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domenica 31 ottobre 2021

IL BARBIERE di tanti anni fa… FIGARO?

 IL BARBIERE di tanti anni fa… FIGARO?

Ho preparato la cesoia elettrica per spuntare i capelli.
Va benissimo anche per la barba.
Ne ho addirittura due: una l’ho comperata qualche mese fa nel discount dietro casa. Mi sembrava più adatta per i pettini in dotazione, dai lunghi denti, per il taglio dei capelli. L’altra ha un pettine incorporato e va regolato spostando una levetta in corrispondenza dei numeri che indicano la misura in mm che si vuole raggiungere.
Più adatta per la barba.
Ascoltavo intanto il notiziario di Raitre, prima pagina.
Per quanto il giornalista di turno non fosse di mio gradimento.
Mi sono perciò volentieri presto distratto: e mi è tornato in mente, come spesso mi capita in questi casi, di quando andavo dal parrucchiere!
Non ricordo come si chiamasse. Ma al suo negozio aveva apposto una targa abbastanza vistosa: FIGARO… Preso in prestito al barbiere di Siviglia. Rossini, Paisello, sino a Mozart che ne celebrò addirittura le nozze…
Molto frequente questo prestito per le targhe dei parrucchieri e barbieri anche ai giorni nostri.
Comunque si chiamasse, il sedicente Figaro dei miei vent’anni era una persona molto garbata, gentile, forse addirittura fin troppo compiacente.
Tagliava bene i capelli e riusciva ad accontentarmi rispetto alla richiesta che gli commissionavo.
Me ne ricordo altri che distrattamente ripetevano quanto avevo chiesto loro: “Spuntatina leggera, ma senza pelarmi… Mi raccomando…!”
salvo poi seguire il proprio cliché abituale.
E poi alla fine uscivo con i capelli quasi rasati a zero.
Scocciato, incazzato, deluso.
Questo Figaro probabilmente aveva un altro modello mentale.
Un altro cliché.
Veniva da un’altra scuola…
Boh. Fatto sta che quando mi girava dietro le spalle con il suo specchio in mano e mi faceva ammirare i vari lati del mio capo riflessi nella specchiera immensa davanti a me, ero abbastanza soddisfatto.
Tranquillo.
Praticamente contento. Come si può essere soddisfatti e tranquilli di un parrucchiere.
Il problema però era un altro.
Compiacente fin troppo, aveva la consuetudine, il vezzo, il gusto di cercare di intavolare una conversazione.
Mettiamo, magari, cominciava immaginandosi che anch’io fossi un tifoso delle squadre di calcio:
“… Eh… Certo che questo Milan, sperava tanto di rimontare la classifica… Ma…”
Accortosi di avere cannato, e ritenendo che io fossi avversario a quella squadra ma ne preferissi un’altra, riattaccava:
“… Però… Anche la Juve va forte in questo campionato…”
E lasciava le sue frasi in sospeso sperando in una mia reazione.
Ogni volta io mi limitavo a grugnire un “mhmh”, che lo lasciava basito.
“… Non dobbiamo dimenticare però che anche l’Inter sta andando alla grande…”
Il mio“mhmh” probabilmente lo lasciava di stucco un'altra volta.
Passava poi in rassegna altre competizioni sportive.
La formula uno…
Il tennis…
Il nuoto…
Ma a me di queste cose non mi interessava proprio un fico secco.
Perciò gli regalavano ogni volta i miei“mhmh”.
Aveva una tattica tutta sua.
Esaurita la rassegna e la panoramica degli sport, attaccava con la politica.
“… Sarà piccoletto finché vuoi, ma anche il Fanfani, è uno che sa il fatto suo…”
E via. Passava in rassegna tutti i notabili politici in vista. Ma si beccava ogni volta il mio striminzito, freddo, deludente: “mhmh”…
Dal parrucchiere, barbiere anche, a quei tempi ci si fermava circa un’oretta; più o meno.
E con piccole brevi pause di silenzio suo, era una continua ricerca di argomento di colloquio.
Quando non trovava di meglio, il mio Figaro dei miei verdi anni, magari provava anche ad attaccare a parlare delle donne…
Se erano meglio le bionde…
Oppure le brune…
Quelle alte…
O quelle basse.
Quelle dotate di seni immensi.
