivano regalate dal grande fratello spione Google. E che ora un altro software più sofisticato e preciso gli recavano quotidianamente su un piatto d’argento. La cosa l’ha molto disturbata, infastidita e indispettita. È stata la figura affettiva e amorosa dominante del mio tempo recente. Confidandomi altrettanto di me.
Mi rendo conto che le mie spiegazioni sono inadeguate, insufficienti per farti capire veramente la situazione della vita e del sogno del tuo alterego carnale. Accontentati se vuoi.
Mentre ti parlo, so che parlo a me stesso. Come pure quando tu mi rispondi, e sono sempre io che riparlo a me. Fa parte del gioco narrativo che mi sono assunto da qualche tempo a questa parte.
Saranno le persone buone, care e affezionate che mi leggono in questa piattaforma Web, che propone pettegolezzi, proposte commerciali e pubblicitarie, e talvolta qualche sprazzo di poesia e di racconto, a garantire o rifiutare le mie parole.
“Scrivere è stato sempre per me un atto d’amore”. Una pulsione irrefrenabile.
Ora il mio io racconta a un’altra parte di se stesso che sono sempre io, delle cose.
Tu hai cominciato ad esistere, come ho descritto, per tua decisione e scelta che io ti ho suggerito. E tu pure esisti come mio interlocutore immaginario. Narrazione, congetture, timori, fanno parte del repertorio non allucinato ma certamente parto della mia mente. Che ha provato a modo suo a mettere in relazione dati reali, informazioni, pensieri e supposizioni.
“L’io pone il non io nell’io”, affermava Johann Gottlieb Fichte.
E per stare al gioco, il mio io narrante inventa e pone dentro di sé ciò che ancora non esiste, il proprio non io, con la propria masturbazione mentale.
Saranno la bontà e la compiacenza affettuosa delle mie amate lettrici e dei miei lettori, a vagliare, giudicare, scegliere o accantonare scartando.
Mi sono risvegliato dal mio sonno e dai miei sogni. Me lo sono ri-raccontato riferendolo a te quanto sono riuscito. Accontentati dunque: ma solo se lo vuoi.”
Appollaiata nella propria figura femminile che aveva di recente assunto, seduta sullo schienale del divano di pelle rossa, Eco aveva ascoltato. O quanto meno era stata al gioco di simularlo. Compiacente. Stupita. Frastornata.
Il gioco narcisistico di parlare a se stessi si era trasferito nella pagina.
Le fantasie, i sogni, mescolati agli incubi avevano giocato a saltafossi. A mosca cieca. Nella loro danza immobile e virtuale.
Lui presto avrebbe caricato nella piattaforma quanto aveva scritto.
Poi, attendeva come sempre che Artemisia, o colei che si celava dietro quello pseudonimo, si affacciasse di nuovo alla sua realtà reale. Portando con sé le sue vicissitudini, magari anche il suo vissuto, il tutto correlato alla sua immagine e al suo femminino che lui aveva tanto amato e continuava ad amare e ad attendere.
Non osava ipotizzare o prevedere l’atteggiamento che avrebbe assunto. Lo lasciava alla libera scelta di lei. Alla sua evoluzione sanitaria, affettiva, sentimentale.
Con pudore, riserbo, ma senza fretta alcuna, rilesse lo scritto. Ripensò di sfuggita al proprio apparato urinario e dopo essersi fatto rileggere il testo dalla voce sintetica del netbook, riprese le proprie attività quotidiane.
Che il mondo reale e concreto potesse esistere era una sua supposizione, ipotesi mentale, probabilità non matematica. Qualcosa comunque esisteva.
E forse esisteva anche Artemisia. Molto vicina e insieme distante. Che mostrava di aver scelto da tempo di allontanarsi sempre di più da lui.
Era esistita. Probabilmente continuava ancora a desistere. Manifestando volontà e intenzione di considerare ormai concluso quell’idilliaco frammento di vita che aveva condiviso con lui. Scelta sua. In ciò lui aveva cercato schiettamente, molto onestamente e deliberatamente di aiutarla. Invitandola a uscire dal suo vissuto, se lo avesse intenzionalmente voluto, se ne avesse avuto motivo, se ne fosse stata convinta, regalandogli, pure sempre schiettamente, adeguate spiegazioni.
Nanni Omodeo Zorini
Condivisioni: 1
Mi piace
Commenta
Condividi

Nessun commento: