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martedì 19 ottobre 2021

ALTRI FRAMMENTI LONTANI

 ALTRI FRAMMENTI LONTANI

Svolazzavano per aria, coi piedi nudi di sotto, altri brevi pezzetti di vita, lontana, perduti nel vuoto. Certo a nessuno potevano interessare. Ma chi se ne frega…!
Avevano chiesto qualche decennio fa a un famoso regista americano: “Ma tutte le cose che lei racconta nei suoi film, le ha tutte vissute personalmente…?”
Un po’ infastidito, con aria di sufficienza e supponenza, se l’era sbrigata così: “Anche vicende e fatti ai quali non ho partecipato di presenza in prima persona, da qualche parte mi sono arrivati… Ascoltati, sentiti, magari rivissuti…”
Lo riportava in un suo volume monotematico MicroMega, decenni or sono.
Perciò, mi rimetto alla benevolenza affettuosa delle mie amate lettrici e lettori. E butto lì, con nonchalance, ripescandoli dal mare magnum del vissuto e anche dell’ascoltato, delle altre briciole di vita.
La nave continuava ad andare avanti.
Si era riacceso un’altra gouloise.
Con l’accendino che odorava di benzina avio. Lo si ricaricava con quelle fialette che vendevano in tabaccheria. E anche le boccate di fumo che arrivavano all’accensione portavano un pochino di quell’aroma. Deformandone il gusto.
Aveva la schiena appoggiata al bordo metallico lucido della ringhiera.
Teneva il gomito del braccio libero dalla sigaretta, pure appoggiato al metallo.
Non l’aveva fatto apposta. Ma di fronte a lui, su una panchetta dalla vernice scrostata, sotto alle ciambelle bianche e rosse dei salvagenti, sorretti da gomene di canapa, c’era un parlottare sommesso, sornione, a mezza voce.
Aveva ancora, allora, l’udito buono.
E mentre ostentava uno sguardo distratto a seguire i gabbiani gracidanti in alto, ne percepì ondate…
«… Ma cosa vuoi che ti dica… Le cose stanno proprio così… Che ci posso fare…? È stato proprio ieri. Avevo appena caricato l’auto. Avevo dovuto seguire le manovre meticolose e pignolesche per utilizzare al massimo lo spazio. Col rischio di sfregare la fiancata contro un’altra. E mi sono passati vicino. Cercando di non dare nell’occhio.
Tenevano l’occhio vigile per accorgersi se qualcuno li vedeva.
Lei, con gli occhiali da sole immensi. Lui con un berretto di paglia da spiaggia.
Eppure io ho notato… Con noncuranza, la mano di lei aveva sfiorato col dorso quella di lui. Poi gliel’aveva afferrata. L’aveva stretta. Subito ricambiata.
È stata questione di un attimo.
Prima, al ristorante, davanti al piatto di sarde fritte e pomodorini, levati gli occhiali da sole immensi, lei regalava sorrisi e mugolii soddisfatti di piacere e di gusto all’uomo che le stava di fronte al tavolo.
Li hai notati anche tu vero?
L’uomo, il commensale, ostentava grosse patacche d’oro al dito mignolo.
Era ovviamente il marito.
Molto più distante da loro, il contatto fisico la cui mano era stata afferrata e stretta, nella pancia rumorosa di metallo dell’hangar della nave, consumava sobriamente una omelette, con una birra scura. Distratto non guardava la donna che gli stava di fronte, con il suo tè e la sua brioche.…»
Andavano in vacanza. Anche loro. Anche altri gruppi di singoli o in coppia. Tutti e ciascuno per la propria meta e destinazione.
Destinazioni e approcci, talvolta, nascostamente coincidenti.
«… E allora…? Cosa vuoi dire? Chissà quanta gente lo fa. Vanno in Corsica, in Sardegna, all’Elba… E si portano dietro il compagno o la compagna abituale. E magari poi, lá…»
Il colloquio confidenziale, pettegolo e curioso, si era ora affievolito.
Poi era ripreso, sempre a mezza voce, sempre sornione, clandestino.
«… Ma, vedi, quei due io li conosco bene. Con lui non c’ho mai parlato, ma so che ha famiglia. E abita da un’altra parte. Lei, sì che la conosco di persona. Non credo mi abbia riconosciuta. È una persona rispettabilissima. Almeno pubblicamente e all’esterno. Tutta casa e famiglia. Non mi sarei mai aspettato quelle mani che si cercavano, lá sotto, nel pancione immenso del traghetto, mentre andava a raggiungere il suo abituale compagno di vita e a sistemare i bagagli nella cabina.
Noi, intendo dire io e te, non abbiamo nulla da nascondere. Chiunque se vuole può sapere chi siamo, cosa facciamo, dove andiamo.
Ma tra queste centinaia di persone distratte, solo alcune vanno davvero dove sembra.
Mentre, senza darlo a vedere, qualcun altro o qualcuna sa chi incontrerà, all’apparenza casualmente, nel villaggio turistico prenotato.
Non tutte le cose sono come sembrano…»
La sigaretta era arrivata ormai al mozzicone. Invece di buttarla giù nell’acqua, raggiunse un cestino metallico dell’immondizia, predisposto a bordo. Spense la cenere accesa e rossa sul bordo metallico. Poi la lasciò cadere dentro.
Lui sapeva dove stava andando. Cosa avrebbe fatto. E sapeva se avrebbe o no incontrato qualcuna e dove.
La massa brulicante sul ponte sotto il sole e il cielo blu intenso, formicaio vacanziero, momentaneamente sospesa in quello spostamento e trasbordo sul grosso colosso metallico rugginoso, aveva progettato bene tutto. Costi. Orari. Ticket e biglietti. Prenotazioni navali e nei residence.
E in quei trasbordo di da una terra all’altra solcando il mare immenso con le sue spume, ripassavano mentalmente il proprio programma.
Domani faccio questo. Poi magari il pomeriggio faccio quest’altro. Mi metto la crema solare. Posso finalmente indossare il costume che mi piace tanto. E che mi è costato un’inezia perché eri in svendita. Poi questo, poi quest’altro, e quest’altro ancora.
Per due settimane penso solo alla vacanza.
Serpeggiavano svolazzando per aria, coi piedi nudi di sotto, frammenti di vita, lontana, perduti nel vuoto.
Assolutamente estranei gli uni agli altri, e anche a chi ne riusciva a cogliere al volo qualcuno.
Certo a nessuno potevano interessare.
Forse, lui solo, quello che fumava le gouloise, aveva un progetto definito, lineare, semplice, o anche meno semplice. Però ce l’aveva in mente. E seguiva quello, solo quello. Nella massa brulicante, molti altri come lui seguivano il proprio programma.
Ma c’era qualcuno che aveva già mentalmente progettato, scandito in particolari e tappe, un programma parallelo con le proprie varianti.
Lui non era andato al ristorante a curiosare in giro. Non amava particolarmente la cucina offerta a bordo.
Seguiva i propri pensieri. Ascoltava involontariamente sequenze di dialogo sommesso.
Andava per la propria strada. Sul proprio mare. Sentiva, fiutava, odorava con stupore, curiosa meraviglia, distratta superficiale attenzione, le onde mentali, sonore che gli ballonzolavano intorno.
Fissò gli occhi nelle onde a cavalloni, vicine e anche in quelle lontane. E oltre a quelle vedeva, movimenti, volti, sorrisi che aveva portato dentro di sé a cavalcare il mare.
E sopra tutti gli altri, quel volto particolare che non voleva e non riusciva a smettere di carezzare con gli occhi della mente e del cuore.
Nanni Omodeo Zorini
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