O quelle con solo un piccolo accenno di protuberanza.
Spesso la conclusione era banale come la ricerca di contatto e di dialogo:
“… Però… Lasciamelo dire… Che tutte le donne sono uguali… Belle o brutte che siano… Hanno in mente solo una cosa… Se riescono, a farsi sposare, oppure ad avere dei favori o dei vantaggi…”
Parlo di un parrucchiere barbiere d’animo gentile, ma un po’ noioso, petulante, che cercava di alleggerire le sue otto o nove ore sempre in piedi, facendo due chiacchiere, come si suol dire, parlando del più e del meno…
Parlo di circa cinquant’anni fa.
Al giorno d’oggi avrebbe potuto allargare la sua panoramica di tentativi di approccio colloquiale, parlando dei migranti, della pandemia, della crisi climatica…
A parte le tematiche calcistiche, rispetto alle quali ho sempre avuto una infastidita repulsione, qualcuno degli altri argomenti proposti da quella gentile e insulsa persona, mentalmente potrei anche raccoglierlo.
Ma solo mentalmente.
Non aveva, non ha e non avrebbe alcun senso per me, intavolare una discussione tipo da bar, nel negozio da parrucchiere, su nessuno dei temi più o meno importanti, più o meno assillanti e gravi del nostro tempo… Ma neanche dei tempi passati. Con uno sconosciuto, che però tagliava i capelli a puntino, e con la scopa raccoglieva subito i capelli caduti al pavimento, e che cercava di passare la sua giornata in un modo meno noioso possibile, per lui. Ma rendendo il tempo estremamente noioso, fastidioso, inutilmente verboso per clienti come me.
Ho calcolato già qualche volta quanto ho risparmiato in tutti questi decenni.
E non è un calcolo economico o da tirchio risparmiatore.
Ma cerco di pensare al vantaggio che ho avuto a rinunciare a parlare di Fanfani, del giro d’Italia, dei successi della Ferrari, con uno che in effetti non conoscevo assolutamente.
Non sapevo nulla di lui.
Era un estraneo totalmente.
Un estraneo che mi appoggiava le mani delicatamente sul volto per acconciarmi al meglio la barba.
Sul capo per spuntarmi i capelli.
Sulle spalle per disporre il suo bianco immacolato salviettino.
Che mi massaggiava con acqua tiepida e profumata i capelli per lo shampoo e poi per la frizione che non poteva mai mancare.
E che mi salutava quando entravo con tono cordiale, come fossimo stati davvero amici di vecchia data. E così pure quando me ne andavo.
“… Allora ti saluto… carissimo… alla prossima volta… è stato un piacere, credimi… stammi bene e buona giornata”.
Anche nel commiato c’era qualcosa di troppo e di stridente: carissimo, proprio a me?
E poi quell’aggiunta, fin troppo ridondante, pleonastica: è stato un piacere credimi… Perché avrei dovuto credergli?
Proprio un piacere?
Da più di cinquant’anni non entro in un negozio da parrucchiere barbiere.
È un po’ faticoso cavarsela da soli con le macchinette davanti allo specchio del bagno.
E magari poi con uno specchio a mano osservare il risultato.
Ho risparmiato tempo.
Parole dette a vanvera.
Indirettamente anche le 20 o 30.000 lire ogni volta, che rivalutate e trasformate in euro mi hanno permesso di fare delle cose più interessanti, più utili, più sensate.
Ti chiedo scusa, caro tal dei tali, se proprio vuoi ti chiamo anche Figaro, ti chiedo scusa se non ho raccolto la tua richiesta di colloquio.
Ma non avevo assolutamente niente da dirti. E non mi interessava assolutamente chiacchierare con te. Volevo soltanto farmi accorciare e mettere in ordine un pochino i capelli e la barba.
Non so dove sarai finito nel frattempo.
Sei ancora vivo?
Fai ancora il barbiere anche da centenario? Sei tornato nella sua terra d’origine che presumo fosse il meridione d’Italia?
Non so niente di te.
In compenso però ho preferito esimermi da dirti il mio parere su Fanfani, sull’Inter, sulla formula uno…
Saranno un po’ cazzi miei, vero, Figaro?
Nanni Omodeo Zorini
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